In uno dei documenti sulla condizione dei migranti riportati nella raccolta che avete trovato nelle cartelline – e precisamente nel documento sull’indultino (un nome ricorrente) presentato nella scorsa legislatura dal centro-sinistra – segnalavamo con l’Asgi, la spinta verso una riedizione della contrapposizione liberal-ottocentesca tra un sistema penale ispirato ai principi del garantismo per i galantuomini e un diritto speciale di polizia per le classi pericolose.
Pochi giorni prima del Congresso di Venezia, Carlo Verardi inviò a me ed a Magda Cristiano una e–mail, chiedendoci di predisporre un intervento per il dibattito congressuale; Carlo era rimasto colpito da alcuni nostri sfoghi per la situazione del Tribunale civile di Napoli (situazione logistica, situazione organizzativa, situazione pi in generale culturale) ed aveva poi apprezzato molto una bozza di documento che proprio al Congresso Magda aveva portato (e che di lì a poco la sezione napoletana di Md discusse e fece propria).
Il congresso come sempre è momento di bilanci e di confronto in vista di un progetto per il lavoro futuro; vorrei sottoporvi qualche sintetica valutazione cercando di guardare alla strada che abbiamo davanti.
In questa fase di crisi e di attacchi alla giurisdizione a 360 gradi, i magistrati hanno fatto uno sforzo di analisi certamente importante; è stato già detto qui da molti, lo condivido.
Non si può parlare di un tema come “la forza dei diritti” senza rendersi conto del contesto nel quale i diritti vengono proclamati e devono affermarsi.
C’è un’immagine del processo penale ben impressa nell’immaginario collettivo: quella del "Processo di Kafka". Franz Kafka – come ricorderete tutti – descrive il processo come un luogo, un luogo ostile ed oscuro, dove il protagonista K., il cittadino K. si perde e viene stritolato, uomo senza colpa trasformato nel Colpevole che viene ingiustamente giustiziato. Il luogo dell’accertamento della verità trasformato nel dominio dell’ingiustizia.