di Massimo Roccella - congresso nazionale
1. Innanzitutto desidero ringraziare Magistratura democratica, il Presidente ed il Segretario per avermi invitato al congresso. Ne sono onorato.
Il numero, la qualità degli interventi cui ho assistito e la molteplicità dei temi dibattuti denunciano una concezione “umanistica e sostanziale del diritto” cui ho inteso ispirare la mia ormai lunga esperienza professionale esercitata principalmente nel campo del diritto del lavoro.
Il tema del congresso “La forza dei diritti” mi ha colpito rammentando una lettura mai dimenticata dei miei anni universitari, “La lotta per il diritto”. La forza dei diritti è tutta nella consapevolezza civile di esserne portatori, nella volontà di affermarli con fermezza e senza cedimenti. I diritti delle persone prima di precipitare in un dettato normativo materiale costituiscono “si potrebbe dire” una categorica meta - giuridica e morale. Alla lotta per la loro affermazione concreta segue la lotta perch non siano successivamente deformati o peggio traditi.
Condivido l’opinione espressa in moltissimi interventi e da Sergio Cofferati secondo cui «sui diritti e sui principi non si tratta». Sul rifiuto della guerra e sulla aspirazione alla pace non si tratta; non si tratta sui diritti fondamentali dei lavoratori e su quelli costituzionalmente garantiti; non si tratta sui principi fondamentali della Costituzione e sulla architettura costituzionale di cui l’autonomia e l’indipendenza della magistratura costituiscono uno dei cardini o pilastri portanti.
L’attacco portato alla magistratura e alla sua autonomia e indipendenza, la campagna diffamatoria condotta sapientemente sui media, ormai da anni, hanno raggiunto una tale livello di intensità e gravità da suscitare profonde inquietudini.
2. Su queste tematiche l’alleanza tra magistratura e avvocatura avrebbe dovuto realizzarsi senza necessità di ricercarla. Tuttavia la realtà è ben diversa e gli interventi dei rappresentanti del Consiglio Nazionale forense e dell’associazione forense pur con qualche apertura al dialogo, che fa ben sperare, sono l’indice del solco profondo che separa su temi e comportamenti le due categorie.
Ciò stante l’esperienza genovese, dove nella primavera dello scorso anno magistrati, avvocati, professori universitari e operatori amministrativi si sono costituiti in un Comitato “Per lo stato di diritto” acquista un particolare significato e costituisce una esperienza di punta che ci auguriamo possa diffondersi e ripetersi in altre realtà italiane.
Credo che, pur nella dovuta e sana dialettica su molti temi che vedono divisi avvocati e magistrati, la comune cultura della giurisdizione e la consapevolezza delle fondamentali funzioni del giudice e della difesa (garanzia di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) debbano far trovare le necessarie convergenze e alleanze nel quadro dei principi costituzionali per realizzare il giusto processo, la razionalizzazione e l’ammodernamento della “macchina giustizia”, la destinazione delle necessarie risorse per rendere questo servizio utile al cittadino senza ricatti e senza condizionamenti (che purtroppo si sono dovuti sentire da parte dello stesso Ministro di grazia e giustizia e stigmatizzati nello stesso congresso straordinario della OUA di Verona).
Credo che, per raggiungere lo scopo, lo stato delle attuali relazioni tra le nostre categorie debba essere oggetto di analisi e di approfondimento delle cause del malessere, con spirito scevro da pregiudizi e preconcetti. Bisogna immaginare assieme un percorso ricostruttivo della unificazione della cultura della giurisdizione, nella consapevolezza che giudizio e difesa concorrono entrambi e con pari forza e dignità alla tutela e realizzazione del diritto e dei diritti dei cittadini, tra cui spiccano quello della difesa e dell’azione garantiti costituzionalmente. Dovrebbero costituire un comune impegno progettuale la unificazione dei percorsi formativi post laurea, una miglior formazione per gli aspiranti avvocati (che, a mio giudizio, dovrebbero per un certo periodo avvicinarsi alla esperienza professionale del giudice assistendolo nella ricerca e nella redazione di motivazioni di atti e provvedimenti), la previsione per gli aspiranti magistrati di un periodo formativo presso studi legali, prima di affrontare il concorso, la individuazione di pi severi criteri selettivi per l’accesso all’avvocatura. Un approccio diverso e possibilista anche sul tema assai controverso della divisione delle funzioni tra magistratura inquirente e giudicante può, infine, essere fatto sull’imprescindibile presupposto della obbligatorietà dell’azione penale e della indipendenza ed autonomia del giudice sia requirente, sia giudicante.
3. Ho ascoltato con profonda emozione l’intervento di Luigi Ferrajoli e l’intensità con cui dal congresso è stato accolto il suo invito perch il giudice abbia sempre cura di lasciare in ogni cittadino che abbia l’avventura di essere da lui giudicato la certezza della sua terzietà, della sua capacità di ascolto, del rispetto dei suoi diritti e primo tra questi della difesa e della lealtà e completezza della motivazione del provvedimento che lo deve toccare. Terzietà, ascolto, rispetto della difesa, motivazione sono i pilastri sacrali su cui si lega il rapporto tra giudice e cittadino e costituiscono garanzia perch il cittadino abbia fiducia nella legge, nel giudice, nelle istituzioni e, pertanto, garanzia della stessa indipendenza ed autonomia della magistratura alla cui difesa spontanei movimenti di cittadini si sono mossi con forza e passione civile.
Malgrado il difetto culturale di fondo (le cui cause meriterebbero una attenta analisi) sui valori della democrazia, della costituzione e della funzione della magistratura nel disegno istituzionale della Costituzione italiana, si è prodotto comunque un significativo movimento di cittadini consapevoli di tali valori che costituiscono stimolo per il mondo politico ad agire solo ed esclusivamente nel quadro dei valori costituzionali nati dall’antifascismo e dalla resistenza.
Credo che la magistratura in questo particolare momento storico non sia isolata nella sua battaglia, ma possa trovare (e troverà) sostegno nel mondo forense e nella società civile.