Retribuzioni e prospettive dell'Associazione magistrati


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di Ezia Maccora e Claudio Castelli

La fine della legislatura e la formazione di un nuovo governo
coincidono con l’esigenza di seguire con attenzione “la
questione economica”
in magistratura, terreno da sempre di
competenza dell’ANM, e su cui speriamo si possa riprendere a
discutere con tranquillità, spirito propositivo e capacità
realmente riformatrice, come sugli altri assetti normativi ed
economici della giustizia e della magistratura. Da sempre, come
aderenti ad Md, abbiamo sostenuto che l’ANM deve essere
impegnata a prestare la massima attenzione alle condizioni di lavoro
dei magistrati, in particolare dei più giovani, alle modalità
di organizzazione degli uffici, alla effettiva disponibilità
delle risorse.

La nostra volontà è stata quella di affidare tali
rivendicazioni
, dando il nostro concreto e fattivo contributo,
alla forza e all’unità dell’Associazione Nazionale
Magistrati
, e con questo metodo crediamo si debba continuare,
nella consapevolezza che la tutela della indipendenza e della dignità
della nostra funzione richiede che, su questo piano più
strettamente sindacale, l’azione della Associazione sia
continuativa e pressante.

Vi sono alcuni dati di fondo che sarebbe ipocrita
nascondere:

- le
nostre retribuzioni hanno avuto, come le altre, una forte perdita di
potere di acquisto;
- il
passaggio al sistema pensionistico contributivo costituirà un
ulteriore costo per i singoli per le integrazioni che dovranno
apportare;

- il
disegno di retribuzione unitaria tra tutti i magistrati ( ordinari,
amministrativi contabili) pur previsto da una legge dello Stato (la
legge 24 maggio 1951, n. .352) è ormai saltato con una
differenza di progressione di anzianità che in pochi anni si è
raddoppiato;


    - i giovani magistrati percepiscono stipendi bassi (sotto i 2000
    € mensili) che scoraggiano l’accesso alla magistratura.


Proviamo a ripercorrere le tappe più importanti del
percorso che l’Associazione ha svolto in questi ultimi anni,
tappe non sempre conosciute.

•      
Nel 2000 si apriva una vertenza economica a seguito
dell’emendamento all’art. 50 della legge finanziaria che
riconosceva che ai magistrati di Cassazione, del Consiglio di Stato,
dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti e
dell’Avvocatura dello Stato, che non avessero goduto di
“galleggiamenti”, venisse attribuito all’atto del
rispettivo conseguimento della qualifica il trattamento economico
complessivo   pari a quello spettante ai magistrati di
cassazione nominati per meriti insigni, ovvero un’anzianità
di 24 anni e l’aumento economico spettante per l’idoneità
alle funzioni direttive superiori dopo quattro anziché otto
anni. Detti aumenti, che venivano attuati in cambio della abolizione
definitiva dei galleggiamenti (delle magistrature amministrative) in
realtà aumentavano ulteriormente lo squilibrio tra la
magistratura ordinaria da un lato e quella amministrativa e contabile
dall’altra, oltre che all’interno delle fasce di
anzianità della magistratura.
•      
Alla fine della scorsa legislatura (fine 2000–
inizio 2001) come iniziale momento di riequilibrio venivano quindi
proposti nel disegno di legge governativo sull’arretrato dei
TAR, accettato dall’Associazione, alcuni passi verso la
perequazione: anticipazione al momento della nomina dell’attuale
scatto di magistrato di tribunale dopo tre anni, passaggio a
consigliere di corte di appello dopo otto anni e a consigliere di
cassazione dopo altri otto anni
.

•      
Tale ipotesi non aveva seguito  in quanto il
senatore Pera proponeva un emendamento che subordinava la concessione
degli aumenti all’introduzione di criteri basati sul merito, la
professionalità, la produttività e l’aggiornamento
professionale e nel contempo eliminando le anticipazioni negli scatti
di carriera. L’emendamento accolto dal Ministro della funzione
pubblica dell’epoca, on. Bassanini, preoccupato di far
approvare entro la fine della legislatura la legge, trovava il fermo
dissenso dell’Associazione. Dissenso poi condiviso dal Ministro
della Giustizia e dalla maggioranza della Commissione Giustizia della
Camera, ove il disegno di legge non veniva approvato e decadeva a
seguito della fine della legislatura.
•      
Il Governo successivamente proponeva la reiterazione
del provvedimento sotto forma di decreto legge (a Camere ormai
sciolte). Ma l’Associazione non riteneva opportuno accettare
questo metodo e l’ipotesi tramontava. Tra l’altro, solo
gli esponenti di Md avevano avanzato la possibilità di
valutare comunque la proposta, dalle forme assai discutibili, ma dai
contenuti del tutto condivisibili. L’idea non veniva accolta
dalle altre componenti associative, in parte per comprensibili motivi
di metodo istituzionale, ma in parte (almeno da alcuni) perché
si illudevano di poter avere di più dal nuovo Governo.

•      
La trattativa per la perequazione retributiva
continuava con il nuovo Governo Berlusconi per tutto il 2001 e
sfociava in un accordo con i Ministri della Funzione pubblica e
della Giustizia
che prevedeva un aumento del 60 % dello stipendio
lordo per gli uditori giudiziari ed i più giovani e del 34 %
per gli altri (scaglionati in tre anni con una spesa di circa 200
miliardi di lire). I Ministri avevano chiesto un accenno
all’introduzione di parametri di funzionalità che era
contenuto in un articolo (sostanzialmente accettabile) che parlava di
elaborazione da parte del Parlamento di parametri di efficienza,
efficacia ed economicità del servizio e faceva riferimento a
valutazioni di professionalità i cui criteri erano demandati
ai rispettivi organi di autogoverno. Il Consiglio dei Ministri del
13 dicembre 2001 respingeva la proposta
e non inseriva il testo
dell’emendamento nella finanziaria, chiudendo ad ogni
disponibilità. Oggi si possono meglio capire le ragioni di
questa chiusura: appena tre mesi dopo è stata  presentata
la prima proposta di controriforma dell’ordinamento
giudiziario, del tutto in contrasto con assetti economici
sostanzialmente paritari e su una progressione in carriera basata su
valutazioni di professionalità affidate al CSM. Alla visione
gerarchica della carriera corrispondevano proposte differenziate per
posizione e ruolo gerarchico dei magistrati (vedi le successive
proposte, fortunatamente abbandonate, di incrementi economici solo
per i Consiglieri in cassazione e per i dirigenti degli uffici).
•      
La questione retributiva  si riproponeva nel 2003
per la determinazione dell’adeguamento triennale degli
stipendi (
ricordiamo che la legge 27/1981 che ha previsto
l’adeguamento triennale automatico delle retribuzioni dei
magistrati è stata una importante conquista ottenuta proprio
grazie all’azione associativa). Il problema che si era posto
non era meramente tecnico in quanto fino a quella data, 
nonostante fossero ormai decorsi 4 anni dalla approvazione del nuovo
sistema di determinazione dell’adeguamento automatico
introdotto dall’art. 24 della L. 23/12/1998 n. 448,  non
erano stati compresi nel paniere delle retribuzioni
- sulla base
del cui calcolo viene determinato l’aumento medio nel
triennio-  i trattamenti accessori e variabili,
diventati, nell’ultimo periodo, molto rilevanti. Alla fine di
una lunga trattativa condotta dalla Giunta Presieduta da Edmondo
Bruti Liberati con il Sottosegretario alla Presidenza Letta veniva
avviata una verifica tecnica, con il coinvolgimento dell’Istat,
che in accoglimento delle richieste dell’associazione,
determinava l’aumento medio nel triennio nella misura pari
al 12,4 %, con un indubbio successo
, dato che  era stato
condiviso il rilievo della non completa attuazione della norma 
dell’art. 24 legge citata e l’ulteriore rilievo della
parzialità dei dati utilizzati dall’Istat  che
perveniva ad una proposta di incremento  pari solo al 
9,9%.  Dal 1 gennaio 2004 quindi i nostri stipendi sono
aumentati, e nonostante tale aumento non sia ovviamente risolutivo
delle questioni di fondo, sicuramente rappresenta, nei limiti del
meccanismo di rivalutazione, il migliore risultato possibile il
cui merito è da attribuire alla efficace attività
unitaria svolta dalla Giunta Centrale dell’Associazione. 

•      
Successivamente veniva introdotta l’indennità
di missione per i Consiglieri di Cassazione non residenti a Roma
•      
Nella finanziaria 2003 trovava infine risoluzione una
delle più gravi discriminazioni operate nell’ambito
retributivo all’interno della magistratura. Con la modifica del
dettato normativo della legge 15 dicembre 1991 n. 27 si è
finalmente  garantito  alle donne magistrato  in
astensione obbligatoria per maternità di percepire uno
stipendio comprensivo della voce indennità giudiziaria, che è
normalmente parte integrante della retribuzione, e che fino ad
allora,  veniva  decurtata durante l’astensione
obbligatoria. Anche questo risultato è stato frutto di un
lavoro molto intenso svolto dalla Giunta allora presieduta da
Edmondo Bruti Liberati e dall’azione costante della Commissione
Pari Opportunità dell’ANM e di proficui contatti con il
Ministro delle Pari Opportunità On. Stefania Prestigiacomo.
 
Tutto questo appartiene alla azione sindacale che
efficacemente l’Associazione, con il contributo di tutti noi, è
riuscita ad ottenere negli ultimi anni.

 
E’ poco? E’ insoddisfacente? Si poteva
fare di più e meglio?

Forse, ma noi crediamo sia stata una attività
svolta con serietà e tempestività, una attività 
che ha dato dei frutti,  se si considera il clima politico ed
economico complessivo
.
Certo si può fare di più e non solo in
questo settore, ma in generale in quello più propriamente
sindacale delle condizioni di lavoro, dell’organizzazione 
e dell’equità dei carichi di lavoro.
Una premessa però crediamo opportuno
mantenere ferma qualunque sarà l’ azione sindacale
futura:  la nostra forza ed i risultati raggiunti sono
strettamente legati alla nostra capacità di presentarci
unitariamente
,  respingendo l’ipotesi che le
rivendicazioni economiche possano essere condotte da microcategorie
di funzione o di età, perché ciò creerebbe
inutili divisioni e fratture, con esiti negativi per tutti.
Non dimentichiamo che i livelli più alti
nella difesa dell’autonomia e dell’indipendenza della
magistratura sono passati anche attraverso la capacità della
Associazione Nazionale Magistrati di esprimere la totale ed assoluta
contrarietà all’introduzione di  stipendi
differenziati, legati a specifiche funzioni, logiche inconciliabili
con il principio di pari dignità di tutte le funzioni
giurisdizionali,  che avrebbero l’unico negativo effetto
di aprire inammissibili divisioni e rincorse all’interno della
nostra categoria.

E’ stata una contrarietà decisa, basata
sui medesimi principi posti a base  della contrarietà
espressa da tutta la magistratura alla controriforma dell’ordinamento
giudiziario, con cui sarebbero del tutto incompatibili sia aumenti
economici paritari, sia incrementi specifici per i giovani
magistrati, proprio per la sua logica piramidale.

 
Oggi molti problemi, anche sul versante economico si
ripropongono e non devono essere sottovalutati.
Da un lato deve essere perseguita la strategia che
ha accompagnato, nel 2003, la azione sindacale dell’ANM
sull’adeguamento automatico della retribuzione, dato che ancora
una volta l’Istat non ha individuato e fornito  dei dati
precisi ed onnicomprensivi utilizzabili per parametrare l’adeguamento
triennale . Sappiamo che la Giunta si sta adoperando concretamente in
tal senso.
Dall’altro lato rimane la richiesta
complessiva di miglioramento delle retribuzioni della categoria
e
soprattutto la determinazione del rapporto che deve intercorrere tra
le retribuzioni dei magistrati con più elevata anzianità
di carriera e quella dei più giovani, che sono coloro che di
regola devono affrontare le spese maggiori all’inizio della
carriera (affitti, mutui, viaggi da e per le sedi di lavoro lontane
da casa).

Crediamo sia un obiettivo condiviso aumentare lo
stipendio di ingresso
in magistratura per incoraggiare il
reclutamento dei migliori tra i giovani laureati, cui oggi offriamo
prospettive sia dal punto di vista economico, che da quello della
prime destinazioni,  non appetibili rispetto ad altre e diverse
scelte professionali.
Abbiamo quindi bisogno di una importante azione
propositiva dell’Associazione Nazionale Magistrati  che
abbia la capacità di legare il  terreno retributivo, a
quello più complessivo della battaglia per la revoca o
sospensione della  controriforma dell’ordinamento
giudiziario e per un nuovo ordinamento giudiziario davvero moderno.
Su questo si giocherà la nostra azione politica futura e la
nostra credibilità anche rispetto al servizio che saremo in
grado di offrire ai cittadini.
 
E’ l’Associazione Nazionale Magistrati,
che tutti ci rappresenta, che deve continuare a gestire questa
azione; per questo salutiamo con soddisfazione il segnale sicuramente
positivo che è giunto dalla GEC, che ha deciso la 
costituzione di un gruppo di lavoro permanente con competenza
specifica sulla questione economica, nella consapevolezza che la
tutela dell’indipendenza e della dignità della nostra
funzione richiede anche questa azione più strettamente
sindacale.

 
Crediamo che, specie se  il clima politico-istituzionale
sarà, come auspicabile, più sereno, anche su questo
versante i frutti del nostro lavoro non si faranno attendere.

 
Aprile 2006
 
                                                                                             
Ezia  Maccora
Claudio
Castelli

                                  
                                     
Componenti CDC dell’ANM dal 1999 al 2006

21 04 2006
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