di Ignazio Juan Patrone, segretario nazionale, e Franco Ippolito, presidente
Mentre in queste ore si discute del ddl ex-Cirielli per l'inaccettabile colpo di spugna che - nel testo attuale - certamente darebbe a un enorme numero di processi, osserviamo con preoccupazione che poco o nulla si dice del fatto che esso contiene anche una promessa di impunità per i futuri reati dei colletti bianchi e un'insensata e feroce tolleranza zero per la devianza dei soggetti marginali, secondo lo schema di un diritto penale classista.
Il ddl vuole introdurre odiose disuguaglianze: la prescrizione quasi certa per fatti gravi sol perchè commessi da incensurati che hanno la possibilità di difendersi dal processo, pene severissime per reati di limitata gravità commessi da soggetti privi di una vera difesa, con effetti perversi sulla stessa effettività del processo, potendo i privilegiati ricorrere a strategie dilatorie e impugnazioni pretestuose con la definitiva rinuncia a qualsiasi razionalizzazione dei tempi della giustizia.
Dal ddl emerge poi, inquietante, la figura di un nuovo tipo d'autore, il "recidivo reiterato", cui verrebbero riservati pene più gravi, tempi di prescrizione più lunghi, accesso più difficile, se non impossibile, ai benefici penitenziari, tutto ciò contro il principio di rieducazione della pena imposto dall'art. 27 della Costituzione.
Chi, ignorando l'allarme e gli appelli al buon senso di docenti, avvocati e magistrati, insisterà con questo ddl si assumerà la pesante responsabilità di istituzionalizzare un diritto penale forte coi deboli e debole coi forti, in palese contrasto col principio di eguaglianza. Le carceri italiane già oggi scoppiano e nessuno sembra preoccuparsene; se verrà approvata la ex-Cirielli gli effetti ulteriori potrebbero essere devastanti e si potrà solo sperare di rimuovere queste macerie culturali e giuridiche.