dell'Anm
1. L'Anm ha espresso fin dall'inizio una valutazione negativa del
disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, la cui
filosofia era e resta quella della riduzione dell'autonomia e
indipendenza dell'ordine giudiziario e del magistrato nel concreto
esercizio della funzione.
L'Associazione nazionale magistrati ritiene che una riforma
dell'ordinamento giudiziario sia necessaria, ma deve essere una buona
riforma, organica, razionale e rispettosa dei principi costituzionali.
Il sistema proposto con il disegno di legge, invece, non solo non è
idoneo ad assicurare una migliore funzionalità ed efficienza del
servizio giustizia, n una magistratura professionalmente pi
qualificata, ma pone in essere una organizzazione giudiziaria assurda ed
ingestibile e mette a rischio l'indipendenza dei giudici e pubblici
ministeri.
L'Anm non è mai stata e non è controparte del governo e della
maggioranza parlamentare, non ha dunque partecipato a nessuna
trattativa, n poteva farlo, perch non ha interessi di categoria da
difendere e su cui cercare posizioni di compromesso. L'Anm esiste e si
batte in primo luogo per la tutela dell'interesse generale ad una
giurisdizione indipendente ed efficiente.
L'ordinamento giudiziario non è una legge che disciplina solo la
carriera dei magistrati ma è legge che dà attuazione ai principi
costituzionali di indipendenza ed autonomia della magistratura.
Di qui l'allarme per la messa in pericolo dell'assetto costituzionale
della magistratura, la scelta, sofferta, dello sciopero, nel giugno 2002
dopo dieci anni dal precedente, e, infine, la proclamazione di un'altra
giornata di sciopero l'8 febbraio scorso.
Con senso di responsabilità, di fronte a disponibilità dichiarate di
esponenti istituzionali e di rappresentanti della maggioranza in
commissione giustizia, lo sciopero è stato sospeso.
Sennonch le dichiarazioni di disponibilità non hanno avuto alcun
seguito. La discussione in commissione giustizia della Camera dei
deputati è stata chiusa precipitosamente, gli emendamenti presentati da
esponenti della stessa maggioranza in accoglimento di alcune
osservazioni critiche avanzate da pi parti sono stati ritirati. Le
modifiche proposte dal relatore sono soltanto apparenti e confermano la
scelta di fondo, tesa a ridurre l'indipendenza nell'esercizio della
funzione giudiziaria.
L'impianto complessivo del testo del Senato rimane immutato e, sotto
alcuni aspetti, addirittura peggiorato:
1) l'abbandono della ipotesi di concorso iniziale con prove distinte
per giudici e pm è accompagnato da un separazione definitiva delle
carriere, contraria alla Costituzione,
2) è rimasto immutato nei passaggi essenziali il sistema dei concorsi,
che reintroduce un assetto gerarchico piramidale della magistratura, in
contrasto con il principio costituzionale di pari dignità di tutte le
funzioni, ed è comunque macchinoso e di difficile attuazione pratica,
3) il sistema disciplinare idoneo a generare conformismo e disfunsioni
ulteriori consentendo anche al P.G. la rimozione del segreto delle
indagini preliminari,
4) nonostante il ripristino della figura del Procuratore aggiunto, viene
mantenuta una impostazione eccessivamente gerarchica
dell'organizzazione complessiva degli Uffici del pubblico ministero,
soprattutto tramite introduzione di nuove figure di avocazione del
procuratore generale,
5) nulla è stato modificato con riguardo alla Scuola della magistratura,
anche con riferimento alla natura e alla finalità dei corsi di
formazione,
6) è stata abbandonata definitivamente ogni prospettiva di revisione
delle circoscrizioni.
7) la riforma progettata manifesta in tutti i suoi aspetti la volontà di
circoscrivere, limitare, erodere le attribuzioni del Consiglio Superiore
della magistratura, in contrasto netto con il sistema di governo
autonomo dell'ordine giudiziario previsto dalla Costituzione.
2. Intanto le condizioni in cui quotidianamente si amministra la
giustizia continuano a peggiorare. Il Ministro, cui la Costituzione
assegna la responsabilità di assicurare mezzi e risorse per il
funzionamento del servizio, continua ad omettere qualsiasi iniziativa
per rimediare alle gravi condizioni di inefficienza degli uffici
giudiziari e al disagio quotidiano di cittadini, magistrati, personale
amministrativo, avvocati.
Accanto alla indifferenza per il disservizio, il Ministro della
Giustizia ha adottato alcuni provvedimenti che realizzano una
sostanziale interferenza nel potere che la Costituzione affida al Csm in
materia di conferimento degli incarichi direttivi.
Così è stato innanzitutto quando il Ministro Castelli ha bloccato per
oltre due anni la nomina del Procuratore della Repubblica di Bergamo,
risolta solo con l'intervento della Corte Costituzionale. Analogamente
per il Procuratore della Repubblica di Napoli per il quale il Ministro
ha prorogato per sei mesi la permanenza, così paralizzando la esecuzione
della decisione del Csm di trasferimento per incompatibilità ambientale.
Mentre la richiesta di ulteriore motivazione sulla nomina del nuovo
Procuratore della Repubblica, in s legittima, appare un nuovo elemento
di opposizione al il Csm. Con queste sue iniziative il Ministro
Castelli viola in modo clamoroso il principio di "leale collaborazione"
con il Csm, pi volte ribadito dalla Corte Costituzionale, e si assume
la grave responsabilità di mantenere, in un ufficio così rilevante, un
clima di tensione e di paralisi dell'attività, procrastinando il
recupero della serenità e della efficienza che è interesse primario non
dei magistrati di Napoli, ma dei cittadini.
Inoltre, mentre si svolgeva il dibattito sull'ordinamento giudiziario,
al di fuori di ogni ipotesi di "necessità ed urgenza", è stato
definitivamente convertito in legge il decreto legge sulla riammissione
in servizio dei magistrati, in termini che contrastano con il pi
elementare criterio di buona amministrazione, creando nuovi posti
direttivi e cercando di introdurre ipotesi di promozione automatica.
Anche tutto ciò è in netto contrasto con il principio costituzionale
che riserva al Csm ogni decisione sulle nomine dei magistrati.
L'Anm deve, dunque prendere atto con estremo rammarico che, invece di
affrontare con attenzione i problemi reali, si è scelto di tornare al
clima di contrapposizione e all'impostazione di riforme "contro" la
magistratura. Le condizioni che avevano responsabilmente indotto a
recedere dalle iniziative di protesta sono venute meno.
Il Comitato direttivo centrale, riaffermata la completa approvazione
dell'azione fin qui condotta dalla Giunta esecutiva centrale, decide
pertanto di proclamare tre giorni di astensione dalle udienze e dalla
attività giudiziaria in date da definire, fissando il primo giorno nella
data del 25 maggio 2004, nel rispetto della legge e del codice di
autoregolamentazione
Indice per il giorno 22 maggio 2004 ore 10.00 -Aula Magna della
Cassazione a Roma un assemblea nazionale, in cui verrà presentato un
documento che, proseguendo sulla strada del libro bianco presentato
dall'ANM in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, evidenzi
responsabilità e comportamenti del Ministro della Giustizia foriera di
disfunsioni e inefficienze .
Promuove nelle sedi giudiziarie iniziative pubbliche, in collaborazione
con gli operatori del diritto, avvocati, personale amministrativo,
associazioni degli utenti, per rilevare e denunciare lo stato di
disservizio della giustizia.
Invita i colleghi a fare rilevare nella settimana dal 10 al 15 maggio
2004 tutte le situazioni nelle quali l'udienza si svolge pur nella
assenza del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario. Invita le giunte
locali a raccogliere i dati così rilevati al fine di presentarli alla
assemblea del 22 maggio 2004