Sulla visita del Csm a Milano


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di Md

Il disagio e l'insoddisfazione nel lavoro dei magistrati milanesi che operano
nel settore penale è comune agli uffici giudicanti e a quelli requirenti.

L'entrata in funzione del giudice
unico ha comportato una situazione in cui le inevitabili difficoltà di
attuazione non sono ancora compensate dai benefici che la riforma potrà
determinare solo quando sarà compiutamente avviata.
Pur nella diversità di situazioni, il problema
comune ai due uffici è, a nostro parere, la mancanza di un progetto organizzativo
a lungo respiro che consenta di razionalizzare le limitate risorse rispetto
all'entità numerica dei processi.
Sia in tribunale che in procura
l'unificazione degli uffici ha comportato l'inserimento in un'unica struttura
di magistrati che fino ad allora avevano lavorato con situazioni materiali e
moduli organizzativi molto diversi e il nuovo ufficio non è stato in
grado di valorizzare queste diversità di cultura organizzativa e di professionalità.
N tra i due uffici vi sono
stati sufficienti momenti di confronto organizzativo che potessero consentire
il superamento delle inevitabili difficoltà conseguenti all'introduzione
della riforma.
Le responsabilità di questa
situazione di disagio (che, si ripete, non è esclusiva dei sostituti
procuratori) sono molteplici.
Oggi che il CSM è in visita
a Milano, non si può tacere che l'organo di autogoverno è da oltre
un anno che deve nominare i cinque aggiunti procuratori della Repubblica. Nella
fase di avvio della pi importante riforma organizzativa degli uffici
giudiziari della storia repubblicana, uno dei pi rilevanti uffici requirenti
ha dovuto operare con una dirigenza "dimezzata" dalla mancanza dei magistrati
che pi adeguatamente avrebbero potuto supportare il procuratore della
Repubblica.
Quindi, appare indifferibile la
decisione dell'organo di autogoverno.
Il tribunale di Milano vive una
condizione simile, se si tiene conto che devono essere nominati numerosi presidenti
di sezione.
L'auspicio è che la scelta
ricada su magistrati che abbiano fornito prova di capacità direttive
e che non si perpetri il metodo, anche di recente seguito, di privilegiare comunque
l'anzianità di servizio rispetto alla capacità professionale.
Riteniamo che anche i dirigenti
degli uffici non abbiano svolto appieno i loro onerosi compiti. Non hanno proposto
un modello organizzativo dei rispettivi uffici, ignorando, innanzitutto, quale
fosse la situazione di carico di lavoro degli uffici unificandi al momento dell'entrata
in funzione della riforma del giudice unico. Ancora oggi manca, e questa è
la carenza organizzativa pi rilevante, un modello di valutazione qualitativa
delle pendenze e dei flussi dei procedimenti. Le statistiche numeriche sono
palesemente inadeguate a rappresentare l'effettivo carico di lavoro dei pool
di procura e delle sezioni dibattimentali del Tribunale, con la conseguenza
che la trattazione dei procedimenti è dettata dall'emergenza (la presenza
di detenuti) o dalla casualità (la contingente disponibilità del
magistrato).
Questa carenza è imputabile,
a nostro parere, a molti: al Ministero e al CSM, che sono lontani dal proporre
modelli di rilevazione statistica adeguati a fungere da presupposto per definire
progetti organizzativi non casuali; ai dirigenti degli uffici, che non sono
stati in grado, ancorch sollecitati dal Consiglio giudiziario (cfr.
la delibera dell'aprile 2000, che ha richiesto al presidente del tribunale di
Milano la trasmissione di dati sulle pendenze degli uffici giudicanti penali),
di definire un quadro delle pendenze che nell'immediato consentisse di definire
un progetto per l'avvio della riforma.
In questo quadro, imputare il disagio
dei sostituti e dei giudici del settore penale degli uffici milanesi (che avrebbe
determinato la presentazione di numerose domande di trasferimento da quegli
uffici) a presunti privilegi di cui beneficerebbero alcuni sostituti e giudici
(in una logica di divisione tra magistrati con status di serie A e di
serie B che non può che essere estranea agli uffici giudiziari), determinati
da altrettanto presunti favoritismi ascrivibili ai dirigenti, ci pare strumentale
e non corretto.
Indubbiamente l'unificazione ha
provocato, soprattutto nell'ufficio di procura, difficoltà di coordinamento
di moduli organizzativi tra loro molto differenti, accentuate dalla mancata
unificazione fisica dei due uffici (la gran parte dei sostituti lavora ancora
nelle stanze di via Daverio), e probabilmente in questa fase è stato
difficile costruire, nello spirito dei sostituti e dell'ufficio nel suo complesso,
un'unica struttura di procura.
La distanza, anche fisica, tra molti
sostituti e il procuratore (che conosceva bene l'ufficio di procura presso il
tribunale, mentre non conosceva affatto l'altro ufficio unificando e che non
ha potuto avere il contatto diretto con molti componenti di quest'ultimo) e
alcuni limiti di trasparenza nella gestione della fase di unificazione (esenzioni
dai servizi, sostituzioni, trasferimenti interni e assegnazione delle risorse)
hanno accentuato un disagio che ha ben altre cause: lo spettro della separazione
delle carriere, la pubblica denigrazione e le campagne denigratorie indirizzate
specialmente nei confronti dei P.M., l'avvio della legge Carotti e l'inevitabile
aumento dei servizi a livelli insostenibili (14 servizi mensili, di cui 10 rappresentati
da udienze, equivalgono a soli due-tre giorni al mese dedicati ad attività
istruttoria vera e propria) e, infine, l'enorme carico di arretrato che i sostituti
provenienti dalla procura presso la pretura hanno mantenuto con l'unificazione.
Quest'ultimo aspetto, oltre a segnalare
una situazione di carico di procedimenti che dovrebbe avere altre forme di riduzione
(a quando una seria depenalizzazione?), appare il pi evidente indice
della diversità di cultura del lavoro tra i sostituti provenienti dagli
uffici unificati: i P.M. presso il tribunale erano abituati a lavorare con un
numero di procedimenti incomparabilmente inferiore rispetto ai P.M. presso la
pretura e questa diversità incide notevolmente nei modelli di organizzazione
dei singoli uffici.
La visita del CSM agli uffici milanesi
può e deve essere un segnale di ascolto della realtà giudiziaria,
ma non deve essere solo questo. Le iniziative da assumere sono importanti e
alcune indifferibili:
- il CSM deve provvedere alla copertura
degli organici degli uffici, in particolare dei posti semidirettivi, adottando
scelte che valorizzino le capacità professionali dei candidati;
- il CSM e il Ministero devono provvedere
all'elaborazione di dati di rilevazione delle pendenze degli uffici che consentano
ai dirigenti di definire di progetti di organizzazione non improvvisati e casuali;
- i dirigenti degli uffici (e ci
rivolgiamo in particolare al procuratore della Repubblica e al presidente del
tribunale) devono procedere, nei poteri di organizzazione che competono loro,
a superare l'attuale situazione di carenza di progetto organizzativo dei due
uffici, provvedendo alla verifica delle situazioni di carico di lavoro di pool
e sezioni, superando un dato statistico che non può essere fondato esclusivamente
sul dato numerico, distribuendo le limitate risorse in base alle effettive priorità
di trattazione dei procedimenti;
- ma ai dirigenti degli uffici deve
chiedersi, innanzitutto, trasparenza nelle scelte organizzative, perch
in una fase delicata di passaggio per tutti i magistrati, non deve mai venire
meno la possibilità di ciascuno di avere chiari i motivi delle scelte
(eventualmente per criticarle), e capire che in questo avvio di riforma gli
inconvenienti del "nuovo" pesano pi di quanto i benefici che a breve
potrebbero cominciare a vedersi.
Milano, 23 maggio 2000
L'esecutivo

23 05 2000
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