Cronache dal Consiglio n. 49


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Civinini, Marini, Menditto, SalmŽ, Salvi

CRONACHE DAL CONSIGLIO
Maria Giuliana Civinini, Luigi Marini,
Francesco Menditto, Giuseppe Salmè, Giovanni Salvi

NOTIZIARIO N. 49 settembre 2005

OGGETTO: PLENUM 14, 15, 21, 22, 28 settembre 2005



  1. Dal plenum

    1. Le nomine al Comitato scientifico e all'Ufficio studi;
    2. Incompatibilità di sede e praticanti procuratori;
    3. Il trasferimento d'ufficio del presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Salerno;
    4. I tempi dei procedimenti consiliari;
    5. Le sedi disagiate e la politica sulla mobilità;
    6. L'applicazione del c.d. emendamento Bobbio sui direttivi; il conferimento di incarichi semidirettivi;
    7. La nomina del Procuratore nazionale antimafia;
    8. Tabelle della Procura generale della Corte di Cassazione: criteri oggettivi anche per le istruttorie disciplinari;
    9. La modifica del limite di permanenza temporale negli uffici GIP/GUP;
    10. L'attenzione agli organici dei Vice procuratori onorari;
    11. La circolare sulle tabelle dei giudici di pace 2006-2007;
    12. La pratica "a tutela" dei giudici di pace;
    13. L'esercizio della professione forense dei magistrati onorari.

    Dal plenum


    1. Le nomine al Comitato scientifico e all'Ufficio studi

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    Nella seduta del 14 settembre si è proceduto a due nomine
    che, esaminate congiuntamente, forniscono un quadro assai interessante degli
    equilibri interni al Consiglio.
    La prima è quella di Stefano Erbani quale componente dell'Ufficio Studi
    del Consiglio. Nomina indiscutibile, vantando Erbani sia un notevole curriculum
    scientifico sia la pi ampia e documentata esperienza in campo ordinamentale
    fra tutti i concorrenti. Ciò nonostante da parte del Cons. Buccico non sono
    mancate le ormai abituali e generiche accuse verso le logiche di appartenenza
    che segnerebbero le scelte consiliari; accuse che si sono colorate di mera
    strumentalità nel momento in cui nessuna critica poteva essere ed è stata
    mossa in concreto alla scelta compiuta.
    Quelle stesse accuse hanno poco dopo assunto toni di paradosso quando si è
    trattato di nominare il componente del Comitato scientifico che sostituisce il
    Prof. Ramacci. E' giunta infatti in plenum una proposta alternativa tra il
    Prof. Emilio Dolcini (proposto in commissione da Aghina e Civinini) ed il Prof.
    Antonio Fiorella (proposto da Buccico, Meliadò e Stabile). Pur presentando
    entrambi i candidati ottimi curricula (che sono elencati nel corpo della
    proposta reperibile sul sito Cosmag), ci è parso elemento oggettivo che il
    Prof. Dolcini vantasse un'esperienza scientifica maggiore, anche con
    riferimento agli aspetti internazionali. L'elemento era tanto evidente che
    coloro che si sono espressi in favore del prof. Fiorella non lo hanno affrontato
    o messo in dubbio. Il vero sostenitore del Prof. Fiorella, il Cons.Spangher, ha
    fondato su tutt'altro piano le ragioni della propria preferenza e sarà bene
    spendere due parole sul punto.
    Dopo aver premesso le ragioni di stima e di amicizia che lo legano al Prof.
    Dolcini, il Cons. Spangher ha affermato che la nomina nel Comitato scientifico
    presenta delle peculiarità che non portano necessariamente a preferire il
    candidato con il curriculum pi esteso e ricco, dovendosi privilegiare
    caratteristiche diverse: la maggiore "affidabilità", il maggior
    equilibrio, il pi vasto senso istituzionale. Doti queste che il Prof. Fiorella
    può vantare, essendo stato componente di commissioni ministeriali con
    maggioranze politiche diverse ed avendo dimostrato, anche come avvocato, di non
    andare mai "sopra le righe".
    Nella presunzione che tutti i consiglieri abbiano compreso il chiaro senso
    delle parole del Cons. Spangher ci saremmo attesi, almeno da parte della
    componente togata, un sussulto di dignità. Accusati costantemente di operare
    scelte condizionate da logiche di appartenenza, essi avrebbero dovuto apprezzare
    non solo l'evidenza di una nomina che è stata impostata esattamente secondo
    quelle logiche, ma l'assoluta inaccettabilità di una proposta che per la
    formazione dei magistrati privilegia un professore universitario perch
    ritenuto politicamente pi affidabile. Ed invece, non solo il Cons. Spangher ha
    coagulato anche in plenum i voti dei consiglieri togati di Unicost ed MI, ma c'è
    stato chi, come il Cons. Stabile, ha inteso esprimere apertamente la propria
    adesione all'intervento del Cons. Spangher.
    Contro tale impostazione abbiamo espresso in plenum e ribadiamo oggi
    amaramente le ragioni della nostra pi ferma contrarietà a soluzioni che
    pretermettono il livello professionale per privilegiare logiche che non ci
    appartengono. Detto infine e per inciso, ci risulta davvero difficile
    comprendere le ragioni per cui il Prof. Dolcini, docente che gode di stima
    universale (o almeno lo credevamo fino a pochi giorni fa) sarebbe privo di
    sufficiente equilibrio e senso istituzionale. Ci fa piacere, al contrario,
    pensare che un docente della sua fama non garantisca "affidabilità"
    politica.


    2. Incompatibilità di sede e praticanti procuratori

    (torna all'indice)

    Il 14 settembre è stata approvata una delibera di risposta a
    quesito relativo al rapporto di parentela ed affinità del magistrato col
    praticante avvocato, disciplinato dall'art.24 della circolare 4-12-2003
    n.23531, norma che sancisce l'eventuale compromissione dell'interesse
    pubblico alla credibilità della funzione giudiziaria attraverso una valutazione
    in concreto, secondo il paradigma interpretativo dell'art.2 L.Guar., ed alla
    condizione comunque che il praticante avvocato sia ammesso all'esercizio dell'attività
    professionale mediante abilitazione al patrocinio; ne consegue che il dovere di
    dichiarazione della situazione di potenziale incompatibilità scatta in questo
    caso ai sensi dell'art.45 della stessa circolare solo dal momento dell'abilitazione
    del praticante all'esercizio della professione.
    Tanto premesso, come evincibile da un'interpretazione letterale e
    sistematica delle norme, la delibera valuta che comunque ai sensi della
    disposizione generale di cui all'art.2 L.Guar. possono essere prese in
    considerazione anche situazioni di parentela e affinità con praticanti
    avvocati, che, pur non esercitando il patrocinio, partecipino alle attività
    defensionali svolte dai professionisti dello studio legale presso il quale
    svolgono la pratica, qualora gli avvocati esercitino con frequenza di fronte all'ufficio
    presso il quale presta servizio il magistrato.
    Pertanto, il magistrato potrà segnalare anche al C.S.M. sin da subito l'iscrizione
    del parente o affine al registro dei praticanti avvocati, essendo questa una
    situazione ritenuta assimilabile a quelle specificamente regolate dalla
    circolare n.23531/2003; si tratta della facoltà di comunicazione indicata dall'art.43
    comma III della stessa circolare.
    La logica sottesa alla delibera sta pienamente nella ratio di rigore che
    fonda la nuova circolare consiliare sulle incompatibilità, volta a rilevare in
    concreto la sussistenza di situazioni, che pur non espressamente regolate,
    possono comunque appannare l'immagine d'indipendenza del magistrato nella
    sede in cui esercita le funzioni.


    3. Il trasferimento d'ufficio del presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Salerno

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    Il C.S.M. ha ribadito alcuni importanti principi in tema di
    trasparenza e correttezza nella gestione degli affari giudiziari, in particolare
    sotto il profilo dell'assegnazione degli stessi e dei rapporti con i
    professionisti, soprattutto nei settori (tra cui quello del lavoro) dove la
    specializzazione dei magistrati e degli avvocati può portare ad appannare l'immagine
    di imparzialità dei primi.
    Si è anche ribadito che non sono giustificabili forme di
    "collaborazione" degli avvocati nella stesura dei provvedimenti
    giurisdizionali che possano indurre sospetti sull'esistenza di relazioni
    privilegiate, anche nell'ipotesi che esse fossero motivate dalla serialità e
    dal numero delle decisioni. Nel caso di specie, peraltro, si è ritenuto che
    solo pochi professionisti "coadiuvassero" il magistrato, interloquendo
    direttamente con la cancelleria e provvedendo anche a inserire nei provvedimenti
    elementi non meramente automatici.
     


    4. I tempi dei procedimenti consiliari

    (torna all'indice)

    Il 21 settembre è stata approvata una risoluzione con la
    quale tutte le commissioni referenti sono state invitate: a) a stabilire con
    propria delibera interna a carattere organizzativo il termine entro il quale la
    Commissione dovrà presentare al plenum una proposta; la delibera potrà avere
    ad oggetto singole fasi procedimentali o intere tipologie di pratiche; b) nel
    caso in cui la trattazione in sede referente superi detto termine di durata, a
    effettuare gli opportuni accertamenti per individuare le cause del ritardo e
    adottare (eventualmente di concerto con la Segreteria generale) gli opportuni
    interventi di carattere organizzativo; c) all'esito ed in caso di persistenza
    dei motivi che hanno determinato il superamento del termine, riferire al Plenum.
    Si tratta di una tappa molto importante del processo che si è messo in moto
    con la delibera 22 giugno 2005 (vedi notiziario n. 47, giugno 2005) sui tempi di
    definizione dei concorsi per il conferimento degli uffici direttivi e
    semidirettivi.
    E' certo, infatti, che fino ad ora il Consiglio non ha avuto piena
    consapevolezza di quanto giochi la tempestività delle decisioni sulla sua
    immagine e quindi sulla credibilità presso i magistrati e l'opinione
    pubblica. E' peraltro vero che la stragrande maggioranza delle procedure
    consiliari si conclude in tempi celeri o, comunque, ragionevoli, ma è
    altrettanto vero che alcune tipologie di procedimenti (come il conferimento
    degli uffici direttivi e semidirettivi, alcuni trasferimenti in posti
    particolarmente ambiti e buona parte delle pratiche tabellari) vengono conclusi
    con grande ritardo e che su questi ritardi si è creata una "cattiva
    immagine" del Consiglio.
    Tanto ne siamo consapevoli che già nel nostro programma elettorale ci siamo
    assunti l'mpegno di affrontare questo problema. Tuttavia il problema non è
    semplice e quindi neppure la soluzione è facile.
    Le cause dei ritardi sono diverse e vanno da quelle di natura organizzativa
    (il sistema informatico e la stessa struttura amministrativa non si è adeguata
    prontamente alle nuove problematiche) a quelle di natura strutturale (la
    diminuzione del numero dei componenti non è stata accompagnata, come era stato
    promesso, da un aumento dell'organico dei magistrati segretari e dell'Ufficio
    studi) fino a quelle di tipo "politico".
    Esistono anche ulteriori difficoltà a trovare una soluzione semplice come
    quella di prevedere una predeterminazione dei tempi delle procedure, in
    conformità con quanto previsto in linea generale per i procedimenti
    amministrativi dalla legge n. 241 del 1990. Da una lato, infatti, per essere
    realistica, una predeterminazione di tempi esige l'analisi rigorosa delle fasi
    e dei subprocedimenti nei quali ciascun tipo di procedimento si articola e ciò
    con le risorse a disposizione non è possibile in tempi brevi. Dall'altra non
    è possibile applicare sic et simpliciter la disciplina del procedimento
    amministrativo ai procedimenti consiliari, perch gli interessi in gioco hanno
    natura costituzionale (imparzialità, credibilità dell'ordine giudiziario,
    autonomia e indipendenza) e quindi la loro tutela mal si concilia con gli
    istituti del silenzio- assenso o del silenzio-accoglimento.
    La difficoltà di trovare soluzioni semplici ed efficaci, tuttavia, non
    significa che non possa essere fatto nulla.
    La risoluzione è un primo, certamente piccolo e non decisivo, ma importante,
    passo sulla strada che porta a un miglioramento delle situazioni di sofferenza.
    E', innanzi tutto, una presa di coscienza dell'importanza decisiva del
    fattore tempo, come variabile non indipendente dei lavori consiliari. E' anche
    un momento di assunzione di responsabilità e di trasparenza perch per
    decisione del plenum il comitato di presidenza è stato incaricato di
    raccogliere le delibere delle commissioni in materia di predeterminazione di
    tempi e ciò consentirà a tutti di conoscerle e di attivare il meccanismo di
    intervento del plenum per risolvere i problemi insorti.
    Molto dipenderà da quanto all'interno, ma soprattutto all'esterno del
    Consiglio, si riuscirà a cogliere l'importanza di questa iniziativa e a
    lavorare affinch possa dare i maggiori frutti sul piano concreto e operativo.


    5. Le sedi disagiate e la politica sulla mobilità

    (torna all'indice)

    A seguito della modifica dell'art.5 comma 2 L.133/98 le
    questioni che il Consiglio ha dovuto affrontare e risolvere sono state due, ben
    distinte tra loro: il problema (nuovissimo) della decorrenza della nuova
    disciplina delle sedi disagiate e quello (da tempo in discussione) dell'estensione
    del beneficio della prelazione a chi è stato destinato a una sede dichiarata
    solo successivamente disagiata.
    Fin dalla prima riunione della Terza Commissione la Presidente Civinini ha
    prospettato un'interpretazione della norma transitoria (art. 14 sexies-decies,
    2 co. DL 115/05) per cui il nuovo incentivo (la prelazione relativa) opera per
    la scelta dei posti inseriti negli elenchi delle sedi disagiate pubblicati dal
    C.S.M. dopo l'entrata in vigore della legge. Su tale soluzione è stata
    raggiunta, dopo lunghi dibattiti, l'unanimità in commissione e, quindi, nella
    seduta del 29 settembre, in plenum con la pubblicazione del bando riservato per
    i titolari del beneficio della prelazione assoluta.
    Quanto al problema dell'estensione soggettiva dei benefici giuridici della
    l. n. 133/1998, lo stesso si è posto sin dall'emanazione della legge. La
    lettera della legge è molto chiara nel prevedere l'attribuzione dei benefici
    solo a chi accetta di essere destinato a una sede inserita nell'elenco delle
    sedi disagiate restandovi per cinque anni. In sede di prima applicazione nel
    1998 e poi con circolare n.12233 del 1999, il Consiglio, su sollecitazione degli
    interessati e del Ministero della Giustizia, ritenne di poter estendere il
    beneficio a chi si trovava prima dell'entrata in vigore della legge in una
    sede inserita negli elenchi delle sedi disagiate per il 1998 e il 1999. Che
    quella disciplina avesse natura transitoria (e finalità di perequazione) lo
    dimostrano vari indici, dall'incipit del par. 6 della circolare al tipo di
    argomenti utilizzati (soprattutto l'assenza di disciplina transitoria per i
    benefici giuridici a fronte di un'espressa estensione dei benefici economici
    limitata agli uditori nominati successivamente al 1/1/1996), dal dibattito in
    plenum (centrato sulla mancata estensione dei benefici di natura consiliare a
    chi si trovi in sedi successivamente dichiarate a copertura necessaria o
    urgente) alla risposta a quesito 18 aprile 2001 in cui quella della delibera è
    espressamente qualificata "disciplina transitoria".
    In tre pareri successivi, in risposta a quesiti di alcuni colleghi,
    sottoposti al plenum senza alcuna problematizzazione e dal plenum adottati senza
    dibattito, è stata erroneamente (e senza valore di normativa secondaria essendo
    le risposte a quesiti subordinate alle circolari nel sistema delle fonti)
    affermata l'estensione generalizzata dei benefici giuridici della l.n. 133/98
    a chi sia stato destinato dopo l'entrata in vigore della legge a sedi inserite
    solo successivamente negli appositi elenchi. La notifica di decreti ingiuntivi
    per la corresponsione dei benefici economici ad alcuni dei colleghi rientranti
    in tale categoria ha indotto ad un approfondimento della materia che, all'esito
    di un dibattito interno alla commissione prolungatosi per molti mesi, è
    sfociato nella formulazione di due contrapposte soluzioni, la proposta Civinini
    per la non estensione e la proposta Primicerio per l'estensione soggettiva dei
    benefici. In plenum ha prevalso la seconda (11 voti - Unicost, Movimento, 3
    laici della CdL - contro 8 voti - MD, MI, 1 laico della CdL, assenti i laici
    di sinistra) ed il bando riservato pubblicato il 29 settembre ha ricompreso tra
    i beneficiari anche i destinati a sedi non disagiate poi divenute disagiate.
    La politica di Magistratura Democratica ha cercato di farsi carico della
    complessiva problematica delle sedi disagiate inquadrandola nel pi generale
    problema della mobilità, che, come tutti sanno, è passata nel giro di alcuni
    anni da una situazione di croniche scoperture e eccessivo turn-over nelle sedi
    "sensibili" ad una situazione di pieno organico con conseguenti
    difficoltà per i trasferimenti orizzontali, la mobilità territoriale e per
    funzione; pertanto, abbiamo ritenuto meritevole di tutela la condizione di chi
    avesse già maturato il quinquennio che dà diritto alla prescelta e dall'altro
    di non forzare la lettera della legge n.133/98, estendendone i benefici a
    soggetti diversi da quelli ivi previsti. Ciò è stato fatto per ragioni di
    diritto (ch il CSM non opera liberamente ma nel quadro di ben precise regole
    normative che ha l'obbligo di rispettare), ampiamente esposte nella proposta
    Civinini, ma anche perchè, nell'attuale situazione dell'organico, l'aumento
    del numero e della tipologia delle prelazioni porta a un irrigidimento
    complessivo ed ha per conseguenza che solo chi è titolare di un diritto di
    prescelta può in tempi ragionevoli approdare alla sede preferita.
    Il complesso di questi temi vede MD fortemente impegnata dentro il Consiglio
    e negli uffici giudiziari, ma in questo momento di mutamenti istituzionali è
    essenziale che la magistratura sia un corpo efficiente che affronta le
    trasformazioni con spirito solidaristico, guardando all'interesse generale che
    è l'interesse di tutti. Frantumarsi in sottocategorie in contrapposizione tra
    di loro (i disagiati d.o.c., i disagiati per estensione, chi sta nelle stesse
    sedi ma non può godere neppure dell'estensione, chi è disagiato di fatto,
    chi comunque non riesce a tornare a casa) non porta ad alcun risultato, ci rende
    complessivamente deboli e obbiettivamente attaccabili.


    6. L'applicazione del c.d. emendamento Bobbio sui direttivi; il conferimento di incarichi semidirettivi

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    Il C.S.M. ha approvato una delibera relativa ai criteri
    generali di applicazione dell'emendamento Bobbio. Su questi criteri si è
    raggiunto l'accordo di tutti, ad eccezione del punto relativo alla riapertura
    dei termini per partecipare ai concorsi già banditi. MD ha infatti sostenuto
    che era interesse dell'Amministrazione avere la pi ampia platea possibile,
    al fine di valutare candidati che - a seguito dell'abbassamento dell'età
    di "legittimazione" da 72 a 66 anni! - avrebbero potuto avere
    concrete possibilità di esser nominati. Si sarebbe trattato di una decisione a
    tutela degli interessi dell'Amministrazione, certamente legittima. In alcuni
    concorsi peraltro il numero dei candidati residui è bassissimo e le stesse
    persone concorrono per pi incarichi, diminuendo ulteriormente la platea degli
    effettivi concorrenti. Siamo però rimasti isolati e i concorsi non sono stati
    riaperti.
    E' stato conferito all'unanimità l'incarico semidirettivo di
    Presidente di sezione del Tribunale di Palermo (due posti) ai dott.ri Tommaso
    Virga e Gioacchino Natoli, rispettivamente consigliere della Corte d'Appello
    di Palermo e sostituto procuratore della Repubblica di Palermo.


    7. La nomina del Procuratore nazionale antimafia

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    Abbiamo già inviato un'esaustiva informazione circa le
    vicende che hanno portato all'esclusione di Giancarlo Caselli dal concorso per
    P.N.A. e alla nostra volontà di far deliberare dal plenum, prima che si
    valutasse la nomine del nuovo procuratore nazionale, una risoluzione a tutela
    del dr. Caselli.
    I documenti - tra cui quello che illustra le ragioni per le quali avremmo
    votato Caselli e per le quali ci siamo astenuti nella successiva votazione sul
    P.N.A.- non richiedono ulteriori commenti.
    Va comunque rilevato che un magistrato come Caselli, cui questo Paese deve
    molto, è stato sottoposto a un vero e proprio linciaggio e che si è fatto di
    tutto per evitare che potesse divenire Procuratore nazionale antimafia.
    Ci auguriamo che si riesca comunque ad arrivare a una delibera a tutela.


    8. Tabelle della Procura generale della Corte di Cassazione: criteri oggettivi anche per le istruttorie disciplinari

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    Al termine di un lungo iter sono state approvati i criteri
    organizzativi della Procura Generale della Cassazione per il biennio 2004/2005.
    L'originaria proposta della commissione aveva formulato due rilievi: uno
    relativo alla necessità di meglio precisare i criteri di designazione dei
    sostituti per le udienze, l'altro secondo cui non poteva condividersi la
    previsione di una ampia possibilità di deroga al criterio di assegnazione delle
    istruttorie disciplinari, peraltro senza specifica necessità di motivazione.
    Il plenum, su richiesta del Procuratore Generale, aveva restituito la pratica
    alla commissione al fine di verificare se i criteri di assegnazione delle
    istruttorie disciplinari potessero essere assoggettati ai principi contenuti
    nella circolare sulle tabelle con riferimento alle assegnazioni dei
    procedimenti.
    In commissione abbiamo sostenuto con decisione la piena applicabilità dei
    principi in materia di assegnazione (oggettivi e predeterminati, derogabili solo
    in casi ben determinati e comunque con provvedimento motivato), anche alla
    materia disciplinare, e la originaria proposta è stata confermata all'unanimità.
    In plenum lo stesso Procuratore Generale ha preso atto della proposta della
    commissione, ha dichiarato di condividerne i principi ed ha assicurato che si
    uniformerà alle indicazioni del Consiglio.
    Riteniamo che il risultato raggiunto, in linea con le osservazioni formulate
    dal gruppo consultivo, rappresenti una importante affermazione consiliare in una
    materia particolarmente delicata.
    Questo il testo della delibera.

    Il Consiglio,
    - vista la proposta di organizzazione dell'ufficio per il biennio 2004/2005,
    presentata dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;
    - visto il parere del Gruppo Consultivo;
    - viste le osservazioni presentate dai magistrati; osservato che:
    1) Criteri di designazione dei sostituti e dei magistrati d'appello destinati
    alle udienze: è previsto che la designazione avviene in relazione a
    "preferenze espresse dal magistrato in relazione a particolari interessi
    scientifici". Sotto tale profilo appare preferibile che eventuali
    indicazioni confluiscano nell'ambito di criteri di specializzazione formalmente
    prestabiliti. Il Procuratore Generale, pertanto, va invitato a precisare, per i
    singoli sostituti, l'esistenza di aree di specializzazione a cui siano collegati
    i criteri di designazione delle udienze.
    2) Criteri di assegnazione delle istruttorie disciplinari. In sede di
    osservazioni sono stati evidenziati due profili: a) viene chiesta l'introduzione
    di un criterio di ripartizione su base territoriale; b) viene chiesto di
    introdurre un criterio principale in quanto le possibilità i deroga al criterio
    previsto come "ordinario" appaiono sullo stesso piano di quest'ultimo.
    Con riguardo al profilo sub a) va osservato che, anche a prescindere dalla
    circostanza che l'assemblea dell'ufficio ha bocciato l'adozione di un criterio
    di tipo territoriale, tale criterio appare poco opportuno per un rischio di
    personalizzazione dell'azione disciplinare. L'osservazione, pertanto, va
    disattesa.
    Con riguardo al secondo profilo, invece, va osservato che la previsione del
    programma organizzativo stabilisce che:
    `l'istruttoria dei procedimenti ... è affidata seguendo prioritariamente il
    criterio della rotazione, su base alfabetica, a tutti i sostituti procuratori
    generali; quando l'azione disciplinare trae origine da violazione di norme
    processuali, o aventi una loro peculiarità, si tiene conto anche della
    specifica competenza professionale del magistrato istruttore; altre deroghe al
    criterio della rotazione possono derivare dagli incarichi d'ufficio, ordinari o
    speciali, che il magistrato deve espletare, dal carico, anche temporaneo, di
    lavoro del sostituto, dalle funzioni svolte dall'incolpato (è da evitare che
    l'istruttore eserciti funzioni inferiori a quelle dell'incolpato), ovvero da
    notori e% possibili rapporti personali tra i due (ad esempio, passata
    appartenenza allo stesso ufficio, soprattutto se di dimensioni medio-
    piccole). In casi eccezionali, principalmente legati alle funzioni svolte
    dall'incolpato, l'istruttoria è affidata ad un avvocato generale. "
    La previsione in esame contempla, invero, un criterio principale di
    assegnazione, che, tuttavia, è accompagnato da svariate possibilità di deroga.
    Tutte queste ipotesi richiedono una maggiore specificazione, mediante
    l'individuazione e l'elencazione delle categorie generali di deroga, nonch,
    nella loro applicazione concreta, la necessità che il provvedimento di
    specifica assegnazione sia accompagnato dalla indicazione delle concrete ragioni
    che hanno dato luogo alla designazione in difformità rispetto all'ordinario
    criterio di assegnazione a rotazione secondo l'ordine alfabetico.
    Va poi evidenziato, in particolare, che la possibilità di deroga in
    relazione alle competenze del magistrato ("si tiene conto anche della
    specifica competenza professionale del magistrato istruttore") richiede -
    come già sopra precisato - che vengano individuate le aree di competenza a cui
    fanno capo i singoli magistrati dell'ufficio (e, nell'ipotesi in cui alla
    medesima area siano assegnati pi magistrati, il criterio di ripartizione
    interno tra gli stessi). Si tratta, infatti, di un criterio sussidiario di
    indubbia rilevanza ed importanza (che investe la professionalità del
    magistrato) che, tuttavia, proprio per questa ragione, è necessario che sia
    adeguatamente definito.
    Si tratta di indicazioni di cui la proposta del programma organizzativo del
    prossimo biennio dovrà, pertanto, tenere conto.
    considerato, infine, che il programma organizzativo è stato inviato solo in
    cartaceo e deve essere inserito nel programma informatico di gestione delle
    tabelle.
    Tutto ciò considerato, il Consiglio
    delibera
    l'approvazione del programma organizzativo della Procura Generale presso la
    Corte di Cassazione in conformità alla proposta del Procuratore Generale presso
    la Corte di Cassazione, invitando altresì il Procuratore Generale a tenere
    conto di quanto indicato in parte motiva nella formulazione del programma
    organizzativo per il biennio 2006-2007.


    9. La modifica del limite di permanenza temporale negli uffici GIP/GUP

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    La legge delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario
    ha modificato il limite di permanenza dei sei anni dei magistrati negli uffici
    GIP/GUP, portandolo a dieci e si tratta di una norma immediatamente entrata in
    vigore.
    Con delibera del 21 settembre il Consiglio ha statuito che deve ritenersi
    necessariamente superata la disposizione del par.23 della circolare sulle
    tabelle che disciplinava le modalità di trasferimento dei magistrati degli
    uffici GIP/GUP che avrebbero maturato il termine dei sei anni alla data del
    31-12-2005 ai sensi della L.27-2-2002 n.31.
    Per altro verso la delibera afferma che la modifica legislativa non incide
    sulla disciplina della stessa circolare sulle tabelle che già prevedeva il
    limite di permanenza decennale, applicabile anche ai magistrati dell'ufficio
    GIP/GUP e calcolabile secondo gli ordinari criteri, cioè dal momento del
    trasferimento al nuovo incarico presso lo stesso ufficio; pertanto, in tal caso
    dovrà darsi luogo alla procedura per lo spostamento del magistrato, anche se
    questi abbia esercitato le anzidette funzioni in concomitanza con altre
    (principio, peraltro, già pi volte espresso dal C.S.M.).
    In buona sostanza la norma di legge determina soltanto la sostituzione del
    termine massimo di permanenza, ma lascia intatta l'applicazione del divieto di
    permanenza ultra decennale stabilito dalla circolare sulle tabelle, principio
    che, peraltro, il C.S.M. aveva già affermato anche in presenza del limite dei
    sei anni, qualora la permanenza nell'ufficio GIP/GUP fosse molto risalente nel
    tempo (oltre i dieci anni appunto).


    10. L'attenzione agli organici dei Vice procuratori onorari

    (torna all'indice)

    Con delibera del 28 settembre il C.S.M. ha procedendo "d'ufficio"
    ad un consistente aumento dell'organico dei VPO per le procure dopo la
    conversione del decreto legge n.144/2005 in tema di terrorismo, decreto che ha
    sancito l'impossibilità per il Procuratore della Repubblica di poter
    utilizzare, per le esigenze previste dall'art.72 R.D. n.12/41, il personale di
    Polizia giudiziaria determinando una specifica esigenza di servizio per l'aumento
    stesso degli organici fino a concorrenza con l'organico dei magistrati togati
    della procura.
    A tal fine si è tenuto conto sia della distribuzione di 52 nuovi posti
    effettuata dal Ministro con il DM 7 aprile 2005 nell'ambito del secondo
    aumento di organico previsto dalla l.48/2001 sia della circostanza che già
    alcune procure non ne prevedevano un numero di VPO pari a quello dei magistrati
    togati (limite massimo previsto).
    Nel frattempo in Ottava Commissione si stanno accelerando le procedure per la
    copertura dei posti di VPO già in organico e non coperti. Su questo aspetto va
    considerato che alcune corti di appello hanno tardato molto a trasmettere le
    rispettive graduatorie. Per recuperare questi ritardi la commissione sta
    procedendo con assoluta priorità a trattare le pratiche che ancora residuano.
    In terzo luogo si sta procedendo ad una ricognizione sistematica presso gli
    uffici di procura sia per verificare la situazione delle presenze dei VPO sia
    per monitorare la gestione delle udienze dei prossimi mesi.
    Infine, il Consiglio rivolgerà ai procuratori della Repubblica un invito
    affinch accrescano il numero delle deleghe di udienze affidate a ciascun VPO,
    segnalando al Consiglio per l'eventuale revoca i casi in cui i magistrati
    onorari non possano far fronte alla richiesta di un aumento del proprio impegno.
    Di pi per adesso non è possibile fare, a fronte di un Esecutivo che sul
    terreno della magistratura onoraria e della gestione delle risorse non ha una
    "politica" coerente (dimostrando coerenza solo nel ricorrere ad
    interventi di emergenza e dettati da spinte lobbistiche), e per di pi non ha
    mai inteso dialogare con il Consiglio.


    11. La circolare sulle tabelle dei giudici di pace 2006-2007

    (torna all'indice)

    Il 15 è stata approvata la nuova circolare per la formazione
    delle tabelle degli uffici del giudice di pace per il biennio 2006-2007.
    La circolare migliora la precedente, prevedendo soluzioni che tengono conto
    delle modifiche normative (in materia di immigrazione, terrorismo, etc.) e che
    intervengono per chiarire aspetti che nel passato biennio hanno dato luogo a
    dubbi o a diffuse cattive applicazioni della disciplina di circolare.
    La relazione introduttiva (con gli emendamenti presentati da MD, che tengono
    conto della legislazione estiva...) dà ampio conto delle modifiche di fondo
    apportate alla precedente circolare, ivi comprese le modifiche alla procedura di
    formazione delle tabelle.
    Per la materia immigrazione è stato introdotto l'obbligo (un tempo stabilito
    per i tribunali) di concentrare i procedimenti su un numero ristretto di giudici
    di pace, cosa che, tra l'altro, favorisce il buon esito e l'utilità concreta
    delle iniziative formative che le commissioni distrettuali intendono adottare.
    E' stato introdotto, altresì, l'obbligo per i coordinatori di verificare
    che nelle udienze penali sia fissato un congruo numero di processi, così
    evitando una proliferazione di udienze leggerissime che metterebbero
    definitivamente in ginocchio gli uffici di procura, già colpiti
    dall'impossibilità di ricorrere al personale di polizia giudiziaria.
    E' stato un lavoro impegnativo, che ha visto particolarmente attivi MD (e i
    colleghi del Movimento) in un settore e su materie che vengono tradizionalmente
    ed erroneamente snobbati.


    12. La pratica "a tutela" dei giudici di pace

    (torna all'indice)

    Il 15 settembre è stata approvata una vera e propria pratica
    a tutela dell'intera categoria dei giudici di pace, originata da una nota del
    Presidente dell'Associazione nazionale dei giudici di pace, dott. Francesco
    Mollo, che segnalava il contenuto di un articolo del quotidiano "Il
    Giornale", pubblicato il 18-6 u.s., dal titolo "Il giudice che voleva
    interrogare un cane", il cui tenore era irridente e sarcastico nei
    confronti della magistratura onoraria e dei giudici di pace in particolare.
    La risoluzione sottolinea da un lato che la magistratura onoraria fa parte a
    pieno titolo della magistratura e merita, quindi, di essere tutelata al pari di
    questa da attacchi gratuiti ed ingiustificati; dall'altro che comportamenti
    non conformi alla dignità e professionalità dell'incarico sono stati
    rigorosamente valutati dal C.S.M. sia in sede di applicazione di sanzioni
    disciplinari che di conferma del magistrato onorario e sempre tenendo presente
    che da singoli episodi che denotano scarso senso deontologico non possono
    derivare giudizi generalizzati di inadeguatezza.
    Il Consiglio ha, pertanto, affermato per la prima volta che esso è garante
    nell'interesse comune dell'indipendenza ed autonomia della magistratura nel
    suo complesso e, quindi, anche di quella onoraria; conseguentemente ha censurato
    quell'atteggiamento, nel caso di specie estrinsecatosi nell'articolo di
    giornale, chiaramente sfociato in affermazioni diffamatorie e di dileggio al
    limite del vilipendio, espressamente sottolineando come si versi in una
    situazione differente dal legittimo esercizio del diritto di critica.
    E' un triste segno dei tempi che anche la magistratura onoraria abbia
    cominciato a subire gli attacchi proditori, genericamente rivolti alla
    categoria, che solitamente vengono riservati alla magistratura professionale.
    Il Consiglio ha dimostrato una pronta reazione, adottando lo stesso opportuno
    strumento con cui tutela i magistrati di carriera.


    13. L'esercizio della professione forense dei magistrati onorari.

    (torna all'indice)

    Il 22 settembre è stata approvata una delibera che sancisce
    la compatibilità tra l'esercizio dell'attività di giudice onorario e
    quello della professione forense svolto innanzi ai T.A.R., alle Commissioni
    tributarie provinciali e regionali ed alla Corte dei Conti.
    La delibera, pur prendendo atto che la lettera della norma dettata per le
    incompatibilità dei magistrati onorari potrebbe autorizzare un'interpretazione
    pi rigorosa, afferma che è difficile ravvisare in concreto una reale
    interferenza tra la funzione del magistrato onorario e l'attività forense
    svolta innanzi a magistrature amministrative, tributarie e contabili ed appare,
    pertanto, opportuno adottare un'interpretazione che non imponga divieti a
    priori, non strettamente indispensabili e funzionali al corretto ed imparziale
    esercizio della giurisdizione.
    E' fatta sempre salva la possibilità di una differente valutazione caso
    per caso.
    Questa delibera s'inserisce nel solco di altre che tendono a limitare le
    ipotesi d'incompatibilità per i magistrati onorari all'esercizio della
    professione forense nei casi in cui il territorio di competenza sia molto pi
    vasto rispetto a quello nel quale si esplica l'attività magistratuale; il
    Consiglio, infatti, aveva già affermato l'insussistenza dell'incompatibilità
    per l'esercizio della professione forense svolta innanzi al Tribunale per i
    minorenni e al Tribunale di sorveglianza.

13 10 2005
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