da Il Manifesto del 14 giugno 2009 di Livio Pepino
Costruire su un «pezzo di verità» una operazione politica spregiudicata e strumentale non è meno grave che inventare un falso tout court. Così può essere riassunta e commentata la sortita con cui il ministro della giustizia Alfano ha descritto le nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari come impropri scambi realizzati nel Consiglio superiore sulla base di una sorta di planning correntizio. Dichiarazioni gravi che hanno provocato le (opportune quanto inusuali) dimissioni dalla commissione preposta agli incarichi direttivi di tre componenti del Consiglio e che meritano qualche considerazione.
Cominciamo dal «pezzo di verità». Che ci siano talora nel Csm, soprattutto da parte di chi se ne dichiara poi scandalizzato (in particolare, i laici di destra e i componenti eletti su indicazione di Magistratura indipendente), atteggiamenti clientelari e cedimenti a logiche di appartenenza è un fatto e non sarò certo io - che l'ho ripetutamente denunciato in vicende specifiche - a negarlo. Ma creare polveroni, omettendo indicazioni circostanziate e presentando come metodo ciò che tale non è (ignorando gli sforzi di trasparenza della maggioranza di questo Consiglio) significa fare un cattivo servizio alla verità. Il ministro sa bene la differenza che corre tra cadute episodiche e pratica generalizzata tesa a favorire appartenenze e «fedeltà politiche». Lo sa essendo partecipe di un governo e di una maggioranza che praticano quotidianamente quel metodo nelle nomine, nelle revoche o nelle indicazioni di prefetti, questori e funzionari (come dimostrano - per non fare che alcuni esempi - le vicende dei vertici della Rai, le rimozioni di validi prefetti ritenuti troppo rispettosi dei diritti dei migranti o le promozioni dei funzionari di polizia coinvolti nelle vicende della Diaz durante il G8 di Genova). Lo sa assistendo in un silenzio compiaciuto alla chiamata di magistrati finanche come segretari particolari di esponenti di secondo piano della maggioranza parlamentare. Difficile, in questo contesto, credere che la sua sortita sia stata dettata da ansia moralizzatrice.
Quali, dunque, le ragioni reali di questo falso scoop? Non è difficile individuarlo. Mentre i codici penali (sostanziale e processuale) e il sistema delle intercettazioni sono improvvidamente modificati a colpi di voti di fiducia, si torna a parlare di riforme della magistratura. Per favorirle, intanto, si aggrediscono i presìdi che, negli ultimi decenni, hanno contribuito - miracolo italiano - a conferire al sistema giudiziario significative valenze democratiche: l'esercizio diffuso dell'azione penale e il governo autonomo della magistratura, che - pur con tutti i suoi limiti - ne costituisce garanzia e presidio. Superfluo ricordare il quadro politico e di costume in cui ciò accade. Piuttosto merita sottolineare l'uso strumentale di episodi circoscritti: non per introdurre correttivi utili a razionalizzare il sistema ma per minare e sovvertire il modello di magistratura che, negli ultimi decenni, ha prodotto significativi cambiamenti della giurisdizione in senso egualitario e un proficuo pluralismo giudiziario.
È certamente un deja vu, ma il fatto che il copione sia noto non ne attenua la gravità. C'è, inoltre, un fatto nuovo che merita sottolineare. Il fatto nuovo è che, da qualche tempo, l'offensiva del governo e della maggioranza contro l'indipendente esercizio della giurisdizione trova una sponda, fino a ieri insperata, in settori della magistratura e del Consiglio superiore: non solo nei membri laici di centro destra (essi sì, sempre acriticamente appiattiti sulle posizioni dei gruppi politici di appartenenza) ma anche nei componenti eletti su indicazione di Magistratura indipendente (giunti in queste ore persino a negare il sostegno a un documento di protesta contro le dichiarazioni del ministro dopo avere finanche sostenuto la possibilità per i magistrati di effettuare, contemporaneamente alla attività giudiziaria, una attività di consulenza al governo...). Difficilmente, senza questa sponda, il ministro Alfano si sarebbe esibito nelle dichiarazioni qui ricordate. C'è di che riflettere per tutti, anche per i magistrati...