della segretaria nazionale di Md
Dopo le accattivanti promesse del Ministro Alfano di riforme complessive e di sistema in grado di rimettere la giustizia, ed il processo penale in particolare, in grado di funzionare, siamo ancora all'annuncio di un intervento legislativo settoriale, e molto specifico.
Il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche - ancora oggi, non presentato in versione ufficiale - interviene su questo essenziale strumento di indagine, per limitarne drasticamente l'uso, tra l'altro restringendone la durata a non più di tre mesi, indipendentemente dal risultato sin lì ottenuto. Si sceglie dunque, per tutelare la privacy delle persone - che è indubbiamente un tema fondamentale, da affrontarsi con strumenti adeguati - di impedire in radice la possibilità di acquisire prove di reato.
La proposta di riforma stabilisce un nuovo limite edittale di pena per i reati per cui possono disporsi le intercettazioni: ne restano escluse figure criminose quali furto, ricettazione, calunnia e falsa testimonianza, circonvenzione di incapace ed associazione per delinquere. Crimini non abbastanza gravi, si ritiene, per disturbare la riservatezza di chi è ne gravemente indiziato.
Si trasforma la competenza dell'organo giudiziario chiamato a provvedere, che d'ora in avanti sarà il tribunale e non più un giudice monocratico. E' la collegialità dunque il presupposto e la garanzia per un esame più accurato ed attento: quando la legislazione processuale oggi in vigore lascia al giudice unico competenza non solo per l'emanazione di provvedimenti limitativi della libertà personale, ma anche per processi che possono comportare la condanna dell'imputato a pene anche molto pesanti. Più cautele per la difesa della privacy dell'indagato e dei suoi interlocutori, che per la libertà delle persone.
Saranno solo i tribunali costituiti nei capoluoghi di provincia a poter decidere sulle richieste: un accentramento territoriale ancora insufficiente, che non eviterà disfunzioni derivanti, soprattutto nelle sedi minori, dalle incompatibilità dei giudici che dovranno occuparsene. Invece di una seria revisione della geografia giudiziaria, un ulteriore elemento di disservizio che va ad ostacolare la resa di giustizia in moltissimi uffici.
Infine, una stretta decisa per quel che concerne la possibilità per l'informazione di pubblicare notizie sulle indagini.
Ci sono stati, è vero, casi in cui da parte dei magistrati e da parte dei giornalisti è mancata la necessaria attenzione alla tutela della riservatezza delle persone coinvolte nelle indagini, soprattutto con riferimento a fatti della vita privata del tutto estranei a quelli oggetto di accertamento penale. Ma la risposta a singoli episodi di violazione di obblighi deontologici non può certo consistere nel privare la magistratura e le forze dell'ordine di un fondamentale strumento di indagine e nell'impedire alla stampa di esercitare il proprio diritto/dovere di informare la collettività di vicende rilevanti.
Una seria riflessione su questi temi forse è sin qui mancata, ma speriamo, è ancora possibile: prima che siano solo la logica del proibire, e quella del tacere, ad imporsi.