Intervento di Antonella Di Florio svolto all'Università di Napoli l'11 giugno 2008 nell'ambito del master in diritto europeo e comparato del lavoro
Prima di affrontare le questioni poste al vaglio della giurisprudenza delle Corti Europee, è opportuno fornire alcuni dati sulla diffusione dei contratti a termine.
Dalle rilevazioni statistiche si è registrato in Europa un andamento medio crescente che passa dal 13% del 2003 al 14,5% nel 2005 nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale nell'ambito dei 25 paesi della UE.
Il paese che ha fatto maggiormente ricorso al contratto a termine è la Spagna che nel 2005 presentava una punta del 33,3 % rispetto all'occupazione complessiva.
Per quanto riguarda l'Italia le indicazioni provenienti dall'ISTAT mettono in evidenza che dal 2002, anno successivo all'entrata in vigore della l. 368/2001, vi è stata una costante crescita del lavoro a tempo determinato, con una accelerazione in aumento nel periodo 2005-2007 per cui nel 2006 risulta una crescita dal 12,3 al 13,1 su tutti i lavoratori dipendenti, per arrivare al 13,6, per il 3° trimestre del 2007.
E' pure emerso che la metà dei nuovi posti di lavoro ( pari al 9,7% in più rispetto al 2005) sono costituiti da contratti a termine, e che quindi la composizione dell'occupazione dipendente negli ultimi 10 anni si sta rapidamente modificando, in quanto l'occupazione stabile perde progressivamente peso al ritmo di un punto percentuale a biennio.
Inoltre l'Istat rileva che la tendenza alla crescita dei rapporti di lavoro temporaneo riguardo soprattutto le donne ed i giovani sottolineando l'esistenza di aree ad alto rischio di precarietà: oltretutto la possibilità di passare da uno o più rapporti instabili ad un rapporto a tempo indeterminato è assai ridotta con la conseguenza di una generalizzata precarizzazione dei rapporti di lavoro....