Articolo di Rita Sanlorenzo - da L'Unità del 4 febbraio 2008
L'ultima, impressionante serie di morti sul lavoro non richiama solo la politica al dovere di guardare al tema della sicurezza dei lavoratori con un impegno nuovo, capace di dare risultati concreti. Le voci straziate dei
parenti delle vittime che chiedono giustizia chiamano anche i magistrati a un'attenzione rinnovata e in qualche misura autocritica che deve partire da una constatazione amara. La perdita di efficienza del sistema giudiziario, i suoi ritardi, le sue inerzie, lo condannano all'incapacità di assolvere alla sua funzione essenziale, quella di garantire i diritti della persona, primo fra tutti quello primario alla salute.
Puntare al recupero di una migliore efficienza della giustizia in questo campo è il passaggio obbligato non solo per rendere alle vittime il risarcimento, anche morale, cui hanno diritto, ma anche per restituire al sistema la capacità di reprimere i reati e di prevenirne la commissione.
Bisogna dunque che delle mancanze della giustizia in tema di sicurezza del lavoro si discuta senza reticenze. Sarebbe velleitario pensare a soluzioni miracolistiche, capaci da sole di risolvere una crisi di sistema che investe
tutta la giustizia, ma ciò non può essere un alibi per lasciare tutto com'è.
Non è tanto di un adeguamento della normativa che c'è bisogno: la materia è, infatti, dettagliatamente disciplinata da un corpo di norme va razionalizzato, ma non necessariamente accresciuto. E non è certo creando
nuovi apparati giudiziari centralizzati, e attribuendo loro funzioni di coordinamento rispetto a un fenomeno diffuso sul territorio e frammentato a seconda delle varie realtà produttive ed economiche, che si può pensare di
organizzare un'azione complessiva capace di incidere sul fenomeno. La riforma della giustizia passa per un'idea molto semplice, ma di cui molti stentano ad appropriarsi: il cittadino, in questo caso il lavoratore, ha
diritto a ottenere risultati definitivi in tempi ragionevoli, frutto dello sforzo univocamente orientato di tutti i soggetti chiamati a concorrervi.
Non punte di eccellenza, non "super" uffici, ma un impegno diffuso che guardi all'esito finale del processo, evitando dispersioni, spreco di risorse e, soprattutto, ulteriore mortificazione per le parti offese.
Le proposte di Magistratura democratica in tema di sicurezza sul lavoro partono, per questo, da un progetto di intervento sul terreno dell'organizzazione giudiziaria e della formazione professionale dei magistrati. Bisogna puntare alla costituzione obbligatoria di sezioni
specializzate sia nelle Procure della Repubblica che nei Tribunali e nelle Corti d'appello, con la previsione per i magistrati addetti di un percorso di formazione permanente, comune agli organismi di vigilanza e alle sezioni
di polizia giudiziaria e capace di aggiornamenti tempestivi in caso di innovazioni legislative. Il Consiglio superiore della magistratura, dopo una
ricognizione delle varie realtà (in alcune delle quali molto si è fatto, ma senza che le esperienze migliori si siano diffuse), deve curare la redazione e la diffusione a tutte le procure di protocolli d'indagine sui reati in materia di sicurezza sul lavoro. Si andrà così a creare così una filiera omogenea per specializzazione professionale e sensibilità culturale, in grado di evitare la dispersione nella generalità delle competenze
giurisdizionali. Sotto il profilo legislativo, occorre pensare all'estensione dello schema processuale dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (caratterizzato dalla celerità e dall'assenza di formalismi), nei casi di violazioni della normativa prevenzionale comportanti un pericolo grave e attuale per l'incolumità fisica e la salute dei lavoratori e delle lavoratrici. Sotto il profilo amministrativo, infine, occorre costituire presso gli enti locali territoriali degli osservatori sull'andamento della
giustizia in tema di sicurezza del lavoro, composti da magistrati, da rappresentanti delle parti collettive e da responsabili degli organismi pubblici di vigilanza, a cui affidare il monitoraggio dell'andamento dei processi specialistici, soprattutto sotto il profilo statistico, indicativo di situazioni di pericolo e di nocività.
La sicurezza sul lavoro è un obiettivo raggiungibile. Ma occorre l'impegno congiunto e coordinato di una catena di soggetti, dai rappresentanti dei lavoratori agli organismi di controllo e alla magistratura. Nessuno di questi soggetti può pensare di poter agire isolatamente, senza confronto con gli altri segmenti: men che meno i magistrati, soprattutto se restano chiusi nelle aule dei tribunali.
Rita Sanlorenzo
(segretario nazionale di Magistratura democratica)