L'ordinanza del GIP di Bari sul rapimento di italiani in Iraq


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TRIBUNALE DI BARI

Sezione del giudice per le indagini preliminari

ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURA CAUTELARE
NON RESTRITTIVA

Proc. n. 8880/04-21 R.N.R.

Proc. n. 12546/04 R.G.G.I.P.

Il giudice

Giuseppe De Benedictis

In relazione alla richiesta presentata dal Pubblico Ministero, pervenuta
a questo Ufficio in data 30.9.2004 per ottenere l’applicazione
della misura cautelare del divieto di espatrio, nei confronti di:

SPINELLI (omissis), res. Sammichele di Bari (omissis), persona attualmente indagata per il delitto di cui
all’art. 288
C.p. perché, in concorso con altre persone, procedeva nel
territorio dello Stato e senza l’approvazione del Governo
all’arruolamento di Forese Dridi, Agliana Maurizio e Cupertino
Umberto affinché militassero in territorio irakeno in favore
di forze armate straniere (angloamericane, per la precisione), in
concerto ed in cooperazione con le medesime, in contrapposizione a
gruppi armati stranieri.

Fatto
commesso in Sammichele di Bari in epoca antecedente e prossima al 4
aprile del 2004.

Letti
gli atti del fascicolo inviato in visione dal P.M., in particolare
l’interrogatorio dell’indagato stesso, reso al P.M. di
Bari il 20.9.2004, la nota della Procura di Brescia n. 12736/04 mod.
44 del 24.4.2004, la informativa della DIGOS di Bari del 30.4.2004,
quella del 26.5.2004, quella del 9.6.2004 e quella del 9.7.2004,
nonché le dichiarazioni testimoniali rese alla Questura di
Pratoi da Vernis Andrè Gabriel Joseph il 5.5.2004, alla
Questura di Genova da Forese Dridi il 12.5.2004 con la allegata copia
del cosiddetto “accordo professionale” tra il Forese e la
“Presidium International Corporation” con sede legale
alle Seychelles, da Meli Cristiano il 5.7.2004 e da Casti Paolo il
17.6.2004 (con allegata email inviata il 12.1.2004 da tale “Paolo
Simeone” all’indirizzo paol.casti@(omissis)
dove il Casti è indicato come “Mamutones” e la
risposta del Casti al Simeone, all’indirizzo
closeprotectioniraq@hotmail.com
del giorno dopo le dichiarazioni di Agliana Maurizio e Cupertino
Umberto alla Procura Antimafia della Repubblica di Genova (rese però
presso gli uffici della D.N.A. di Roma) il 6.7.2004; preso atto
infine che, così come richiesto dal primo comma dell’art.
313 C.p., per tale delitto ipotizzato a carico dello SPINELLI il
Ministero della Giustizia, con propria nota n. prot.
212-2-676/2004/2971/04 del 20.7.2004 ha concesso l’autorizzazione
a procedere a scioglimento della riserva precedentemente formulata,
osserva quanto segue.

***

Appare
invero inutile in questa sede, non fosse altro che per il clamore
sollevato per settimane durante e dopo la vicenda dei quattro ostaggi
italiani sequestrati in Irak da uno dei tanti gruppuscoli islamici
che compongono attualmente il panorama di guerriglieri anti-americani
(rectius anti-occidentali) in quello sfortunato paese,
ricordare quella vicenda, che si concluse peraltro con la barbara
esecuzione di uno dei quattro; quello che preme, invece, in questa
vicenda, è ricostruire le responsabilità penali di una
persona che ebbe un ruolo primario nella partenza di quei quattro
cittadini italiani per l’Irak e, soprattutto, per la
definizione dell’incarico che in quel paese straniero gli
stessi avrebbero svolto.

Premesso
che il procedimento in questione ha preso le mosse da una iscrizione
a carico di ignoti n. 5828 mod. 44 del corrente anno, per i reati di
cui agli art. 288, 289 bis in relazione all’art. 575 C.p.
commesso nel territorio dell’Irak da ignoti ai danni di
Quattrocchi Fabrizio (gli atti relativi all’omicidio del
cittadino italiano sono stati comunque trasmessi alla Procura della
Repubblica di Roma, che per prima aveva proceduto alla iscrizione del
relativo procedimento penale per l’eventuale identificazione
dei relativi responsabili) proseguendo la Procura di Bari le indagini
relative all’ipotizzato delitto di cui all’art. 288
C.p.p., che dai primi accertamenti risultava essersi consumato nel
territorio di Bari, realizzando all’uopo un proficuo scambio di
informazioni con la Procura del Tribunale di Genova, per analogo
reato commesso in quel territorio.

A seguito di tali indagini una prima informativa a carico dello
SPINELLI era redatta il 26.5.2004 dalla DIGOS locale ed il 3.6.2004
si iscriveva il fascicolo mod. 21 a suo nome (del quale trattiamo in
questa sede) per il delitto di cui all’art. 288 C.p. da lui
commesso in Sammichele di Bari, in concorso con altri, in epoca
prossima ed anteriore al 4 aprile del corrente anno.

Invero
le indagini hanno consentito sinora di accertare che era
effettivamente vero quanto ipotizzato, subito dopo il sequestro dei
quattro italiani in Irak, che essi erano sul territorio di quel paese
in veste di mercenari, o, quantomeno, di “gorilla” a
protezione di uomini di affari in quel martoriato paese.

Per
la precisione, in un articolo di stampa apparso anche sul locale
quotidiano de “La Gazzetta del Mezzogiorno” il 21.4.2004
(pag. 3), il giornalista Boccardi Stefano riportava una intervista
rilasciata telefonicamente dall’Irak da un quinto cittadino
italiano, lo SPINELLI, appunto, amico e compaesano del Cupertino,
nella quale lo SPINELLI, appresa la notizia dell’apertura di
una inchiesta sulla vicenda degli ostaggi in Irak, difendeva i
quattro amici, additati come “mercenari” e si rendeva
disponibile a qualsiasi tipo di chiarimento sul tipo di servizio che
gli stessi di fatto svolgevano in quel paese, identificati dallo
SPINELLI come – ed unicamente – addetti alla sicurezza
dei civili. In quello stesso articolo sif aceva cenno ad una società
con sede centrale alle Seychelles, la “Presidium”, della
quale lo SPINELLI affermava pubblicamente di essere il referente per
l’Italia, asserendo addirittura di averne istituito una
succursale nel suo paese (Sammichele di Bari).

In realtà le indagini espletate, ed in particolare le
dichiarazioni dei due ostaggi Agliana e Cupertino e di altri testi,
nonché i testi di vari e-mail (ed in particolare quelle
ricordate sopra, intercorse il 12 e 13 gennaio 2004 tra Casto e
Simeoni) permettevano di approfondire la natura dei rapporti tra
SPINELLI e la “Presidium Corporation” e, soprattutto, la
reale funzione svolta in Irak dagli uomini arruolati in Italia dallo
SPINELLI per conto di tale società estera.

La “Presidium”, infatti, così come si legge nel suo
sito internet, si autodescrive come società “leader
nell’addestramento operativo in Paesi ad alto rischio”,
ed oltre la sede centrale nel paradiso fiscale delle Seychelles, ha
alcune succursali in altri Paesi, Italia inclusa; le ulteriori, e
meglio particolareggiate, finalità della “Presidium”
sono poi riportate nelle pagine web del sito di tale società,
e tutte indicano servizi non solo relativi alla sicurezza di persone
ad alto rischio (quindi si tratta di gorilla o bodyguard, che dir si
voglia), ma addirittura offrono corsi di formazione per persone che
vogliano intraprendere attività a dir poco peculiari quali
“negoziazione per la risoluzione di rapimenti”,
“controspionaggio”, “piani di evacuazione”,
“ricognizioni”, “sminamento e bonifica nel
territorio” e, in modo ancor più palese, “combattimento
nella jungla”, in ambiente “urbano”, nel “deserto”,
“commandos”, “controterrorismo”,
“controguerriglia” e, addirittura, “controsorveglianza”
(cioè tecniche per elude la sorveglianza di altri bodyguard,
il che vuol dire per scopi solitamente poco edificanti, quali il
rapimento e l’omicidio della persona protetta), attività
che caratterizzano in maniera abbastanza palese, qualsiasi cosa ne
dicesse SPINELLI nel suo articolosopra citato pubblicato dalla
Gazzetta del Mezzogiorno, la “Presidium Corporation” come
un centro di addestramento ed arruolamento di mercenari (o peggio,
come farebbe pensare la scelta della sede centrale in un paradiso
fiscale e la relativa tranquillità che offre, per la proprio
pubblicità, l’uso di un sito internet, consultabile da
tutti ma rintracciabile, nella sua fonte, da pochi e come avvalora,
almeno per il nostro Paese, la politica “aziendale” di
detta società estera di aprire delle succursali praticamente
solo virtuali, in quanto, per esempio, la sede di Olbia della
“Presidium” corrisponde praticamente ad una scuola per
addestramento di sommozzatori denominata “Stemasud” –
il cui titolare, come da rapporto in atti della P.S. di quel centro
sardo, sembra essere estraneo alle attività oggi contestate
allo SPINELLI – e la sede di Sammichele di Bari pubblicizzata
dall’odierno indagato corrisponde ad una vecchia abitazione
fatiscente e disabitata da lungo tempo).

Il ruolo dello SPINELLI nell’arruolamento di cittadini italiani da
mandare in Irak con compiti del tutto identici a quelli di militari,
invece, emerge da alciune dichiarazioni rese da testimoni, in
particolare dal Forese, ed hanno evidenziato il suo centrale ed
insostituibile ruolo di anello di collegamento tra la “Presidium”
ed i cittadini italiani sequestrati.

Lo SPINELLI, anzitutto, può essere – alla luce delle
indagini svolte dalla DIGOS – considerato una guardia del corpo
professionista, come si può dedurre da una sua specia di
lettera di referenze rilasciata dal medesimo nel sito internet
www.kali.it,
decantando la sua abilità con le arti marziali e tecniche di
combattimento ravvicinato e nello stesso documento lo SPINELLI si
definiva altresì come socio di una società di
protezione e sicurezza con sede a Nizza di nome “Bodyguard
Europe 2000”, che si occupava anch’essa, guarda caso, di
formazione ed addestramento di operatori per la sicurezza privati,
esaltando i metodi particolarmente “duri” di
addestramento, affermando che per entrare a frequentare tali corsi
occorreva avere già una pregressa esperienza, come quella in
possesso di giovani ex militanti di reparti speciali di Forze Armate
e di praticanti abituali di arti marziali, parlando nella stessa di
“tecniche di tiro operativo antiterrorismo”, terminolgia
che richiama l’addestramento tattico militare degli snipers
(cecchini), quindi di tipo offensivo e non certo difensivo.

Ma il quadro indiziario definitivo a carico dello SPINELLI, quale
coordinatore e mediatore dell’arruolamento dei quattro italiani
in Irak, si è avuto grazie alle dichiarazioni dei parenti di
costoro, oltre che dall’articolo apparso sulla cronaca di Prato
sul quotidiano locale “Il Tirreno” il 4.5.2004 intitolato
Il maestro di Maurizio Agliana rivela i retroscena del
reclutamento
”: il maestro in questione era il francese
Vernis che, sentito dalla DIGOS di Genova, confermava il contenuto di
detto articolo e dichiarava di essere socio unico della ditta di
“protezione di beni e persone in Francia, precisamente a Nizza,
denominata Bodyguard Europe 2000s.a.r.l., avente a oggetto la
protezione ravvicinata e la scorta, la sicurezza ravvicinata delle
persone e dei beni materiali privati”, società che non
aveva una sede stabile vera e propria, ma all’occorrenza era
contattata dai clienti tramite casella postale, confermando inoltre
Vernis che all’estero si serviva di collaborazione esterna di
operatori francesi e, per quello che più ci riguarda, di avere
conosciuto lo SPINELLI e di avere lavorato con lui, affermando
(particolare indicato anche dalla sorella di Cupertino) che lo
SPINELLI era ancora occupato in Irak (attualmente alle dipendenze
della “Dyncorp – CSC Company”, società
americana del tutto identica, nel peculiare oggetto sociale, alla
“Presidium”).

Il Forese, invece, premesso di essere una guardia giurata e quindi come
tale pratica nell’uso di armi da fuoco e di avere conosciuto il
Vernis, consegnava all’esito della sua escussione a Genova una
copia del contratto preliminare sottoscritto in Italia e propostogli
dallo SPINELLI per conto della “Presidium Corporation”,
nel quale, in cambio di settemila dollari al mese, egli accettava di
operare in Irak (dove, di fatto, invece che per la “Presidium”
aveva operato per altra società denominat DTS) come operatore
di sicurezza con in dotazione una mitraglietta tedesca MP-5 calibro 9
Parabellum ed una pistola semiautomatica del medesimo calibro (le
stesse, identiche, armi indicate nelle e-mail intercorse tra Casto e
Simeoni, sopra citate, versate in atti, armi considerate da guerra
secondo la legislazione italiana, le stesse armi fornite da Simeoni
ad Agliana e Cupertino al momento del loro arrivo a Baghdad).

Il fatto che lo SPINELLI arruolasse e contattasse in Italia, per conto
della “Presidium Corporation” persone con caratteristiche
professionali idonee ad affrontare situazioni ad alto rischio in
territori di guerra, è dimostrato, oltre che dalle
dichiarazioni di Agliana, Cupertino e Forese, anche dal fatto che
egli sia l’unico del gruppo di italiani partito dall’Italia
il 4.4.2004 ad aver poi ottenuto un contratto a lungo termine con la
“DynCorp” (come ricordato anche da Agliana nelle sue
dichiarazioni), proponendo per 7000 dollari al mese un contratto con
le persone assunte le cui quanto mai generiche e vaghe clausole
contrattuali mostrano non tanto che la “Presidium”
pretendeva dagli stessi un operato di vigilanza e protezione di
singole persone, civili, ovviamente, quanto che dovevano operare, non
si sa bene con quali scopi, anche per altre società avallate
dalla “Presidium”, quale appunto la DTS ricordata dal
Forese, in una sorta di cruenta “intermediazione di mano
d’opera” per operazioni di tipo apertamente militare,
come dimostra il fatto che Cupertino, nelle sue dichiarazioni, abbia
detto che i quattro italiani avevano formato una squadra denominata
“Delta”, particolare da lui appreso soltanto durante la
prigionia.,

Ancor più chiaramente Meli ha dichiarato il 5.7.2004 di avere
lavorato con il Simeoni a Bassora (“piccoli lavoretti”) a
protezione di società umanitarie americane e
nell’addestramento di guardie irakene, addestramento,
come da lui ricordato, soprattutto a base di kalashnikov, e che i
quattro italiani sequestrati vennero richiesti in Iraq in quanto tale
Malcom, cittadino americano di un’altra agenzia di “sicurezza”,
tale Bearing Point, aveva detto loro che avevano bisogno di una
squadra di protezione “seria” presso l’hotel
“Babilon” di Baghdad ed allora Simeoni contattò
gli italiani, fra cui Quattrocchi, per la prima volta; in seguito i
rapporti con Simeoni, che egli sapeva essere in contatto con la
“Presidium”, si deteriorano e l’ultimo lavoro che
svolse per lui fu quello di andare a prendere Cupertino, Stefio,
Agliana, Forese e SPINELLI ad Amman ed il giorno dopo passò
alla “Dyncorp”, seguito poco dopo dallo SPINELLI (giova
ricordare che mentre rendeva tali dichiarazioni Meli era
convalescente in Italia per un colpo di arma da fuoco da lui ricevuto
in Irak sotto l’occhio sinistro mentre scortava dei tecnici
americani per conto della “Dyncorp”) e ricordava dello
SPINELLI che era stato addestrato militarmente in Israele, avendogli
fatto notare che portava sul passaporto un timbro di visto di
ingresso in Israele, cosa molto poco salubre in Irak, confermando di
avere fatto arrivare in Irak per tale tipo di “lavoro”,
insieme a Simeoni e tale Castellani ben undici italiani.

Che poi tale attività per cui (anche) lo SPINELLI reclutava in
Irak cittadini italiani fosse tutt’altro che attività di
scorta e protezione di civili, lo ha detto anche Casto, il quale,
reclutato nel febbraio 2004, prima di Agliana, Cupertino, SPINELLI,
Forese e Stefio, affermò di avere già trovato sul posto
Simeoni, Meli e Quattrocchi e che Simeoni doveva reclutare una
squadra di undici persone; il loro compito consisteva in vera e
propria attività militare a supporto delle forze della
coalizione anglo-americana, dicendo testualmente che, armati di
pistola e mitraglietta MP5 dello stesso calibro: “Avevamo il
potere di fermare e controllare le persone, ed in caso di necessità
di aprire il fuoco, sempre e solo in risposta ad attacco armato.
Preciso che questa attività era svolta con l’avallo
della sicurezza dell’albergo, della polizia irakena ivi
presente, e delle stesse forze della coalizione, che autonomamente
o su nostra richiesta, ci coadiuvavano nell’espletamento delle
nostre attività. Preciso che le stesse forze della
coalizione (militari americani) in più occasioni hanno
usufruito del comprensorio dell’albergo e delle sue strutture
interne per porre delle basi di osservazione e postazioni di
attacco (installazione di lanciarazzi
” (…)
Secondo quanto riferitomi da Paolo Simeoni, la ragione di
ciò poteva risiedere nel fatto che, come riferito a lui dai
servizi americani, in esso vi fossero un nucleo dei <<Feddayn
Saddam
[ 1 ] >>,
verso il quale, verso il quale, per motivi strategici
, le
forze della coalizione ritenevano di non dover intervenire
”:
gli italiani, dunque, erano veri e propri fiancheggiatori delle forze
della coalizione e questo spiega, se non giustifica, l’atteggiamento
dei sequestratori nei loro confronti.

Tanto premesso, quindi, in tema di
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza attualmente esistenti ex
art. 273 C.p.p. a carico dello SPINELLI, le cui dichiarazioni al P.M.
del 27.9.2004 non sembrano affatto negare i fatti, ma solo
minimizzarli (peraltro cercando di attribuire la responsabilità
principalmente all’altro “arruolatore” di
professione, lo Stefio, pure sequestrato con gli altri tre arruolati)
va detto come – sotto il profilo della sussistenza di esigenze
cautelari attualmente esistenti a suo carico – non abbia alcuna
valenza il fatto che egli sia persona del tutto incensurata, tenuto
conto anche del tipo di misura cautelare (non restrittiva) chiesta
nei suoi confronti dal P.M. e tenuto conto che l’alta pena
edittale (da quattro a quindici anni di reclusione) prevista per
l’articolo del codice penale al momento contestatogli esclude
in radice, allo stato degli atti, la possibilità dello
SPINELLI di ottenere, anche con l’eventuale ricorso ad un rito
alternativo, una pena contenibile nei limiti edittali necessari per
la sospensione condizionale della medesima e, tanto malgrado tale suo
stato di formale incensuratezza, infatti, il giudizio prognostico a
suoi carico, comunque, non può, allo stato che essere
negativo, non solo all’esito dell’esame delle modalità,
invero socialmente allarmanti, professionali e reiterate, di
commissione del fatto per cui oggi é processo a suo carico, ma
anche e soprattutto da tutta una serie di criteri all’uopo
dettati da una costante ed unanime giurisprudenza di legittimità
- anche per scegliere la misura più adeguata e proporzionale
all’entità del fatto contestato ad una determinata
persona - quali sono appunto quello dell’id quod plerumque
accidit
(cfr. Cass. VI nr. 7 del 29.3.90), quello già
esaminato prima delle specifiche modalità e circostanze del
fatto, nonché quello della personalità dell’imputato
(cfr. Cass. V nr. 5290 dell’11.12.90), degli elementi enunciati
nell’art. 133 c.p. (cfr. Cass. VI, nr. 2828 del 15/2/91) e,
peraltro, secondo un uniforme e consolidato orientamento
giurisprudenziale della Suprema Corte in materia di possibilità
di emissione di una misura cautelare a carico di soggetti del tutto
incensurati, si rileva come una prognosi di pericolosità
sociale sfavorevole allo SPINELLI ben può fondarsi anche sulla
valutazione, filtrata ex art. 133 c.p., dei motivi a delinquere
dell’indagato, la cui condotta risulta, in atti, davvero
estremamente allarmante, ove si pensi ai motivi per cui egli arruola
suoi concittadini da inviare all’estero, motivi che si
ritengono al momento chiari indici di una personalità
criminogena, sintomatici di una personalità da ritenere
ragionevolmente incline al delitto e che inducono, pertanto, questo
Giudice ad una valutazione di attuale e rilevante pericolosità
sociale dello SPINELLI e, quindi, ad una prognosi infausta di
recidivazione criminosa nei suoi confronti, prognosi che è
infausta anche sotto il profilo del pericolo di fuga all’estero
del predetto, donde la peculiare misura cautelare richiesta dal P.M.,
l’unica allo stato che, senza sacrificare la libertà
personale dello SPINELLI, consenta comunque di impedirgli di
allontanarsi dal territorio dello Stato e reiterare, nel contempo,
fatti della stessa specie di quelli per cui è processo a suo
carico.

In effetti, proprio per il pericolo di
fuga, va detto come nella nota del 24.9.2004 della DIGOS
precedentemente ricordata emerge chiaramente che lo SPINELLI ha
intenzione di emigrare a breve per il Brasile insieme alla madre, e
di aprire in quel Paese latino-americano una identica attività
“nell’ambito della sicurezza”, per cui appare
evidente come il divieto di espatrio chiesto ex artt. 280-281 c.p.p.
a suo carico dal P.M. appaia oggi l’unica misura appena
efficace ad impedirgli non solo il pericolo di fuga concreto e
quanto mai reale e prossimo per lo SPINELLI, quanto e soprattutto,
vista la intima connessione con le sue peculiari attività
“lavorative”, la possibilità di reiterare in
futuro comportamenti delittuosi analoghi a quello per cui attualmente
si indaga a suo carico, motivi questi per cui la richiesta cautelare
nei confronti dello SPINELLI così come formulata dal P.M. in
data odierna, appare integralmente accoglibile.

P. Q. M.

Il Giudice, letti gli artt. 273, 274,
275, 280 e 281 C.p.p.

Dispone per SPINELLI (omissis),
come sopra generalizzato, il divieto di espatrio dal territorio
nazionale senza previa autorizzazione del Giudice che procede,
disponendo il sequestro del passaporto dello SPINELLI e
l’apposizione, sugli altri documenti di identità
eventualmente in suo possesso e validi per l’espatrio, della
dicitura - a cura delle Pubbliche Amministrazioni che li hanno
rilasciati – “non valido per l’espatrio”.

Manda la propria Cancelleria di
trasmettere immediatamente la presente ordinanza -in duplice copia-
al Pubblico Ministero che ne ha fatto richiesta, perché ne
curi l’esecuzione ed i successivi adempimenti.
Così deciso in Bari, il 01.10.2004

Il G.I.P.

1
Partigiani dell’ex dittatore, originariamente guidati, subito
dopo la caduta del rais, dal suo defunto figlio maggiore.

24 10 2004
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