di Gian Carlo Caselli
C’è una legge, ancora vigente (anche Juanito Patrone l’ha ricordata nella sua relazione scritta), che viene comunemente definita legge “contra Caselli”. E’ la legge che mi ha estromesso dal concorso per la nomina del PNA, viziando un concorso del CSM già aperto e in svolgimento. Ne parlo non perché io vi abbia ancora qualche interesse, ma perchè è per colpa mia –in un certo senso- che moltissimi magistrati, oggi, sono a disagio.
Hanno da poco compiuto 66 anni; andranno in pensione a 75 anni: e tuttavia (pur garantendo essi ancora 9 anni di servizio) non possono concorrere ad uffici direttivi. E’ assurdo. E’una situazione paradossale che va cancellata. Ecco un primo, concreto obiettivo per Md. Un obiettivo di razionalizzazione e di giustizia, che riguarda non questa o quella persona, ma l’indipendenza di tutti. Perché la legge contro la mia persona –è stato detto – risponde alla logica del “colpiscine uno per educarne 9 mila”: tanti quanti sono i magistrati italiani che vorrebbero restare autonomi ed indipendenti. Cancellare questa legge, quindi, avrebbe un significato simbolico di fondamentale importanza sul versante della tutela dell’indipendenza della magistratura.
Tanti magistrati sono finiti (stando alle cronache dei giornali) nel dossier del SISMI custodito da Pio Pompa nella sede “separata” di via Nazionale. Da quello che ho letto sui giornali, sono fatti gravissimi: magistrati da neutralizzare o eliminare perché invisi alla maggioranza politica dell’epoca (centro-destra). Prove di regime? Non tocca a me dirlo. Quel che invece mi interessa dire è che quasi nessuno sembra preoccuparsi della cosa. Come se fosse “normale” – in democrazia – che un servizio segreto schedi magistrati per neutralizzarli.
A me, come agli altri magistrati del dossier, mai nessuno ha comunicato nulla: né il CSM, né la Procura di Roma. Vorrei essere informato. Vorrei valutare se ed in che misura i miei diritti siano stati lesi. Vorrei contribuire all’accertamento della verità, perchè mai più servizi deviino, occupandosi ( invece che di terroristi o mafiosi) di onesti funzionari pubblici. Anche questo vorrei che fosse un preciso obiettivo, un concreto impegno di MD.
Ne ho parlato perché non è solo questione di servizi, di stato di salute della democrazia. E’ anche (per MD) un’utile chiave di lettura della stagione che stiamo vivendo. I meno giovani si ricordano il 1994: appena insediato il primo governo Berlusconi, ecco le liste di proscrizione. Puntualmente, sono soprattutto i magistrati di Md ad esserne vittime.
Ebbene, allora vi fu un’indignazione generalizzata, una ribellione forte.
Conosco molti colleghi che proprio allora si avvicinarono ad MD, attratti – per cosi’ dire – dall’inciviltà delle liste di proscrizione, spinti dalla voglia di stare con chi - per essere indipendente – sapeva anche rischiare.
E oggi? Un fatto ben più grave: un dossier di servizi (disinvolti se non peggio) e non solo liste di proscrizione. Anche oggi, puntualmente, soprattutto magistrati di MD sono vittime del dossier. Ma nessuna reazione. Silenzio istituzionale. Indifferenza della magistratura. Nessuna tendenza ad avvicinarsi a MD.
PERCHE’ ?
Ho la sensazione che negli ultimi anni la storia abbia preso una brutta piega. Ho la sensazione che la passata legislatura abbia avvicinato il paese ad un baratro di insensatezza dove ogni cosa perde nome, senso e rapporto….E tutto questo, ovviamente, è avvenuto senza di noi, contro di noi: riducendo i nostri contatti, i nostri fili di collegamento (con chi dal “berlusconismo” si lascia sedurre; ma anche con chi ne è spaventato perché ne teme gli effetti discriminatori su di sé, e perciò – prudentemente - non avvicina più di tanto chi è già nell’occhio del ciclone).
Questa difficoltà di avvicinamento è aggravata dal fatto che oggi le correnti, ad un osservatore superficiale, sembrano tutte eguali. Sempre più eguali. Omogeneizzate. Basta scorrere le mailing list. Meglio ancora: confrontare le motivazioni delle diverse correnti quando ci sono contrasti su delibere del CSM. Ormai tutti hanno imparato la lezione: correttezza e rigore son rivendicati anche da chi in realtà si ispira e pratica ben altri criteri.
MA NON SIAMO TUTTI EGUALI.
MD CONSERVA UNA SUA SPECIFICITA’ POSITIVA.
Per capirla, coglierla, farne ancora oggi un punto di riferimento, è importante ricordare, far sapere cos’è stata MD :
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fattore decisivo di rottura e progresso in un corpo dove dominavano incontrastate gerarchia, logica di carriera, giurisprudenza imposta dall’alto, passività culturale;
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con la conseguenza che erano regola: la dura repressione dei reati d’opinione;- il primato (anche sulla Costituzione) del TULPS; - l’assenza di ogni controllo sulla PA e sulla sicurezza nei posti di lavoro; - il ricorso ad ogni espediente processuale pur di evitare controlli sul potere politico;- la proclamazione che la mafia non esisteva e la sistematica conclusione dei pochi processi che si facevano con assoluzioni per insufficienza di prove, se non peggio.
Sembrano secoli fa. Sono soltanto alcuni anni fa. Quel che ieri era regola univocamente piegata in un certo senso, ora è – in un quadro ancora assai tormentato – apertura di una serie di spazi significativi: PER TUTTI, DENTRO E FUORI MD.
Se le cose sono cambiate, se la magistratura è cambiata (tanto cambiata che gli anni sembrano secoli) il merito principale (da rivendicare con legittimo orgoglio) è stato proprio di MD. Di Md con altri contributi, ovvio, ma principalmente di Md.
Si era di Md per avvicinarsi a tutto ciò che esisteva di giovane e vivo, di intelligente e coraggioso. Essere di Md, essere a sinistra, era prima di tutto essere critici. Cominciò come una stagione per pochi “eretici”. Poi andò dilatandosi. Sembrava irreversibile la crescita di Md . Migliori le prospettive per tutti.
La caduta del Muro (mentre portava a ripensare alcune idee di sinistra) portava anche, se non di più, a ripensare l’organizzazione profondamente ingiusta della nostra società, che non aveva più – per discolparsi – la scusa della guerra fredda. Si aprivano nuovi spazi, anche alla giurisdizione.
Ma poco a poco, insensibilmente, il quadro cambia. E finiamo per trovarci invischiati in qualcosa che ci rallenta. Non solo gli attacchi, le aggressioni, le calunnie di collateralismo e politicizzazione. Paradossalmente questo rallentamento si accompagna ad un nostro febbrile darci da fare: da un lato per impedire la controriforma dell’OG, dall’altro quasi un modo per esorcizzare il disagio profondo che nonostante gli sforzi e l’impegno persiste ( ingiustizie sociali;- giustizia ingiusta;-inadeguatezza dei nostri strumenti e delle risorse).
Certo: anche al nostro interno ci sono isole di sciatteria. Ma in generale siamo così assorbiti dal lavoro quotidiano e dal desiderio di svolgerlo al meglio… ( ma anche distolti da false prospettive: tipo le quote di genere a discapito di più significativi criteri di orientamento, più legati allo specifico della nostra professione), che alla fine, magari senza neppure rendercene conto, abbiamo trascurato alcuni obiettivi strategici: abbiamo speso tutto, forse, sul versante dell’OG, abbiamo prosciugato le nostre energie. Non abbiamo destinato sufficiente attenzione a fondamentali, strategici problemi: come quelli dell’organizzazione concreta degli uffici, le condizioni di lavoro, i giovani magistrati. Abbiamo trascurato il dovere di fare della nostra presenza sui posti di lavoro un modello e un punto di riferimento.
O non siamo riusciti a mordere abbastanza su questioni che noi stessi avevamo posto come fondamentali. Sappiamo, l’abbiamo sempre denunziato con forza, che nel CSM la degenerazione correntizia ha significato una rete di privilegi, di storture, di soprusi autorizzati; una congerie di traffici assurdi; uno strumento di occupazione del potere giudiziario. Sappiamo, denunziamo, offriamo il modello giusto, ma non riusciamo a rompere l’assedio: a rompere la corazza di qualunquismo, interessi corporativi, burocratismi interessati, collateralismi ecc. che da sempre costituiscono la ragione sociale di altre correnti.
Ecco allora la stasi – il ristagno. E la necessità di ripartire. Ci sono tutte le potenzialità per farlo – presto e bene. Ma recuperando, riaffermano la nostra speficità.
NOI SIAMO NOI.
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NOI : certamente coi nostri difetti, ma con la nostra storia;
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NOI: col nostro dna di gruppo che vuole essere e sa essere strumento di dibattito, veicolo di orientamento politico-culturale, pubblico e trasparente;- preoccupato sempre degli interessi generali e non solo di cordata.
Così vorremmo (nella nostra, nella mia presunzione intellettuale) che fossero tutte le correnti. Se non lo sono, il recupero e la riaffermazione della nostra identità passa anche per la revisione della politica di unità associativa. Dobbiamo ritrovare il gusto di essere controcorrente. Se necessario minoranza controcorrente (pur nell’ovvia, indispensabile politica di giuste alleanze).
Altrimenti le carte continueranno a confondersi e la moneta cattiva continuerà a scacciare quella buona.
Gian Carlo Caselli