di Antonello Ardituro, Presidente di Articolo 3
Porto ai colleghi di Magistratura Democratica il saluto di Articolo 3.
Vi ringrazio per l’invito e per l’ospitalità, che confermano il rapporto privilegiato che da sempre sussiste fra i due gruppi, pur nelle alterne vicende associative ed elettorali.
Intervengo poco dopo il Ministro della giustizia e ritengo opportuno un commento a caldo sulle sue parole. Probabilmente nessuno di noi si aspettava dal Ministro parole diverse, essendo noto il suo pensiero di esperto politico sulle difficoltà della maggioranza di governo e sui numeri al Senato, nonché sulle differenti opinioni delle diverse componenti del governo in materia di giustizia.
Il punto della questione, però è un altro, su cui il Ministro ed il governo sembrano sfuggire alle loro responsabilità. E cioè che la questione-giustizia, di cui tanto si parla e di cui si sottolineano le gravi condizioni, non appare essere una priorità per questo governo.
In altri settori le differenze e le divisioni sono state superate e si superano costantemente alla ricerca di una posizione comune che consenta di governare e di approvare le necessarie deliberazioni: così in politica estera, così per la finanziaria e per le liberalizzazioni. Così perfino per i “pacs” o “dico”, in un ambito etico e sociale dove forti sono le differenze fra le diverse componenti.
Lo stesso metro non pare essere utilizzato in materia di giustizia, dove troppo marcata appare la prudenza e troppo debole l’approccio del Ministro.
Dal canto nostro non possiamo che aspettare, attenti, e pretendere il rispetto della scadenza di luglio per l’approvazione di una nuova riforma dell’ordinamento giudiziario.
Ancora: a questo Ministro va ricordato costantemente di stare attento a non commettere l’errore di ritenere esaurita la fase del confronto nelle stanze del suo ministero, magari approfittando delle autorevoli presenze dei magistrati ivi distaccati.
La magistratura è un corpo composito e complesso con il quale occorre confrontarsi nelle diverse sedi dell’ANM, del CSM, degli uffici giudiziari e così via.
Fatto questo riferimento all’intervento del Ministro della giustizia, intendevo porre all’attenzione del Vs. congresso una riflessione di carattere generale, che spero trovi spazio nel confronto e nel dibattito che seguirà. Intendo, cioè, piuttosto che parlare di uno degli innumerevoli temi, tutti importanti, sul tappeto e, fra l’altro, tutti delineati nella relazione del segretario generale, fare una riflessione sui metodi diversi con cui questi problemi, relativi all’organizzazione del sistema giustizia ed al futuro della magistratura, vengono affrontati.
Mi rivolgo, evidentemente, a quella vasta area, più o meno la metà della magistratura, che rappresenta l’ “utenza” ed il bacino di riferimento ampio e sempre più trasversale dei gruppi alleati di MD, Movimento ed Articolo 3.
Sempre più, e con sempre maggiori sovrapposizioni e trasversalità fra i gruppi, noto alternarsi e confrontarsi due diverse linee di pensiero: una, più radicale, purista, che si pone di fronte allo sfascio della giustizia ed alla necessità del cambiamento con il metodo della prudenza, del ben altrismo, della rivendicazione dei meriti della magistratura e delle differenza con altri corpi sociali, con il ricordo del passato e delle trasformazioni positive che alcune battaglie condotte da una parte della magistratura hanno portato, così paradossalmente sfociando in un involontario (?) conservatorismo, che critica a prescindere il cambiamento senza tenere in debito conto i difetti e le gravi storture dell’attuale sistema; l’altra, più concreta ed aperta al rinnovamento, direi quasi riformista, che coglie come improcrastinabile il cambiamento in settori quali il controllo di professionalità, la nomina dei dirigenti degli uffici, il clientelismo consiliare, ma che appare frenata dalla preoccupazione di perdere il consenso, di lasciare ad altri fette di elettorato costituito da coloro, probabilmente numerosi, che di quelle riforme sarebbero innanzitutto vittime. Ecco dunque la difficoltà nel denunciare i casi di scarsa professionalità, i comportamenti neghittosi e superficiali, il corporativismo nelle decisioni paradisciplinari, il microcorporativismo nella nomina dei dirigenti e nella gestione degli incarichi. Ed anche quando le analisi sono corrette e le soluzioni prospettate coraggiose, sempre più si manifesta il sopraggiungere della prudenza e del timore di perdere il consenso.
Ecco, il mio auspicio è che nel dibattito di questo congresso, nel sicuro alternarsi delle posizioni che il breve tempo a disposizione mi ha consentito solo di tratteggiare, possa trovare sempre nuovo spazio una decisa e ferma idea riformista che, sempre ancorata ai valori ed ai principi di cui anche MD è stata protagonista, sappia contribuire a progettare e realizzare una giustizia ed una magistratura davvero pronta per la sfida del nuovo secolo.
In questa ottica deve accogliersi la sfida che proprio nel suo intervento in questo congresso mi sembra avere lanciato il segretario generale di unità per la costituzione, che ha parlato di fase nuova e di nuovo modo di interpretare l’unità associativa, per consentire una maggiore libertà nell’esprimere e fare emergere le evidenti differenze fra i gruppi. Occorre rilanciare, su questa sfida; non saremo noi a tirarci indietro, anzi. Il ritrovato clima di dialogo con la politica consente di uscire dalla cittadella, ormai non più assediata, alla ricerca di nuovi terreni da arare.
Antonello Ardituro
(Presidente di Articolo 3)