Intervento di Silvia Albano


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di Silvia Albano

 

Molti di voi conoscono la mia ritrosia ad intervenire in luoghi come questo, mi sono risolta a farlo perché credo che la fase nella quale ci troviamo richieda un’assunzione di responsabilità collettiva, di ogni nostro singolo iscritto e di chiunque abbia a cuore il destino del nostro gruppo, e per esprimere un disagio. Lo voglio fare con molta franchezza, anche se questo può forse rendermi impopolare.

Faccio parte della segreteria della sezione romana, abbiamo scritto un documento ai cui contenuti, per ovvie regioni di tempo, rimando ed il cui sunto è: dobbiamo tornare ad essere punto di riferimento negli uffici, dobbiamo essere coraggiosi e costruire una proposta davvero innovativa sui temi dell’autogoverno, facendoci carico del fatto che questa macchina giudiziaria così come è concepita non funziona e che pure l’autogoverno non funziona e non può funzionare come dovrebbe. Se non li cambiamo, non solo la nostra indipendenza sarà indifendibile, ma la deriva burocratica della giurisdizione sarà irreversibile. Essa è frutto non solo della poderosa offensiva culturale che si è spiegata in questi anni sui giudici politicizzati e sul giudice neutro e mero esecutore della legge, ma anche di carichi di lavoro ingestibili, capi degli uffici inadeguati che fanno passare il messaggio che l’importante è produrre tanto, non importa cosa e come.

Su questi temi dobbiamo investire più risorse, energie intelligenze e cercare competenze anche esterne a noi. E mi sembra che questa necessità sia stata unanimemente indicata da tutti gli interventi congressuali.

Sarebbe ingeneroso però non riconoscere ciò che sui temi, ad esempio, dell’organizzazione degli uffici, MD ha comunque fatto ed elaborato in questi anni. Sul modo di rendere giustizia, di fare il magistrato e del rapporto con gli utenti e con le altre figure professionali. Penso al lavoro del gruppo del civile sull’ufficio per il processo, che è diventata la parola d’ordine non solo dell’ANM, ma anche della politica. Penso all’esperienza degli osservatori, dei quali MD è stata l’anima e la spina dorsale e che tante persone ha coinvolto. Penso al gruppo flussi, nel quale sono state coinvolte anche competenze esterne a noi.

L’esperienza nel gruppo del civile ha, sicuramente, contribuito a cambiare il mio modo di essere giudice. Ci partecipo e ci partecipavo con piacere perché mi ha fatto crescere, professionalmente ed umanamente.

Io, al contrario della maggioranza di voi, non sono iscritta ad MD da molti anni, sto a Viterbo, un ufficio periferico, sono giudice di tribunale (non ancora di appello).

Voglio però dire che il dibattito sulle due anime di MD mi sembra fuorviante, io mi rifiuto di iscrivermi all’una od altra componente. Semplicemente perché stiamo parlando della declinazione dei nostri valori fondanti sui temi dell’autogoverno e dell’organizzazione del lavoro e perché, mi pare che MD abbia molte anime, molte sensibilità, molte intelligenze ed inclinazioni che costituiscono la sua ricchezza e che possono essere davvero feconde.

Si tratta di individuare delle priorità e di fare un cambio di passo. E mia pare che queste esigenze siano emerse da questo congresso in modo sostanzialmente unanime ed emergano dalla struttura stessa cha abbiamo voluto dare al congresso, che non a caso prevede due sessioni tematiche.

Ciò non significa, però, dobbiamo essere chiari su questo, che MD deve diventare un sindacato a tutela dei diritti dei magistrati. Sarebbe una sciagura che ci caccerebbe in una logica corporativa ed autoreferenziale. La nostra bussola, il nostro orizzonte, rimangono i diritti dei cittadini, i diritti fondamentali i diritti dei più deboli. Significa però prendere atto del fatto che se non si inverte la deriva burocratica della giurisdizione, se non si rida dignità a questa funzione (anche attraverso giuste rivendicazioni economiche), se non si è in grado di mettere in campo un progetto per la giustizia, l’organizzazione del lavoro e l’autogoverno, non ci sarà efficace tutela dei diritti di cittadini, non si risponderà alla richiesta sociale di giustizia.

Non tutte belle però, le anime di MD, lo devo dire. Ho visto e vedo personalismi poco fondati sulla politica che rischiano di danneggiarci molto. Meccanismi che alimentano scambi di voti ed accaparramenti di deleghe, incomprensibili a chi, iscritto un po’ fuori dai giochi”, venga per avventura al congresso. Credo che dobbiamo seriamente porci anche un problema di metodi, che vanno radicalmente modificati.

La maggioranza delle persone che ci votano e che non sono iscritte ad MD non leggono la mailing list, vedono noi, che stiamo negli uffici, quello che facciamo e diciamo, sulle tabelle, sulla distribuzione dei carichi di lavoro, sulle indicazioni dei dirigenti, sull’assegnazione degli affari. Vedono quello che facciamo al CSM e nei consigli giudiziari sulle singole scelte concrete dell’autogoverno.

E qui paghiamo non solo la disgregazione delle nostre sezioni, che non riescono più ad avere un ruolo in questo senso, ma soprattutto il fatto che MD dentro al CSM, dobbiamo saperlo e dircelo con chiarezza, viene percepita uguale alle altre correnti, esattamente parte delle stesse logiche spartitorie. E questa delusione la vivono anche molti nostri iscritti. Siamo visti come quelli che predicano bene e razzolano male esattamente come gli altri, tanto vale allora votare chi è ben più bravo di noi ad organizzare clientele. Non sempre possiamo ascrivere la responsabilità di questo ai nostri componenti del CSM, ma basta, credo un caso, per appannare e rovinare la nostra immagine. Comunque, dobbiamo dircelo, questi comportamenti ci sono stati.

Mi stupisce che questo dato, che credo abbia contribuito non poco, sia stato ai margini della riflessione sulla nostra sconfitta elettorale. Questo è un problema che emerge con chiarezza quando parliamo con i nostri colleghi, sul quale dobbiamo riflettere, per individuare modi per contrastarlo.

A Roma stiamo organizzando incontri periodici con i nostri consiglieri e credo che Betta e Livio che ci partecipano costantemente possano confermarlo, unito alla sensazione di distanza di chi vede il consigliere e viene avvicinato per la campagna elettorale e poi non lo vede più, non ne sa più nulla e non si sente ascoltato.

Potremo elaborare le cose più meravigliose, fare la circolare sulle tabelle più bella del mondo, ma se poi queste elaborazioni non vivono nelle cose che facciamo – nelle sedi dell’autogoverno, nell’operato dei nostri dirigenti degli uffici, nelle battaglie quotidiane delle nostre sezioni - non si accompagnano ad una autoriforma dell’intero corpo della magistratura, ad un’assunzione di responsabilità collettiva, cambierà ben poco e verremo vissuti come uguali alle altre correnti, il luogo dove si possono trovare protezioni (ben poche, visto che siamo costantemente in minoranza) e costruire carriere parallele.

La burocratizzazione ha forse investito anche noi, che stiamo negli uffici di primo grado, schiacciati da una quantità ingestibile che rende davvero difficile la qualità, altro che giurisprudenza innovativa, e l’impegno.

Io sto in un piccolo tribunale, un po’ un isola felice, nelle elezioni locali dell’ANM, dove MD non è andata bene (forse lì dovevamo cogliere i primi segnali della sonora sconfitta successiva), MD e Movimenti, che si erano presentati insieme, hanno preso 14 voti e 3 voti ha preso UNICOST (siamo venti giudici in tutto). La somma dei voti di MD-MOV alle elezioni del CSM è stata inferiore. La domanda che mi ha colpito durante la presentazione dei candidati è stata: ditemi in cosa siete differenti.

Le ragioni della nostra sconfitta sono, credo, complesse, vengono da lontano, non stanno nella scelta delle candidature per il CSM, e mi rifiuto di individuare capri espiatori. Mi sembra che se passa la logica del capro espiatorio compiamo un grave errore politico e non cogliamo le vere ragioni della nostra crisi. Non condivido la logica da resa dei conti ed il clima da spariamo sul quartier generale.

Senz’altro ci vuole un ricambio del gruppo dirigente ed un esecutivo che sappia lavorare come una squadra, con incarichi ben definiti ai suoi singoli membri, dove tutti abbiano delle responsabilità e le portino avanti. Anche su questo abbiamo scritto nel documento della sezione romana e non voglio dilungarmi, mi pare, poi, che l’esigenza di pensare anche a diversi moduli organizzativi sia emersa in molti interventi.

Infine voglio ringraziare Juanito, mi pare giusto farlo qui, per l’impegno, la generosità e la grande umanità che ha messo nell’espletamento del suo mandato.

 

Silvia Albano

12 02 2007
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