Intervento svolto al Comitato direttivo centrale dell’ANM il 19 marzo 2011


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1. Martedì scorso il Ministro Alfano, intervenendo in unatrasmissione televisiva, rivendicava con orgoglio le proposte di riforma dellaCostituzione relative alla magistratura. Riferendosi alla giustizia penale,sottolineava l’importanza del ritorno ai fasti del sistema vigente tra il 1948ed il 1988 nel rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero. Eometteva di dire, per dimenticanza o per calcolo lascio a voi stabilirlo, chequello era lo statuto vigente negli anni intercorrenti tra il 1930 e il 1948,secondo il codice Rocco. Ossia un sistema concepito per uno Stato autoritario ecome tale con un nucleo di garanzie per la persona di gran lunga più poverorispetto all’ordinamento vigente, in sintonia con i valori della Carta del1948. E incredibilmente, di fronte al modello di giustizia penale disegnato daicodici del 1930 e a quello pensato dall’art 109 cost. (“l’autoritàgiudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”), ilnostro Ministro sceglie, con ostentazione, di ritornare al primo con laproposta di riforma costituzionale.

 

2. Non si tratta, naturalmente, del solo motivodi inquietudine di questi giorni.

Siamo di fronte a qualcosa di inaccettabile peruna democrazia matura. Una proposta che svuota di contenuto principicostituzionali granitici consegnandoli alla legge ordinaria. Una proposta chesparge i semi per mutamenti sostanziali del patrimonio istituzionale del nostropaese. Una proposta che mette la giurisdizione al guinzaglio delle fluttuantimaggioranze politiche, con interventi su Consiglio superiore dellamagistratura, separazione delle carriere e obbligatorietà della azione penale.Una proposta addirittura peggiore rispetto all’avversato testo della Bicameraleche interveniva sulla magistratura e nel contempo cercava contrappesi nellarevisione dell’intero assetto istituzionale. Una proposta pericolosa  perché sembra colpire i magistrati inquanto tali, ma, in realtà, modifica il rapporto tra autorità ecittadino, tra soggetti  “forti” e“soggetti deboli” del processo. Pensate al piccolo risparmiatore che, truffatodal grande gruppo finanziario, ha perso tutto. Quando decide di proporrel’azione giudiziaria, grazie alle novità sulla responsabilità civile delmagistrato, troverà un giudice intimorito dalle possibili citazioni a giudizionei suoi confronti ad opera della “parte forte”, in caso di decisione nongradita.

3. Sono tanti i motivi per cui la Associazione nazionalemagistrati è legittimata a dire NO alla riforma. Un NO senza “se” e senza “ma”.Non è neppure pensabile percorrere la strada di improbabili trattative. I testinon sono suscettibili di miglioramento, vanno semplicemente ritirati. L’unicastrada è quella di spiegare nel “merito”, a chi è disposto ad ascoltarci, ipericoli che si annidano nelle proposte dell’esecutivo. Dovremo farlo con gliavvocati e nelle università, nelle scuole e nelle manifestazioni pubbliche.Dovremo farlo con ogni componente politica. Dovremo farlo tutti, con lapazienza di chi ha ragione, in ogni occasione utile. Dovremo farlo con lacompattezza tra tutte le “anime” della Associazione nazionale magistrati.

4. Nel presentare il nostro punto di vista, non potremo farea meno di parlare dell’ “estetica” delle motivazioni a fondamento della riformae del clima in cui certe proposte maturano. Ricordiamo che il “lancio” avvienedopo mesi di attacchi unilaterali ai magistrati impegnati in delicati processi;anche attacchi personali fondati sulla violazione di regole di riserbo sugliatti del CSM. Ricordiamo che le iniziative alla base di vere “riforme epocali”devono essere all’altezza dell’obiettivo. In passato le grandi riformecostituzionali si sono realizzate in un clima di concordia e di confronto tra diversesensibilità e non partivano mai con l’intento più o meno mascherato di colpireun organo istituzionale, definito sbrigativamente “eversivo”. Ricordiamo chesarebbe davvero poco edificante scoprire che il “lancio della riforma”, contutta la sua carica provocatoria, è solo una arma di distrazione di massa;ossia un qualcosa che ha come finalità il distogliere l’attenzionedell’opinione pubblica da qualche “leggina”, fatta approvare alla chetichella,che accorcia la prescrizione in un certo tipo di processi.

 

5. Ciò che dovremo contrastare con forza è l’ipocrisia dellemezze verità e dei luoghi comuni con cui si presentano le riforme. Ancoratealle immagini trite e ritrite  del“cappello in mano” del pubblico ministero, dei “magistrati che quando sbaglianosono come i medici”, degli “edifici separati” tra giudici e requirenti.

Nelle pompose conferenze stampa, il Ministro individua laprincipale motivazione della riforma nel cattivo funzionamento della macchinagiudiziaria.

E’ incredibile, proprio lui. Lui che non ha fatto nulla perfarla funzionare; che si è rifiutato di procedere ad una razionale revisionedella geografia giudiziaria; che ha tagliato i fondi per l’assistenzainformatica; che non ha mai preso in considerazione le proposte dell’ANM di depenalizzazionee di modifica delle regole processuali per snellire le procedure (nullità,contumacia, notificazioni). Proprio lui che si è disinteressato dellecondizioni drammatiche del carcere. Proprio lui che ha proposto disegni dilegge cervellotici, ad esempio in materia di richieste di prova (divieto delgiudice di “tagliare” le liste testi), di competenza delle Corti d’assise(estesa a tutti i reati alla mafia), di prescrizione (che favoriscono condottedilatorie). Proprio lui che con questa riforma non accorcia di un solo giornola durata dei processi.

 

6. Prepariamoci ad una lunga “battaglia culturale”.All’interno della magistratura ognuno deve fare la sua parte. A partire dalCSM. Vanno difesi due istituti cardine per la nostra indipendenza. Parlo delle“pratiche a tutela” e del parere sulle leggi che hanno ricadute sullafunzionalità del sistema. Sono i due istituti che dialogano di più con il mondoesterno. Ebbene, in questo momento, non dobbiamo anticipare gli effetti dellariforma con atteggiamenti timidi. Dunque, l’ANM oggi deve sollecitare ilmassimo organo di autogoverno a formulare, nel più breve tempo possibile, ilsuo parere sulla riforma.

 Dobbiamo, tuttiinsieme, essere capaci di “spiegare” ai cittadini. Ma sappiamo che lacredibilità delle nostre affermazioni dipende, soprattutto, da ciò chedimostreremo quotidianamente nei luoghi dove esercitiamo le funzioni.Probabilmente, la professionalità e l’attenzione agli utenti del servizio restal’arma di persuasione più forte a nostra disposizione.

 

PiergiorgioMorosini (Segretario Generale di Magistratura democratica)

 

30 03 2011
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