Comunicato 19 dicembre MAGISTRATURA DEMOCRATICA E I FATTI DEL 14 DICEMBRE


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Per “Magistratura democratica”, i fatti del 14dicembre, i provvedimenti di scarcerazione dell’autorità giudiziaria, lesuccessive polemiche e l’intervento ispettivo del Ministro della Giustizia sollecitanopiù di una riflessione.


Quelle vicende non toccano solo la delicatezza deirapporti tra politica e magistratura. O il modo in cui in certi ambientiistituzionali intendono la giustizia penale, a detta della Camera penale diRoma da “Stato di polizia”. Sullo sfondo si agita qualcosa di più preoccupante.Qualcosa che lega idealmente le recenti manifestazioni collettive del dissenso.E che affida alle direttive superiori in materia di ordine pubblico la vistosa“crisi sociale” del nostro paese, con una escalationnell’uso della forza nelle piazze, secondo uno schema collaudato già sul“problema immigrazione”.

Il pensiero corre a fatti specifici. Sono accaduti aTerzigno, Bologna, Palermo e al teatro San Carlo a Napoli. Proteste dicittadini comuni o studenti trasformatesi in scontri con le forze dell’ordine.Proteste che esprimono con vigore e talvolta con disperazione i tanti disagidel mondo del lavoro, della scuola, delle comunità esposte ai rischi dellediscariche di rifiuti. Proteste a cui hanno partecipato disoccupati veri eparassiti dell’emergenza, studenti motivati e gruppuscoli di delinquenti.Proteste a cui si è risposto sempre e solo con la repressione, con le carichedella polizia, senza distinguere i modi diversi in cui il dissenso si manifestavae le responsabilità personali: metodo che, lo sappiamo, solitamente punisce lepersone non attrezzate allo scontro e non intercetta i veri autori delleviolenze.

 

2.Repressione, dunque. Se diventasse l’unica parolad’ordine delle nostre istituzioni davanti alle tensioni sociali, sarebbe inpericolo una libertà fondamentale. La libertà di riunirsi e di manifestare restairrinunciabile in uno stato democratico. In Europa le costituzioni lariconoscono immancabilmente dall’epoca della rivoluzione francese, fatte salvele parentesi dei regimi autoritari o totalitari. Semmai bisogna fare in modoche quella libertà non degeneri in forme di violenza. Nel corso dellemanifestazioni, le aggressioni fisiche ai danni degli agenti di polizia,l’incendio dei cassonetti o i danneggiamenti alle vetrine sono inammissibili evanno puniti. Ma le proteste non possono valutarsi in blocco. Certo non èagevole il compito selettivo affidato alle forze dell’ordine. Ma le risposte diordine pubblico, così come quelle giudiziarie, devono sapere distinguere. Loinsegnano i fatti di Genova del 2001, occorre leggere dall’interno i fenomenisociali. Chi gestisce l’ordine pubblico è chiamato a cogliere una serie disfumature intermedie e gestirle. Occorre la capacità di interpretareanaliticamente i fatti, prima, durante e dopo lo svolgimento. Solo in questomodo sarà possibile contrastare chi delinque e ascoltare chi protestalegittimamente; separare i professionisti della guerriglia da chi non ha piùnulla se non la propria libertà di manifestare, e agisce pacificamente.D’accordo, poliziotti e carabinieri non sono sociologi. Ma il loro assettosulla piazza non può essere concepito come un corpo estraneo, separato, sempree comunque ostile. E in  questodevono essere aiutati anche dalla parte sana dei manifestanti organizzati.

 

3.L’aver differenziato lediverse posizioni dei manifestanti nelle valutazioni sui fatti di Roma è ciòche esponenti del Governo contestano alla magistratura. Le iniziativeministeriali fanno riferimento al merito dei singoli provvedimenti. E ilsegnale negativo, quindi, non è circoscritto alle vicende romane. Quando perdecidere su una misura cautelare i giudici tengono conto delle modalità e deimotivi della condotta dei singoli, della loro incensuratezza, non fanno altroche il loro dovere. Il carcere in attesa di giudizio è comunque una misura daapplicare solo in casi di assoluta necessità. E la discrezionalità del giudiceè prevista proprio per valutare caso per caso. 

Nella reazione di esponentidel governo alle scarcerazioni non c’è solo la demagogia, dunque. Leinterferenze indebite, spintesi al punto di disporre una ispezione ministerialenei confronti del tribunale di Roma, esprimono una china costituzionale moltopreoccupante. Sono atteggiamenti che mostrano l’indifferenza  per il rispetto delle procedure e deitempi delle decisioni, e naturalmente per l’indipendenza della funzionegiudiziaria. Al tempo stesso alimentano affezione per misure energiche, refrattariea qualsiasi tipo di controllo. E sottovalutano il fatto che negli ordinamenti ove il principio di legalità è formalmenterispettato, il monopolio penale dell’uso della violenza può essere vanificatodai poteri paralleli a quello giudiziario più o meno estesi in tema di libertàconferiti dalle stesse leggi alle forze di polizia.

InItalia, i segnali di queste tendenze si sono peraltro già manifestate anche in ambitoparlamentare. Il riferimento va ai disegni sui rapporti tra pubblico ministeroe polizia giudiziaria. Soluzioni che sottraggono al controllo giurisdizionaleuna buona fetta dell’attività investigativa. Ebbene, il senso delle ultimeiniziative del Ministro della Giustizia si salda con questa prospettiva.

 

4. Infine, Magistratura Democratica vuole ricordare, come hafatto l‘Unione delle Camere Penali, che uno Stato democratico deve tutelaresempre e in ogni contesto i diritti delle persone arrestate. Reazionisproporzionate e successivi trattamenti inutilmente umilianti o afflittivi nonpossono mai trovare giustificazione, ed è bene che anche su questo si torni ariflettere e si torni ad agire per evitare che le offese alla dignità dellepersone contribuiscano ad alimentare una deriva pericolosissima che tuttidobbiamo impedire.

 

 

 

30 03 2011
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