Il CSM ha 50 anni


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IL CSM HA 50 ANNI
(realtà, problemi, prospettive)

1. Il convegno ha consentito innanzitutto una ricognizione dei problemi dell'organo di autogoverno e la formulazione di molte valutazioni che, se non conclusive, consentono di attestare la discussione su alcuni punti largamente condivisi.
Nei confronti del CSM si muovono valutazioni negative, scandite in particolare su alcuni snodi "sensibili": le accuse di inefficienza, il correntismo e la politicizzazione, la configurazione della giustizia disciplinare come "giurisdizione domestica", siccome riservata a una sezione dello stesso Consiglio.

2. Quanto al primo dei rilievi, molto sentito anche all'interno della magistratura, va detto che questi ultimi due anni hanno indubbiamente segnato una forte accelerazione nello smaltimento degli affari: in particolare, nel periodo dal 1 settembre 2006 ad oggi, sono stati nominati 280 direttivi e 143 semidirettivi, riuscendosi così a far fronte all'impatto della riforma dell'ordinamento giudiziario e all'innesto del sistema della temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive (obbiettivo che in molti davano perso in partenza). A questa forte capacità decisionale dell'organo di autogoverno ha corrisposto peraltro l'impennata dei ricorsi al giudice amministrativo: fino al 28 luglio scorso, in 186 casi (poco meno dei 2/3 delle ipotesi di nomina), le delibere sono state impugnate al TAR. Non è in discussione la possibilità di adire, a tutela dei propri interessi lesi da una delibera consiliare, l'autorità giudiziaria, e in particolare il giudice amministrativo data l'evidente inopportunità di interventi di controllo del giudice ordinario sul proprio organo di governo. Ma va segnalato con preoccupazione il vero e proprio "protagonismo" della giustizia amministrativa nei confronti dell'attività di autogoverno (con incursioni sempre più marcate nel merito delle valutazioni e delle determinazioni discrezionali del CSM), che non risparmia né le nomine per gli uffici più importanti né quelle dei giudici di pace. De jure condito è stata prospettata, come rimedio per le ipotesi in cui è evidente lo scivolamento nel merito del giudice amministrativo, la via del ricorso per cassazione ex art. 111, ultimo comma, Costituzione "per motivi inerenti alla giurisdizione".
Oltre al tema dei direttivi e semidirettivi è utile ricordare anche la notevole accelerazione dei trasferimenti ordinari che presto - se la macchina organizzativa sarà messa definitivamente a punto - potranno avvenire nel giro di pochi mesi (pur se le vacanze sono destinate ad aumentare per i noti profili di rigidità normativa e per le crescenti carenze di organico). Merita di essere segnalato che, nei primi due anni di consiliatura sono stati effettuati 1059 trasferimenti a fronte di 1063 posti pubblicati: ovviamente non c'è automatismo (essendo una parte dei trasferimenti relativa a posti pubblicati in precedenza) ma è la dimostrazione di una "capacità di smaltimento" adeguata.
Il modello del CSM, dunque, può funzionare, riuscendo ad assolvere ai suoi compiti. Per questo va difeso: non si dimentichi, anche per il passato, il suo contributo essenziale alla realizzazione di alcuni principi costituzionali, a cominciare da quelli del giudice naturale precostituito per legge e del divieto degli incarichi arbitrali a salvaguardia dell'indipendenza della magistratura (entrambi garantito garantiti con circolari consiliari e solo in un secondo tempo con leggi approvate dal Parlamento). Certo ci sono manchevolezze in punto produzione di efficienza, e si tratta di un punto decisivo, che lo penalizza moltissimo agli occhi del cittadino. Ma esistono strumenti per rimediare a queste carenze, in particolare nel dovere di fissare degli standard di produttività (e quindi di controllarne il rispetto), nel controllo sull'operato dei dirigenti, soprattutto in occasione della conferma quadriennale, nell'assoggettamento a ravvicinate valutazioni di professionalità dei singoli. Per questo, la difesa del modello attuale deve essere operata continuando a guardare al futuro, per ricostruire un sentimento di giustizia non tanto nella politica, quanto nei cittadini.

3. Quanto alle accuse di politicizzazione e di "occupazione abusiva" dell'organo di governo autonomo da parte delle correnti, bisogna partire da una premessa molto chiara, che è stata ampiamente condivisa: il modello realizzato dai padri costituenti ha consapevolmente fondato il sistema di autogoverno su una forte rappresentatività del corpo della magistratura. Questo modello ha fino ad oggi tenuto, nonostante i numerosi interventi sul sistema elettorale (5 riforme in 50 anni). Modificarlo, magari per abbracciare ipotesi di evidente stampo reazionario come quella del sorteggio dei componenti del CSM, porterebbe ad annullare questa rappresentatività, e dunque ad abolire il sistema di governo autonomo. Solo una forte rappresentatività, infatti, può consentire decisioni forti, in grado di difendere l'indipendenza verso l'esterno. Decisioni di questa portata sono state assunte dal Consiglio in diverse occasioni, e quando è accaduto ciò è stato reso possibile dalla forza conferita al Consiglio da una incontestabile rappresentatività della intera magistratura. Il fatto che proprio su questo carattere si voglia intervenire, agendo periodicamente sui sistemi elettorali, è il segno di quanto l'obbiettivo reale sia la capacità del Consiglio di essere davvero rappresentativo (e per questo autorevole),
Non si vogliono eludere problemi e critiche. È un fatto acclarato che sulle scelte consiliari pesano, spesso in modo significativo, fattori impropri: le appartenenze correntizie, ma anche le amicizie, i localismi geografici etc. A questi condizionamenti non si sottraggono i componenti laici, che anzi non celano le vicinanze e la permeabilità a pressioni politiche. Non è un caso, in proposito, che la Rete Europea dei Consigli di giustizia abbia raccomandato l'adozione o il mantenimento di un rapporto proporzionale tra componente laica e componente togata a favore di quest'ultima, a garanzia della stessa indipendenza dell'autogoverno.

4. Infine, il disciplinare, e la risalente polemica della sua collocazione all'interno dell'organo di autogoverno, (organo che, in quanto "politico", non risponderebbe alle necessarie esigenze di terzietà e imparzialità).
Partiamo, anche su questo punto da alcuni dati. Nel 2007 sono stati definiti 109 procedimenti disciplinari: in circa 30 casi sono intervenute condanne e in 21 casi i magistrati sottoposti a processo sono usciti dall'ordine giudiziario (spesso non per raggiunti limiti di età...). Secondo una proiezione dei dati disciplinari, un magistrato su dieci viene assoggettato, nella sua carriera, a procedimento disciplinare. Sarebbe utile confrontare questi numeri con quelli di altre pubbliche amministrazioni che però, purtroppo, non sono disponibili. Così come non sono conoscibili i dati della giustizia disciplinare presso l'avvocatura (che dopo anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna a sei anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari di un suo assai noto esponente, non ha ancora adottato alcun provvedimento nei suoi confronti...).
Una riflessione è necessaria: che cosa è veramente il giudice della deontologia? è solo un organo chiamato ad infliggere sanzioni? se così fosse, non avrebbe nemmeno senso che fosse collocato all'interno del CSM. Ma se, come tutti pensiamo e come ci ha insegnato l'esperienza di questi anni, non deve essere solo il giudice della sanzione, ma anche l'organo che concorre a configurare gli standard minimi di giudice, e un modello di organizzazione, allora quello è un ruolo che spetta tutto al Consiglio.
Piuttosto, se ci si interroga schiettamente su questa tensione, sicuramente eccessiva, sul disciplinare, forse bisognerà onestamente rispondere che essa deriva dal mancato funzionamento del sistema di valutazione delle professionalità. Allora si rovesci l'ottica, e si faccia funzionare quest'ultimo. Ma non si scambino i due obbiettivi, che sono molto diversi tra di loro.

5. Per finire, ancora un punto.
Mario Dogliani ci ha avvertiti della grossa difficoltà in cui versa lo schema tradizionale di legittimazione della giurisdizione, fondato sul suo carattere "scientifico" e sul modello cognitivistico (ormai superato dai fatti). Nella percezione diffusa la giurisdizione è colta come una sorta di "decisionismo interessato" e ciò ne mina la legittimazione, colpendo anche la legittimazione del suo autogoverno.
Per contrapporsi a queste posizioni, oggi prevalenti, non basta affermare il carattere tecnico della giurisdizione, che è ormai un fenomeno assai più complesso: bisogna trovare una legittimazione più forte, non limitata al profilo tecnico, ma estesa a un piano culturale complessivo. A questo deve badare il CSM: non limitarsi sul piano della formazione a prestare attenzione alle tecnicalità, ma farsi promotore di una riflessione più ampia sul ruolo e la funzione della giurisdizione. La vera sfida è immaginare il giudice post-cognitivista, altrimenti la legittimazione (della giurisdizione e del suo autogoverno) è destinata a perdersi.

 

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E' possibile ascoltare e scaricare i file audio del convegno cliccando i link in calce:

Prima Parte (interventi di: Sanlorenzo/Pepino/Dogliani/Brutti/Resta/Rossi)

Seconda Parte (interventi di:Berlinguer/Volpi/Palamara/Santalucia/Carcano/Bruti Liberati)

 

 

03 12 2008
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