Sezione Piemonte e Valle d'Aosta


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Ci
piace molto il tema di questo congresso. Ci piace perché si pone in una
prospettiva di continuità storica e ideale con gli ultimi congressi che
l'hanno preceduto.

Ci
piace soprattutto l'impegno che evoca la progettazione della giustizia
posta in connessione strumentale con la realizzazione dei diritti di
vecchio e di nuovo conio.

E' una occasione che dobbiamo mettere a frutto e che non possiamo permetterci di sciupare.

Dunque
per non perdere questo prezioso appuntamento dobbiamo in primo luogo
riflettere sul nostro futuro, sul modo di stare nella società, nell'ANM
, sulle alleanze da stringere ma soprattutto, sul nostro modo di essere e di operare negli uffici.

In primo luogo riteniamo che vada sgombrato il campo da oziose distinzioni.

Siamo
convinti che Md non esiste senza attenzione verso l'esterno, come siamo
altrettanto convinti che Md non ha ragione d'essere senza una vigile
attenzione e una spiccata sensibilità per le questioni ‘interne'.

Dunque Md deve continuare ad essere ciò che è stata.

Deve
continuare, nei limiti in cui ne è capace e ne ha le possibilità, a
confrontarsi sui temi di carattere generale, ad occuparsi della vita
delle persone di questo mondo globalizzato, proprio come ha fatto
benissimo negli ultimi anni: senza spocchia, senza pretesa di insegnare
nulla a nessuno, senza fini reconditi e con il solo obiettivo di
offrire a chiunque lo voglia preziosi spunti od occasioni di
riflessione. In altri termini, con la sola preoccupazione di offrire
momenti di autentica crescita culturale e civile quanto mai necessari
in una società globalizzata e multiculturale sempre più dominata da una
competitività sfrenata e da una insofferenza alle regole che ha fatto
del profitto un dogma indiscutibile, in grado di giustificare le
peggiori ingiustizie quando non anche veri e propri crimini.

Momenti
nei quali sia possibile respirare boccate di aria nuova, diversa da
quella che si respira normalmente nei nostri uffici, boccate ancor più
necessarie a chi debba occuparsi di giurisdizione, quanto meno, al fine
di poter meglio comprendere le aspettative dei nostri utenti e, in
definitiva, le ragioni del nostro lavoro.

Ma,
come detto, l'attenzione verso l'esterno non può in alcun modo apparire
alternativa o più importante della sensibilità verso i problemi
interni, dei nostri uffici e del nostro lavoro.

Le due componenti stanno insieme e si completano vicendevolmente.

Occorre
avere ben chiaro e ribadire che Md è la risultante di queste due
componenti e che se, per malaugurata ipotesi, venisse meno o si
indebolisse una di esse verrebbe meno o si affievolirebbe la ragion
d'essere del nostro gruppo.

Perciò
è altrettanto necessario mantenere al centro dell'agenda del gruppo
l'attenzione per i problemi organizzativi degli uffici, per la
divisione e l'attribuzione del lavoro, per le modalità con le quali si
intende la giustizia e si interpreta la giurisdizione, per l'efficacia
della risposta che riusciamo a dare e per l'attenzione e il rispetto
nei confronti delle parti con le quali ci relazioniamo.

Ciò
posto, come spunto di riflessione riteniamo di dover offrire alcune
considerazioni scaturite dal seminario che abbiamo fatto il 18 gennaio
scorso sull'orizzonte del magistrato.

La
peculiarità di quel seminario è stata quella di aver dato la parola a
giovani colleghi chiedendo ad essi di darci il loro punto di vista per
poter meglio capire cosa essi si attendono da Md e quale ruolo debba
giocare il nostro gruppo in seno all'associazionismo giudiziario e, più
in generale, in seno alla "corporazione" dei magistrati.

Il
denominatore comune di tutti gli interventi può essere sintetizzato
nella necessità non più eludibile o rinviabile di una seria autoriforma
della magistratura.

Autoriforma
da realizzare in una logica anticorporativa, in grado cioè di dare
dignità all'azione giudiziaria attraverso il recupero della sua
efficacia sul piano della tutela dei diritti.

Dunque una riforma che punti a recuperare, in fretta,
l'efficienza del servizio accantonando metodi di lavoro inefficienti
non di rado modellati sulle esigenze individuali (o corporative) e
privilegiando una prospettiva di lavoro complessiva che si preoccupi e
si dia carico di perseguire il risultato finale del lavoro e non
soltanto della fase che occupa il giudice incaricato di un
provvedimento.

Dobbiamo rilanciare come imperativo categorico la necessità di migliorare l'efficienza della giustizia.

Dobbiamo
essere consapevoli che senza un forte recupero di efficienza sui tempi
di risposta siamo destinati a perdere la battaglia per la tutela dei
diritti e per l'affermazione dei valori costituzionali.

Questa
è la sfida che ci attende e che non possiamo eludere se vogliamo essere
noi a governare il cambiamento, se vogliamo porci come interlocutori
credibili dei cittadini e del potere politico, in grado di contrastare
chi rivendica riforme all'insegna di logiche aziendalistiche, senza
darsi troppa pena delle ragioni che muovono le azioni giudiziarie.

Per
poter vincere la sfida dell'efficienza dobbiamo recuperare il gioco di
squadra, l'importanza di fare sistema, di coinvolgere nell'impresa non
soltanto i magistrati ma tutti gli operatori di giustizia. Occorre
lavorare a un progetto condiviso da tutti, rispetto al quale modulare
la distribuzione delle poche risorse disponibili, favorire la
circolazione dei saperi esistenti all'interno degli uffici e delle
sezioni, redigere protocolli e instaurare prassi virtuose (a cominciare
dalla giusta valorizzazione delle attività di conciliazione e di
mediazione, rispetto alle quali è necessario un ben maggiore
investimento di energie per giungere a una adeguata formazione della
P.g.).

Efficienza
che esige una attenzione sempre elevata per tutto ciò che è rispetto
dei diritti e delle garanzie processuali e, parallelamente, una
eliminazione o, quanto meno, una forte compressione degli inutili
formalismi.

Per
incominciare dovremmo impegnarci a fondo per favorire la nascita di una
mentalità nuova nell'organizzazione del nostro lavoro (che chiama in
causa anche la necessità di una tecnica di motivazione dei
provvedimenti più sobria) nella prospettiva di aumentare le risposte
alle domande di giustizia, nel pieno rispetto delle garanzie
costituzionali.

Parallelamente,
la storia e il ruolo di Md esigono la necessità di stigmatizzare i
fenomeni di malcostume esistenti all'interno della nostra categoria.

Troppe
volte abbiamo assistito o siamo venuti a conoscenza di prassi negative
o di fatti scandalosi che oltre a non fare onore ai loro autori gettano
discredito sull'operato dell'intera magistratura.

Rivolgere
l'attenzione all'interno significa dunque essere pronti a denunziare
nelle sedi competenti questi episodi di malcostume o queste prassi!

Essere
pronti a criticare i dirigenti che tollerano quelle prassi senza colpo
ferire! Oppure a stigmatizzare i dirigenti che, venendo meno ai loro
doveri istituzionali, non si occupano di organizzare l'ufficio o di
esigere il rispetto di prassi comuni da parte dei giudici e del
personale amministrativo.

Essere
inflessibili nel pretendere che le valutazioni e i pareri che
riguardano i magistrati siano aderenti ai dati della realtà, siano
finalmente depurati da affermazioni fantasiose o da clausole di stile
di sapore squisitamente corporativo che tanti danni hanno procurato
alla categoria e soprattutto all'efficienza del servizio.

Certo,
dobbiamo avere ben chiaro che una maggiore attenzione per il nostro
lavoro comporta come logico corollario l'abbandono di ogni aspettativa
di dannosi atteggiamenti protezionistici, dettati unicamente dalla mera
appartenenza al gruppo.

E'
la logica anticorporativa che esige da chi denuncia le ingiustizie o le
disfunzioni una coerenza di condotta al di sopra di ogni sospetto
(ovviamente in ambito professionale). Dunque un impegno maggiore
rispetto a chi muova da altre prospettive o sia animato da altre
logiche.

In
sintesi: progettare la giustizia non può prescindere dal drammatico
problema di aumentare l'efficienza del servizio a partire dal nostro
interno, da un mutamento di mentalità che consenta di abbandonare
definitivamente logiche autoreferenziali e protezionistiche a favore
della tutela dei diritti che troppo a lungo rimangono in attesa prima
di essere riconosciuti.

In
questa prospettiva a Torino si è formato un gruppo di lavoro che si è
posto il problema di razionalizzare e migliorare l'efficienza del
Tribunale penale, un tempo fiore all'occhiello degli Uffici giudiziari
piemontesi, in grave affanno nella celebrazione dei processi (anche) a
causa di un modello organizzativo deciso autonomamente dalla Procura
della Repubblica.

Ebbene,
a fronte di questa situazione preoccupante alcuni colleghi di Md stanno
preparando un documento per promuovere una raccolta di firme tra i
magistrati, destinata a ad ottenere dai capi degli Uffici giudiziari la
convocazione di una ‘assemblea plenaria' (di tutti i giudici e di tutti
i pubblici ministeri) nel corso della quale riflettere sulla
possibilità di trovare una via d'uscita rispetto a questa grave crisi.

Infine, un bilancio, ed un piccolo suggerimento.

A
fronte di tutte le - fondatissime - osservazioni a proposito
dell'"invecchiamento" della platea degli iscritti di md, che impongono
un'attenzione nuova verso una fascia generazionale che non mostra
attrazione verso il nostro gruppo, possiamo con soddisfazione
dichiarare di registrare un fenomeno in controtendenza: nell'ultimo
biennio infatti, la sezione Piemonte ha registrato 8 nuove iscrizioni,
di cui 2 riguardanti uditori con funzioni e 6 magistrati di Tribunale.

Quanto
al suggerimento: oggi più che mai abbiamo bisogno di far uscire
all'esterno non soltanto le notizie funeste ma anche i piccoli (o
grandi) risultati positivi del nostro lavoro e del nostro impegno
quotidiano. Perciò è necessario pensare all'istituzione, nel rispetto
delle modalità previste dal nostro codice disciplinare, di un canale
privilegiato con la stampa (o mass-media in genere) destinato a far
conoscere all'opinione pubblica, in modo sistematico, quel poco (o tanto) di buono che ogni giorno, faticosamente, riusciamo a realizzare.

E'
poco, ma se noi trovassimo il modo di informare sempre i nostri utenti
dei risultati che riusciamo ad ottenere o delle battaglie che
conduciamo per la difesa dei diritti e il miglioramento del servizio,
oltre a conseguire l'obiettivo irrinunciabile di rendere meno
autoreferenziale e più trasparente il nostro agire, forse riusciremmo a
recuperare un po' di quell'entusiasmo e di quella fiducia nel futuro
che negli ultimi anni - troppo spesso - ci sono venuti a mancare.

 

Sezione Piemonte e Valle d'Aosta

17 07 2007
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