Intervento di Franco Maisto


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di Franco Maisto

O IL NOME O LA PELLE

1. Il periodo più tormentato per la  magistratura a partire dall’Unità d’Italia, quasi sicuramente è superato per merito di una conduzione autorevole, articolata e condivisa della dirigenza dell’ANM., ma le difficoltà restano e non basta il mutato stile di dialogo e di attenzione del Governo e della maggioranza politica a rasserenarci. In questo ancora difficile clima, caratterizzato anche dal decremento elettorale di MD., si possono comprendere, ma non giustificare talune linee di fuga e proposte devianti prospettate per il futuro assetto di MD. e per la politica associativa e, al contempo, bisogna prendere atto che gli esiti non sono granchè: a poco meno di un anno dalla vittoria elettorale, solo una sospensione parziale della riforma Castelli e l’indulto, variamente accolto dalla magistratura.

Se la timidezza del processo legislativo di riforma sconta obiettivamente qualche difficoltà di maggioranza, non si vede invece, lo spiegamento di un’ampia, utile ed efficace azione amministrativa, pur legittima ed ammissibile, di supporto e talvolta di elusione di crumi” legislativi (es.decreto Turco, migranti, …): invece ascoltiamo proposte di osservatorio ministeriale sul disagio da Giustizia!

Anche per MD., sia sul versante del CSM. che della direzione politica sono necessarie scelte coraggiose che amplifichino a livello collettivo il magistrato sine metu”, secondo il richiamo insistente di Pino Borrè. Avremmo preferito la precedente consiliatura con lo spirito, il rigore ed il riconoscimento della generosità”dei magistrati che si spendono, come l’attuale rappresentanza consiliare e non trovarci in difficoltà davanti ad accuse omologanti di colleghi che si sono dissociati dalla corrente. Non è solo una questione di ordinaria tattica consiliare, ma credo che l’erosione, ancora superabile, della nostra identità sia avvenuta a destra, inseguendo il versante corporativo enfatizzato di UNICOST., ed a sinistra, lasciando ai Movimenti gran parte del territorio sul sociale o addirittura i legami sociali ed istituzionali storici di MD. L’eccessiva frammentazione  della corrente nella rincorsa a taluni specialismi  ha reso a tal punto difficile la riconduzione ad unità che ancora qualche settimana fa si proponeva di pensare un programma per la giustizia, dimenticando o ignorando l’esaustività di Un progetto per la giustizia-Idee e proposte di rinnovamento”versate in un apposito quaderno di Questione Giustizia”dedicato a Teresa Massa.    

2. Identità dunque. Preoccupanti visioni della penalità. Non è scomparso il tema della certezza della pena, anzi credo sia molto presente, come si è discusso con Pisapia, nell’affrontare il nuovo codice penale. Mi sembra che MD sia molto tentata in questo senso. La discrezionalità del giudice, sospetta nella fase esecutiva, rimessa ad una discussa gestione della magistratura sorveglianza, è sospetta, nel momento riformatore del nuovo CP, anche per la pronuncia della sentenza. Ridimensionare la discrezionalità cosa vuol dire? Mi sembra che voglia dire dimenticare gli esordi di MD, nei quali era proprio attraverso l’esercizio della discrezionalità che s’interveniva sulla grande eterogeneità dei fatti e sulle disuguaglianze delle persone, lanciando un’ interpretazione che forzava le rigidità della vecchia normativa penale. Tutte le flessibilità prodotte attraverso le modifiche legislative dagli ultimi anni sessanta in poi, operative nelle sentenze, sono anche il frutto di questo percorso precedente.

Dico cose ovvie, ma l’attacco al giudice neutrale è uno dei cavalli di battaglia di quell’epoca per MD e credo si sia trattato di una battaglia vinta, perché il sospetto sulla neutralità penetrò in tutta la magistratura. Da tempo scorgiamo (non sono certo il solo) il nascere di una neoneutralità che posta al cospetto di una riforma penale, cercherà di rendere meno esposto il ruolo del giudice: specie in questo momento in cui maggiori vincoli decisionali possono essere una merce di scambio con le maggiori garanzie di indipendenza, giustamente pretese (non dico certo di no) per contrastare la riforma Castelli.

 3. Anche se sembra lo stesso discorso (un po’ ci assomiglia di sicuro), c’è anche l’equivoco tra l’affermazione della legalità e l’estremo rispetto applicativo di leggi sicuramente incostituzionali, inique e razziste: direi incostituzionali anche oltre il giudizio di incostituzionalità. Abbiamo esempi di sinistra- che vivono legalitariamente” l’accanimento contro tossicodipendenti- Bologna docet anche ai magistrati di MD- e migranti -vedi la questione dell’assoluzione dei rumeni. L’ultimo Fuoriluogo parla del processo per quel centro sociale sequestrato e per un’avvocatessa  arrestata e condannata a 2 anni e 8 mesi per detenzione di un pacchetto di hashisc: applicazione puntuale della Fini-Giovanardi ! E’ stata assolta e scarcerata, ma prima la Procura ha provveduto di brutto e anche il Giudice ha respinto una richiesta di arresti domiciliari. Si è utilizzata la legge Fini per colpire l’attività di centri sociali impegnati nella politica di riduzione del danno e contro il proibizionismo. E non ho notizia di ricorsi alla Corte Costituzionale per invocare interventi doverosi.

Don Gelmini conta più di Cesare Beccarla e Muccioli più di Verri. In effetti, tolleranza zero è  la base ideologica della legge Fini-Giovanardi. L’approvazione di quella legge, in un mix di tragedia e di commedia, è avvenuta con una ferita istituzionale grave: è stata inserita in un decreto legge, sulle Olimpiadi e con due voti di fiducia, senza discussione parlamentare, è stata votata. Si è fatto fuori il referendum del ’93 che aveva inciso sulla Iervolino-Vassalli e si è creato un mostro penale attraverso l’equiparazione di droghe leggere e pesanti in una unica tabella; si è inventato lo spaccio presunto; si sono rese le pene più pesanti per i recidivi grazie all’effetto combinato della Cirielli; si codifica una detenzione pseudo terapeutica. Livio Pepino ha parlato di scempio etico e giuridico” ed ha messo in guardia che dal sospetto spacciatore si possa passare al sospetto delinquente, al delinquente virtuale. Sandro Margara ed io abbiamo scritto e partecipato alla campagna per contestare  questa legge di stampo etico, ma devo confessare che nel suo complesso, MD non si è spesa come era accaduto in passato su questo tema che stravolge i principi del diritto. Non si è battuta, come avviene in modo ammirevole, sull’altro nodo scottante dell’immigrazione. 

Propongo quindi la costituzione di un Osservatorio sugli effetti devastanti di questa legge e sull’applicazione da parte dei tribunali. Sarà un contributo per rilanciare la battaglia per la cancellazione di un’autentica legge- vergogna.

4. Si è tutti d’accordo allora sull’abolizione delle leggi  Fini-Giovanardi, Bossi-Fini e…sulla Cirielli? C’è tra noi forse, una razza elettiva che limita l’area delle leggi-vergogna al falso in bilancio, alla Pecorella e si ferma alla prescrizione per la Cirielli rinviando nobilmente le altre riforme a quella complessiva del codice che comincia, ancora una volta, a rientrare nel libro dei sogni.  Le incertezze e le esitazioni della politica non hanno qualche atteggiamento analogo anche in MD? Soprattutto c’è o no la resistenza ostinata attraverso le eccezioni costituzionali?

Il binomio della rinata legalità-sicurezza e la conseguente guerra contro la microcriminalità quanto è popolare o impopolare in MD ?

C’è un nuovo termine spregiativo in giro: perdonismo. MD partecipa al disprezzo? E’ venuto fuori con l’indulto, ma si esercita anche su quanto è accaduto 20 anni fa con gli ex terroristi, dissociati o meno che fossero. E poi ogni occasione è buona per riproporre colpe e punizioni.

 5. In questi anni sono aumentati i luoghi della costrizione, della negazione della cittadinanza.

 Non solo il carcere, dove l’indulto non arriva. Interessa l’articolo (come diceva il venditore di accendini nel film di Ettore Scola: Brutti, sporchi e cattivi )?

La prima questione riguarda il controllo fisiologico del numero dei detenuti;ma la soluzione alternativa prospettata nei 137 articoli della proposta Margara di riforma globale dell’ordinamento penitenziario, non è stata nemmeno oggetto di confronto.Con l’indulto, ancora operativo per molti in carcere, per ora non si hanno i temuti ritorni verso quota 60.000. Ma con il sopraggiungere di reati commessi dopo il termine, se non si demoliscono le tre leggi, non c’è alcuna ragione che non si riproduca la situazione passata. …”.E’ nota la tesi di Bauman: ”Data la natura della gara oggi in corso, la miseria di chi viene espulso, considerata un tempo come un male prodotto dalla società, alleviabile con mezzi collettivi, può essere ridefinita soltanto come la conseguenza di un crimine individuale. Le”classi pericolose”vengono pertanto stigmatizzate come classi criminali. Le prigioni divengono così, nel senso vero e pieno del termine, un surrogato delle istituzioni del welfare state. E con tutta probabilità continueranno ad esserlo in misura crescente man mano che l’assistenza pubblica andrà riducendosi”.

E’ un problema avvertito o l’ansia di legalità fa pensare ad aumentare la capienza del sistema penitenziario? La proposta Palombarini-Renoldi (ìun detenuto, una cella”)certamente ha fondamento:   se non si è in grado di punire assicurando i diritti umani, non si è legittimati a punire, sicchè il numero chiuso, il tutto esaurito si pone come provocazione, … ma ci sono i provocati? Certo, ho visto fra le email che qualcuno  si accorge di cosa voglia dire il carcere sovraffollato e il carcere comunque. C’è infine, qualcosa più sotto?”, si chiedeva nel 1982, nel Paese martoriato dalla lotta armata anche in carcere, Marco Ramat, a conclusione di un sofferto convegno di MD.a Firenze, appunto sul carcere, e ci rispondeva: ”…togliere l’illusione che il carcere buono, moderno, igienico, sia una soluzione sufficiente…”

La seconda: questo famoso carcere riabilitativo ha i suoi sostenitori  anche in MD, o si pensa che sia un’idea peregrina e irrealizzabile ? Si conosce in MD la ricerca DAP con gli esiti delle misure alternative sulla recidiva? Si pensa che le misure alternative siano un caso di perdonismo dal quale guardarsi? Eppure, quella ricerca dimostra che la percentuale dei recidivi, tra coloro che beneficiano di misura alternativa è di gran lunga inferiore rispetto a coloro che vanno in carcere e vengono liberati alla scadenza. Inefficaci dunque, i deprecati inasprimenti di pene fondati sulla recidiva, come dannoso il limite all’accesso alle misure alternative.

Terzo punto. C’è la consapevolezza della composizione della popolazione del carcere e che il problema non è quello dei 41bis, e che la sopravalutazione di questo problema porta a privilegiare solo i problemi della sicurezza e ad ignorare gli altri?

Gli Istituti penali per i minorenni, per il degrado delle condizioni fino alla riduzione del vitto e per fattori esogeni legati all’amplificazione di politiche sicuritarie, sono tornati alla materialità del carcere minorile in cui gli specialisti rilevano la realizzazione progressiva di un processo di deumanizzazione degli adolescenti.

 Quante questioni si porta dietro il carcere ? E quanto interessano? OPG, salute e risorse per la stessa( sempre in calo per effetto di una gestione irresponsabile) lavoro e operatori trattamentali che non ci sono. Eppure sentiamo autorevoli esponenti dell’attuale maggioranza manifestare apprezzamenti per la passata gestione dell’Amministrazione carceraria ed auspicarne una non ostile”. Si diffonde, in altri termini, un minimalismo, una zona grigia che rasenta e lambisce, quasi inconsapevolmente, la convivenza con l’illegalità, come disinteresse per la dinamica attuazione della nostra Costituzione anche nel carcere. Quasi che le energie e l’entusiasmo per un progetto riformista si fossero già consumate con l’approvazione dell’indulto. Prima il sovraffollamento era l’alibi per implodere le leggi, ora, orfani del sovraffollamento, c’è un inspiegabile disorientamento, come se mancassero le leggi da attuare. Oggi, a 10 mesi di vita del nuovo governo, come nella medesima situazione del precedente governo, abbiamo il dovere di chiedere l’attuazione delle leggi penitenziarie vigenti ed il superamento di quelle in odio alla Costituzione. Il Regolamento di Esecuzione del 2000 è ancora tutto da attuare: doccia e acqua calda in cella, bidet per le detenute, bagno in un vano separato e non vicino al letto, una cucina per ogni 200 detenuti, colloqui in spazi  all’aria aperta, possibilità  di accendere le luci dall’interno della propria cella, sufficiente luce naturale, luce fioca notturna…Ed invece trionfa l’ubriacatura da indulto. Certo non si può pretendere la bacchetta magica, nel contesto di una responsabile consapevolezza della questione economica nazionale, ma, quanto meno, si possono esigere operosità ed entusiasmo per la legalità penitenziaria. Invece il Guardasigilli ha riferito alla Camera il 23 gennaio 2007: L’anno appena trascorso ha segnato una svolta nelle
politiche penitenziarie a seguito dell’approvazione del provvedimento di
indulto, che si innesta in un contesto di iniziative finalizzate alla
umanizzazione della pena…le iniziative in favore della detenzione sociale…sono
state tutte attività che hanno caratterizzato positivamente l’anno appena
trascorso, ristabilendo condizioni di "legalità" nella fase di esecuzione della
pena”. Dunque, ci sarebbe stata già la svolta, la piena attuazione della legalità ed il riconoscimento che c’è una detenzione sociale!Non c’è governo amico quando si tratta di rispetto dei diritti inalienabili della persona. E non merita giudizi favorevoli il macchinoso meccanismo procedimentale alternativo alla giurisdizione ordinaria previsto dal progetto di legge sul Garante delle persone private della libertà.                                        

6. Se abbiamo bene messo a fuoco la strategia per il superamento dei CPT., invece siamo miopi sulle nuove istituzioni civili” di contenzione: non solo gli ospedali psichiatrici, ma anche le case di cura per gli anziani fiorite nella deregulation negli ultimi 6 anni.   Il panorama dei problemi di libertà e di cura degli anziani, maltrattati e lesi nei loro diritti fondamentali, necessita di fare chiarezza. C’è una incontrollata contenzione meccanica e  farmacologia. Una ricerca del Dipartimento di salute mentale di Trieste svela come in nessun  caso un anziano, una volta istituzionalizzato,   sia rientrato al proprio domicilio: l’entrare in casa di riposo è una via senza ritorno. La terapia sedativa spesso è al bisogno e   le posologie praticate non hanno proprio nulla di terapeutico. Le limitazioni meccaniche: la porta d’ingresso resta chiusa dall’interno  di notte e di giorno in 27; le doppie bandine non sono considerate contenzione, come non lo sono le fasce di contenzione per il letto, bracciali di immobilizzazione, fasce per carrozzina e fasce pelviche, corsetti con bretelle e/o con cintura pelvica, pigiami o camicie per la contenzione. Ci sono medici di base che prescrivono contenzione”  sul ricettario. I servizi psichiatrici degli ospedali milanesi e romani sono puntualmente dotati di diversi e sempre più articolati strumenti di contenzione fisica dei degenti. Un solerte magistrato udinese ha rinviato a giudizio il direttore di un dipartimento di salute mentale perché la rete metallica attorno ad un centro di salute mentale era rotta e aveva consentito ad un aspirante suicida di andarsene. Di li, fino a far guerre per garantire sicurezza, infinite forme di limitazione della libertà si snodano secondo culture e  sistemi locali. Istituzioni totali sempre più deboli per risorse umane e culturali, e non per questo meno pervasive, aspettano ovunque una vecchiaia che nessuno sa più come e dove contenere. Pratiche fino a ieri esercitate in sordina, di nascosto o comunque consapevolmente non degne, vengono rilegittimate da regolamenti, protocolli, definizioni pseudoscientifiche, giustificazioni etiche. Necessita un’idea forte, convinta e organica di difesa e proposta concreta di diritti esercitabili.Un sistema visto come  a portata di mano che i diritti inveri, invece di lederli. Ma la cultura della semplificazione-riduzione dei problemi e la violenza della semplificazione sta lì di fronte.

Ho voluto dire la mia non per cercare consensi o per provocare dissensi: mi interessa esprimere il senso del mio impegno in Magistratura Democratica.

Franco Maisto 

 

07 02 2007
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