di Giovanni Palombarini
Sono Giovanni Palombarini, di Magistratura Democratica.
Come prima cosa desidero affermare la mia solidarietà a coloro che in questo momento stanno
partecipando alla manifestazione di Milano in difesa della legge sull'interruzione di
gravidanza e, pi ampiamente, la libertà e il principio di autodeterminazione delle donne.
Voglio farlo perch tutto alla fine si tiene. Si tratta di manifestazioni, questa di Roma
organizzata da tante associazioni che hanno dato vita alla Campagna per il pacs e quella di
Milano, si tratta di manifestazioni che hanno l'intenzione di difendere diritti,
contemporaneamente riproponendo il principio di laicità dello Stato. Un principio che in questi
ultimi tempi è stato ripetutamente messo in discussione nel nostro paese. La manifestazione di
Milano ha una grande importanza non solo per la difesa di quella difficile conquista che è
stata la legge 194 (che tempo fa si è inutilmente tentato di abolire a mezzo di un referendum
popolare che l'ha invece confermata), ma anche perch è in atto da qualche tempo nel nostro
paese, in varie forme, un forte attacco alla libertà e al principio di autodeterminazione delle
donne. Dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita alla campagna di stampa e alle
proposte che tendono a ridurre la possibilità di libere scelte in materia di aborto, è sembrata
in questi primi anni duemila riproporsi la vecchia idea secondo la quale la donna deve
accontentarsi del ruolo che un certo tipo di società attribuisce al suo corpo, di contenitore
riproduttore della specie. Una vecchia idea che pretende sottomissione, e che si caratterizza
anche per la sua spietatezza, per l'indifferenza rispetto ai sentimenti e al dolore. Si tratta
di contrastare questa prospettiva, difendendo il diritto della donna di decidere di se
stessa. Rispetto alla libertà delle donne non si può abdicare.
Le ragioni di questa manifestazione di Roma sono note. L'intento è quello di chiedere al prossimo parlamento, quello che verrà eletto la prossima primavera, di approvare una legge che
assicuri alle coppie, eterosessuali o omosessuali, la possibilità di stabilire fra di loro un
accordo riconosciuto a livello pubblico al fine di regolare i rapporti patrimoniali e personali
relativi alla loro vita in comune. Non si può continuare a chiudere gli occhi di fronte alla
realtà. Ormai è grande, e tende a crescere, il numero di coppie che o non vogliono impostare la
propria vita in comune sulla base della complessa e rigida regolamentazione prevista per il
matrimonio o non possono accedervi in quanto l'attuale legislazione italiana non prevede la
possibilità di sposarsi per due persone dello stesso sesso. Eppure si tratta di persone, si
tratta della loro vita e di diritti importanti. Si tratta di diritti, di diritti di natura
personale e di natura patrimoniale, che riguardano persone che la legislazione attuale
considera come estranei. Invece non si tratta di estranei. Non sono estranei per sentimenti e
per scelte soggettive; e neppure oggettivamente, perch la loro convivenza è un dato di fatto.
Le discriminazioni che caratterizzano l'attuale situazione devono essere superate. Rispetto ai
diritti non si può abdicare. L'ordinamento non può fare finta di nulla. Questo è il tempo in
cui, in vista delle prossime elezioni politiche, i partiti e le coalizioni mettono a punto i
loro programmi. Ebbene, è importante che anche il tema dell'approvazione di uno strumento
regolativo pattizio, da sottoscrivere davanti all'ufficiale dello stato civile o a un notaio,
che formalizzi pubblicamente il rapporto a due e i relativi diritti e doveri, è importante che
questo tema diventi una delle questioni da risolvere nella prossima legislatura. Si tratta di
normative che altri paesi dell'Unione europea già hanno, senza che per questo ne venga sminuita
l'importanza del matrimonio.
Di certo, di fronte a un fenomeno sociale che ha ormai assunto dimensioni imponenti, vi è la
necessità che la legge assicuri un riconoscimento e una qualche tutela sotto vari aspetti,
ovviamente a coloro che intenderanno usufruire di questa futura possibilità di scelta. Si dice,
da parte di qualcuno: questa futura legge in realtà servirebbe soltanto a regolare in qualche
modo le unioni fra omosessuali. Le cose ovviamente non stanno così. E però, anche se così
fosse, già questo basterebbe per dire che della legge c'è bisogno. Perch, al di là di
sentimenti e pregiudizi, nessuno è in grado di spiegare razionalmente perch le unioni fra
omosessuali non dovrebbero avere un riconoscimento e una tutela. Comunque, come ho già detto,
le cose non stanno così; e anche tante coppie di eterosessuali che non hanno contratto
matrimonio, certamente utilizzerebbero il pacs. I limiti, la prudenza della proposta di legge
presentata il 22 ottobre 2002 sono noti. Se da un lato non viene in alcun modo toccato lo stato
giuridico dei figli delle parti del patto, dall'altro si prevede espressamente fra le ragioni
del suo scioglimento - uno scioglimento automatico - il caso che una delle parti contragga
matrimonio. Non si vede cosa si possa fare di pi per sottolineare che non si intende in alcun
modo incidere sull'istituto del matrimonio. E la proposta non trova alcun ostacolo nella
costituzione, in particolare nell'articolo 29. Il riconoscimento al livello pi alto
dell'ordinamento dei diritti della famiglia fondata sul matrimonio non esclude affatto, a
livello di legge ordinaria, il riconoscimento di altre forme di convivenza. Del resto è proprio
la costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona anche nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Non è facile prevedere oggi come verrà definito dal prossimo parlamento questo accordo. Intanto
va salutata con soddisfazione la circostanza che un qualche sia pur difficile dibattito s'è
finalmente aperto, nella società e nei partiti che si propongono come prossime forze di
governo. Di certo non può essere accettato come un destino invincibile che come in altri
settori della nostra vita sociale, anche per quanto riguarda i diritti civili l'Italia continui
a essere il fanalino di coda dell'Europa.
Oggi questa legge non c'è, e l'auspicio di tutti quelli che sono qui riuniti è che la prossima
legislatura provveda finalmente a colmare una lacuna, una lacuna che si traduce in una mancata
tutela di diritti di tante persone. Alcune di queste persone sono qui oggi, in carne e ossa,
persone che vivono da tempo una vita di coppia e che attendono, legittimamente, un
riconoscimento giuridico della loro condizione e la tutela dei loro diritti. Chi sono? I loro
nomi li sentirete fra poco.
Sono persone disposte a testimoniare già oggi - lo sentirete subito - la loro speranza che una
legge sul patto civile di solidarietà venga presto approvata, per poter poi contrarre un
accordo, secondo le regole dalla legge stabilite, al fine di regolare i propri rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Rispetto alla libertà e ai diritti
non si può abdicare.