di Roberto Braccialini
Verso il congresso: accesso alla giustizia, effettività dei diritti e congedo familiare
Nel prendere necessario congedo - per ragioni di unità familiare e di mia inadeguatezza genitoriale - da un'esperienza così coinvolgente, come è stato l'esecutivo di MD nell'ultimo biennio, vorrei per prima cosa ringraziare i miei compagni d'avventura (Livio & C.) per la pazienza con cui hanno sopportato i miei sfoghi e la mia inguaribile impoliticità. Vorrei anche dedicare un pensiero riconoscente al nostro direttore d'orchestra, che nella relazione introduttiva ha saputo valorizzare gli apporti migliori che ciascuno di noi è riuscito a dare, nei campi di sua competenza specifica, sottoponendo una sinfonia finale che ha il sicuro marchio di Magistratura Democratica, ma che è anche così misurata da non spingersi oltre la soglia che deve segnare l'inizio del dibattito e non il suo soffocamento.
In questi due anni di lavoro nell'esecutivo ho imparato a leggere, sotto la scorza di un'apparente ruvidezza, una grande passione civile e democratica di Claudio CASTELLI, che lo ha portato ad essere sempre presente e partecipe - con invidiabile vitalità - in alcune occasioni in cui si sono fatti significativi passi in avanti nell'elaborazione complessiva del gruppo : nei seminari ed incontri sulla presenza femminile in magistratura; nelle iniziative sulle strategie riformatrici per il settore civile; nei convegni sulla giustizia possibile.
A merito di Claudio CASTELLI vorrei annettere, in particolare, la sua attenzione, il suo incoraggiamento ed il suo impulso per l'intensa elaborazione che, a tratti magmaticamente, ha saputo esprimere il gruppo di lavoro sul civile guidato da Gianfranco GILARDI, la cui presenza come riferimento stabile del gruppo stesso è un'esigenza da tutti unanimemente condivisa.
La guida carismatica ed autorevole di Gianfranco ha consentito di mettere a fuoco, nel convegno di Alghero, linee strategiche non estemporanee per quanto riguarda il settore civile, particolarmente attente all'effettività dei diritti. Linee che, sinteticamente, amo definire "la strategia del poop" (processo, organizzazione, osservatori e protocolli) : cioè tutta l'analisi e la terapia curativa sul versante "a valle" dell'ingresso del contenzioso nei nostri uffici. Non ne parlo oltre, non solo perchè sono certo che Gianfranco ed altre colonne del gruppo ne riferiranno compiutamente in questa assise congressuale, compresi i profili rimasti problematicamente aperti nel nostro ultimo consiglio nazionale - su cui ho già pi volte preso posizione per l'aperta condivisione del progetto relativo al processo civile - ma anche perchè confido che quanto prima siano disponibili gli atti delle varie iniziative organizzate in quest'ultimo periodo, dal convegno di Bologna del 23 ottobre, a quello di Alghero della settimana successiva, a quello tenutosi in Genova nello scorso febbraio sulla magistratura onoraria, dove formalmente non eravamo presenti tra le sigle organizzatrici, ma a cui abbiamo dato come singoli un decisivo contributo.
Questa indispensabile base informativa consentirà di allargare la base di consensi rispetto ad un'elaborazione complessiva che, nata in un'articolazione della corrente che è stata anche importante ma non sempre brillante momento di interlocuzione con i Movimenti, deve diventare a mio avviso un patrimonio comune di tutto il gruppo e costituirne il biglietto da visita quando ci si confronta con gli interlocutori esterni : forze politiche, sindacali, mondo dell'associazionismo, operatori giudiziari e forensi.
Mi preme sottolineare solo la valenza politica di tutta tale elaborazione, in quanto l'ideologia comune ai vari passaggi in cui si snoda la nostra proposta è quella di una responsabilizzazione del giudice come garante dei tempi dei procedimenti assegnatigli e della giustizia sostanziale della decisione, in una prospettiva che perciò riempie di contenuti il precetto dell'art. 111 della Costituzione, e non intende il "giusto processo" come mero valore declamatorio. Giudice, che non è pi una monade isolata, ma che si inserisce in una trama di relazioni, strutture, momenti di programmazione, confronto e verifica con utenti ed operatori della giurisdizione, insieme alle altre risorse umane e tecniche, che per brevità abbiamo definito "ufficio per il processo".
Tutto ciò sta a significare conferma dell'attenzione di Magistratura Democratica per l'effettività dei diritti, troppo spesso promessi e troppe volte di fatto negati : una visione del tutto coerente con le analisi sulla riemergente centralità della sede giurisdizionale come ultima ridotta a cui ci si affida per il riconoscimento dei diritti civili, politici, sociali, in tempi di eclisse del costituzionalismo classico, quali si vedono dipinti nella relazione introduttiva di CASTELLI. Tempi grigi, a tratti burrascosi, in cui sarà necessario sempre di pi fare riferimento a carte dei diritti, dichiarazioni internazionali, testi comunitari, elaborazioni condivise tra la comunità dei giuristi liberal-democratici per difendere diritti e posizioni, che si affidavano prima alla cd. garanzia politica : come profetizzava diversi anni fa Salvatore SENESE nel bel dibattito a distanza con Elena PACIOTTI sulla legittimazione della magistratura pubblicato sulla nostra rivista.
Vorrei dedicare invece qualche secondo in pi ai profili a monte del contenzioso civile perchè la relazione del nostro segretario fa la scelta coraggiosa di entrare con i piedi nel piatto di un dibattito che, a mio avviso, con la drammatica scomparsa di Carlo VERARDI e di Teresa MASSA, non è pi progredito all'interno di Magistratura Democratica; e lo fa in una prospettiva importante di accesso alla giustizia e non di banale efficientismo statistico.
Parlare di accesso alla giustizia significherebbe aprire una vasta parentesi sul ruolo che ha svolto e può svolgere l'associazionismo (sindacale, ecologista, dei consumatori) per l'informazione giuridica e la crescita della consapevolezza dei diritti, anche quando non utilmente giustiziabili in sede giurisdizionale. Non sono in grado di operare una felice sintesi su un argomento così complesso e mi limito ad osservare che la nostra ricerca di convergenze con tali soggetti nell'ambito delle iniziative sulla giustizia possibile parte proprio dalla constatazione che le organizzazioni di utenti possono svolgere un'efficace opera di pressione per pretendere un servizio-giustizia efficace, dentro e fuori la giurisdizione : è chiaro che solo attraverso dirette prese di posizione degli utenti esterni sulla nostra struttura organizzativa sarà possibile premere sul potere politico per avere quei mezzi fin qui deliberatamente lesinati e progressivamente ridotti.
Ma c'è un altro protagonista di cui dobiamo interessarci, parlando di accesso alla giustizia: l'avvocatura. Sempre di piu' la questione dell'avvocatura condiziona il dibattito complessivo sulla questione giustizia, e di fronte ai ritmi di crescita ricordatici nella relazione introduttiva diventa indispensabile interrogarci sulle prospettive dell'avvocatura stessa senza fermarci alla facile diagnosi di un'"emergenza nazionale".
A me sembra che le remore del passato sull'associare compiutamente l'avvocatura in un grande progetto di trasformazione culturale del mondo giudiziario-forense attraverso il varo di esperienze nuove nel settore della mediazione/conciliazione/a.d.r., remore che pure si sono colte in importanti analisi di qualificati esponenti del gruppo, vadano superate alla luce dei nuovi rapporti di forze e numerici che si stanno delineando tra gli operatori della giurisdizione.
Non si può continuare a trattare la crescita incontrollata delle nuove leve dell'avvocatura nei termini soft ed a tratti un po' reticenti che l'amico Guido ALPA vi dedica nella recente relazione del C.N.F., riesumando paradossalmente la figura dell'avvocato generalista diffuso sul territorio : esaspero volutamente i termini di tale analisi per ricordare nostre analoghe suggestioni anteriori alla soppressione dei mandamenti.
E' chiaro che tale prospettiva sta alla base della crescita del contenzioso di secondo e terzo livello : quello che nasce, rispettivamente, dalle controversie per responsabilità professionale e per i tempi della legge PINTO; e che ugualmente sta alla base di quella non irrilevante fetta di contenzioso strumentale (o di difese strumentali) che affligge strutturalmente il nostro panorama giudiziario.
Sono anch'io convinto, come Claudio CASTELLI, che si debba ricercare un antidoto pi coraggioso rispetto al silenzio progettuale che trapela in merito dalla relazione del massimo organo istituzionale dell'avvocatura; relazione, che è invece apprezzabile per molti profili propositivi, assolutamente condivisibili (risorse; ufficio per il processo; organizzazione ecc.), e che appare interessante anche per il taglio dell'analisi che ha inteso dare alla vicenda della controriforma dell'ordinamento giudiziario.
All'avvocatura noi dobbiamo dire con chiarezza che la ricerca di alternative convincenti e praticabili alla semplice prospettiva della moltiplicazione esponenziale dei professionisti abilitati va ricercata in primo luogo ragionando insieme di percorsi di accesso comuni alle professioni forensi; e, subito dopo, interrogandoci sui ruoli inediti che l'avvocatura può utilmente svolgere - come una risorsa del sistema, e non come una jattura - in un'ottica di tutela delle posizioni giuridiche e dei diritti in sede processuale e stragiudiziale. La conciliazione o, per dirla con il prevalente lessico europeo, la mediazione è, ovviamente, un terreno di elezione per sperimentare un ventaglio di tutele non rinunciatarie, ed efficaci, che possano avvalersi in larga misura di risorse qualificate, o di rapida riconversione professionale, provenienti dall'avvocatura.
Anche la questione della riserva di consulenza, che importanti settori dell'associazionismo forense hanno individuato come soluzione a problemi della categoria, merita di essere discussa senza tabu': però non può convincere un'ottica di monopolio (anticomunitario), ma sembra preferibile una proposta sviluppata all'insegna della qualità del servizio di informazione legale, che l'avvocatura stessa può offrire. Per dirla in breve, orecchiando recenti temi politici, non è con i dazi che ci si scopre competitivi, ma con i certificati ISO 9002.
Una simile impostazione potrebbe far maturare l'interesse generale per un aspetto dell'accesso alla giustizia troppo spesso indebitamente negletto : la qualificazione del rapporto cliente/avvocato attraverso l'informativa piena che va data al cliente, e l'estensione del patrocinio statale alla consulenza stragiudiziale, secondo le linee-guida già in larga parte tracciate nel disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella precedente legislatura il 16 giugno 2000, che giace (vergognosamente) sui lidi degli insepolti.
Sono tutti argomenti sui quali una convergente collaborazione di settori dell'associazionismo forense e del nostro associazionismo, magari già rodati da esperienze in comune in quei veri e propri laboratori che sono gli osservatori sulla giustizia civile, potrebbe fare molto in termini di pressione politica perchè si prenda in seria considerazione la questione dell'effettività dei diritti, la quale ha necessità di indicazioni operative, progetti concreti, articolati normativi, esperienze condivise per progredire. E sui contenuti del d.d.l. citato si potrebbero realizzare importanti alleanze con i soggetti con i quali stiamo gestendo le iniziative sulla "giustizia possibile", ai quali dobbiamo fornire indicazioni operative per dare uno sbocco al comune desiderio di vedere riconosciuti, e non calpestati, i diritti.
Non vorrei sottrarre altro spazio al dibattito congressuale, anche perchè la relazione introduttiva - pur nella sua necessaria sintesi - non è davvero parca di indicazioni di merito sulle iniziative possibili e soprattutto, lo ribadisco, si muove in una condivisibile logica di attenzione per l'effettività delle tutele, che contrassegna tutta l'elaborazione di Magistratura Democratica da prima ancor che si scegliesse il problematico titolo dello scorso congresso ("La forza dei diritti"); titolo che, personalmente, non ho ancora ben metabolizzato vedendo quotidianamente in che condizioni amministriamo la giustizia, e dunque in che condizioni trattiamo i diritti dei cittadini.
Oso sperare che dal manifesto programmatico a firma MINNITI, NARDIN ed altri verranno coerentemente fuori le disponibilità per proseguire (e perfezionare) nell'esecutivo di M.D. quel lavoro di raccordo tra quest'ultimo ed il gruppo di lavoro sul civile, che mi è impossibile condurre a termine, e che è stato certamente deficitario per mio demerito nel coordinamento tra le elaborazioni di Alghero e le iniziative sulla giustizia possibile. Magari - è il mio auspicio - dedicando qualche ulteriore risorsa ed impegno anche al settore dell'organizzazione (ufficio per il processo e dintorni); quest'ultimo, infatti, non ha bisogno solo di molte teste, ma anche di moltissime gambe per raccogliere tutte le sollecitazioni e le richieste che ci vengono dai nostri interessati interlocutori esterni.
Per parte mia, marciando per il prossimo biennio a ritmi necessariamente ridotti, potrei garantire una presenza nel consiglio nazionale nell'interesse della mia sezione di appartenenza, solo se utile per l'intero gruppo e mai in possibile competizione con chi intendesse lavorare sul serio nell'esecutivo nazionale. Ed intendo dare un leale aiuto, per quanto mi sarà possibile, ai responsabili del gruppo di lavoro sul civile.
Dopo cinque anni di prorogatio posso con orgoglio e fiducia presentare in questo Congresso il nuovo segretario della sezione ligure-toscana Alberto LARI. E' un'elezione importante, che darà nuova linfa ed energia ad un distretto nel quale il nostro gruppo ha sempre raccolto importanti consensi. Nello stesso tempo, devo fare presente che ho necessità di un parziale congedo familiare che non vuole preludere ad un pensionamento anticipato : almeno, non è questo certamente il mio intendimento.