Sezione Palermo - Sicilia Occidentale


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RINNOVAMENTO, DEMOCRAZIA, TRASPARENZA

Il prossimo Congresso Nazionale di MD non è, non può e non deve essere un Congresso qualsiasi. Non abbiamo davanti soltanto un’importante e necessaria scadenza per gli adempimenti statutari di rinnovo del Consiglio nazionale e non si tratta neppure di limitarsi ad assecondare l’evoluzione della linea politica maturata nel Congresso di Palermo. Pur senza voler enfatizzare la delicatezza della fase che attraversa il nostro gruppo, siamo tuttavia convinti che sia decisivo per il futuro di MD, dentro e fuori la magistratura, acquisire immediata consapevolezza del momento critico che MD sta attraversando, senza infingimenti ed eufemismi. Una crisi di consensi, clamorosamente evidenziatasi alle ultime elezioni del CSM; una crisi di rappresentanza, come testimonia il sempre più spiccato scollamento che quotidianamente registriamo fra l’attività del grup po (pur talvolta quasi frenetica) e l’immagine che di noi ha la grande maggioranza dei colleghi; una crisi generazionale, come dimostra il progressivo ed apparentemente inarrestabile invecchiamento dei nostri iscritti, militanti e dirigenti; in definitiva, una vera e propria crisi di identità che non può essere affrontata e risolta con il moltiplicarsi di quelle, pur importanti, iniziative esterne di raccordo con la parte più avanzata della società italiana, tese quasi a confermare il nostro essere “progressisti e democratici”. Tutto ciò non basta evidentemente, se non è stato sufficiente a recuperare consensi, se non è servito a colmare quella sensazione di distanza da MD avvertita da un’ampia fetta della nostra tradizionale base elettorale.

E’ un disagio diffuso questo, col quale dobbiamo fare i conti e dobbiamo farlo ora, con franchezza ed in modo diretto, secondo le migliori tradizioni di MD, proprio in questo congresso straordinario. Un congresso straordinario nella consapevolezza della straordinarietà di una situazione in cui è in gioco il futuro di MD. E’ per questo che occorre una vera e propria svolta del gruppo. Non certo un colpo di spugna sugli importanti passi in avanti che MD ha fatto negli ultimi anni, a cominciare da quella maggiore "apertura" del gruppo verso l'esterno e le realtà più dinamiche della società, che ha consentito preziose esperienze come quella della battaglia per il referendum sulla Costituzione. Ma occorrono segnali di concreta discontinuità rispetto a quella autoreferenzialità, di cui spesso abbiamo dibattuto e che non è soltanto un’espressione verbale, bensì il concreto rischio che incombe sul nostro gruppo. Certe scelte e certi comportamenti concreti sono a volte apparsi distanti dalla visione e dalle prospettive del quotidiano esercizio della giurisdizione, al punto da rendere troppo spesso poco comprensibili o non sufficientemente comunicati o condivisi comportamenti e scelte di nostri autorevoli esponenti all’interno degli organi di vertice del gruppo o all’interno di articolazioni istituzionali come il Ministero o il C.S.M.

E’ necessario perciò un più efficiente raccordo con gli organismi di rappresentanza del gruppo nel suo complesso. Occorre, insomma, che MD riconquisti la sua tradizionale dimensione di “intellettuale collettivo”, al di fuori da personalismi e autoreferenzialità.

Noi crediamo che proprio su questo terreno debbano rompersi quegli steccati che anche inconsapevolmente abbiamo contribuito a costruire così realizzando isole e mondi separati. Occorre, insomma, una nuova capacità di ascolto, una maggiore attenzione rispetto all’attività negli uffici, al quotidiano dei magistrati spesso impegnati in battaglie difficili ed isolate, specialmente al Sud, alle prese con le vischiosità, le inefficienze, la burocratizzazione e la crescente tendenza alla gerarchizzazione di certi dirigenti. Occorre investire rinnovato impegno ed energie non solo con le iniziative sugli "osservatori" e sui “protocolli”, ma anche accentuando l’impegno per un'organizzazione “più democratica” degli uffici del p.m. e garantendo maggiore responsabilizzazione ed attenzione verso la c.d. “periferia” da parte del “magistrato democratico” , inserito ai vertici del gruppo o nelle istituzioni.

Queste iniziative non sono, come è evidente, ispirate da una deteriore difesa della categoria o, peggio, della “casta” dei magistrati (come, invece, sembra di scorgere nei progetti sul “tetto massimo di ore di lavoro” in via di gestazione ad opera di Unicost, MI e dei “comitati sul problema retributivo”), ma costituiscono invece il modo più concreto e serio per attuare davvero la tutela dei diritti. Quale garanzia per i lavoratori esposti al rischio di infortuni vi sarà mai in una Procura dove le relative indagini, magari anche sui funzionari collusi delle AUSL e degli Ispettorati del lavoro, vengono assegnate in modo discrezionale ed opaco ?  Quale immagine avranno della magistratura i cittadini che ogni giorno entrano nei palazzi di giustizia se l’organizzazione delle udienze e le verifiche sull’efficien za e sull’efficacia del servizio-giustizia continueranno ad essere un “affare” dei dirigenti degli uffici e dei loro “consigliori” (magistrati o amministrativi che siano) ? Pensiamo davvero di affrontare questi problemi solo con dotti articoli su Questione Giustizia ?

Tutto ciò deve avere un risvolto nella linea politica del gruppo rispetto all'atteggiamento da assumere nei confronti dell’attuale maggioranza di governo. Se continuiamo a dare l'impressione di ispirarci ad una realpolitik, rivelando una propensione a privilegiare i (pochi) aspetti positivi delle recenti scelte politiche in materia di giustizia, ben distanti dalle linee direttrici contenute nel programma di governo, non potremo che aggravare la distanza che negli ultimi tempi è aumentata rispetto a quella parte della magistratura che vedeva in MD un suo sicuro punto di riferimento. E va ancora incrementata l'iniziativa politica sulla condizione dei magistrati negli uffici oggi e domani: con la difesa della cultura tabellare e la battaglia per una seria riforma della controriforma Castelli e (perché no?) anche delle leggi-vergogna della scorsa legislatura. E' bene dire ad alta voce che la riforma Mastella finora si è rivelata insoddisfacente, né possono concedersi crediti soltanto sulla base di una bozza di disegno di legge che mantiene parti non convincenti (sia nella formazione che nel reclutamento, che nel rigore eccessivo e meccanico dell’incompatibilità distrettuale, ad esempio), che può essere sempre modificato e che ha comunque davanti un esito parlamentare incerto.

Se vogliamo riavvicinarci alla nostra base, occorre inoltre che, prima delle elezioni per il rinnovo del CDC, si chiariscano ai nostri elettori una volta per tutte le ragioni per le quali l'alleanza col Movimento è fallita. E questo chiarimento non si può realizzare attraverso logiche recriminatorie, ma critiche (ed anche autocritiche), al fine di rilanciare l'iniziativa politica, smascherando eventuali esitazioni della nuova dirigenza del Movimento, che va incalzata con proposte concrete. Un virtuoso esempio è costituito dalle iniziative congiunte, come quella recentemente inaugurata nel nevralgico settore della battaglia per la democrazia interna negli uffici di Procura. La bruciante recente sconfitta elettorale dimostra che il futuro di MD non può prescindere da un progetto di rinnovamento che prenda le mosse da una vera e propria rifondazion e dell’alleanza col Movimento su basi e con metodi nuovi, capaci di innescare circoli virtuosi dal basso, anziché scelte tattiche calate dall’alto.

E’ per lo stesso motivo che occorre dare concrete risposte alla richiesta che viene dalla base di una maggiore democrazia interna. Riteniamo che il metodo della previa ed ampia consultazione delle sezioni, sperimentata in occasione della designazione dei candidati al CSM, abbia tuttavia rivelato anche limiti ed inadeguatezze, penalizzando e svuotando di significato perfino quell’importante e necessario passo avanti nella democratizzazione della nostra corrente rappresentato da una maggiore apertura alla componente femminile della magistratura: il “modulo” 4+1 è stato infatti vissuto da molti come una scelta calata dall’alto, un’alchimia politica, un’operazione - per così dire - di facciata, ed il condiviso principio di cui voleva essere espressione ne è risultato svilito.

E’ quindi necessario dare impulso - e noi ne saremo promotori - alle modifiche, anche statutarie, che assicurino reale democrazia interna e trasparenza in ogni momento in cui i “magistrati democratici” vengono chiamati ad esprimere il loro voto: su questa linea, riteniamo sia necessario sperimentare sistemi di vere e proprie “primarie” per la scelta dei candidati al CSM; far sì che le candidature al Consiglio nazionale siano accompagnate dalla presentazione di programmi e vengano rese note con anticipo rispetto al Congresso; ammettere la presentazione anticipata di eventuali mozioni che ne permetta la valutazione e la discussione prima del Congresso anche da parte di quei magistrati – la maggioranza - che ad esso non partecipano.

Intanto, riteniamo urgente proporre, fin dal prossimo congresso, delle modifiche statutarie idonee ad assicurare reale democrazia interna e trasparenza ed a consentire che al prossimo congresso si conoscano con maggiore dovizia di particolari programmi e candidature per il Consiglio Nazionale nonché per gli organi di vertice, Esecutivo e Segreteria. Soltanto prevedendo la presentazione delle candidature almeno venti giorni prima dell'inizio del congresso, con contestuale
presentazione, da parte del singolo candidato, di un programma relativo al suo modo di concepire l'autogoverno, al ruolo di MD in ANM, alle nuove modalità di comunicazione con i giovani magistrati non iscritti (sempre più lontani oggi da MD), alle alleanze con gli altri gruppi, al modo di interpretare la democrazia interna, alla nostra esposizione al di fuori del circuito della magistratura, potremo assicurare piena democrazia interna e trasparenza. Se gli iscritti firmano una delega in bianco perché non possono recarsi al congresso, è giusto che siano messi in grado di indicare preventivamente al loro delegato "qualche preferenza" sulla linea politica e sui candidati. Ed è per la stessa ragione di democrazia che riteniamo altrettanto importante l’abolizione o, comunque, il contenimento del meccanismo delle deleghe in bianco al Congresso, eventualmente riducendo da sette a tre (per genere) il numero delle preferenze che ciascun delegato può esprimere, dal momento che l'attuale sistema rischia di favorire "cordate" e accordi trasversali.

In ogni caso, al di là del dettaglio delle modifiche statutarie che proporremo al Congresso, riteniamo che la dirigenza di MD debba dare una simbolica ma chiara dimostrazione di consapevolezza del momento di crisi che il gruppo sta attraversando. Una coraggiosa assunzione di responsabilità politica, che garantisca la svolta, una scelta di discontinuità rispetto al progressivo verticismo nel quale MD si sta impantanando. Noi siamo fermamente convinti che un segnale forte e percepibile all'esterno debba essere – in particolare - che i membri dell'Esecutivo uscente, nell’attuale “fase calante” di MD, debbano passare la mano. I prossimi candidati per il Consiglio nazionale siano CANDIDATI NUOVI, non candidati da confermare. Ed è questo uno dei motivi per i quali il componente uscente dell’Ese cutivo e del Consiglio Nazionale, designato dalla sezione di Palermo in occasione dei due precedenti congressi, Antonio Ingroia, non si ricandiderà al prossimo Consiglio Nazionale (un altro motivo attiene invece alla ritenuta doverosa applicazione del principio della rotazione, essendo stato Ingroia eletto per due mandati consecutivi). E’ anche questo il motivo per il quale la sezione di Palermo ritiene di candidare per il Consiglio Nazionale due giovani colleghi come DANIELA GALAZZI, giudice civile nel Tribunale di Palermo, e FABRIZIO VANORIO, Sostituto Procuratore a Palermo.

 

 

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03 02 2007
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