Mozione sulla giustizia civile


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1. Dal XIV Congresso ad oggi.

Nel documento approvato al XIV Congresso di Magistratura democratica era stata messa in luce come al processo riformatore avviato negli anni 90 per restituire capacità di funzionamento alla giustizia civile non avesse fatto seguito il sostegno indispensabile affinch ai primi positivi effetti che cominciavano a manifestarsi potessero seguire risultati diffusi e duraturi. E mentre, nel nuovo decennio, ogni sforzo è stato dedicato al tentativo di sovvertire l'ordinamento giudiziario, i fondi destinati alla giustizia hanno subito una drastica riduzione; è stata definitivamente abbandonata la prospettiva di revisione delle circoscrizioni giudiziarie; ha subito gravi ritardi l'attuazione della legge sull'aumento dell'organico della magistratura; nulla o quasi nulla è stato fatto per porre rimedio alle rilevanti carenze di organico del personale amministrativo ed all'impossibilità, che ne deriva, di assicurare una minima assistenza per la quasi totalità dei giudici istruttori civili. Negli ultimi mesi vi è stato anche il blocco prolungato di ogni progetto relativo al processo telematico che per ora ha portato solo ad un drastico taglio nelle assunzioni del personale amministrativo ed all'incongrua sostituzione della struttura di vertice del DGSIA, con dispersione di esperienze e competenze quanto mai preziose.

Anche rispetto alla magistratura onoraria manca una visione organica e coerente. Da un lato si lasciano irrisolti i problemi di direzione ed impiego del giudice di pace, al quale, a seconda delle contingenze politiche, vengono sottratte competenze (v. il giudizio di equità per i contratti di "massa") ovvero devolute nuove attribuzioni che incidono anche su diritti fondamentali (v. le convalide in tema di espulsioni); dall'altro si intrecciano proposte confuse e contraddittorie capaci di solleticare anche le spinte pi corporative come quella della Federmot, che ha avanzato la richiesta di un vero e proprio "reclutamento parallelo" attraverso la figura del "magistrato di complemento".

Nella quantità alluvionale che caratterizza la produzione legislativa è difficile cogliere un progetto rivolto all'interesse collettivo. Non mancano invece provvedimenti di evidente favore, che hanno portato alla formazione di un vero e proprio diritto "speciale", in rotta di collisione con il principio di uguaglianza di fronte alla legge.

Nel campo delle riforme processuali si susseguono interventi che, anzich puntare all'obiettivo di una maggiore incisività della tutela giurisdizionale, vanno spesso nella direzione opposta della sua restrizione e della perdita di garanzie specie in danno dei soggetti pi deboli e che, proprio per questo, sono stati ripetutamente censurati dalla Corte costituzionale.

Pi in generale, le linee di riforma sembrano sfuggire ad una visione coerente sul piano sistematico, al punto che in una stessa giornata sono stati approvati dal Governo il decreto legge sulla "competitività", contenente modifiche alla legge fallimentare ed al processo civile, ed un disegno di legge che, insieme ad altre previsioni, riproduce la "miniriforma" approvata dalla Commissione Giustizia della Camera il 16 luglio 2003 e nel frattempo modificata dalla Commissione Giustizia del Senato. Il vorticoso accavallarsi di atti normativi ha superato la soglie di ogni immaginazione quando in sede di conversione del decreto legge sulla "competitività" si è proposto di introdurre una delega al Governo per estendere a tutte le controversie civili il nuovo rito societario ed i principi contenuti - con riferimento al giudizio di cassazione ed all'arbitrato - nel disegno di legge delega "Vaccarella", ad oggi non ancora assegnato all'esame delle Commissioni Giustizia del Parlamento. La delega, per la parte relativa al processo societario, non è passata; è stato però approvato, all'unanimità, un emendamento che rende possibile l'applicazione delle relative norme ad ogni controversia civile. E insieme alle modifiche della disciplina relativa alla revocatoria fallimentare ed al concordato preventivo, che prevedono tra l'altro un discutibile ampliamento del periodo "sospetto" ex art. 67 l.f., e che comporteranno immediati problemi applicativi in tuta Italia, è stata approvata anche una norma che contempla la riduzione della pena massima per il reato di bancarotta fraudolenta degli amministratori di società da 10 a 4 anni, con la conseguenza che i termini di prescrizione scenderebbe (salvo il meccanismo delle aggravanti, e salvi correlativamente gli effetti combinati della "legge Cirielli" ove questa venisse approvata) da 22 anni a 7 anni e mezzo. Un vero e proprio colpo di spugna, che travolge la quasi totalità dei processi penali per bancarotta in corso.

2. Le difficoltà della giustizia civile e l'ineffettività dei diritti

In tale contesto, che è in primo luogo di perdita di ogni bussola della funzione legislativa rispetto alla realtà e ai suoi problemi, la giustizia civile risulta sempre pi denegata ed invisibile. Alla scomparsa delle garanzie giuridiche nella vita quotidiana fanno riscontro fenomeni crescenti di impoverimento e di esclusione anche in ciò che riguarda i pi "vecchi" diritti ed i bisogni pi elementari di giustizia, oltre che i beni essenziali della vita, e si torna a teorizzare apertamente l'assoggettamento delle posizioni giuridiche soggettive alla logica della compatibilità; a sacrificare fondamentali conquiste nel campo dei diritti sociali; a differenziare e "regionalizzare" con modifiche alla Costituzione il diritto dei cittadini alla salute e all'istruzione; a codificare per i migranti trattamenti "speciali" in aperta violazione delle Convenzioni sui diritti dell'uomo e in spregio ai principi costituzionali di uguaglianza e di rispetto della dignità; a rimettere in discussione l'identità ed i diritti delle donne, tuttora oggetto di gravi discriminazioni e verso la cui perdurante difficoltà a conciliare vita familiare ed attività lavorativa anche l'istituzione giudiziaria - e non solo la politica - non manca a volte di dimostrare insensibilità e chiusura.

La legge sulla fecondazione assistita è un esempio a sua volta della tendenza in atto verso una legislazione che contiene i germi del pregiudizio etico e dell'autoritarismo, mentre a livello mondiale la guerra e la tortura hanno visto regredire l'umanità ad una fase pre-costituzionale e pre-moderna.

3. Un progetto per la giustizia civile come alternativa alla mancanza di progetti

a) Le risorse

Un progetto alternativo alle logiche del mercato senza regole e dei poteri senza controlli che stanno incrinando ovunque il principio di uguaglianza sostanziale, è tuttavia possibile, ed è anche concretamente realizzabile ripristinando, ad ogni livello politico-istituzionale, la necessità di tornare a guardare ai diritti e facendo del recupero di efficienza del sistema giudiziario l'obiettivo comune del legislatore, dell'esecutivo, dell'istituzione giudiziaria in ogni sua articolazione, dell'avvocatura, della cultura giuridica complessivamente intesa.

Occorre, in secondo luogo, superare la perenne logica emergenziale che attraverso rimedi frammentari e parziali continua a porsi essa stessa come fonte di nuova emergenza. Un progetto per la giustizia che voglia davvero incidere sulla realtà, non può essere affidato alla continua moltiplicazione dei riti e dei modelli processuali, che ha avuto soprattutto l'effetto di complicare inutilmente il sistema giudiziario, ma deve fondarsi sulla volontà di contrastare seriamente le logiche corporative, gli sprechi e le inefficienze, attuando un'adeguata politica di spesa e una coerente distribuzione delle risorse.

Come abbiamo detto in mille occasioni e non saremo stanchi di ripetere, al buon funzionamento della giustizia servono innanzi tutto uffici giudiziari razionalmente distribuiti sul territorio, dimensionati nell'organico in modo da consentirne autonomia di funzionamento ed effettiva possibilità di gestione, presidiati da strumenti e tecnologie corrispondenti alle necessità di un processo moderno e di un'organizzazione dinamicamente rivolta ai bisogni di giustizia, integrati da un circuito di giudici di pace professionalmente adeguati e con uffici a loro volta razionalmente distribuiti sul territorio.

b) L'organizzazione degli uffici e l'impiego delle risorse

Il corretto funzionamento della giustizia richiede, in secondo luogo, un mutamento profondo sul modo di concepire l'organizzazione all'interno degli uffici giudiziari. Le analisi sull'"ufficio per il giusto processo" sviluppate negli ultimi due anni all'interno del gruppo di lavoro Magistratura Democratica/Movimento per la giustizia e sfociate, attraverso tappe intermedie, nel convegno di Alghero dell'autunno scorso, hanno individuato un preciso percorso verso un'organizzazione possibile e diversa, che si pone come autentica alternativa all'immagine di quel mondo frammentario e disarticolato in cui ciascun segmento sembra operare per conto proprio, indifferente ad un contesto pi generale di riferimento dei problemi organizzativi e come avulso da una qualunque cornice di obiettivi: un'organizzazione in cui possono e debbono essere valorizzati sia la voce degli utenti, sia i contributi di tutti gli "operatori" della giustizia. A quel percorso, fondato sull'idea delle sezioni come unità integrate ed autosufficienti nel cui ambito giudici togati, assistenti del giudice, magistrati onorari, dirigenti amministrativi e personale di cancelleria dovrebbero operare come parti di un unico meccanismo, basta qui far rinvio per delineare l'insieme dei fattori e delle responsabilità che, opportunamente coordinate ed incentivate, potrebbero portare ad una radicale innovazione del lavoro giudiziario capace non solo di rispondere alle crescenti dimensioni del contenzioso di massa, ma anche di costituire efficace risposta a quelle nuove aspirazioni, alle inedite e pi complesse pretese che si affacciano ormai alle porte della giurisdizione.

c) Il giusto processo

Al buon funzionamento della giustizia giovano anche adeguati interventi sulla disciplina processuale.

Ma la ripresa della giustizia civile non può essere affidata a riforme che, con il ritorno al processo scritto di vecchia memoria, ed in controtendenza con quanto sta accadendo quasi ovunque in Europa, rischiano di inaridire ancor di pi la dialettica tra giudice e parti e di allungare ulteriormente i tempi del processo, la cui irragionevole durata ha costituito oggetto di continue condanne da parte della Corte di Strasburgo.

Essa postula invece la necessità di non arrendersi alle difficoltà organizzative ed alle prassi sbagliate, che nell'esperienza concreta finiscono tante volte per trasformare il processo in luogo di burocratici passaggi e di vuoti adempimenti, ed il dovere di assicurare le condizioni organizzative, materiali, culturali e professionali che permettano ovunque al rapporto dialettico giudice/parti di esplicarsi fin dall'inizio della controversia in modo pieno ed effettivo, in una sequenza ordinata di atti, in un comune contraddittorio che mira a sfrondare l'inutile e il vano, in un contesto organizzativo adeguato, con un ruolo di udienze umano e tollerabile, poich è proprio l'esperienza concreta ad insegnare che in un simile contesto la speditezza del processo diventa possibile, ne guadagna la qualità della risposta giudiziaria e ne viene agevolato lo stesso svolgimento dell'attività dei difensori.

E' in questa prospettiva che abbiamo elaborato alcune ipotesi di intervento sulla disciplina processuale, muovendo dalla duplice considerazione che i cardini su cui fondare la ragionevole durata di un "processo giusto" si identificano con un'organizzazione efficiente, responsabile, rivolta ad obiettivi di buon andamento dell'amministrazione ed attenta ai risultati, e insieme sulla finalità della giurisdizione quale tramite di inveramento dei principi costituzionali e dell'ordinamento giuridico interno e sopranazionale: un tramite con il quale è coerente la funzione direttiva del giudice da esercitare, nel pieno rispetto del contraddittorio e sotto il controllo costante delle parti, nell'ambito di un processo duttile nelle forme e variegato negli strumenti di tutela e che, anche per questo, esalta al massimo - reciprocamente - il ruolo dei difensori e la loro professionalità. Tali proposte, anticipate ad Alghero in forma del tutto provvisoria, verranno rielaborate e discusse in un prossimo seminario, aperto al costruttivo apporto anche di contributi esterni.

c1) Qualunque modifica della disciplina del processo deve inserirsi in una evoluzione coerente del quadro normativo, con l'obiettivo di correggerne i difetti senza disperderne gli aspetti positivi. Per questo l'ANM, pur manifestando su singoli aspetti proposte migliorative e segnalando gli altri snodi della disciplina processuale bisognosi di intervento, aveva manifestato sostanziale consenso al Testo unificato del disegno di legge approvato dalla Commissione Giustizia della Camera il 16 luglio 2003.

Quel testo è stato modificato in sede di conversione del decreto legge sulla "competitività" facendo scomparire tutte le misure che in testi precedenti si volevano introdurre al fine di contrastare gli abusi e le dilazioni ingiustificate del processo, approvando una delega per riformare il giudizio di legittimità secondo linee che comporterebbero un ulteriore colpo di piccone alla possibilità di funzionamento della Corte di cassazione, e rendendo possibile - come il testo letterale della norma potrebbe suggerire - il ripristino della collegialità per ogni controversia, con gravi conseguenze sulla già disastrata macchina giudiziaria oltre che con dispersione dell'impegno culturale, scientifico ed organizzativo profuso in tanti anni di applicazione pratica della novella.

Con la previsione del tutto eccentrica di rimettere alle parti o, meglio, solo ad alcune di esse (attore e convenuto/i) la scelta del rito applicabile, un altro rito viene ad aggiungersi ai tanti che già complicano ogni giorno la vita ai giudici, agli avvocati, alle cancellerie, agli utenti, rendendo ancor pi difficile la programmazione del lavoro giudiziario da parte di ogni giudice ed ancor pi aleatoria la prospettiva di governo del processo a garanzia del principio della ragionevole durata.

c2) Il processo deve essere uno strumento capace di attuare per tutti, abbienti e meno abbienti, la garanzia costituzionale dell'accesso alla giustizia, finalità a cui si correla, tra le altre condizioni, quella di mettere i cittadini in grado di conoscere e di essere informati. La credibilità del sistema giudiziario passa infatti anche attraverso la effettiva capacità di promuovere l'accesso degli utenti e di improntare l'organizzazione degli uffici alla qualità dei servizi, agevolando i cittadini che sono coinvolti direttamente o indirettamente nel processo come parti, come vittime o come testimoni e realizzando modalità organizzative atte a fornire al pubblico ogni informazione utile sui servizi esistenti e su modi per ottenerli, sulla tipologia ed i costi delle procedure, sulla localizzazione degli uffici, sulle prassi e sugli indirizzi giurisprudenziali.

Sotto altro profilo, le esigenze di armonizzazione dell'ordinamento giuridico comportano non soltanto che il processo debba aprirsi al carattere transnazionale di quote crescenti di controversie ed alla matrice di molti principi comuni, ma che debba essere modellato in modo da superare la dimensione puramente individualistica e patrimonialistica degli interessi. Di qui, tra l'altro, l'esigenza di introdurre strumenti, anche processuali, adeguati alle domande in cui si riflettono posizioni collettive e diffuse, e insieme, quella di potenziare e incentivare la partecipazione al giudizio delle associazioni e degli enti esponenziali di interessi collettivi, così come previsto in numerose leggi di settore rimaste prevalentemente lettera morta: nella consapevolezza, comunque, che l'ordinamento giuridico deve essere rafforzato prima ancora che sul terreno della tutela risarcitoria (di scarsa efficacia e dissuasività), su quello della tutela preventiva (obblighi di informazione relativamente ai prodotti, regole di trasparenza del mercato e di tutela dell'ambiente, norme dirette a garantire chiarezza e correttezza dei bilanci societari, effettività delle funzioni di vigilanza, controllabilità dei flussi di denaro, etc.) e dell'inibitoria.

c3) La necessità di attuare la garanzia costituzionale dei diritti non può far dimenticare che il processo è una risorsa limitata e che, quanto pi cresce la domanda, tanto pi aumenta il rischio che possa ridursi il carattere di effettività della tutela, in termini quantitativi oltre che di qualità della risposta. Di qui le varie proposte avanzate nel corso della precedente legislatura sulle sedi conciliative (vedi, in particolare, i progetti Taruffo - Folena ed il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 giugno 2000), e la necessità di un'azione di promozione della conciliazione stragiudiziale, in coerenza con gli obiettivi che si è data l'Europa in tema di mediazione, muovendo dalla problematica dell'accesso alla giustizia per approdare all'individuazione di siti ed organizzazioni, presso i quali la mediazione possa trasformarsi da scelta di necessità a convinto percorso per la ricostruzione, ove possibile, del rapporto sociale.

Deve essere dunque valutato positivamente il fatto che l'esigenza di affrontare in maniera organica il tema della previsione di forme di risoluzione di controversie agevolate dall'intervento di un "mediatore" sia entrata da qualche anno nell'agenda degli impegni politici (e vedi, anche, l'art. 57 del disegno di legge delega sulla riforma del c.p.c.): anche se non dobbiamo stancarci di ripetere che alle parole occorre far seguire fatti concreti in termini di mezzi, strumenti, promozione culturale, informazione e formazione culturale delle sedi di mediazione e conciliazione; che l'efficacia degli strumenti conciliativi è necessariamente legata ad un processo civile a sua volta funzionante, altrimenti per la parte che sa di aver torto l'inefficienza della giustizia continuerà ad essere uno stimolo ad insistere nel sopruso; e che permane tuttora (bench del tutto dimenticata) l'esigenza di rivitalizzazione della funzione conciliativa, anche in sede precontenziosa, innanzi al giudice di pace.

Ed è ugualmente positivo che all'interno dell'avvocatura stia crescendo una rinnovata disponibilità a mettere la propria esperienza e la propria cultura a servizio della conciliazione, in una dimensione sociale e democratica che arricchisce di contenuti la tradizionale dimensione "liberale" della professione dell'avvocato, e può consentire di trovare uno sbocco positivo ai problemi determinati dalla enorme crescita numerica della categoria: una questione che rischia di degradare verso un processo patologico, rispetto al quale il solo associazionismo forense non sembra in grado di esercitare un valido argine e che richiede anche da parte nostra un serio e costruttivo contributo di riflessione. Un pi meditato coinvolgimento dell'avvocatura nella gestione della mediazione - senza nulla togliere agli altri circuiti istituzionali, giurisdizionali, associativi che possono svolgere convenientemente tale funzione in una prospettiva di "ventaglio" di tutele - avrebbe tra l'altro il benefico effetto di favorire la soluzione non contenziosa delle controversie, sviluppando una pi generale cultura della conciliazione da radicare anche intorno al processo, da configurare come luogo aperto ad esiti e sbocchi esterni di composizione in una visione integrata e pluralistica degli strumenti messi a disposizione dei cittadini per risolvere i conflitti.

4. Il valore insostituibile dell'autoriforma

Nella società globale e multietnica, in cui si confrontano e si scontrano identità culturali diverse, l'intero ordinamento giuridico deve essere (ri)modellato per diventare un luogo di inclusione ed un tramite di convivenza delle diversità, e deve evolversi lungo la direzione di un diritto dialogante capace di esprimere non soltanto solidarietà e tolleranza, ma prima ancora comprensione di una realtà che non può essere pi tenuta insieme da un unico filo, e che sollecita costantemente a "bilanciare l'unicità dottrinaria con la molteplicità delle prospettive". Ed è nostra convinzione che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la quale assume espressamente come suo compito il riferimento ai valori indivisibili e inalienabili della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà, e tende a costruire una nuova identità fondata sulla coesione e sul progresso sociale, sulla difesa della legalità internazionale, sul diritto di accesso alla giustizia, sull'alleanza dei popoli e delle culture, servirà - malgrado le sue lacune e le sue imperfezioni - a bilanciare l'Europa dei mercati con quella dei diritti delle persone.

Un progetto di tale ampiezza include anche una forte capacità di autoriforma L'efficienza della giustizia civile passa infatti solo in parte da una corretta disciplina processuale, mentre un ruolo sempre pi importante spetta alle prassi operative ed alla capacità organizzativa che il «sistema giustizia» nel suo complesso è in grado di darsi, come è dimostrato dalle esperienze positive che, a dispetto di quanto in modo disinformato o interessato si tende a descrivere, caratterizzano la vita di molti uffici giudiziari, dimostrando nei fatti che tante cose possono migliorare, in termini di efficienza e qualità del servizio, se solo vi sia la volontà di far funzionare gli strumenti esistenti, nel processo di cognizione come in quello di esecuzione.

Proprio a questa consapevolezza rimanda l'esperienza degli Osservatori sulla giustizia civile, in cui si esprime la necessità di farsi carico, in prima persona e pur lavorando in condizioni di obiettiva difficoltà sulle quali non sempre il giudice è in grado di intervenire, delle gravi inefficienze della giustizia civile: un movimento che ha saputo favorire, al di fuori di ogni logica di appartenenza, il confronto e la collaborazione tra quanti a vario titolo concorrono alla gestione del processo (magistrati, avvocati, personale di cancelleria, professori universitari) ponendosi, anche attraverso i "protocolli d'udienza", quale fecondo motore di trasformazione della realtà.

Il superamento di difficoltà, incomprensioni e distanze non può essere affidato ai pur necessari inviti al dialogo, alle sollecitazioni ad incontrasi intorno a un tavolo per discutere dei problemi della giustizia, ma deve affidarsi principalmente alla pratica paziente e continua nella ricerca di soluzioni condivise (una pratica che dovrebbe essere anzi codificata con una norma ancora pi ampia di quella contenuta nell'art. 47 quater ord. giud.), sull'idea "certamente non nuova, ma forse non coltivata abbastanza, di ripartire dal basso", e sulla convinzione che "l'apertura alla società civile si costruisce con il lavoro quotidiano, con la credibilità e trasparenza del comportamento e non solo con i convegni". Sono molti, infatti, i giudici "che lavorano in questo modo, senza proclami, senza petizioni di principio, capaci di coerenza, di buone prassi, di determinazione e mitezza, di rigore e senso della misura, intellettualmente duttili e aperti alle sollecitazioni esterne del cambiamento". Un progetto per la giustizia, consapevole che la giurisdizione non può maturare nell'isolamento, nella passività culturale e nel distacco burocratico, deve porsi come obiettivo strategico quello di favorire, attraverso un nuovo e pi esteso impegno, il mutamento delle "modalità del processo decisionale effettivo, in modo da assicurare una sempre pi ampia pluralità di voci".

Gli Osservatorii - che rappresentano una rete in costante e feconda espansione - ben possono costituire il tramite di una nuova legittimazione sociale della giustizia, il luogo di incontro e di elaborazione - avendo come interlocutori anche il mondo imprenditoriale, i sindacati, le associazioni ed i movimenti dei consumatori - di progetti organizzativi organici e meditati per rispondere ai bisogni di giustizia presenti sulle singole realtà territoriali; ed M.D. deve dare il proprio contributo affinch tutto ciò possa concretamente realizzarsi, in tutta Italia.

Concorrere a questo prospettiva significa anche contribuire al superamento di quel clima di divisione e di contrasto che da troppo tempo sta avvelenando la società, e ritrovare un costume ed un'abitudine di solidarietà che potrà aiutarci a riscoprire meglio, nel reciproco rispetto e nel leale riconoscimento dei diversi ruoli professionali, la funzione del diritto come spazio di libertà, di dignità e di sicurezza.

11 05 2005
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