di Roberto Conti
Lo
strumento inibitorio collettivo ed il principio dell’effettività
della
tutela del consumatore. (QUESITO
N: Vi
sono altri problemi o ambiti che dovrebbero essere ulteriormente
esaminati o affrontati a livello UE nel contesto della protezione dei
consumatori?) - contributo di Roberto Conti - 1 giudice del Tribunale Palermo
Lo scopo di queste note è di sottolineare la necessità
che l’emananda direttiva quadro in materia di tutela del
consumatore – ove dovesse scegliersi da parte della Commissione
europea un approccio orizzontale o comunque un approccio “misto”-
dedichi uno spazio rilevante alla tutela collettiva inibitoria.
Il riconoscimento, in termini generali, di uno strumento inibitorio
a tutela del consumatore costituisce emanazione diretta del principio
di “effettività della tutela” delle posizioni
giuridiche di matrice comunitaria, sul quale recentemente si sono
soffermate la Corte di giustizia di Lussemburgo e la Corte dei
diritti dell’uomo di Strasburgo.
Come più volte chiarito dalla Corte di Giustizia, il diritto
alla tutela giurisdizionale effettiva dei diritti fa parte dei
principi generali che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri ed è anche sancito dagli artt. 6, n. 1,
e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo2
oltre che dagli artt. 8 e 10 della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite con la risoluzione 217 A (III) del 10 dicembre 1948, e
dagli artt. 2, n. 3, e 14, n. 1, del Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici, adottato il 19 dicembre 1966
ed entrato in vigore il 23 marzo 19763.Non
può, infine, sottacersi che anche la Carta di Nizza,
all’art.47, fa espresso riferimento, al paragrafo 1, al diritto
di ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal
diritto dell'Unione siano stati violati a un ricorso effettivo
dinanzi a un giudice.Disposizione, quest’ultima
integralmente riportata nel Trattato sulla Costituzione europea4.
L’effettività della tutela di una posizione
giuridica tutelata dal diritto comunitario è dunque diventata
un canone fondamentale e che si esprime, in particolare, in modi
variegati che possono così sintetizzarsi:a)attraverso il
concetto di interpretazione conforme del diritto nazionale con
il diritto di matrice comunitaria -e con quello della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo-;b)
attraverso il potenziamento di alcuni valori umani fondamentali che,
riconosciuti negli ordinamenti sovranazionali con un grado di tutela
maggiore di quello attribuito dal quadro normativo interno, sono in
grado di condizionare l’ordinamento nazionale anche in settori
riservati alla sua competenza esclusiva;c)attraverso il
riconoscimento di misure provvisorie capaci di paralizzare la
violazione di un diritto di matrice comunitaria;d)attraverso
l’obbligo del giudice nazionale di dare applicazione alla
sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo che hanno
accertato la violazione di un diritto umano fondamentale, anche
quando si sia formato nell’ordinamento interno un giudicato con
esse contrastante.
Nel caso della protezione del consumatore sembra che proprio la
previsione, all’interno della Carta di Nizza e della Carta dei
diritti fondamentali del Trattato sulla Costituzione europea, di una
specifica disposizione dedicata alla protezione del consumatore
dovrebbe indurre il legislatore europeo a fissare come principio
ineludibile quello della tutela collettiva degli interessi del
consumatore.
Né la valenza
di mero principio che l’art.385
introduce in tema di protezione del consumatore ne attenua la
rilevanza, esso accostandosi a canoni sicuramente fondamentali per
l’ordinamento comunitario e tali da condizionare
quotidianamente il controllo degli atti normativi interni e
sovranazionali da parte della Corte di giustizia e del-i giudice-i
nazionale-i.6.
Tale conclusione,
dunque, non riduce affatto la portata epocale del precetto che
inserisce nella Carta fondamentale dei diritti la protezione del
consumatore, semmai dimostrando la tendenza ad assolutizzare
l’esigenza che le politiche comunitarie dell’Unione e
degli Stati membri non possono più prescindere dal rispetto di
un valore che va progressivamente smarcandosi dal mero limite alle
libertà commerciali tradizionalmente perseguite dai Trattati,
per assurgere a presidio insuperabile che va non solo tutelato ma
anche approfondito, arricchito e specificato sempre di più7.
Ed in questa
prospettiva, l’esigenza di inserire all’interno di uno
strumento generale uno specifico riferimento alla tutela degli
interessi collettivi dei consumatori mediante uno strumento di
tutela generale, confermata dall’analogo inserimento operato
nel Trattato sulla Costituzione europea in forza dell’art.
II-98 della Carta dei diritti fondamentali appare estremamente
rilevante.
Il diritto vivente
sul principio di effettività della tutela.
Nella medesima prospettiva, non può sottolinearsi come il
principio dell’effettività della tutela giurisdizionale
è stato recentemente ribadito dalla Grande Sezione della Corte
di giustizia con la sentenza resa il 13 marzo 2007 nella causa
C 432/05,Unibet.
Nel rispondere ai quesiti
pregiudiziali sollevati dal giudice svedese nell’ambito dei due
procedimenti, la Corte di giustizia ha riaffermato che quello della
tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio
generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito
dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, pure
ribadito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, aggiungendo che è
compito dei giudici nazionali, secondo il principio di collaborazione
enunciato dall’art. 10 CE, garantire la tutela
giurisdizionale dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme
di diritto comunitario.
Tale principio, prosegue
il giudice di Lussemburgo, non impone di ritenere che per tutelare
l’applicazione del diritto comunitario sia obbligatorio
istituire dei mezzi di ricorso diversi da quelli riconosciuti
dall’ordinamento nazionale.
Ed invero, in mancanza di
una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento
giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici
competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi
intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in
forza del diritto comunitario , non avendo il Trattato CE inteso
creare mezzi d’impugnazione esperibili dinanzi ai giudici
nazionali, onde salvaguardare il diritto comunitario, diversi da
quelli già contemplati dal diritto nazionale.
L’unico limite a
tale principio è rappresentato dall’assenza,
nell’ordinamento nazionale, di mezzi capaci, anche in via
incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai
singoli in forza del diritto comunitario .
Pertanto, se in via di
principio spetta al diritto nazionale determinare la legittimazione e
l’interesse ad agire di un soggetto dell’ordinamento, il
diritto comunitario richiede tuttavia che la normativa nazionale non
leda il diritto ad una effettiva tutela giurisdizionale8,
non potendo le modalità procedurali dei ricorsi intesi a
garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del
diritto comunitario essere meno favorevoli di quelle che riguardano
ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né
rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile
l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento
giuridico comunitario (principio di effettività)9.
Anche la Corte europea dei
diritti dell’uomo ha avuto modo di sottolineare l’importanza
del principio dell’effettività della tutela
giurisdizionale, particolarmente valorizzando l’art.47 della
Carta di Nizza.
In particolare, Corte
dir.uomo, 19 aprile 2007, V. E. c. Finlandia (ric. n° 63235/00) -
punti 28 ss. e p.60- ha espressamente richiamato l'art.47 della
Carta di Nizza, le spiegazioni che precedono la Carta dei
diritti fondamentali contenuta nel Trattato sulla Costituzione
europea e la giurisprudenza della Corte di giustizia10
per modificare un proprio precedente orientamento in materia di
giusto processo - Corte dir.uomo 8-12- 1999, Pellegrin c.Francia
(r. n° 28541/95 ) - e così ritenere che il diritto
ad un ricorso al giudice effettivo aiuta ad
interpretare il concetto di "materia civile" che fa capo
all'art.6 CEDU, dovendo essa comprendere anche le controversie di
natura patrimoniale fra amministrazione di appartenenza ed
ufficiali di polizia - che reclamavano una particolare indennità
per avere svolto i compiti di servizio in una parte sperduta del
territorio finlandese - anche se il rapporto di lavoro involge
l'esercizio di potere, proprio perché la tutela
giurisdizionale effettiva non è limitata, nella
legislazione europea, alle controversie civili ed agli affari
penali-punto 30 sent.cit.-.
In conclusione, se il
canone dell’effettività della tutela giurisdizione è
riconosciuto come valore fondamentale che deve caratterizzare
necessariamente il sistema di tutela riconosciuto al cittadino
europeo, sembra ineludibile una presa di posizione chiara del
legislatore comunitario sul tema della tutela inibitoria come
strumento generale di tutela degli interessi del consumatore che,
come si è detto, hanno essi stessi natura fondamentale in
quanto riconosciuti dalla Carta di Nizza e dal Trattato sulla
Costituzione europea.
La
tutela inibitoria va inserita nella direttiva quadro in tema di
tutela del consumatore.
Una delle
più evidenti lacune del sistema di protezione “orizzontale”
del consumatore si realizzerebbe se non si decidesse di inserire un
sistema generale di tutela inibitoria collettiva.
Se, con riferimento alla struttura ed al contenuto
dello strumento orizzontale che potrebbe nascere in seguito al Libro
verde del febbraio 2007, appare indefettibile una vera e propria
parte generale -destinata a contenere la regolamentazione delle
questioni comuni a tutte o ad un numero significativo di direttive-
allora è evidente che accanto all’introduzione di
definizioni “generali” debba trovare spazio la tutela
inibitoria collettiva.
Ed invero,
l’idea di dare vita ad una direttiva quadro che traccia, in via
orizzontale, i tratti essenziali della tutela del consumatore non
potrebbe mancare di regolare, accanto alle nozioni di consumatore e
professionista anche il sistema generale di tutela
inibitoria.
In questa
prospettiva, va ricordato il modello italiano che, nel varare il
codice del consumo con il d.lgs.n.206/2005, ha espressamente dedicato
più disposizioni alla regolamentazione della tutela inibitoria
collettiva.
Del resto,
il “capitolo” tutela inibitoria all’interno
del codice del consumo è certamente decisivo per i delicati
meccanismi di c.d.law enforcement, visto che le potenzialità
della protezione collettiva nel settore consumeristico appaiono tanto
evidenti da non meritare ulteriore approfondimento, bastando solo
ricordare l’effetto dissuasivo prodotto, sul versante della
tutela individuale, dal rilevante costo della lite rispetto al
diritto violato dal quale deriva, spesso, l’impunità
dell’imprenditore disonesto.
Ecco che
l’attenzione dedicata dal codice del consumo italiano alle
azioni inibitorie e, più in generale, all’accesso alla
giustizia va indicata come modello virtuoso, proprio perchè
essa, in linea con i principi di matrice comunitaria, individua nella
tutela superindividuale un anello fondamentale di protezione per il
consumatore, senza il quale risulterebbe vulnerato quel principio
(generale del diritto comunitario) di effettività che irradia
l’intera legislazione comunitaria.
In questa
direzione si pone, del resto, l’univoco insegnamento da parte
della Corte di giustizia in tema di inibitoria in tema di clausole
abusive, istituto al quale si deve l’introduzione degli
strumenti inibitori a tutela del consumatore.
Va infatti
ricordato che Corte giust., 24 gennaio 2002, causa C-
C-372/99,Commissione c.Italia, nel chiarire che l'art. 7, n. 3
dir.93/13/CE richiede l'attuazione di procedimenti che possono essere
diretti anche contro taluni comportamenti che si limitino a
raccomandare l'uso di clausole contrattuali di natura abusiva, ebbe a
ricordare la posizione espressa dalla Commissione a proposito
dell’art.7 della dir.93/13/CEE- …secondo la
Commissione, l'art. 7 della direttiva disciplina uno degli aspetti
fondamentali della tutela instaurata da tale testo, vale a dire il
procedimento che ha per scopo di «far cessare»
l'inserzione delle clausole abusive nei contratti stipulati tra
professionisti e consumatori…-.
In quel
medesimo contesto la Corte non mancò di sottolineare che,
come già espresso nella sentenza 27 giugno 2000, cause riunite
da C-240/98 a C-244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat
Editores (p. 27), il sistema di tutela istituito dalla direttiva
sulle clausole abusive si basa sull'idea che la diseguaglianza tra il
consumatore e il professionista possa essere riequilibrata solo
grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al
rapporto contrattuale-principio ribadito da Corte giust.26 ottobre
2006, causa C-168/05,Mostaza Claro-.
In tale
prospettiva, l'art. 7 della direttiva u.cit. impone agli Stati membri
di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di
clausole abusive, precisando, al n. 2, che tali mezzi comprendono la
possibilità per le organizzazioni di consumatori riconosciute
di adire le autorità giudiziarie perché queste
accertino se clausole redatte per un uso generalizzato siano abusive
e, eventualmente, ne dichiarino l'illiceità. Il giudice
comunitario ha quindi espresso il principio che “…la
natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni che
devono essere attuate, nonché la loro indipendenza nei
confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto,
implicano[…]che dette azioni possano essere esercitate anche
quando le clausole di cui sia invocata l'illiceità non siano
state inserite in un contratto determinato, ma soltanto raccomandate
da professionisti o da loro associazioni”.
L’assenza di
una regolamentazione generale in tema di tutela inibitoria produce
evidenti effetti dannosi per la protezione del consumatore se
appunto si considera che:
a)gli
Stati membri non hanno ancora disciplinato in modo uniforme la
materia;
b)
l’assenza di armonizzazione incide negativamente sulla
protezione degli interessi dei consumatori incidendo negativamente
sulla fiducia stessa dei soggetti destinatari della tutela11.
D’altra
parte, la stessa Commissione, nella comunicazione del 13 marzo 2007
dedicata alla Strategia per la politica dei consumatori dell'UE
2007/2013-COM(2007) 99 definitivo-, ha inteso chiarire che uno degli
obiettivi principali per il quinquennio è quello di “
Proteggere efficacemente i consumatori da seri rischi e minacce che
non possono essere affrontati dai singoli” proprio perché
“per ottenere la fiducia dei consumatori è essenziale
garantire un livello elevato di protezione contro tali pericoli”.
L’adozione
di una direttiva quadro potrebbe, allora, sfruttare i risultati
dello studio sull’impatto prodotto dalla dir.98/27/CE sui
singoli ordinamenti che la Commissione intende presentare nel corso
dell’anno 2007-v.pag.13 Comun.Comm.ult.cit.-
La
tutela inibitoria. I nodi da sciogliere.
Quando si affronta
il tema della tutela inibitoria, occorre rispondere a diversi
interrogativi che possono così sintetizzarsi:
cos’è la tutela inibitoria?
- qual
è l’autorità ( amministrativa o giurisdizionale)
che deve concedere la tutela inibitoria?
- qual
è l’oggetto (diritto soggettivo, interesse collettivo)
della tutela inibitoria?
- quali
rapporti intercorrono tra tutela individuale e tutela collettiva?
- Quasi
sono i limiti della tutela inibitoria?
Se12
la previsione dello strumento inibitorio risponde ad un principio
generale non scritto che ammette la tutela preventiva in tutti i
casi nei quali la tutela risarcitoria o restitutoria sia inadeguata
ad assicurare una piena ed effettiva attuazione del diritto,
soffermarsi sulla finalità della tutela inibitoria significa
andare alla ricerca del significato di tale tipologia di strumento e,
al contempo, interrogarsi sul se esista, negli ordinamenti dei Paesi
della Comunità, una “figura tipo” di azione
inibitoria che si atteggi come strumento generale di tutela13.
Essa, come è stato osservato in dottrina14,
nata originariamente per offrire una tutela forte ai diritti
assoluti- della personalità, proprietà- è andata
progressivamente sviluppandosi in contesti nei quali entrano in gioco
interessi particolarmente avvertiti dal corpo sociale e che
abbisognano di forme di tutela non necessariamente correlate ad
un’aggressione che ha già prodotto i suoi effetti
dannosi, ma che guarda alle possibili ricadute negative correlate ad
un certo comportamento ed alla capacità di propagazione degli
effetti dannosi di siffatto contegno.
In questa prospettiva, il legislatore comunitario, anche recentemente
(dir.2005/29/CE) ribadisce la necessità che gli Stati membri
si dotino di misure che, tenuto conto di tutti gli interessi in causa
e, in particolare, dell’interesse generale: a) di far cessare
le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie
appropriate per ingiungere la loro cessazione, o b) qualora la
pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma
sia imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni
giudiziarie appropriate per vietarla, anche in assenza di prove in
merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure in
merito all’intenzionalità o alla negligenza da parte del
professionista-v. da ultimo art.11 dir.2005/29/CE-.
Si coglie così con maggiore nettezza la differenza fra le
sottostanti posizioni giuridiche soggettive che agitano tutela
individuale e tutela collettiva: nella prima, infatti, l’interesse
del consumatore riguarda la sfera patrimoniale e personale di chi
agisce, mentre nella seconda è l’interesse collettivo
dei consumatori ad evocare e giustificare forme di tutela ben più
incisive. Ed è su questi stessi binari che si apprezzano le
potenzialità della tutela inibitoria, dotata di poteri nemmeno
comparabili per ampiezza a quelli attribuiti individualmente, proprio
in vista di una più pregnante difesa della dimensione
collettiva di quegli stessi bisogni.
Inibitoria e problemi da risolvere
Ove il legislatore comunitario dovesse decidere di introdurre lo
strumento generale dell’inibitoria collettiva, lo stesso
dovrebbe pure farsi carico di risolvere problemi particolarmente
dibattuti quali:
- natura
giuridica dell’interesse promosso nell’azione
inibitoria collettiva;
- legittimazione
attiva- associazioni dei consumatori, organizzazioni non
governative, requisiti di rappresentatività;
- contenuto
dell’azione inibitoria – cessazione del comportamento
dannoso ed adozione di misure atipiche per eliminare gli effetti
delle violazioni accertate-;
- efficacia
del provvedimento inibitorio nei rapporti individuali ed in generale
rapporti fra tutela individuale e collettiva;
- adozione
di forme di tutela provvisoria ed urgente;
- penalità
di mora in caso di mancato adempimento;
- estensione
dell’azione inibitoria al risarcimento dei danni.
La tutela cautelare
urgente.
Sembra parimenti
indispensabile che la legislazione comunitaria precisi, all’interno
di uno strumento quadro concernente la protezione del consumatore,
l’obbligo dei Paesi membri di adottare misure inibitorie
urgenti capaci di anticipare la tutela definitiva degli interessi
dei consumatori.
Nel ricordato caso Unibet
il giudice del rinvio aveva poi chiesto di sapere se il principio
di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti ai singoli
dal diritto comunitario richieda, nell’ordinamento giuridico di
uno Stato membro, la possibilità di ottenere che provvedimenti
provvisori siano concessi per sospendere l’applicazione di
disposizioni nazionali fino a quando il giudice competente si sia
pronunciato sulla loro conformità con il diritto comunitario.
Sul punto, la Corte ha
ricordato che il giudice nazionale investito di una controversia
disciplinata dal diritto comunitario deve essere in grado di
concedere provvedimenti provvisori allo scopo di garantire la piena
efficacia della successiva pronuncia giurisdizionale sull’esistenza
dei diritti invocati in forza del diritto comunitario (sentenze
Factortame e a., cit., punto 21, e 11 gennaio 2001, causa
C 226/99, Siples, Racc. pag. I 277, punto 19).E
ciò anche se in contestazione vi è il diritto al
risarcimento del danno prodotto dalla asserita violazione di un
diritto garantito a livello comunitario.
Sulla base di tali
considerazioni la Corte ha quindi ritenuto che il principio di tutela
giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti ai singoli dal
diritto comunitario deve essere interpretato nel senso che esso
richiede, nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro, che
provvedimenti provvisori possano essere concessi fino a quando il
giudice competente si sia pronunciato sulla conformità di
disposizioni nazionali con il diritto comunitario, quando la
concessione di tali provvedimenti è necessaria per garantire
la piena efficacia della successiva pronuncia giurisdizionale
sull’esistenza di tali diritti.
Del
resto, l’esigenza di approntare misure particolarmente efficaci
nell’ordinamento nazionale è stata da sempre
sottolineata nella legislazione comunitaria consumeristica che,
peraltro, ha subìto nel tempo una tanto significativa quanto
progressiva accentuazione dei consigli indirizzati ai singoli
Stati circa l’individuazione delle singole misure protettive
dei consumatori.
A tal
proposito, occorre muovere dall’art. 7 dir. 93/13/CEE, ove si
stabiliva che «Gli Stati membri, nell’interesse dei
consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire
mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di
clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei
consumatori»15.
Analoga
genericità si coglie nell’art. 11 della dir. 97/7/CEE in
tema di contratti a distanza ove si precisava che «Gli Stati
membri accertano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per
assicurare il rispetto delle disposizioni nazionali per l’attuazione
della presente direttiva nell’interesse dei consumatori».
La
necessità di procedere all’introduzione di misure volte
ad anticipare le soglie di tutela consumeristica si può
cogliere solo in prosieguo di tempo e precisamente con la ricordata
dir. 98/27/CE, allorché l’art. 2, par. 1, precisava che
gli Stati membri sono tenuti a designare gli organi giurisdizionali o
le autorità amministrative competenti a deliberare su ricorsi
o azioni proposti dagli enti legittimati a norma dell’art. 3 ai
seguenti fini: a) ordinare con la debita sollecitudine e, se
del caso, con procedimento d’urgenza, la cessazione o
l’interdizione di qualsiasi violazione.
Su
analoga prospettiva si porrà, in seguito, l’art. 18 dir.
2000/31/CE in tema di commercio elettronico, ove si precisa che «Gli
Stati membri provvedono affinché i ricorsi giurisdizionali
previsti dal diritto nazionale per quanto concerne le attività
dei servizi della società dell’informazione consentano
di prendere rapidamente provvedimenti, anche provvisori, atti
a porre fine alle violazioni e a impedire ulteriori danni agli
interessi in causa».
Ecco
che da un atteggiamento particolarmente rispettoso dell’autonomia
degli Stati membri in ordine all’individuazione delle
misure idonee16,
si è passati alla espressa inclusione delle misure
provvisorie; di guisa che la mancata introduzione delle stesse
potrebbe determinare un inadempimento dello Stato membro.
L’acme
di tale processo sembra cogliersi nella dir. 2005/29/CE in tema di
pratiche commerciali abusive.
Senza ambire a forme di armonizzazione in ordine agli strumenti
processuali che i singoli Paesi membri possono adottare nell’ambito
della legislazione interna, il legislatore comunitario si limita, al
par. 2.2 dell’art. 11 a prevedere che gli effetti inibitori
delle pronunzie giudiziarie possono essere adottati nell’ambito
di un procedimento d’urgenza con effetto provvisorio oppure
con effetto definitivo.
Si tratta, a ben considerare, della presa d’atto che la tutela
cautelare assume, soprattutto in materie delicate quali quelle che
possono vedere il consumatore alla mercé del professionista
senza scrupoli, una rilevanza strategica, in assenza della quale gli
strumenti interni risulterebbero privi di effettività.
E se è la stessa previsione normativa a riservare ai singoli
Stati il potere di scegliere una delle due opzioni, non vi è
dubbio che il riferimento alla provvisorietà-definitività
del procedimento cautelare è essa stessa dimostrazione
dell’attenzione riservata dal legislatore comunitario al tema.
Attenzione alla quale non può sfuggire il singolo Stato che
dovrà prevedere misure cautelari quanto meno provvisorie
per allinearsi in modo corretto alle previsioni comunitarie .
Si comprende, così, dall’analisi dei testi normativi
comunitari come sia in atto una sempre maggiore attenzione verso le
forme di tutela dei diritti dei consumatori che sembra nettamente
caldeggiare, accanto al ricorso a forme di tutela stragiudiziale,
anche quelle tipologie di misure che, pur muovendosi all’interno
del processo, appaiono meno condizionate dal rispetto di forme che
potrebbero determinare una risposta non efficace alle istanze di
tutela consumeristiche.
Potrebbe essere allora questa l’occasione per armonizzare in
modo più marcato- per senza ambire a forme di uniformazione-
anche i sistemi processuali nazionali in tema di tutela urgente che,
proprio per le disarmonie in atto esistenti fra i diversi Paesi, non
consentono di fornire un grado di protezione uniforme. E ciò
sempre in quell’ottica di effettività che deve informare
il sistema di tutela consumeristica.
____________________________________________________________________
1
L’autore di questo
contributo è anche docente di diritto dell’Unione
europea presso la Scuola di specializzazione per le professioni
forensi dell’Università degli Studi di Palermo
G.Scaduto; Head-expert designato per il settore della tutela del
consumatore dal Ministero della Giustizia italiano per il Progetto
regionale CARDS 2003 finanziato dalla Commissione europea e dal
Consiglio d’Europa “establishment
of an independent, reliable and functioning judiciary and the
enhancing of the judicial co-operation in the western Balkans”.
Autore di pubblicazioni e relatore in convegni sul tema della tutela
del consumatore. Coautore del volume Commentario al codice del
consumo, Utet, in corso di pubblicazione. Per info:
robe.conti@libero.it
2
Corte giust. 15-5-1986, C-222-84,
Racc.I-1651,
punto 18; Corte eur. giust. 27-11-2001, C-424-99, Racc.
I 9285, punto 45, Corte giust. 25 luglio 2002 , causa
C 50/00 P, (Racc. pag. I 6677) punto 39.
3
E’ appena il caso ricordare che sempre la Corte di giustizia
ha già avuto modo di rammentare che il Patto internazionale
sui diritti civili e politici si annovera tra gli strumenti
internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’Uomo di
cui la Corte tiene conto per l’applicazione dei principi
generali del diritto comunitario (v. Corte eur. giust. 27-6-2006,
C 540-03, www.curia.eu.int., punto 37; Corte giust. 18-10-
1989, C-374-87, Racc. I- 3283, punto 31; Corte eur.
giust. 18-10-1990, C 297-88 e C 197/89, Racc. I 3763,
punto 68, e Corte eur. giust. 17 –2-1998, C 249-96,
Racc. I 621, punto 44.
3
Art. II-107 Tr.Cost.europea:”Diritto
a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”. Ogni
persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto
dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo
dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel
presente articolo.
5
Inizialmente, nel progetto predisposto della Carte, l’art.45,
sotto la rubrica protezione dei consumatori prevedeva che “Nelle
politiche dell’Unione è garantito un alto grado di
tutela della salute, della sicurezza e degli interessi dei
consumatori”.Nella formulazione finale contenuta nell’art.38
scompare, invece, ogni riferimento alla salute, alla sicurezza ed
agli interessi dei consumatori, lasciando spazio ad una formula
apparentemente più blanda-“Nelle politiche dell’Unione
è garantito un livello elevato di protezione dei
consumatori”-.
6
Il pensiero va immediatamente ai principi generali dell’ordinamento
comunitario fra i quali la Corte di giustizia inquadra quelli di
sussidiarietà, di proporzionalità, dell’affidamento,
di precauzione, di certezza del diritto, di effettività del
controllo giurisdizionale e del diritto al contraddittorio.Sul punto
la Corte di giustizia ha più volte chiarito che “il
rispetto dei principi generali del diritto comunitario si impone ad
ogni autorità nazionale che debba applicare il diritto
comunitario- cfr.Corte giust.26 aprile 1988, causa
C-316/86,Hauptzollamt
Hamburg-Jonas c.Krucken a
proposito del principio di affidamento;Corte
giust. 27 settembre 1979, causa 230/78, Eridania
7
osserva sul punto Toriello, I
principi generali del diritto comunitario,Milano,2000,348,
che “ secondo lo schema di intervento del Trattato di
Amsterdam perciò, nel <<fare altro>> si deve
prendere in considerazione quella esigenza [del consumatore
n.d.r.].Secondo lo schema di intervento del Trattato di Nizza,
invece, nel fare <<altro>>(politiche dell’Unione)
si deve garantire un livello di protezione elevato dei consumatori”
8
v., in particolare, Corte giust. 11 luglio 1991, cause riunite da
C 87/90 a C 89/90, Verholen e a., Racc. pag. I 3757,
punto 24 e Safalero, cit., punto 50
9
v., in particolare, sentenza 16 dicembre 1976, Rewe, cit., punto 5,
e citate sentenze Comet, punti 13 16; Peterbroeck,
punto 12; Courage e Crehan, punto 29; Eribrand, punto 62,
nonché Safalero, punto 49.
10
Corte giust. 15-5-1986 C-222/84, Racc. I-1651
11
Hans Schulte-Nölke,
EC Consumer Law Compendium, 578 ss.,in
http://ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/acquis/comp_analysis_en.pdf-
12
Mengozzi P.,Lo
squilibrio delle posizioni contrattuali nel diritto italiano e nel
diritto comunitario, Padova,
2004,183, ricorda il pensiero di Rapisarda C e Taruffo M.,Inibitoria
(azione) Diritto processuali civile,in
Enciclopedia
giur.Treccani,
XVIII,Roma, 1989, 9 .
13
Al quesito, con riguardo alla situazione italiana, dà
risposta positiva Bellelli A.,L’inibitoria
come strumento generale di tutela contro l’illecito,in
Riv.dir.civ.,
2004,607, proprio valorizzando il settore dei consumatori e gli
strumenti inibitori introdotti prima e dopo la dir.98/27/CE.
14
Estremamente chiara l’analisi di di Majo A.La
tutela civile dei diritti,Milano,
2003,144 ss.
3
Il par. 2 dello stesso articolo precisava, inoltre, che «…i
mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano
a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale
abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a
seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli
organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le
clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano
carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far
cessare l’inserzione di siffatte clausole».
16
Secondo la costante
giurisprudenza di Lussemburgo, in mancanza di una specifica
disciplina comunitaria, spetta all’ordinamento giuridico
interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità
procedurali per garantire la salvaguardia dei diritti di cui i
soggetti godono ai sensi dell’ordinamento comunitario, in
forza del principio dell’autonomia processuale degli Stati
membri, a condizione, tuttavia, che tali modalità non siano
meno favorevoli di quelle relative a situazioni analoghe di natura
interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti
conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di
effettività) (v., in particolare, Corte giust. 16 maggio
2000, causa C 78/98, Preston e a., Racc. pag. I 3201,
punto 31, e Corte giust. 19 settembre 2006, cause riunite
C 392/04 e C 422/04, i 21 Germany e Arcor, Racc.
pag. I 0000, punto 57).