Plenum 23 febbraio 2005 - Risoluzione sulla c.d. Legge Cirielli


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Plenum_23_feb_05_CIRIELLI


CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
SEDUTA ANTIMERIDIANA DELL'ASSEMBLEA PLENARIA
DEL 23 FEBBRAIO 2005

O M I S S I S

Si passa alla trattazione della seguente pratica della SESTA
COMMISSIONE, accantonata ad inizio seduta:
- Nota pervenuta dalla Settima Commissione in data 19 gennaio
2005 riguardante la richiesta dei componenti dottori Paolo ARBASINO, Ernesto
AGHINA, Francesco MENDITTO, Giuseppe FILI, Giuseppe SALME', Giovanni SALVI,
Luigi MARINI e Maria Giuliana CIVININI di apertura di una pratica, autorizzata
dal Comitato di Presidenza in data 21 dicembre 2004, in ordine alle
problematiche concernenti le proposte di modifica legislativa dell'istituto di
prescrizione così come attualmente regolato nel codice penale.
La Commissione sottopone al plenum le seguenti proposte di
risoluzione:
Proposta "A", che ha conseguito cinque voti a
favore

«La proposta di legge n. 2055/A approvata dalla Camera dei
deputati il 16 dicembre 2004 fa ad oggetto «modifiche al codice penale e alla
legge 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di
giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi», contiene
modifiche alle vigenti disposizioni di rito, ma anche una radicale revisione del
sistema di calcolo della prescrizione dei reati che è destinata ad incidere
profondamente sul sistema penale nel suo complesso e che avrà considerevoli ed
immediate ricadute sui procedimenti in corso. Il numero elevato dei procedimenti
che sarebbero interessati dalla modifica e le prevedibili modifiche al corso dei
procedimenti stessi comporterebbero, in caso di approvazione della proposta di
legge, ricadute organizzative di grande portata sulla vita degli uffici
giudiziari.
La disciplina prevista dalla proposta di legge sul punto è
la seguente:


Articolo 3-ter
«1. L'articolo 157 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Articolo 157. (Prescrizione. Tempo necessario a
prescrivere). La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente
al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non
inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di
contravvenzione.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha
riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza
tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per
le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti ad effetto speciale, nel
qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.
Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto
speciale e di circostanze attenuanti si applicano le disposizioni dell'articolo
69.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o
alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il
tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria si applica il termine di tre anni.
La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile
dall'imputato."
2. All'articolo 158 del codice penale, primo comma, le
parole: "o continuato" e le parole "o la continuazione" sono
soppresse.
3. L'articolo 159 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Articolo 159. (Sospensione del corso della
prescrizione). - Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui
la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia
cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei
casi di:

  1. autorizzazione a procedere;
  2. deferimento della questione ad altro giudizio;
  3. sospensione del procedimento o del processo penale per
    ragioni di impedimento delle parti e dei difensori e per il tempo
    dell'impedimento.

Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del
corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero
presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui
l'autorità competente accoglie la richiesta.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è
cessata la causa della sospensione.
I termini stabiliti dall'articolo 157 non possono essere
prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, salvo che la
sospensione del procedimento non dipenda da autorità diversa da quella
nazionale.
4. All'articolo 160, terzo comma, del codice penale le
parole: "ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono
essere prolungati oltre la metà" sono sostituite dalle seguenti: "ma
in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati
oltre i termini di cui all'articolo 161, comma 2".
5. All'art. 161 del codice penale il secondo comma è
sostituito dal seguente: "Salvo che la sospensione del procedimento non
dipenda da autorità diversa da quella nazionale, in nessun caso la sospensione
e l'interruzione della prescrizione, anche congiuntamente computate, possono
comportare l'aumento di pi di un quarto del tempo necessario a prescrivere,
della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel
caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli
articoli 102, 103, 105, e all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura
penale"».

1. Il nuovo regime dei termini ordinari di prescrizione.
Dalla modifica che si intende introdurre risulta che la prescrizione è legata
alla pena edittale massima stabilita per ciascun reato, con un limite minimo di
sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni.
Mentre per le contravvenzioni il trattamento previsto dalla
proposta di legge risulterà meno favorevole di quello vigente e perciò
applicabile solo ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge, senza
comportare alcuna conseguenza sui procedimenti in corso, per i delitti la nuova
disciplina risulterà sempre pi favorevole all'imputato e troverà immediata
applicazione.
Per un delitto punito nel massimo con pena non superiore a
sei anni di reclusione la durata della prescrizione, nell'ipotesi che sussistano
ipotesi interruttive, sarà drasticamente ridotta dagli attuali quindici anni a
soli sette anni e mezzo, mentre nel caso di delitto con pena non inferiore nel
massimo a otto anni la prescrizione non può superare comunque i dieci anni.
Tale modifica assumerà maggiore incidenza solo che si consideri, come si
vedrà, che il termine massimo di prescrizione non conoscerà pi i periodi di
sospensione attualmente applicabili.
L'importanza delle conseguenze che la nuova disciplina
avrebbe sul sistema nel suo complesso può essere meglio apprezzata guardando
alla tipologia delle fattispecie criminose interessate dalla modifica dei
termini prescrizionali.
Tra i reati puniti con pena base non superiore nel massimo a
sei anni di reclusione figurano, tra gli altri, delitti di grande diffusione sul
territorio e di significativo impatto sociale, quali la corruzione per atto
contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.), la violenza o minaccia a
pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), la resistenza a pubblico ufficiale (art. 337
c.p.), il millantato credito (art. 346 c.p.), e ancora la calunnia (art. 368 c.p.),
la truffa in danno dello Stato o di enti pubblici (art. 640, cpv., c.p.),
numerose ipotesi di falso e la ricettazione nel caso di particolare tenuità
(art. 648, cpv., c.p.). E non solo, perch sono da ricomprendervi anche delitti
che in molti casi presentano legami con fenomeni di criminalità organizzata,
quali la frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), il favoreggiamento
reale (art. 379 c.p.), la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche
(art. 640-bis c.p.) e l'usura (art. 644 c.p.), nonchè l'ipotesi di bancarotta
prevista dal co. 3 dell'art. 216 L.F. e la frode fiscale (art. 2 e ss. D.lgs. n.
74 del 10 marzo 2000). Senza dimenticare, infine, l'esigenza di valutare delitti
contro la sicurezza dello Stato, quali la rivelazione di segreti di Stato (art.
261 c.p.), l'infedeltà in affari di Stato (art. 264 c.p.), l'attentato contro i
diritti politici del cittadino (art. 294 c.p.) e l'attentato alla sicurezza dei
trasporti (art. 432 c.p.), nonchè l'attentato per finalità terroristiche o di
eversione (art. 280 C.P.).
Se si tiene conto della durata media di un processo di
merito, si può ragionevolmente concludere che quasi tutti i processi per reati
puniti con la pena della reclusione compresa nel massimo tra i cinque e i sei
anni e la grande maggioranza di quelli per reati puniti con la pena della
reclusione massima di otto anni sono destinati a sicura prescrizione. Un'analisi
compiuta presso la Corte di appello di Bologna ha stimato che per tale fascia di
delitti sul totale dei processi iniziati davanti al giudice la quota destinata a
prescriversi dall'attuale livello del 9,60% passerebbe a circa il 47%, il che,
in termini assoluti, equivarrebbe ad una grandezza dell'ordine di 4.500
processi.
Non solo, ma una ricognizione effettuata recentemente dalla
Corte di cassazione ha permesso di accertare che si situa attorno ai nove anni
il tempo medio di durata dei processi per reati puniti con pena compresa fra
cinque e otto anni che giungono al vaglio della stessa Corte: per la massima
parte dei processi, dunque, il termine prescrizionale maturerebbe prima della
sentenza definitiva, ma dopo la decisione di appello, e cioè in un contesto che
comporta per il sistema giustizia il massimo spreco di energie.
E' evidente, dunque, che l'applicazione del nuovo regime ai
processi in corso comporterà la vanificazione di gran parte del lavoro svolto
dall'intero sistema giudiziario nel corso di alcuni anni.
2. Il regime della interruzione e della sospensione. Secondo
la disciplina che si intende introdurre, il prolungamento del termine di
prescrizione è consentito solo in caso di interruzione e di sospensione del suo
corso, ma non può comunque superare un quarto della durata massima.
La equiparazione del regime della sospensione a quello
dell'interruzione costituisce, forse, l'aspetto di "sistema" pi
incisivo e pi grave della prospettata riforma. Come è noto i due istituti
sono radicalmente diversi: l'interruzione si lega ad eventi processuali tipici
che segnano il ricorrere di iniziative dell'autorità giudiziaria per perseguire
il reato; al contrario, la sospensione del corso della prescrizione intende
sottrarre dal computo definitivo quegli eventi che rappresentano una
"pausa" non fisiologica del corso processuale. Inoltre, la sospensione
del processo dipende spesso da un evento sottratto alla disponibilità
dell'autorità giudiziaria (come le questioni di illegittimità della norma
rimesse alla Corte costituzionale o la richiesta di autorizzazione a procedere).
Queste differenze ontologiche costituiscono la ragione del
diverso regime e delle diverse conseguenze giuridiche, per cui non appare
coerente parificare oggi i due istituti ai fini del calcolo del limite massimo
di prescrizione. A dimostrazione di questa osservazione può essere utile
ricordare che la legge 7 novembre 2002 n. 248 (cd. Legge Cirami), sulla
rimessione del processo, si è preoccupata di evitare un ingiustificabile
allungamento dei processi verso una sicura prescrizione dei reati ed ha previsto
a tal fine la sospensione dei termini di prescrizione per il periodo della fase
incidentale, così assicurando tra l'altro la conformità delle norme ai
principi costituzionali. Non v'è dubbio quindi che rimettere, nei casi di
sospensione del processo, la disponibilità dei tempi processuali all'imputato,
oltre ad incentivare ogni manovra dilatoria, finisce per affidare la maturazione
della prescrizione di reati nella disponibilità di chi deve subire il processo.
Sul punto giova ricordare che il principio di ragionevole
durata del processo impegna tutte le articolazioni dello Stato ad adottare
soluzioni positive in favore della contrazione dei tempi, o quanto meno ad
evitare le scelte che nei fatti comportano il protrarsi del procedimento e del
giudizio. Viene così chiamato in causa il problema di effettività della
giurisdizione, a proposito del quale la Consulta, con la sentenza n. 353 del
1996 in tema di rimessione, ha avuto modo di osservare come il legislatore,
«pienamente libero, nella costruzione delle scansioni processuali, [...] non
può tuttavia scegliere, fra i possibili percorsi, quello che comporti, sia pure
in casi estremi, la paralisi dell'attività processuale, perch impedendo
sistematicamente tale attività, mediante la riproposizione dell'istanza di
rimessione, si finirebbe col negare la nozione stessa del processo e si
contribuirebbe a recare danni evidenti all'amministrazione della giustizia».
Del tutto corrispondenti sono, infine, le espressioni adoperate dalla Corte
costituzionale con riferimento all'istituto della ricusazione (sentenza n. 10
del 1997).
3. Le ricadute sull'organizzazione. L'applicazione del nuovo
regime ai processi in corso avrà certamente ricadute organizzative gravissime
all'interno di un sistema di giustizia penale che già oggi riesce con assoluta
difficoltà a fronteggiare il numero elevatissimo di procedimenti. Ogni anno
presso gli uffici di procura della Repubblica vengono iscritti poco meno di
1.500.000 procedimenti per nuove notizie di reato contro indagati noti e oltre
1.700.000 contro ignoti. A loro volta i tribunali vengono investiti attualmente
di circa 370.000 richieste di giudizio, ed i processi pendenti alla fine del
2003 ammontavano in primo grado ad oltre 350.000, cui devono aggiungersi circa
130.000 pendenti davanti le Corti di appello. N va dimenticato che presso le
sezioni gip/gup dei 165 tribunali transitano ogni anno oltre un milione di
procedimenti in fase incidentale o destinati all'udienza preliminare.
Elevatissimo, infine, è anche il numero dei ricorsi
inoltrati alla Corte di cassazione, tanto che la Corte impiega mediamente
tredici mesi per giungere alla fissazione dell'udienza di decisione.
In questo contesto di sovraccarico degli uffici giudiziari
non è possibile trattare in tempi ragionevoli i processi se non ricorrendo ad
una attenta programmazione del lavoro e cercando di contenere il numero dei casi
di rinvio dei processi fissati in udienza. Ogni rinvio, infatti, comporta per
l'ufficio giudiziario plurime conseguenze negative: dalla sottoutilzzazione del
tempo di udienza all'aggravamento dei ruoli delle udienze successive,
dall'incremento di complessità e rigidità nella formazione dei calendari, fino
a pesanti vincoli nella formazione dei futuri collegi e all'introduzione di
nuovi, pesanti adempimenti di cancelleria.
La futura applicazione del nuovo regime della prescrizione ai
processi in corso avrà, come è facile comprendere, effetti devastanti sulla
programmazione del lavoro dell'ufficio o della sezione e per di pi - ma qui il
discorso vale anche per i processi futuri - impedirà al giudice di controllare
lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale e di gestire i tempi di lavoro. E
infatti, la nuova disciplina incentiverebbe inevitabilmente il ricorso agli
istituti che comportano la sospensione del processo finalizzata essenzialmente
ad ottenere la maturazione del termine di prescrizione. Rispetto a queste
strategie il giudice non potrebbe operare alcuna forma di controllo e di
intervento e dovrebbe limitarsi ad applicare istituti che comportano rinvii
spesso assai lunghi e per tempi comunque non programmabili. Un simile sistema
avrebbe, tra l'altro, la conseguenza di rendere rilevante per la maturazione del
termine di prescrizione anche l'attivazione del controllo di costituzionalità
delle leggi, che costituisce per la giurisdizione una delle funzioni pi
delicate e di massimo rilievo istituzionale.».

Proposta "B", che ha conseguito un voto a favore

«La proposta di legge n. 2055/A approvata dalla Camera dei
deputati il 16 dicembre 2004 ha ad oggetto «Modifiche al codice penale e alla
legge 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di
giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi». Il
provvedimento contiene modifiche alle vigenti disposizioni di rito, ma anche una
radicale revisione del sistema di calcolo della prescrizione dei reati che è
destinata ad incidere profondamente sul sistema penale nel suo complesso e che
avrà considerevoli ed immediate ricadute sui procedimenti in corso. Il numero
elevato dei procedimenti che sarebbero interessati dalla modifica e le
prevedibili modifiche al corso dei procedimenti stessi comporterebbero, in caso
di approvazione della proposta di legge, ricadute organizzative di grande
portata sulla vita degli uffici giudiziari.

La disciplina prevista dalla proposta di legge sul punto è
la seguente:


Articolo 3-ter
«1. L'articolo 157 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Articolo 157. (Prescrizione. Tempo necessario a
prescrivere). La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente
al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non
inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di
contravvenzione.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha
riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza
tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per
le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti ad effetto speciale, nel
qual caso si tiene conto dell'aumento nassimo di pena previsto per l'aggravante.
Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto
speciale e di circostanze attenuanti si applicano le disposizioni dell'articolo
69.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o
alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il
tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria si applica il termine di tre anni.
La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile
dall'imputato. "
2. All'articolo 158 del codice penale, primo comma, le
parole: "o continuato" e le parole "o la continuazione "sono
soppresse.
3. L'articolo 159 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Articolo 159. (Sospensione del corso della
prescrizione). - Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui
la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia
cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei
casi di:

  1. autorizzazione a procedere;
  2. deferimento della questione ad altro giudizio;
  3. sospensione del procedimento o del processo penale per
    ragioni di impedimento delle parti e dei difensori e per il tempo
    dell'impedimento.

Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del
corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero
presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui
l'autorità competente accoglie la richiesta.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è
cessata la causa della sospensione.
1 termini stabiliti dall'articolo 157 non possono essere
prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, salvo che la
sospensione del procedimento non dipenda da autorità diversa da quella
nazionale.
4. All'articolo 160, terzo comma, del codice penale le
parole: "ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono
essere prolungati oltre la metà" sono sostituite dalle seguenti: "Ma
in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati
oltre i termini di cui all'articolo 161, comma 2'
5. All'art. 161 del codice penale il secondo comma è
sostituito dal seguente: "Salvo che la sospensione del procedimento non
dipenda da autorità diversa da quella nazionale, in nessun caso la sospensione
e l'interruzione della prescrizione, anche congiuntamente computate, possono
comportare l'aumento di pi di un quarto del tempo necessario a prescrivere,
della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel
caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli
articoli 102, 103, 105, e all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura
penale"».

1. Un dato indiscutibilmente positivo della riforma è
rappresentato dall'eliminazione di poteri discrezionali da parte del giudice nel
riconoscimento della prescrizione dei reati. E' noto, infatti, come, spesso, con
il "gioco" delle circostanze e del relativo giudizio di comparazione,
l'estinzione dei reati risulti affidata ad una valutazione suscettibile di
determinare non sempre trasparenti - rectius, palesi - disparità di
trattamento. L'avere oggettivizzato il tempo della prescrizione costituisce un
elemento di trasparenza con tendenziale attuazione del principio di eguaglianza.
Nella medesima prospettiva di "oggettivazione" del
tempo di estinzione dei reati si colloca anche l'unificazione delle ipotesi di
interruzione e di sospensione della prescrizione alla quale viene riconosciuto
un tempo additivo di prescrizione dei reati.

Il dato suscita riserva sotto il profilo dogmatico e
sistematico anche per le possibili ricadute pratico-operative che potrebbero
innescarsi tra le scelte temporali e quelle processuali-sostanziali, a scapito
di queste ultime.
Il dato, lungi dal precludere la strada ad una pi generale
riforma del codice di diritto penale, sembra suggerire l'esigenza di una sua
accelerazione per recuperare anche questo elemento in un pi ampio contesto di
riforma del nostro sistema punitivo.
2. Indubbiamente la modifica tende ad introdurre una non
secondaria "variabile" negli sviluppi procedimentali e processuali.
Bloccato "in uscita", rispetto al passato, dalla
improponibilità di reiterate amnistie, ed "in entrata",
dall'impossibilità d'una seria ed efficace depenalizzazione, il sistema
processuale-penale ha affidato la sua sopravvivenza ai meccanismi deflattivi
"interni" e ad alcune modifiche ordinamentali.
Appartengono a questo ultimo gruppo di riforme l'istituzione
del giudice unico di primo grado e l'attribuzione della competenza penale al
giudice di pace; sono riconducibili al primo filone il patteggiamento, da ultimo
allargato, il rito abbreviato, la premialità del decreto penale di condanna,
l'oblazione, il concordato sui motivi di appello, la riforma della sospensione
condizionale della pena, l'introduzione della sezione filtro in Cassazione, il
concordato sulle prove e sui fascicoli, l'archiviazione per elenchi mensili ....
3. L'idea di contingentare i tempi del processo non è
inedita. Invero, la riforma del 1988 ha cadenzato le indagini preliminari,
superando - seppur nel contesto di un diverso modello processuale - i tempi
indeterminati delle vecchie istruttorie. Sulla nuova scansione temporale sono
stati modellati anche i tempi della custodia cautelare. Inoltre, sono stati
fissati tempi certi per il deposito delle decisioni, con alleggerimento di
adempimenti amministrativi.
L'attuale proposta di rimodulare i tempi della prescrizione -
sulla cui legittimità, nel rispetto del canone di coerenza e ragionevolezza,
non è consentito formulare riserve, trattandosi di materia devoluta alle scelte
discrezionali del legislatore - avrà sicuramente ripercussioni sulle vicende
processuali.
4. Sotto questa prospettiva, il discorso coinvolgerà il
diverso modulo organizzativo che le nuove scansioni temporali imporranno gli
uffici.
Non dovrebbe ritenersi inverosimile la determinazione di
criteri di priorità nella trattazione degli affari e la previsione di una
selettiva e misurata individuazione delle fattispecie di reato riconducibili ad
un unico episodio fattuale, superando indiscriminate ricerche di notizie di
reato e vincendo diffuse vocazioni storicistiche degli uffici di procura.
Questi elementi potrebbero costituire la premessa per una
visione "sostanzialistica" e non meramente "formale" del
principio di obbligatorietà dell'azione penale.
5. Nella misura in cui si rapporta al modello processuale
esistente, la riforma avrà significativi effetti statistici. Tuttavia,
ancorch suscettibili di ricadute immediate, oltre ad essere parametrate sul
passato, le modifiche dovrebbero, pi significativamente, essere considerate in
una dimensione prospettica. Sotto tale profilo le concrete emergenti patologie
della riforma dovrebbero essere oggetto di sollecita correzione.
Si tratterà, in ogni caso, di raccordare la novità
temporale della prescrizione in una rimodellata struttura processuale - è
agevole pensare alla disciplina delle impugnazioni - nella quale, attraverso gli
strumenti informatici sia anche possibile abbattere i tempi morti del processo,
il vero nemico - pi delle garanzie - della durata non ragionevole dei
processi.».

Il PRESIDENTE, comunica che nella giornata di ieri è stato
ricevuto dal Presidente della Repubblica e che rel colloquio che ha avuto con
quest'ultimo non ha anticipato, n poteva farlo per il rispetto che ha per
l'autonomia del plenum, l'esito del dibattito sulla pratica, a cui si perverrà
soltanto nella seduta odierna. Purtroppo deve constatare con amarezza che invece
su qualche quotidiano sono riportate notizie del tutto estranee ai temi del
colloquio in questione.
Comunica inoltre che sono state formulate due proposte e che
alla proposta A di maggioranza sono stati presentati i seguenti due emendamenti:
A pagina 227, alla fine del penultimo capoverso, dopo le
parole "(art.280 c.p.), inserire i seguenti capoversi:
"In termini generali va osservato che il sistema
previsto, lungi dall'ancorare a parametri predeterminati la discrezionalità del
giudice nell'applicazione della norma al caso concreto, si limita ad introdurre
automatismi che impediscono quella necessaria valutazione delle gravità del
fatto e della personalità dell'imputato cui fa riferimento la costante
giurisprudenza della Corte Costituzionale".
"Considerazioni del tutto simili devono farsi per la
compressione degli spazi di valutazione del magistrato di sorveglianza derivante
dalla sostanziale equiparazione (articoli da 7 a 9 della proposta di legge) tra
situazioni profondamente diverse nell'ambito della generica qualificazione di 'recidiva',
così da eludere qualsiasi riferimento specifico alla sussistenza dei
presupposti per l'applicazione di uno dei benefici che la legge ha previsto in
sede di esecuzione della pena in attuazione degli artt. 3 e 27 della
Costituzione, neppure distinguendo tra recidiva antecedente o successiva
l'esecuzione di una pena detentiva o la fruizione di una misura alternativa alla
detenzione".
A pagina 230, dopo le parole "rilievo
istituzionale" inserire il seguente periodo:
" Il disegno di legge si muove dunque nella direzione
opposta a quella di contrastare le strategie dilatorie e rischia di determinare
un ulteriore effetto di ritardo nella definizione dei processi, con grave
violazione del principio della ragionevole durata del processo".
Il cons. MARINI, relatore della proposta A di maggioranza,
interviene anche a nome dei colleghi DE NUNZIO e FILI perch la relazione è il
frutto di una elaborazione comune. La pratica era stata inizialmente incardinata
nella Settima Commissione perch l'attenzione dei proponenti si era concentrata
sulla ricaduta che la proposta di legge in discussione in Parlamento può avere
sul piano sistematico, ordinamentale e organizzativo. Tale proposta, pur
intervenendo sullo strumento della prescrizione, in realtà incide
sostanzialmente sull'intero sistema, ma non è accompagnata da un'analisi di
impatto sullo stesso, che è enorme, perch modifica i termini di prescrizione
anche per i procedimenti in corso. L'innovazione legislativa pertanto
sconvolgerà la programmazione del lavoro e avrà un impatto profondo sulla
funzionalità complessiva del sistema e sull'organizzazione del lavoro degli
uffici giudiziari, tanto pi se non saranno risolti i rilevanti problemi
interpretativi in materia processuale, che farà sorgere e che la commissione
non ha ritenuto di affrontare.
La proposta di risoluzione si sofferma innanzitutto sui
titoli di reato rispetto ai quali la riforma avrebbe una maggiore incidenza,
vale a dire quelli che prevedono pene massime non superiori a cinque, sei o otto
anni. E' evidente che l'applicazione di un termine prescrizionale in molti casi
dimezzato ad una amplissima platea di titoli di reato e di procedimenti
comporterà l'applicazione dell'istituto della prescrizione ad un numero
rilevantissimo di procedimenti in corso. Al fine di poter pervenire ad una
valutazione di fatto su questo punto la Commissione ha chiesto di poter audire
uno dei magistrati che lavorano al settore statistico del ministero, ma a tale
richiesta non è stato dato seguito poich fino a ad una settimana fa non era
ancora conclusa una recentissima rilevazione relativa ai procedimenti pendenti
presso le Corti di appello. E' evidente che, se fosse stato possibile acquisire
questi dati, attraverso valutazioni di tipo statistico sarebbe stato agevole
comprendere l'impatto della norma anche sui procedimenti pendenti in primo
grado. Tutto questo però conferma che la riforma è stata proposta e viene
valutata senza una preventiva e seria analisi delle ricadute sul sistema.
La Corte di cassazione ha effettuato tale analisi per quanto
concerne i procedimenti pendenti presso di s, ottenendo la conferma
dell'altissima incidenza che la nuova normativa avrebbe, tanto che si
arriverebbe alla dichiarazione di prescrizione per gran parte dei procedimenti
pendenti in quella sede.
La Commissione ha esaminato anche lo studio effettuato dal
referente informatico del Distretto di Bologna, il quale, poich opera in una
sede sperimentale del gruppo misto Ministero-Consiglio Superiore ai fini delle
valutazioni statistiche e di efficienza, si è potuto dotare di strumenti
statistici e di rilevazione che non sono normalmente presenti negli altri
distretti. L'analisi effettuata da questo referente, riportata nel fascicolo,
conferma la rilevanza dell'impatto che la nuova normativa avrebbe sui
procedimenti in corso, con riferimento soprattutto ad alcune tipologie di reato
maggiormente coinvolte. In sostanza le dichiarazioni di prescrizione
passerebbero dal 10 per cento attuale al 47 per cento.
La nuova normativa avrebbe una notevole ricaduta anche a
regime non solo per l'abbattimento generalizzato dei termini di prescrizione, ma
anche per l'equiparazione dello strumento della sospensione a quello della
interruzione del termine prescrizionale. Infatti, in sostanza i periodi di
sospensione non si aggiungono al termine massimo della prescrizione, ma sono
inglobati in quest'ultimo, e conseguentemente a regime potrebbe verificarsi un
ricorso strumentale a iniziative processuali tendenti a far decorrere il termine
prescrizionale massimo.
Nella terza parte della mozione si richiamano precedenti
decisioni della Corte costituzionale e precedenti interventi legislativi,
nell'ambito dei quali il problema era stato esaminato sotto il profilo della
compatibilità con il sistema costituzionale degli strumenti che potrebbero
favorire il tentativo di usufruire della prescrizione, allungando i termini
processuali in maniera patologica invece che comprimerli.
Nella stessa mozione è, infine, affrontato il problema delle
ricadute organizzative del provvedimento. Il carico di lavoro sul sistema penale
è enorme: le notizie di reato sono oltre 3 milioni ogni anno; di esse la metà
si riferisce a persone note; i procedimenti pendenti in primo grado sono
370.000, quelli in appello 130.000, per un totale di circa 500.000, che possono
essere ragionevolmente smaltiti in tempi ragionevoli soltanto se il sistema
giudiziario può adeguatamente programmare la propria attività. Questo può
avvenire se viene limitato il numero degli atti processuali che portano ad un
ritorno all'inizio della fase o alla fase anteriore, oppure sono ridotte al
massimo le ipotesi di rinvio, che aggravano gli adempimenti a carico del sistema
e rendono pi faticoso lo smaltimento dei procedimenti pendenti. I nuovi
meccanismi di calcolo e soprattutto la sostanziale equiparazione fra sospensione
e interruzione dei termini di prescrizione introdotti dalla riforma all'esame
del Parlamento possono invece ingenerare meccanismi strumentalmente dilatori
tali, da ostacolare il rapido ed efficiente lavoro dei tribunali. Una legge deve
farsi carico di questi rischi e adottare soluzioni che rispettino l'articolo 111
della Costituzione tendendo ad accelerare la definizione dei processi, invece
che ad allungare i tempi processuali.
Nella precedente seduta erano stati presentati due
emendamenti, che erano orientati sulle ricadute ordinamentali e strutturali e
accoglievano le diverse prospettive contenute nella proposta di minoranza. Su
tali emendamenti erano state prospettate alcune osservazioni critiche. Sono
stati pertanto sostituiti da quelli presentati e distribuiti all'inizio della
seduta, che hanno un taglio pi consono alla direttrice indicata nella proposta
di maggioranza.
Il relatore della proposta di minoranza, cons. SPANGHER,
concorda sulla ricostruzione della genesi della pratica fatta dal cons. MARINI e
sulla constatazione dell'impossibilità allo stato di acquisire dati statistici
che consentissero di articolare meglio una riflessione sull'argomento. Un punto
sul quale le due proposte avrebbero potuto convergere era quello contenuto
originariamente nella proposta di maggioranza, allorch si riconosceva la piena
competenza del legislatore a disciplinare la materia, seguendo canoni di
razionalità, coerenza e ragionevolezza. Tale parte, trasfusa nella proposta di
minoranza, è stata però successivamente espunta da quella di maggioranza.
Nella sua proposta non ha inteso ampliare l'ambito di
valutazione delle ricadute del provvedimento, ma portare il contributo delle sue
riflessioni e delle sue conoscenze personali, in definitiva soffermarsi pi
sugli aspetti endoprocessuali, rispetto a quelli organizzativi.
Il provvedimento in discussione in Parlamento supera la
situazione che si può determinare alla fine del giudizio di primo grado, quando
il giudice è chiamato ad effettuare il giudizio di comparazione fra
circostanze: un imputato può vedersi rifiutato questo giudizio e subire una
condanna anche generica alla riparazione, mentre ad un altro può essere
riconosciuto un giudizio di comparazione; ebbene, nel giudizio di secondo grado
il primo si troverà in una situazione blindata e non avrà ricadute
nell'eventualità della conferma della intervenuta prescrizione; l'altro subirà
il danno di cui all'articolo 578 del codice di procedura penale. Infatti il
giudice di appello che riconosca erronea la prima decisione del giudice di primo
grado decide anche sugli interessi civili, perch la sentenza di accertamento
di primo grado intervenuta nella prima fase fa stato nel successivo giudizio di
appello. La norma del codice di procedura penale che si applica in queste
circostanze è corretta, ma rischia di discriminare fra due situazioni
soggettive, per questo gli sembra che una correzione, in un quadro generale di
oggettivizzazione dei tempi di prescrizione, possa avere ricadute positive. Non
si tratta di una critica alla discrezionalità del giudice o all'uso dei poteri
che il medesimo esercita, ma di una riconsiderazione delle modalità attraverso
le quali la norma processuale viene applicata in primo e in secondo grado.
Questo discorso di oggettivazione, che metterebbe al riparo da valutazioni
discrezionali, varrebbe anche nell'ipotesi di estinzione dei reati conseguente a
interruzioni e sospensioni della prescrizione. Sotto questo profilo il
legislatore forse non è tecnicamente corretto e avveduto, ma questa mancata
avvedutezza può avere conseguenze negative sul diritto di difesa. Di fronte a
termini di prescrizione oggettivi, si potrebbero infatti fare valutazioni di
segno contrario rispetto al riconoscimento di determinati diritti. In termini
generali le discrasie da tutti evidenziate potrebbero indurre a valutare la
necessità di introdurre la riforma del codice penale. In ogni caso il ricorso
per la prima volta a strumenti deflattivi interni al processo potrebbe avere
ricadute positive, perch la contingentazione dei tempi dal punto di vista
strutturale potrebbe canalizzarsi su profili archiviativi o di scelta di
priorità nella verifica delle notizie di reato da strutturare.
Il contingentamento dei tempi del processo non è inedito, ma
è stato applicato ad esempio per le indagini preliminari, per rispondere a
istruttorie sommarie formali che duravano molto. Rispetto a quei tempi sono
stati strutturati anche i termini di durata della custodia cautelare. In &finitiva,
avere dei tempi permette di strutturare il processo su di essi. Sotto questo
profilo c'è un ulteriore aspetto di positività nel provvedimento a cui si
riferisce la mozione.
Sempre dal punto di vista strutturale la prescrizione non
teme neanche lo strumento del ricorso per cassazione in funzione dilatoria. La
prescrizione in questi casi non opera perch le cause di inammissibilità sono
preclusive rispetto all'applicazione della prescrizione. De iure condendo, poi,
il contingentamento dei tempi del processo potrebbe favorire una riforma del
sistema delle notificazioni e delle impugnazioni. E' evidente infatti che la
struttura del processo si calibrerà sui tempi di prescrizione dei reati. Tutte
queste ragioni lo hanno indotto a presentare una proposta, che in Commissione ha
ottenuto soltanto il suo voto.

Il PRESIDENTE dichiara aperta la discussione.
Il cons. DI FEDERICO non ha sollevato questioni pregiudiziali
perch voleva ascoltare i contenuti delle relazioni e delle aggiunte apportate
oralmente, ma come di consueto uscirà dall'aula per due motivi strettamente
collegati fra di loro. Infatti si assiste a una sempre maggiore espansione
dell'attività della Consiglio Superiore anche in settori che spettano al
Parlamento e a questo corrisponde una progressiva inefficienza nello svolgimento
dei compiti che allo stesso Consiglio Superiore sono attribuiti dalla
Costituzione e dalla legge, o addirittura al rifiuto di svolgere effettivamente
compiti che le sono attribuiti espressamente dalla Costituzione. A riguardo
ricorda ancora una volta come nonostante la costituzione preveda che il
Consiglio Superiore della Magistratura effettui le promozioni dei magistrati, e
nonostante non vi sia alcuna ragione per ritenere che il costituente volesse
dare al termine "promozioni" un significato diverso da quello che quel
termine ha nella lingua italiana, per oltre 35 anni il Consiglio Superiore della
Magistratura si è nella sostanza rifiutato di svolgere quella funzione
promuovendo di fatto tutti i magistrati sulla mera base dell'anzianità di
servizio e non già sulla base di sostantive valutazioni della loro
professionalità. Con la proposta di delibera attualmente in discussione il
Consiglio Superiore della Magistratura interferisce nell'attività parlamentare
e assume un ruolo chiaramente politico poich esprime valutazioni su una legge
di iniziativa parlamentare e perchè di fatto si schiera con una parte politica
e contro un'altra.
Il Presidente di SARAGAT, quando era Presidente del Consiglio
Superiore della Magistratura aveva impedito che il Consiglio Superiore della
Magistratura si costituisse autonomamente come consulente del Parlamento ed
aveva segnalato, in una lunga lettera inviata al Consiglio Superiore della
Magistratura, le ragioni per cui tali iniziative non fossero compatibili con il
nostro assetto costituzionale nonch i pericoli che ciò rappresentava per la
stessa indipendenza del Consiglio Superiore della Magistratura. Sarebbe
opportuno che quella lettera venisse oggi attentamente riletta Da ultimo fa
notare come non si possa ritenere che il suo intervento sia una presa di
posizione a favore dell'attuale maggioranza, ma bensì a difesa di cose ben pi
importanti, cioè di quei valori che lo stesso Presidente SARAGAT riteneva
dovessero essere tutelati. D'altro canto che lui sia non soggetto a
sollecitazioni di parte soprattutto quando si tratta di tutelare valori di
rilievo istituzionale è reso evidente dal suo comportamento in materia di
attività extragiudiziarie dei magistrati. Poichè si tratta di questione che
riguarda la protezione dell'indipendenza della magistratura egli ha sempre
votato contro tutte le richieste dell'attuale maggioranza in cui si richiedeva
la destinazione di magistrati a servire presso l'Esecutivo e il Parlamento.
Il cons. SALVI fa presente che l'aspetto pi significativo
della riformulazione degli emendamenti presentati nella seduta del 19 gennaio
2005 consiste nella soppressione della parte relativa alle scelte del
legislatore in materia di politica criminale, derivante non dalle osservazioni
sui limiti dei poteri del Consiglio ma dalla finalizzazione del suo lavoro
istituzionale volto alla formulazione di pareri che possono, com'è ormai
universalmente riconosciuto, essere d'iniziativa. La Commissione ha quindi
considerato pi utile mantenere quelle parti degli emendamenti pi
strettamente attinenti alle conseguenze delle nuove disposizioni in materia di
prescrizione.
Non ritiene invece opportuno affrontare oggi
l'importantissimo tema dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione
penale, posto dalla relazione di minoranza, perch rappresenta una ricaduta
meramente possibile ed auspicata ma non strettamente correlata al tema in
discussione: se e quando le scelte drammatiche imposte indurranno una
regolamentazione, il Consiglio interverrà. Sta di fatto comunque che le
argomentazioni del cons. SPANGHER, a contrario, dimostrano la giustezza
dell'impostazione della relazione di maggioranza: se addirittura l'effetto sarà
quello di imporre l'introduzione di criteri di priorità in ordine all'esercizio
dell'azione penale, certo non si può affermare che il fatto sia irrilevante
sotto il profilo della prescrizione, visto che verrebbe di fatto compromessa
l'obbligatorietà dell'azione penale. E la questione non consiste nel
"rompere dei tab" perch appare ormai datata quell'interpretazione
dell'articolo 112 della Costituzione che imporrebbe al Pubblico Ministero
l'esercizio dell'azione penale ogni qualvolta si presenti, anche in astratto, la
mera possibilità della sussistenza di un reato. Ritiene, al contrario,
consolidata l'accezione secondo cui il principio costituzionale
dell'obbligatorietà dell'azione penale è soltanto un criterio di distribuzione
della responsabilità in ordine al suo esercizio. Nei sistemi che conoscono
l'azione discrezionale, la responsabilità non è di tipo giurisdizionale ma
politico o amministrativo. Nel sistema italiano - e questo è il punto nodale -
il controllo avviene sulla base di criteri legalmente predeterminati da parte di
un giudice terzo. Una volta che i criteri vengono stabiliti e determinati in
termini generali ed astratti dalla legge - anche se molto restrittivi ma
comunque omogenei - non si revoca in dubbio il principio costituzionale
dell'obbligatorietà.
La proposta di minoranza ha giustamente messo in rilievo
l'annosa questione della discrezionalità del giudice sulla quale non vi è
alcun atteggiamento di chiusura. Negli Stati Uniti sono state fissate le linee
guida per le sentenze, con l'indicazione di parametri netti e predeterminati che
vincolano la discrezionalità del giudice. Senza entrare nel merito di tale
disquisizione, rileva che il risultato non è stato particolarmente vantaggioso,
considerato che quel paese vede due milioni di cittadini in carcere e che
recentemente Corti di giustizia hanno decretato l'illegittimità delle linee
guida almeno nella parte in cui non consentono al giudice di esercitare la sua
principale funzione che è quella di connotare il caso concreto. In Italia si è
vincolati dalle decisioni - di sistema e specifiche - della Corte costituzione
che ha pi volte ribadito che il ruolo del giudice è proprio quello della
connotazione; il che comporta un margine di discrezionalità che il legislatore
può certamente circoscrivere ma comunque entro limiti che consentano la
valutazione del caso specifico. Scopo degli emendamenti è proprio esprimere
questo concetto e non un' assoluta contrarietà alla limitazione della
discrezionalità del giudice che è anche possibile, non foss'altro perch
realizza la tanto oggi dibattuta vicinanza al sentimento popolare.
Questione ancor pi importante è quella della ragionevole
durata del processo, con cui anche il legislatore deve fare i conti perch è
principio costituzionale, anche se ricavabile dalle norme generali sul processo.
Da tempo si discute sulle strategie finalizzate ad impedire le tattiche
dilatorie ed a limitare l'utilizzo di quegli strumenti del processo non
finalizzati a garantire la correttezza dell'accertamento ma solo a dilazionarne
l'esito. Le scelte vanno fatte sempre tenendo presenti i possibili effetti
indesiderati. Nessuno può affermare di essere contrario ad una limitazione
della durata della prescrizione: che la pretesa punitiva dello Stato abbia un
termine sicuro è principio di civiltà che non può essere messo in discussione
ma il punto fondamentale è che il bilanciamento venga effettuato incidendo
anche sull'inerzia dello Stato per impedire che una vera e propria spada di
Damocle venga illimitatamente fatta pendere sulla testa del cittadino. Nel
disegno di legge non viene però previsto nessun bilanciamento: da qui il
rischio serio e concreto di stimolare ulteriormente condotte dilatorie
finalizzate a guadagnare il beneficio - perch questo finirebbe per essere -
della prescrizione. Altre strade sono percorribili e gli studiosi ne hanno
indicate alcune che salvaguardano l'interesse di una prescrizione
ragionevolmente breve e quello di evitarne l'uso strumentale per ottenere
l'impunità attraverso il decorrere del tempo.
Il cons. DE NUNZIO prende spunto dall'intervento del cons. DI
FEDERICO, che contesta il potere del Consiglio di esprimere pareri, per
ricordare che invece è a ciò legittimato dalla legge del 1958 che prevede la
possibilità di fare proposte al Ministro su materie attinenti
all'organizzazione giudiziaria nel suo complesso: in un rapporto di leale
collaborazione fra le istituzioni, il Consiglio può certamente fornire utili
spunti al Ministro nella sua interlocuzione con l'iniziativa parlamentare.
Il tema di grandissimo rilievo affrontato dal Parlamento ha
registrato voci allarmate su vari fronti tant'è che, ancor prima dell'apertura
della pratica in Consiglio, il Massimario della Corte di Cassazione - come pure
la dottrina - ha evidenziato in un lavoro approfondito tutte le ricadute
negative della riforma che stava elaborando. Il Consiglio non poteva, quindi,
non approfondire il tema per offrire il suo contributo particolarmente
qualificante stante la sua composizione. I tempi sono strettissimi, visto che
probabilmente la prossima settimana si procederà al voto su un testo che appare
blindato . Anche se potrà risultare inutile l'intervento, a suo avviso, è
doveroso un contributo tecnico perch il Consiglio è istituzione di rilevanza
costituzionale le cui posizioni non possono non essere prese in considerazione.
I tempi ristretti hanno penalizzato la Commissione, costretta a scegliere fra i
vari aspetti, tutti importanti, della riforma. Nessuna osservazione quindi è
stata fatta sul problema della continuazione, espunta dall'art. 157 c.p. per cui
la decorrenza della prescrizione non sarà pi dalla conclusione del reato
continuato ma dalla consumazione dei singoli reati. Una tale costruzione avrà
immediate e notevolissime ricadute - le cui future conseguenze è difficile
immaginare - allorquando un magistrato dovrà affrontare in un reato continuato
figure criminose già prescritte che comunque delineano il quadro del programma
criminoso. Fra i vari profili di incoerenza della riforma quale la parificazione
degli istituti della sospensione e dell'interruzione che vengono
incomprensibilmente accomunati pur essendo totalmente diversi: il primo legato
ad eventi che incidono sulla possibilità di continuare nel processo e il
secondo conseguenza di iniziative dell'autorità giudiziaria. La previsione di
un termine di ampliamento della prescrizione molto stretto - al massimo di un
quarto - omnicomprensivo di tutte queste posizioni delinea un profilo che non
potrà non incidere in modo decisivo sulla estinzione dei reati, nel corso dei
processi.
Pur apprezzando l'esposizione del cons. SPANGHER, sottolinea
che nel documento di minoranza si prospetta la possibilità di interventi che
potrebbero razionalizzare il processo. Il problema di adeguare la nuova
normativa - comunque intenzionalmente destinata ad abbreviare i tempi del
processo - impone di intervenire sull'intera macchina per rendere coerenti i
diversi interventi. Ciò che preoccupa è che la richiamata coerenza viene
prospettata come un qualcosa di là da venire, visto che non risulta che
contemporaneamente - ed è questo il fatto importante - alla modifica di legge
si intende intervenire pure sui tempi morti delle fasi processuali o sulle
modifiche. Le auspicate iniziative non possono essere rinviate nel tempo,
altrimenti l'intervento si trasformerà in nient'altro che in un'amnistia di
fatto riferita ai processi in corso. La preoccupazione è dunque notevole ed è
aggravata dalle valutazioni prima svolte sul principio costituzionale
dell'obbligatorietà dell'azione penale: il magistrato dovrà scegliere tra
un'inerzia indotta da termini troppo brevi di prescrizione e un'attività
riferita solo a reati sanzionati con pene elevatissime.
Interviene quindi il cons. SALME' per affrontare, ancora una
volta, la questione dei limiti che il Consiglio incontrerebbe nei rapporti di
collaborazione con le altre istituzioni, questione sollevata dal cons. DI
FEDERICO con la consueta coerenza, ma senza portare argomenti diversi da quelli
pi volte espressi. Ricorda che nella relazione finale in data 31 gennaio 1991
della Commissione Paladin, istituita dal Presidente della Repubblica COSSIGA per
studiare i problemi relativi alla normativa e al funzionamento del Consiglio
Superiore, al paragrafo 11 dedicato all'attività consultiva, si osserva che
tale attività, anche se non prevista dalla Costituzione, non è con essa
contrastante, aggiungendo che, pur avendo l'art. 10 della legge n. 195 del 1958
individuato come diretto interlocutore del Consiglio solo il Ministro
"nulla vieta, fin d'ora, che le relazioni con il potere legislativo si
stabiliscano in maniera pi diretta" con le assemblee parlamentari.
Infatti può ormai dirsi consolidata la tesi secondo la quale
l'attività consultiva del Consiglio, consistente nel fornire al Parlamento
elementi di informazione e di valutazione utili per l'attività legislativa, non
essendo manifestazione di un potere condizionante, non comporta alcuna
responsabilità politica e quindi deve ritenersi legittimo. D'altra parte
l'espressione di un parere, in attuazione del dovere di leale collaborazione,
presuppone ovviamente la competenza decisoria esclusiva dell'organo nei
confronti del quale il parere è espresso e quindi anche per tale ragione non
può ritenersi esorbitante dai limiti segnati dalla legge istitutiva. N può
tralasciarsi di rilevare che nel disegno costituzionale il Consiglio Superiore
della Magistratura non è n il consiglio d'amministrazione del Ministero
delegato ad occuparsi dello stato giuridico dei magistrati n una monade,
avendo al contrario il Costituente previsto l'inserimento nel circuito
istituzionale, come è dimostrato dalla funzione di coordinamento con gli altri
poteri statuali costituita dalla presidenza da parte del Presidente della
Repubblica e dalla presenza di componenti laici eletti dal Parlamento.
Quanto al precedente ricordato, relativo all'intervento con
il quale il presidente della Repubblica SARAGAT contestò l'ammissibilità di
una relazione sullo stato della giustizia indirizzata direttamente alle Camere,
non può dimenticarsi che tuttavia lo stesso on. SARAGAT, con decreto
presidenziale del 9 gennaio 1968, istituì la Commissione per la riforma
giudiziaria e il Senato, con ordine del giorno del 29 gennaio 1968, affermò che
era "sommamente opportuno" che il Ministro presentasse una propria
relazione annuale sullo stato della giustizia, allegando "analoga relazione
del Consiglio Superiore della Magistratura". La relazione Paladin, già
citata, auspicava a questo proposito che il Parlamento intervenisse con legge,
al fine di evitare che il Ministro possa diventare arbitro dell'inoltro o meno
della relazione, prevedendo un preciso obbligo di trasmissione. Previsione
lungimirante se sono vere le notizie di questi giorni secondo le quali il
Ministro non avrebbe trasmesso al Parlamento la relazione approvata dal
Consiglio nel 2003.
Entrando nel merito della risoluzione, richiama l'attenzione
sull'emendamento che mette in guardia sul pericolo che la mancata previsione di
un meccanismo di "sterilizzazione" delle tattiche dilatorie entri in
conflitto con il principio della ragionevole durata del processo ed esponga a
responsabilità internazionale ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Roma:
segnalare al legislatore tale pericolo è atto doveroso e quanto mai opportuno.
Il cons. PRIMICERIO ricorda che, essendo la prescrizione
istituto di diritto sostanziale e non processuale, l'auspicato conseguente
processo non può che essere un effetto indotto: i
magistrati, per evitare il decorrere del termine di prescrizione, sarebbero
stimolati ad accelerare i tempi. Il sistema processuale italiano si trova in un
equilibrio precario tra norme di diritto sostanziale e processuale e circostanze
estrinseche quali il sistema organizzativo degli uffici giudiziari, l'efficienza
del sistema e i carichi di lavoro. Quando si restringono i termini di
prescrizione questi ultimi - assai diversi sul territorio - assumono valenza
determinate con una lesione sostanziale del principio d'eguaglianza: fin quando
i termini sono dilatati, l'incidenza dei carichi di lavoro e del tasso di
efficienza è minore, viceversa, quando si restringono, assume valenza maggiore.
Per effetto della riforma vi sarà quindi una pi diffusa disuguaglianza di
a seconda che vengano processati per gli stessi fatti a
Trento piuttosto che a Napoli.
Il cons. BUCCICO, che condivide l'impianto della proposta di
parere illustrata dal cons. SPANGHER - che avrà il suo voto favorevole -
ricorda che sulla prescrizione i sostanzialisti si sono sempre divisi: a partire
dal progetto Pagliaro, il primo di riforma del codice penale che prevedeva una
definizione dei termini di prescrizione svincolata dalla discrezionalità. La
questione assume valenza di carattere anche politico per il momento in cui viene
posta: a volte le condizioni e i tempi segnano il destino di una legge anche se
riguarda un tema ormai metabolizzato dalla cultura giuridica.
Com'è noto, circola un documento - il cui primo firmatario
si conosce essere il pi grande penalista italiano Giuliano VASSALLI -
sottoscritto da penalisti italiani, alcuni straordinariamente noti, alcuni
straordinariamente ignoti, buona parte collocati in un'area geografica ben
definita e ancora buona parte in un'area ideologica altrettanto marcata. Ciò
che non condivide non sono le censure alla legge, assolutamente legittime anche
quando non condivisibili, ma che si sostenga che un codice penale così
riformato avrebbe addirittura un effetto criminogeno: la consapevolezza
dell'impunità per effetto della prescrizione si tradurrebbe in una sorta di
istigazione a delinquere. Si tratta di un'affermazione estremista e paradossale,
che non può essere accettata perch muove da pregiudizi marcatamente
ideologici, e che, per altro, potrebbe essere riferita a moltissime leggi varate
sotto tutte le latitudini e da tutti i governi. Nello stato di immobilismo
letargico della giustizia, ogni mutamento o rinnovamento determina effetti
laceranti. In Consiglio invece il dibattito si è mantenuto su livelli di
grandissimo antagonismo intellettuale e critico su documenti che approfondiscono
i temi e non estremizzano le eventuali conseguenze, se non sul piano della
legittima valutazione delle possibili ricadute di carattere organizzativo e
sostanziale.
Il punto nodale resta comunque quello della ragionevole
durata del processo che, a suo modo di vedere, non può essere ottenuta con
nessuna legge ma soltanto attraverso il ricorso straordinario a risorse
materiali, intellettive e umane che richiede tempi lunghi e comunque interventi
non pi dilazionabili. In quest'ottica, sempre condivisa dal Consiglio, sbaglia
chi tra i presentatori del disegno di legge pensa possa avere valore salvifico e
risolutivo sul piano dell'accelerazione dei tempi processuali. La legge non è
dunque n criminogena n salvifica.
Riferendosi all'intervento del cons. DENUNZIO, rileva che
anche il legislatore ha chiara la natura dei diversi istituti richiamati. Il
superamento della interruzione e della sospensione mira a rendere oggettivo il
termine della prescrizione del reato e non certo a cancellare gli effetti di
istituti che hanno un'ontologia ben distinta nell'ordinamento. L'oggettività di
un termine fisso della prescrizione, tolto alla discrezionalità
dell'interprete, appartiene ad una delle costanti dicotomie della cultura
giuridica italiana. Si tratta, a suo avviso di un'impostazione concettualmente
positiva e condivisibile mentre non lo è cosiddetta "sentenza
Cremonese" del 2001 che ha introdotto rimedi che si sono rivelati peggiori
del male portando a sommatoria i tempi di prescrizione, per tutto il periodo del
rinvio - non di mesi ma di anni nei congestionati Tribunali, che si sono di
fatto raddoppiati con notevoli riverberi sul diritto dell'imputato a veder
riconosciuta la propria posizione in tempi accettabili. E' vero che con la legge
viene introdotto un automatismo legato alla semplice durata dell'impedimento, ma
si tratta di dettagli che possono essere corretti con successivi minimi
interventi legislativi ancora in itinere possibili.
Della legge non condivide invece l'ampliamento delle ipotesi
di cui all'articolo 62 del codice penale e l'eliminazione della contestazione
facoltativa della recidiva. L'uso e la pratica di tale meccanismo ha dato pi
risultati positivi che negativi mentre l'introduzione del comma 6-bis
all'articolo 62 e la rigidità dell'articolo 99, così come disegnato, creano
automatismi che mostrano zoppie inconcepibili rispetto alla necessaria
sagomatura della pena che l'interprete, deve essere in grado di modulare lungo
l'alveo maestro dell'articolo 133 c.p.
Senza entrare nel merito delle problematiche attinenti alla
modifica legislativa, il cons. VENTURA SARNO si chiede quale sia lo scopo della
pratica in esame. Il dibattito, sicuramente molto interessante ha caratteristica
di confronto interno sulla futura legge ma le critiche, i suggerimenti e i
segnali d'allarme lanciati lo trasformano in un messaggio di carattere
normativo. E ciò a suo avviso non è consentito perchè non rientra fra i
compiti del Consiglio. Anticipa pertanto la sua astensione dal voto.
Il cons. AGHINA rileva che anche nell'intervento del cons.
BUCCICO le ragioni di perplessità prevalgono su quelle di soddisfazione. E'
vero che sulla prescrizione sono stati formulati nel tempo numerosi progetti,
mai però ne era stato predisposto uno analogo a quello in discussione. Poich
secondo alcuni la valutazione odierna esorbiterebbe rispetto a quelle tipiche
del Consiglio, si sofferma sull'imminente ricaduta della legge - tema
tipicamente consiliare - sull'organizzazione degli uffici giudiziari. Nel 2004
vi sono stati 210 mila procedimenti prescritti ed è evidente che nel 2005,
approvato il disegno di legge, il numero sarà esponenzialmente maggiore. Ciò
determinerà per gli uffici giudiziari di gravame la necessità di una modifica
di struttura e di organizzazione del lavoro per fronteggiare la sicura emergenza
di contenere il pi possibile il numero delle estinzioni per prescrizione che
è una sconfitta per la giustizia. Il Consiglio, che ha indiscussa e specifica
competenza sulle modalità di organizzazione del lavoro giudiziario, laddove il
disegno di legge venga approvato nell'attuale formulazione, dovrà agire per
fronteggiare a sua volta quell'emergenza che si presenterà in molti uffici
giudiziari; e in alcuni pi che in altri, come correttamente sottolineato dal
cons. PRIMICERIO.
Quanto al documento richiamato dal cons. BUCCICO, ricorda che
è stato sottoscritto da ben sessanta docenti universitari di diritto penale nei
confronti dei quali non si avventura in classificazioni di appartenenza
preferendo soffermarsi sul contenuto delle loro dichiarazioni. Al di là di
alcune criticabili enfatizzazioni, il percorso evidenziato è altro rispetto
alla dottrina sostanzialistica. Anche nella proposta di minoranza vengono
sottolineati i significativi effetti statistici - a suo avviso il principale
problema di impatto che si porrà da qui a poco - ed evidenziate " le
concrete patologie della riforma che dovrebbero essere oggetto di sollecita
correzione". Dopo però, con una petizione di principio estremamente
ottimistica e con un capovolgimento dei corretti rapporti di causa ed effetto,
si sostiene che questo comporterà "una necessaria rimodulazione della
disciplina delle impugnazioni e delle notificazioni". Bisognava invece
soffermarsi prima sul processo e dopo su meccanismi sostanziali come la
prescrizione. N si ha alcuna certezza che le riforme preconizzate vedano la
luce in tempi brevi. N ancora rassicura il riferimento ai criteri di
priorità, argomento estremamente scivoloso e in parte fuorviante.
Per il cons. LO VOI la presunta diversa impostazione
organizzativa, derivante dall'applicazione della legge e volta ad evitare che si
realizzino tutte le prescrizioni paventate, avrà comunque conseguenze non solo
negli uffici di gravame ma anche in quelli di primo grado che agiranno per
evitare che venga consegnato ai primi un processo che, se non già prescritto,
la sarà entro brevissimo tempo. In alcuni uffici forse ciò sarà possibile ma
in altri no, e ciò - come sosteneva il cons. PRIMICERIO del quale condivide le
argomentazioni - creerà disuguaglianza non solo fra i cittadini imputati ma
anche e soprattutto tra quelli offesi nei cui confronti il rischio è ancora
pi drammatico perchè, in ragione del prevedibilissimo aumento del numero
delle prescrizioni, in numero maggiore che oggi non vedranno riconosciute in
sede penale le loro richieste. Ciò si collega a quanto detto dal cons. SPANGHER
a proposito della priorità. Riconosciuto il valore scientifico delle sue
argomentazioni di carattere tecnico in senso stretto - ed anche di carattere
tecnico con refluenze politiche - non dimentica che in qualche legge vigente è
scritto che bisogna far ricorso a criteri genericamente definiti di priorità.
Questa però va trattata con grande attenzione e scrupolo perch è quasi
l'opposto dell'obbligatorietà dell'azione penale, garanzia rivolta soprattutto
ai cittadini vittime affinch possano pretendere che il Pubblico Ministero
svolga una determinata indagine e che l'oggetto di quest'ultima sia verificato
da un giudice.
Secondo il cons. BERLIGUER era indispensabile che il
Consiglio elaborasse una risoluzione sul caso: si tratta di una materia
strettamente giuridica, di funzionamento della giustizia che tocca ambiti
delicatissimi dei rapporti fra diritti ed efficienza della macchina giudiziaria.
Anche se la decisione sui termini della prescrizione è di competenza
dell'organo legislativo, non può però neppure lontanamente essere revocato in
dubbio che si possano esprimere, tramite il legittimo strumento della
risoluzione, considerazioni sulle ricadute sul funzionamento complessivo della
giustizia e sulla materia della tutela dei diritti, legata all' una o all'altra
scelta legislativa. Positivo è anche il confronto che si è sviluppato
all'interno del Consiglio con la presentazione di due proposte di risoluzione
che dimostrano la validità dell'assunto appena enunciato. Ed ancora positivo è
stato l'aver tenuto un tono tecnicamente corposo e insieme ragionato, come si
conviene al Consiglio: la differenza di apprezzamento di un testo o dell'altro
è stata sempre nel merito e non sui principi. E' così venuto maturando - ed
occorre sottolinearlo perch alcuni, per fortuna pochi, hanno pensato
diversamente - un costume di confronto che, pur non constante, rafforza il
Consiglio.
Preannuncia quindi il suo voto favorevole alla proposta di
maggioranza, ritenendo comunque che il materiale consegnato nei due testi e nel
dibattito sarà utile a tutti gli operatori ai diversi livelli - quindi prima di
tutto al Ministro - per evitare, se lo si vuole, errori che potrebbero avere
conseguenze negative.
Intervenendo in replica, il cons. MARINI fa notare come
ancora una volta il legislatore stia seguendo una strada pericolosa indirizzata
agli strumenti processuali e sostanziali - quindi sui meccanismi teorici e
normativi di funzionamento - disinteressandosi della concreta possibilità di
funzionamento degli interventi. Se si vuole davvero garantire un processo
ragionevolmente breve, che sia nello stesso tempo garanzia per l'imputato e per
le persone offese, occorre una correlazione intelligente fra lo strumento
processuale, la sua applicazione e le possibilità operative del sistema. Se
improvvisamente si dimezzano i tempi prescrizionali, con rigidità che
tenderanno a favorire l'utilizzo di strumenti dilatori, si avrà
un'accelerazione obbligata del lavoro che la macchina processuale ed
organizzativa non è in grado di reggere. Questo avverrà in modo massiccio
nell'immediato per i procedimenti in corso, ma l'effetto perverso, dovuto alla
contraddittorietà del sistema, si prolungherà anche negli anni a venire. Di
conseguenza, se non verranno migliorate le metodologie di lavoro, i giudici si
troveranno di fronte ad una terribile alternativa: accelerare forzatamente i
tempi di lavoro con grande caduta della qualità, oppure scegliere di
privilegiare i reati a prescrizione breve, non investendo pi attenzione tempo
e risorse sui processi complessi, o ancora dedicarsi lo stesso a questi ultimi
non riuscendo però a portare a conclusione in tempi ragionevoli ed entro la
prescrizione la gran parte di quei procedimenti solo apparentemente meno
importanti. Questo aspetto deve quindi essere dal Consiglio con forza segnalato.
Il cons. SPANGHER, dopo aver rinunciato alla replica,
suggerisce che gli emendamenti presentati vengono considerati come parte
integrante della proposta di maggioranza e chiede che la votazione delle due
proposte avvenga col metodo del ballottaggio.
Non facendosi obiezioni, così rimane stabilito.
Il PRESIDENTE indice quindi la votazione per ballottaggio.
Votano a favore della proposta di maggioranza i consiglieri
AGHINA, ARBASINO, BERLINGUER, CIVININI, DENUNZIO, FAVARA, FILI, LO VOI, MARINI,
MARVULLI, MENDITTO, PRIMICERIO, RIELLO, SALME', STABILE e TENAGLIA.
Votano a favore della proposta di minoranza i consiglieri
BUCCICO, MAROTTA e SPAGHER.
Si astiene il PRESIDENTE.
La proposta di maggioranza, nel testo modificato, è quindi
approvata con 16 voti mentre si registrano 3 voti a favore della proposta
SPANGHER ed 1 astensione.
A questo punto il PRESIDENTE chiude la seduta, che termina
alle ore 13,37.
Nelle sole votazioni il cui risultato sia di unanimità deve
intendersi escluso dal computo il voto di astensione del PRESIDENTE, avv.
BUCCICO.
Del che il presente verbale, fatto e sottoscritto in unico
originale da conservarsi negli atti del Consiglio Superiore della Magistratura.

05 05 2005
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