Stefano Zan (docente di Teoria delle Organizzazioni dell'Università di Bologna)
La tradizionale immagine utilizzata per descrivere il sovraccarico della funzione giudiziaria è quella dell'imbuto, per ridurre l'intasamento bisogna agire sia sulla consistenza del flusso in entrata che rispetto al flusso in uscita. Non bastano le competenze individuali, per invertire la tendenza, perché il sistema giudiziario si caratterizza perché manca la responsabilità ed il presidio del risultato, e questo prescindere dalla "bravura" dei singoli protagonisti.
L'idea dell'Ufficio per il processo" rovescia questa impostazione perché pone una questione di risultato, anche se dal punto di vista della teoria organizzativa il riferimento all'"ufficio" è improprio, perché il termine è burocratico e non dà l'idea delle competenze orientate nelle unità operative. Più correttamente bisognerebbe parlare di dipartimento, un concetto che richiama tutte le competenze professionali necessarie per portare a casa il risultato e che dispone di due : il principio di responsabilità e strumentazione tecnologica
L'ancoraggio tecnologico è importante perché viviamo una vera rivoluzione nel passaggio dall'informazione che viaggia su carta (dei registri, dei faldoni) allo strumento telematico, in quanto muta la qualità della conoscenza e non solo la velocità
Esiste un criterio organizzativo chiaro per aumentare capacità di lavoro di tutte le organizzazioni professionali ed anche del giudiziario : il magistrato solipsista si modifica attraverso il principio di delega e questo si ritrova negli spunti di BRACCIALINI. Qui si pensa ad una delega formale di competenze esclusive date ad altre figure; e ad una delega informale di attività che rimangono sotto la supervisione e la responsabilità finale del magistrato : non sempre ci vuole il magistrato per scrivere tutta la sentenza.
Ma delegare a chi? Vi è un primo polmone di funzioni centrali che solo il personale di cancelleria che può svolgere all'interno del dipartimento dei processo.
Sui got non vorrei esprimermi mentre ritengo necessario che si possa disporre dei giovani tirocinanti : prevedendo per accedere a tutte le professionisti forensi uno o due anni di tirocinio dentro un dipartimento, il che ci farebbe avere professionisti e magistrati più qualificati.
Il processo civile telematico (PCT), per il quale richiamo il mio recente articolo su "Il Sole 24 Ore" (n.d.r. : vedi articolo 13.5.04 tra i materiali di consultazione) fa cambiare tre dimensioni del governo del processo : uno è il knowledge management in quanto consente accessi diretti immediati che possono produrre nel tempo una sorta di nomofilachia attraverso le prassi, data la conoscibilità degli orientamenti giurisprudenziali (è quindi un elemento di qualità, non di velocità); consente la conoscenza precisa sui dati fattuali del lavoro giudiziario ben oltre le odierne statistiche, il che modifica le relazioni interne tra gli operatori (le tecnologie portano trasparenza). Si può fare il cd. "court management" cioè il governo consapevole del risultato, e questo presuppone che nel dipartimento entrino figure professionali nuove per studiare ed analizzare queste informazioni.
Il terzo pilastro del PCT è il case management : è possibile il governo della causa e del ruolo e sarà possibile programmare le udienze e costruire le udienze in funzione del tipo di cause.
Naturalmente il dipartimento sta in piedi se c'è figura centrale che presidia il risultato e allo stato attuale questa figura non può che essere il presidente di sezione : occorre perciò un serio investimento su di essi, tenendo conto che l'attuale meccanismo di selezione non è corretto perché non si possono valutare attitudini sperando che creino competenze, e manca un meccanismo valutativo delle conseguenze : bisogna che anche i presidenti di sezione e di tribunale facciano le loro "150 ore" per impadronirsi si conoscenze e competenze organizzative.
Bisogna inoltre migliorare la programmazione e confronto e scambio di esperienze lavorative tra i protagonisti del processo : è importante sviluppare il confronto sulle prassi che trova nel supporto informativo e tecnologico la sua base per la diffusione a regime. La diffusione della cultura organizzativa non può avvenire solo per imitazione ma anche per impulso di chi, responsabile del risultato, ha interesse alla diffusione delle migliori prassi concertate.
Seminario di Bologna "Ufficio per il processo" - giugno 2004