Intervento di Giovanni Cannella


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Giovanni Cannella (Esecutivo MD)

Nel mio intervento cercherò di prendere posizione sulle questioni affrontate nel seminario, ma ponendo particolare attenzione al punto di vista del processo del lavoro, sulla base della mia specifica esperienza, esaminandone le particolarità, anche per verificare se le differenze siano così rilevanti.

In proposito si è verificata spesso, per responsabilità comune dei civilisti e dei lavoristi, la tendenza a discutere dei problemi del processo civile e del lavoro in modo separato, mentre ritengo che molte questioni siano comuni e quindi andrebbero affrontate congiuntamente.

Una delle questioni di apparente differenziazione tra i due riti è strettamente connessa al tema che stiamo affrontando oggi e riguarda il problema dell'assistenza all'udienza. Molti lavoristi ritengono inaccettabile la prassi di celebrare l'udienza senza l'assistenza di un addetto alla cancelleria, data l'importanza che lo stesso legislatore ha attribuito a tale funzione nel rito del lavoro, prevedendo una precisa percentuale di personale di cancelleria da adibire al processo (art. 26 L. n. 533/73). Si è detto al riguardo che il rito del lavoro è congegnato dal legislatore con modalità analoghe a quelle del processo penale (pubblicità, presenza obbligatoria delle parti, lettura del dispositivo, ecc.) e in tale processo nessuno penserebbe di fare udienza senza assistenza. Quindi l'essersi adattati alla prassi quasi generalizzata del processo ordinario costituisce certamente una modalità di degenerazione del processo che lo rende più distante dal modello voluto dal legislatore.

Già l'utilizzo non di vere e proprie aule di udienza ma di stanze a volte molto piccole fa apparire il processo a parti e testimoni qualcosa di scarsamente dignitoso e non abbastanza serio. Sul piano funzionale la verbalizzazione effettuata dagli avvocati o dal giudice rallenta il processo e distoglie comunque appunto avvocati e giudici dai loro rispettivi compiti. Il giudice infine viene ad essere caricato di attività che dovrebbero essere svolte dal personale di cancelleria (ad esempio scarico del ruolo, certificazioni, ecc.) con conseguente riduzione del tempo che può essere dedicato all'attività giurisdizionale vera e propria.

Ebbene, a mio avviso, le stesse argomentazioni possono essere utilizzare per il processo civile ordinario, non essendo ravvisabile alcuna giustificazione nè logica nè formale per una diversità di trattamento sotto tale profilo rispetto al processo penale. Anche nel processo civile è previsto, infatti, che il cancelliere "assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere formato processo verbale" (art. 57 c.p.c.). La diversità di trattamento quindi non è altro che il riflesso ed il sintomo più rilevante di un fatto noto a tutti e cioè che il penale viene privilegiato sotto il profilo organizzativo e delle strutture. Ulteriore dimostrazione che nella giustizia ci sono uffici di serie A e di serie B è che nell'appello civile l'assistenza è garantita, nonostante l'attività richiesta all'assistente è più impegnativa in primo grado (si pensi solo alla verbalizzazione delle prove testimoniali). Quindi pretendere l'assistenza per tutti anche nel civile e in tutti i gradi significa fare un primo passo per pretendere che anche al civile sia assicurato un minimo di "organizzazione" del processo.

Quanto accade per l'assistenza dimostra anche un'altra cosa, e cioè che nell'organizzazione degli uffici di cancelleria l'udienza rappresenta quasi un aspetto secondario. Occorre quindi restituire centralità all'udienza, conformemente peraltro alla previsione del codice di procedura, il che significa anche dare la giusta priorità alla necessità di aule idonee e riportare l'attività della cancelleria dall'attuale stato di quasi separatezza dall'attività del giudice alla sua originaria funzione di strumento dell'attività giurisdizionale del magistrato. In questo senso era stato adoperata la frase "ufficio del giudice", a cui sono tuttora affezionato, e cioè nel senso di ridare centralità all'udienza e alla fase prettamente giurisdizionale, riportando gli altri servizi all'originaria funzione strumentale. Solo mantenendo quest'aspirazione si può accettare la nuova formulazione proposta di "ufficio del processo", che deve conservare il significato di rendere tutta l'attività della cancelleria funzionale all'attività giurisdizionale e quindi all'attività del giudice, il quale deve potere più di oggi disporre degli strumenti che la cancelleria può fornire. In questo senso il riferimento al "giudice" nella prima dizione aveva anche un altro significato e cioè che il giudice, a differenza di quanto spesso avviene oggi, non debba provvedere ad incombenze esecutive, come ad esempio farsi da sè le fotocopie.

L'ufficio del giudice o del processo richiede poi, a mio avviso, che l'assistenza sia per quanto possibile fissa per creare un rapporto convinto e di fiducia tra giudice ed assistente, affinchè quest'ultimo possa imparare a conoscere il metodo di lavoro del giudice, ma anche reciprocamente il giudice possa conoscere le potenzialità e i limiti dell'assistente.

Qualche anno fa nel mio ufficio avveniva invece che gli assistenti ruotassero continuamente e l'abbinamento veniva deciso di volta in volta dal capo della cancelleria, che esercitava ad libitum un potere, che gli consentiva di "punire" o "premiare" giudici ed assistenti antipatici o simpatici. Nel mio ufficio siamo riusciti a superare questo assurdo sistema, ma sarei curioso di sapere se vige ancora in altri uffici. Un altro assurdo sistema (che ho conosciuto) è quello di "concedere" o meno l'assistenza in base a criteri arbitrari, quali la maggiore o minore intensità di "protesta" del singolo magistrato: in sostanza "forte con i deboli e debole con i forti".

Assistente fisso significa, fra l'altro, che l'assistente assuma la responsabilità diretta degli adempimenti conseguenti all'udienza (ad esempio avvisi, convocazioni di CTU, ecc.). Il risultato non è privo di conseguenze pratiche: se all'udienza successiva risulta che un avviso non sia stato fatto tutti, e cioè giudice, avvocati e parti, hanno davanti a loro il responsabile diretto dell'inadempimento, che non potrà più essere attribuito al destino o ad un'entità nascosta ed incommensurabile. Lo stimolo ad evitare disservizi sarà quindi molto più pressante.

Tutto ciò ha una prima conseguenza e cioè che l'assistenza fissa potrebbe portare ad una prima "rivoluzione organizzativa", senza alcuna modifica normativa, contrattuale o strutturale. Anche perchè all'assistente fisso, che non abbia altre incombenze nel corso della settimana, se non quelle funzionali al processo, precedenti e successive, si potrà legittimamente chiedere anche qualcos'altro, senza dover ricorrere a figure diverse più specializzate.

L'assistente potrebbe provvedere, ad esempio, alla preparazione dei verbali di udienza in anticipo, ad esempio in situazioni standard come la nomina di CTU. Già oggi peraltro il sistema di automazione della cancelleria (almeno per il lavoro) prevede la predisposizione dei verbali con la stampa delle parti e degli avvocati costituiti, salvo sostituzioni in udienza. Nel rito del lavoro si potrebbe anche chiedere all'assistenza di intestare i dispositivi con l'indicazione delle parti (in attesa di un sistema automatizzato di trasposizione dei dati, che sarebbe di facilissima realizzazione, come è stato fatto per i verbali). L'assistente potrebbe inoltre provvedere alla trascrizione delle conclusioni delle parti, da riportare nella sentenza. Tale incombente, in attesa del processo telematico, potrebbe essere sostituito dalla richiesta generalizzata agli avvocati (ormai tutti usano il computer) di depositare con i propri atti anche un dischetto con le conclusioni o di inviarle via E-mail.

L'assistente in teoria potrebbe essere utilizzato anche per elementari ricerche di giurisprudenza che non richiedono conoscenze giuridiche, e cioè ad esempio quando si tratta solo di cercare una massima o una sentenza di cui il giudice indica numero e anno (citate ad esempio dalle parti), ma anche per una ricerca più complessa ma su precise istruzioni (ad esempio ricerche di massime tramite una parola testuale o un riferimento normativo indicati dal giudice).

Ciò ovviamente richiede che l'assistente abbia il tempo per svolgere tali incombenze e ciò sarebbe possibile solo se ciascun giudice avesse un assistente a tempo pieno.

Dal punto di vista delle risorse, pur prescindendo da una migliore distribuzione del personale sul territorio e dalla riforma delle circoscrizioni che libererebbe risorse (attualmente i piccoli tribunali hanno personale di cancelleria sproporzionato alle esigenze e all'inverso avviene nei tribunali grandi), credo che sarebbe più economico un aumento dell'attuale personale, che la creazione di nuove figure più specializzate o l'utilizzo dei GOT.

E' noto al riguardo che l'art. 9 del progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario prevedeva l'istituzione in via sperimentale dell'ufficio del giudice (una delle poche norme che non appariva negativa e infatti è stata subito accantonata per difetto di copertura finanziaria). La norma prevedeva la nuova figura dell'ausiliario del giudice che sembra un pò più specializzata rispetto alla figura di assistente che ho descritto, ma si ispira tuttavia agli scopi suddetti, creando un assistente fisso del giudice in rapporto fiduciario, che possa essere utilizzato per "tutti gli incombenti che non riguardino lo stretto esercizio della funzione giurisdizionale". Rispetto al semplice assistente sembra esserci un più ampio compito di ricerca di dottrina e giurisprudenza, ma soprattutto l'istituzionalizzazione della figura e la precisa indicazione dei compiti. Ho dei dubbi in ordine alle modalità di assegnazione (da parte del presidente della corte d'appello e solo a chi lo richiede), a meno che tali modalità siano limitate solo alla fase sperimentale, alla troppo breve durata dell'incarico (2 o massimo 4 anni), al ricorso a personale esterno all'amministrazione, ma complessivamente la proposta non mi sembra negativa.

Con riguardo poi all'utilizzazione di GOT o del giudice di pace nel processo del lavoro devo esprimere la mia contrarietà. Per il previdenziale in particolare alcuni autori (Proto Pisani) ed alcune organizzazioni (CGIL) hanno proposto l'utilizzo del giudice di pace. E' vero che nel settore previdenziale vengono iscritte moltissime cause seriali e ripetitive sopratutto al sud, ma credo che una diversa organizzazione dei servizi di cancelleria potrebbe portare ad uno smaltimento adeguato. Va considerato innanzitutto che la legge del 2001 ha previsto un raddoppio dell'organico del lavoro con un aumento di altri 300 magistrati lavoristi. I ritardi del Ministro hanno comportato che fino ad oggi si è provveduto all'aumento solo per l'appello e la cassazione, mentre ancora non è intervenuto per il primo grado. A regime il raddoppio dell'organico non potrà che comportare un buon recupero degli arretrati, che sarà peraltro favorito anche dalla recente modifica della disposizione sull'esenzione dalle spese di lite.

In ogni caso le cause previdenziali andrebbero esaminate in concreto prima di proporre modifiche. Alcune di esse, poche, sono di puro diritto. Un buon assistente potrebbe essere incaricato dal giudice di recuperare il precedente (su computer o stampato) e di modificare o inserire i nomi delle parti, mentre il giudice potrebbe limitarsi a rileggere, controllare e firmare. Per le cause sanitarie l'assistente potrebbe intestare dispositivo e sentenza, trascrivere la diagnosi del CTU, rintracciare eventualmente su indicazione del giudice, dopo l'esame della perizia, un eventuale procedente analogo (rigetto, accoglimento, accoglimento parziale, divisi per tipi di prestazione), salvo casi più complessi in diritto o fatto. Per le cause seriali economiche (ad esempio interessi legali) l'assistente potrebbe provvedere alle intestazioni, a ricercare il precedente nell'archivio del giudice, a trascrivere cifre, a convertirle in euro, ecc. Ci sono poi altre cause previdenziali che non devono essere attribuite a mio avviso ad un giudice di pace o ad un GOT, perchè richiedono l'esame di questioni di principio di rilevanza costituzionale, come è evidente sfogliando qualsiasi rassegna di giurisprudenza, da cui emerge che questo è uno dei settori più "battuti" dalla Corte costituzionale.

Seminario di Bologna "Ufficio per il processo" - giugno 2004

16 07 2007
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