I risultati del seminario sul processo del lavoro - Firenze 19-20 ottobre 2007


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relazione dei coordinatori del gruppo  Fabrizio Amato e Carla Ponterio

 

Relazione sul seminario "Il processo del lavoro"

Firenze 19 e 20 ottobre 2007.

 

 

Il seminario di Firenze (a cui hanno partecipato, oltre ai magistrati, gli  avvocati dell'Inps e dell'AGI) ha rappresentato un momento di riflessione sullo stato del processo del lavoro nei vari uffici, attraverso i dati raccolti e in parte pubblicati sulla rivista Questione Giustizia n. 2/2007.

Si è cercato di mettere a fuoco le cause delle pendenze anomale di alcuni uffici, come Bari, ed anche di raccogliere ed illustrare esperienze positive, come quella di Reggio Calabria.
 
L'analisi dei dati ha messo in evidenza, anzitutto, grosse differenze tra i vari uffici, specie tra alcuni uffici del nord ed alcuni uffici del sud.
Ad esempio, il tribunale di Torino dispone di organici adeguati, presidenti di sezione che svolgono realmente il compito di coordinamento e vigilanza di cui all'art. 47 quater Ord. Giud., assistenza in udienza, attrezzature
informatiche idonee. Il processo del lavoro a Torino viene svolto nelrispetto dei necessari requisiti di immediatezza e oralità.  
Torino ha persino un archivio delle sentenze d'appello che, attraverso il circuito della formazione decentrata, viene trasmesso ai giudici di primo grado (si è parlato di monofilachia distrettuale).

Presso il tribunale di Bari le pendenze sono circa 10.000 per ciascuno degli 11 magistrati, non vi è assistenza in udienza, le attrezzature informatiche sono incomplete (solo dal 2007 ciascuno dei giudici ha ottenuto l'assegnazione di una stampante).
Il numero di processi mediamente fissato per udienza, circa settanta, impedisce di fatto anche lontanamente il rispetto delle esigenze di immediatezza e oralità proprie del rito del lavoro.

Sono diffuse prassi distorte come quella di delegare agli avvocati l'assunzione delle prove testimoniali.

Le pendenze sono in prevalenza costitute da controversie previdenziali e sulla stratificazione dei numeri (attualmente circa 100.000) pesano disfunzioni degli enti previdenziali, difficoltà o incapacità organizzative dei dirigenti degli uffici giudiziari nonché un abuso del processo da parte
degli studi legali.

Sono emerse, sempre dall'esame dei dati, incongruenze notevoli tra gli organici dei vari uffici in relazione alle rispettive pendenze e sopravvenienze.

Il tribunale di Bari ha 11 giudici a fronte di circa 100.000 pendenze e 30.000 sopravvenienze.

Il tribunale di Napoli ha 48 giudici a fronte di 95.000 pendenze e 38.000 sopravvenienze.
Il tribunale di Roma ha 63 giudici a fronte di 35.000 pendenze e 30.000 sopravvenienze.
I dati sono desunti dai prospetti pubblicati su QG e si riferiscono all'anno 2005.

L'esame dei dati raccolti, in particolare relativi ai tribunali di Genova, Cagliari e Padova, consente un'ulteriore riflessione.

Gli uffici a organico completo e con pendenze assimilabili per magistrato rivelano una tendenza positiva, nel senso della progressiva riduzione delle pendenze e dei tempi di fissazione delle udienze, ove vi siano: un presidente di sezione, quindi  coordinamento e confronto tra i vari magistrati attraverso riunioni periodiche, assistenza in udienza, utilizzo di strumenti informatici, prassi di trasmissione via e-mail dagli avvocati
al giudice degli atti processuali, massiccio ricorso alla motivazione contestuale ai sensi dell'art. 281 sexies cpc, rigoroso rispetto del rito del lavoro e quindi nessun ricorso all'istituto della riserva e, salvo casi eccezionali, alle note scritte difensive.

Questi dati dimostrano come alcune prassi virtuose possano dare risultati sensibilmente positivi (cfr. dati sezione lavoro Genova) ed evidenziano inoltre il ruolo chiave del presidente di sezione, anche al fine di dare unitarietà al modello di processo.

Una inequivoca conferma della bontà delle prassi virtuose e
dell'indispensabile ruolo del presidente di sezione è  rappresentata dall'esperienza di Reggio Calabria, illustrata da Patrizia Morabito e che è possibile leggere sulla documentazione CSM, incontri di studio centrali 27
febbraio - 1 marzo 2006.

Sul tema dell'aumento degli organici, si è ribadita la nota divergenza tra ministero e CSM sulle voci da prendere in considerazione (sopravvenienze o capacità di smaltimento), sul peso delle cause previdenziali (calcolate dal ministero secondo il rapporto di 3 ad 1 non condiviso dal CSM) e sui dati
complessivi.

Attualmente, dovrebbe procedersi all'aumento di soli 30 posti di organico che sono quelli su cui ministero e CSM concordano.

Scopo del seminario era anche quello di raccogliere le soluzioni positive adottate in alcuni uffici ed esportabili nelle varie realtà giudiziarie, magari attraverso l'adozione di protocolli.

Inoltre, selezionare eventuali proposte, anche di modifica legislativa, idonee ad eliminare incongruenze o ritardi o, comunque, a migliorare la funzionalità del processo in maniera da renderlo sempre più vicino allo spirito originario.

Queste alcune delle proposte emerse che, ovviamente, prescindono dalle modifiche di cui al Progetto Foglia e ai disegni di legge:
-        aumentare il periodo minimo di permanenza nel ruolo del giudice del lavoro  in modo da garantire una maggiore stabilità e specializzazione;
-   sancire legislativamente la non applicabilità dell'art. 309 cpc al rito del lavoro;
- creare siti informatici delle sezioni lavoro per diffondere tra i
colleghi i provvedimenti e per consentire la conoscenze delle pronunce d'appello;
-  concordare con avvocati il modo di redazione di alcuni atti;
- migliorare l'uso dei mezzi informatici (es. doppio monitor per
consentire al testimone e all'avvocato di leggere la  verbalizzazione istantaneamente);
-   impiegare i tirocinanti in stages di 6 o 12 mesi (al riguardo
l'esperienza in atto a Milano è stata sospesa per problemi di
incompatibilità dello studio legale presso cui il tirocinante era iscritto e il giudice presso cui svolgeva lo stage);
- adottare una migliore tecnica di documentazione giuridica che consenta a ciascuno di archiviare il proprio materiale secondo criteri fruibili anche da terzi;
- utilizzare la motivazione contestuale;
- favorire la creazione di Protocolli e Osservatori con la
collaborazione della magistratura e dell'avvocatura.

Progetto Foglia e disegni di legge Sacconi e Treu

 Il progetto Foglia, ed i disegni di legge, sono stati illustrati dal prof. Domenico Dalfino che ha sottolineato come gli stessi paiono troppo sbilanciati a favore della celerità e poco attenti all'esigenza di ricerca della verità materiale.

Essi comprendono tre macro-aree di intervento: 1) il procedimento sommario; 2) la conciliazione e l'arbitrato; 3) le cause seriali e previdenziali.

Indubbia appare l'utilità di alcune previsioni come quella che attribuisce al giudice del lavoro le controversie tra socio e cooperativa, quella relativa al procedimento monitorio, quella concernente l'art. 420 bis cpc  e quella che consente il ricorso alla procedura ex art. 28 Statuto Lav. per l'emersione del lavoro nero.

Il dibattito si è a lungo sviluppato sul tema della corsia preferenziale che il progetto Foglia  prevede per alcune fattispecie.

Ci si è domandati, in particolare, se fosse assolutamente necessario creare una corsia preferenziale per alcune controversie, con introduzione di un ennesimo rito, o se non bastasse il ricorso all'art. 700 cpc, al più parzialmente modificato, a fornire una tutela adeguata e tempestiva.

Si è ritenuto non sufficiente, ai fini di una rapida tutela delle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro, il ricorso a rimedi organizzativi imperniati sui criteri di priorità.

Questi opererebbero comunque in modo differente nei singoli uffici.

L'attuale condizione della maggior parte dei tribunali, peraltro, non lascia ben sperare sulla possibilità di significative modifiche in punto di organizzazione.

Il dibattito si è svolto in modo approfondito su alcuni specifici aspetti del Progetto Foglia.

 

Facoltatività del rito sommario

Si è sottolineato come nel Progetto Foglia il rito sommario non sia previsto quale via obbligatoria ma la parte può scegliere di agire nelle forme ordinarie e ciò costituisce una indubbia garanzia.

L'obbligatorietà del ricorso alla procedura d'urgenza è invece contemplata nel progetto Salvi Treu.

Non sono state condivise le critiche da alcuni sollevate sul rischio che il carattere sommario dell'accertamento possa agevolare il datore di lavoro nel fornire la prova della legittimità del licenziamento.

Si è al riguardo osservato che, fermo l'onere della prova a carico del datore di lavoro, il tipo di tutela, sganciato da forme e termini rigidi, ed i maggiori poteri istruttori d'ufficio costituiscono adeguata garanzia per il raggiungimento della verità materiale.

Qualche perplessità ha suscitato la scelta di fatto attribuita ad una sola parte di scegliere la strada della cognizione sommaria. L'altra parte verrebbe a subire questa scelta.

Altre critiche sono state sollevate, dal punto di vista processuale, sulla mancata esistenza di preclusioni alle allegazioni e prove sia nella fase sommaria in primo grado e sia dinanzi alla Corte d'Appello.

L'art. 3 infatti non richiama le previsioni del giudizio di appello ma introduce una opposizione alla ordinanza.

 
Tipi di controversie

Quanto ai tipi di controversie soggette al rito sommario, si è discusso della validità della scelta operata dal progetto Foglia che fa perno sul problema della perdita del posto di lavoro.

Critiche unanimi sono state sollevate per la limitazione contenuta nel progetto Foglia ai soli rapporti di lavoro assistiti da tutela reale.

La possibilità di ricorso al rito sommario dovrebbe essere estesa anche alle fattispecie rientranti nella tutela obbligatoria.

La attuale previsione del Progetto potrebbe esporsi a giudizi di
illegittimità costituzionale non essendovi, ad esempio, alcuna plausibile ragione per cui il trasferimento di un lavoratore debba essere oggetto di una corsia preferenziale solo in caso di rapporto soggetto alla disciplina dell'art. 18 Statuto Lavoratori.

Sulle materie escluse dalla previsione della corsia referenziale,
resterebbe comunque la possibilità di ricorso ex art. 700 cpc.

 
Termine di decadenza

Unanime è stata la posizione critica espressa sull'art. 7 del Progetto Foglia che fissa in 120 giorni il termine di decadenza per impugnare il licenziamento con ricorso depositato in cancelleria.

Questa previsione preclude qualsiasi possibilità di transazione in fase pre-processuale, che è invece attualmente possibile dopo la lettera di impugnazione del licenziamento e prima della proposizione della domanda giudiziale.

Non solo, il termine di decadenza appare assai breve.

In 120 giorni il lavoratore dovrebbe contattare un legale, esporre la vicenda, fornire tutta la necessaria ocumentazione, depositare il ricorsoin cancelleria.

Il rischio è quello di redazione di ricorsi in modo frettoloso e senza concrete possibilità di contatto con la controparte, anche al fine di ricercare eventuali soluzioni conciliative.

E' stato espresso da qualcuno il dubbio che la previsione del breve termine di decadenza risponda più ad una esigenza di certezza del datore di lavoro che ad una maggiore tutela per il lavoratore.

 

Reclamo al collegio e opposizione dinanzi alla Corte d'Appello

La previsione di cui all'art. 3 di una opposizione avverso l'ordinanza emessa all'esito del rito sommario o all'esito del reclamo è stata per più aspetti criticata.

Anzitutto, sono state espresse perplessità legate alla introduzione, da parte dell'art. 3, di un nuovo tipo di reclamo impugnatorio difficilmente riconducibile alle categorie esistenti.

Tale opposizione è configurata come passaggio obbligato per arrivare ad un accertamento a cognizione piena.

Per le fattispecie di cui all'art. 1 il primo accertamento a cognizione piena si avrebbe quindi solo in appello.

La scelta della Corte d'Appello  come giudice della cognizione piena, se pure motivata dall'esigenza di uniformità delle decisioni, è apparsa poco condivisibile per la minore duttilità dell'organo collegiale rispetto alle esigenze istruttorie, per lo spreco di risorse derivante dalla destinazione di un collegio alla fase istruttoria e per l'aggravio di lavoro per le Corti d'Appello.

Si è quindi ritenuto più redditizio, da tutti i punti di vista, riportare la fase di cognizione piena dinanzi ad un collegio di primo grado.

 

 
420 bis cpc

Le problematiche derivanti da controversie di serie esistono anche nel settore privato (si può richiamare il contenzioso relative alle FFSS, alle Poste, alle banche a carattere nazionale).

Qualche soluzione legislativa che, contemperando le varie esigenze, possa determinare un orientamento della S.C. (presso la quale queste controversie sono destinate ad arrivare) in tempi più brevi rispetto all'ordinario può
essere opportuna.

L'entrata in vigore dell'art. 64 T.U.pubblico impiego e dell'art. 420 bis cpc ha creato la preoccupazione di un surplus di lavoro per la Suprema Corte ed altri inconvenienti.

Il progetto Foglia ribadisce ed esplicita, quali requisiti ai fini della procedura ex art. 420 bis cpc, la potenziale serialità della controversia e la rilevanza e serietà della questione pregiudiziale da risolvere, come da giurisprudenza restrittiva formatasi in proposito.

Limita l'operatività del meccanismo al giudizio di primo grado (in conformità alle recenti pronunce della Corte di Cassazione del febbraio-marzo 2007).

Il progetto conserva la sospensione obbligatoria del procedimento in caso di ricorso immediato per Cassazione.

Sono stati sottoposti alla riflessione alcuni aggiustamenti chiarificatori che potrebbero evitare strumentalizzazioni nel ricorso all'art. 420 bis cpc e dare maggiore incisività al procedimento, sinora di scarsa applicazione.:
- valutazione del giudice sulla stretta rilevanza della questione e controllo della Corte di Cassazione su tale giudizio ( come avviene per rimessione davanti alla Corte Costituzionale);
-  obbligo del giudice di istruire la controversia, ove necessario perdecidere la questione pregiudiziale;
-  possibilità di notiziare le parti stipulanti per eventuale accordo solo interpretativo (e non modificativo) con finalità "conciliativa", impossibile -per la loro serialità- in queste controversie;
-  non sospensione obbligatoria del procedimento in caso di ricorso per Cassazione, ma applicazione del meccanismo previsto dagli artt. 279, quarto comma e 133 disp.att. c.p.c. per prosieguo di procedimenti dopo sentenza non definitiva e ricorso per cassazione. 

Questi aggiustamenti consentirebbero di:

-  evitare di ingolfare la Cassazione;
- garantire pluralità di decisioni in primo grado non vincolate dalla decisione della Corte di Cassazione;
-  tutelare il singolo consentendo la decisione della causa matura per la decisione senza obbligatoria sospensione.

Conciliazione e arbitrato

Il progetto Foglia colloca il tentativo obbligatorio di conciliazione in una fase precontenziosa ma a giudizio già iniziato e prevede la possibilità di delegare al conciliatore le funzioni di arbitro.

Non è apparsa condivisibile l'esclusione dal tentativo di conciliazione delle controversie soggette al rito sommario.

Problematica è inoltre la previsione che consente al giudice di emettere un'ordinanza, provvisoriamente esecutiva, di pagamento totale o parziale delle somme richieste o ulteriori provvedimenti anticipatori della decisione di merito e ciò sul semplice presupposto della mancata comparizione del convenuto (o dell'attore citato in riconvenzionale) al tentativo di conciliazione.

Tale previsione si scontra in qualche modo con il significato finora attribuito alla contumacia nel processo.

Si è sottolineata invece la utilità della previsione di una conciliazione parziale.

Si è evidenziato il rischio di una deresponsabilizzazione dei giudici a cui verrebbe attribuito un potere di scelta discrezionale sull'affidamento a terzi della fase conciliativa.

 

Conclusioni

Si è preso atto di una involuzione della giurisprudenza che interpreta in modo molto rigoroso il requisito del periculum in mora ai fini del ricorso ex art. 700 cpc, esigendo una prova rigorosa della mancata disponibilità di mezzi economici e trascurando del tutto l'irreparabilità del danno legato alla perdita del lavoro come presupposto di per sé per una esistenza libera  dignitosa, come luogo di esplicazione della personalità e della professionalità e come veicolo di partecipazione alla vita sociale.

Il Progetto Foglia ha cercato di tipizzare alcune procedure che non avrebbero avuto bisogno di tipizzazione se non ci si fosse trovati di fronte ad una diffusa giurisprudenza sorda alle istanze di tutela connesse alla cessazione del rapporto di lavoro.

Di fronte alla tendenza involutiva della giurisprudenza non sembra che vi sia altra strada percorribile se non quella di un intervento legislativo.

L'alternativa che si profila è tra l'introduzione di un nuovo ed ulteriore rito, appunto il rito sommario del Progetto Foglia, o la modifica dell'art. 700 cpc in modo da rendere non necessario, per le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro, il requisito del periculum in mora.

Il ricorso ex art. 700 cpc e il rito sommario di cui al Progetto Foglia costituiscono entrambi rimedi facoltativi, improntati a celerità, sganciati dal rispetto di forme rigorose e con ampi poteri istruttori d'ufficio.

L'art. 669 octies cpc consente già una possibile stabilizzazione dei provvedimenti d'urgenza così come l'art. 3 del Progetto Foglia prevede l'efficacia di sentenza passata in giudicato delle ordinanze non reclamate o non opposte.

Il progetto Foglia dovrebbe essere ritoccato su alcuni punti sopra esaminati (es. termine di decadenza troppo breve, opposizione dinanzi alla Corte d'Appello).

E' ovvio che negli uffici ove i termini di fissazione delle udienze sono brevi non vi sarà ragionevolmente bisogno di ricorrere al rito sommario.

Negli uffici in cui i tempi di fissazione sono più lunghi, lo strumento del Progetto Foglia o l'art. 700 cpc modificato garantirebbero una più celere trattazione delle controversie in cui le esigenze di tutela sono maggiori.

In ogni caso, con l'uno o l'altro rimedio, si riuscirebbe, laddove sia invocata una tutela più rapida, a fornire una risposta giudiziaria non imbrigliata nei lunghi tempi di fissazione delle udienze o nelle rigidità della giurisprudenza. 

 

Carla Ponterio - Fabrizio Amato

 

 

 

 

 

 

02 11 2007
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