di Francesco Vigorito
Informatica, processo civile, procedure esecutive
Premessa
Il disegno di legge in materia di "ufficio per il processo e riorganizzazione
del personale dell'amministrazione giudiziaria" approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 maggio 2007 ripropone, dopo una lunga stasi corrispondente all'intera XIV legislatura, la prospettiva del c.d. "processo civile telematico".
Si tratta di una prospettiva in larga parte ancora ipotetica considerando che il primo termine per l'applicazione del nuovo sistema processuale era stato fissato dal d.P.R. 13 febbraio 2001 n. 123 all'1 gennaio 2002, che il nuovo disegno di legge governativo prevede l'obbligatorietà delle forme del processo telematico dal 30 giugno 2010, ma che la discussione del progetto di legge, assegnato alla Commissione Giustizia della Camera, non è ancora iniziata e che, allo stato, la sperimentazione in atto è ancora molto settoriale.
Il programma sul quale lavora da tempo il Ministero della Giustizia può essere consultato sul sito del Ministero al link http://www.processotelematico.giustizia.it/.
L'originario progetto generale delineato dal d.P.R. 13 febbraio 2001 n. 123 aveva un campo di applicazione definito (art. 2: "E' ammessa la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti del processo civile mediante documenti informatici nei modi previsti dal presente regolamento") che sembrava delineare non tanto un modello processuale informatizzato quanto l'automazione nella formazione, comunicazione o notificazione degli atti del processo civile e questo ambito applicativo è confermato dalla definizione dell'obiettivo del progetto del "processo civile telematico", così come indicato nel sito del Ministero, che è quello di "automatizzare i flussi informativi e documentali tra utenti esterni (avvocati e ausiliari del giudice) e uffici giudiziari relativamente ai processi civili".
Quella di "processo telematico" è, quindi, una definizione riassuntiva di un disegno che in questa fase non guarda al concetto letterale di telematica (che indica metodologie e tecniche delle telecomunicazioni e dell'informatica associate per realizzare l'elaborazione a distanza delle informazioni) e nemmeno alla creazione di un sistema informatico ma intende creare una rete di telecomunicazioni per l'invio e la ricezione di documentazioni pubbliche o private tra utenti esterni ed uffici giudiziari.
Si tratta, in sostanza, di una automazione del sistema processuale esistente, e però di un passo avanti rispetto a quello che è stato fatto nella fase precedente (la creazione di data-base relazionali per le cancellerie con limitata capacità di interazione con gli utenti, magistrati o avvocati).
L'automazione è, senza dubbio, la premessa di ogni progetto ma occorre chiedersi quali dovranno essere i passaggi successivi perchè l'informatica da strumento di ausilio al funzionamento del sistema processuale esistente possa divenire una leva di trasformazione dell'intero sistema.
La prospettiva finora seguita può portare sensibili miglioramenti alla funzionalità del processo civile ma è destinata fatalmente a scontare un modello obsoleto, comunque incapace di dare una risposta in termini ragionevoli alla richiesta di giustizia che viene dalla società; il "processo civile telematico" così come si va articolando è una risposta che rispetto all'attuale stato della giustizia civile appare molto avanzata ma non è la soluzione dei problemi né può esserlo.
Così come si è verificato nei settori più avanzati della società e dell'economia occorre costruire intorno all'informatica un modello organizzativo e processuale flessibile sul quale fondare una giurisdizione efficiente e funzionante, soprattutto in quelle materie che, per proprie caratteristiche, sono più idonee ad adeguarsi a sistemi procedimentali più evoluti.
E' poi importante che il percorso dell'informatizzazione del sistema giudiziario tenga conto che la modernizzazione è estremamente rapida, che le soluzioni adottate divengono obsolete dopo pochi anni e che le decisioni politiche ed amministrative non possono che essere adeguate a questa dinamica.
Un nuovo modello di processo civile
L'applicazione delle innovazioni tecnologiche al processo civile può limitarsi all'uso di data-base più o meno evoluti per la gestione delle cancellerie ed alla predisposizione di sistemi di trasmissione rapida dei dati e questo comporta rilevanti economie sia per l'organizzazione delle cancellerie che per gli utenti.
Queste innovazioni non sono, tuttavia, in grado di confrontarsi con il problema principale dell'organizzazione giudiziaria attuale, quello che riguarda specificamente la magistratura: il problema della efficacia della risposta giurisdizionale e dei tempi dei processi.
Non è del tutto scontato che l'utilizzo dell'informatica sia in grado di incidere sulla durata dei processi (e l'approccio adottato in questi decenni ha finito per aggravare il problema caricando il giudice di incombenze che in precedenza gli erano estranee senza ottenere nulla "in cambio") ma una analisi del sistema e del processo che coinvolga anche la dottrina processualcivilista può essere utile, può consentire che si inizi un percorso in questo senso.
Si tratta, in sostanza, di individuare i punti di sofferenza del processo e gli strumenti processuali e tecnologici per superarli.
Il lavoro svolto in questi anni da alcuni operatori riuniti negli Osservatorii sulla giustizia civile ha consentito di individuare i nodi problematici, almeno con riguardo al giudizio civile ordinario di primo grado, nella gestione delle udienze e nella motivazione dei provvedimenti.
La risposta degli Osservatorii è stata quella della predisposizione dei protocolli d'udienza; i protocolli costituiscono, senza dubbio, uno strumento per rendere più razionale e "civile" l'esistente ma sono, per la loro stessa natura, solo un punto di partenza.
L'utilizzo di sistemi informatici sviluppati può risolvere una gran parte dei problemi evidenziati nella prassi.
Un primo strumento operativo è certamente la Consolle del giudice che consente a ciascun giudice di utilizzare le informazioni che possono essere acquisite dal data-base della cancelleria (SICID) per l'adozione di provvedimenti, la gestione delle udienze, la conservazione di appunti ecc.
Il presupposto irrinunciabile per un ulteriore sviluppo del sistema è, però, quello della individuazione di professionalità che possano realizzare attività non di tipo amministrativo ma di supporto (tecnico o giuridico) al lavoro del giudice.
Non è nemmeno prospettabile la possibilità (che pure già si realizzata ad opera di alcuni magistrati) che il giudice oltre a gestire l'udienza, ad ascoltare le parti e ad adottare i provvedimenti, provveda personalmente ad utilizzare gli strumenti informatici per verbalizzare, aggiornare i registri ecc.
E' necessaria l'assistenza di personale che sia in grado di predisporre un verbale in formato elettronico utilizzando sia le informazioni fornite dalle parti (con il deposito degli atti, anch'essi in formato elettronico) e dai data-base dell'ufficio che quelle che vengono acquisite in udienza; la redazione del verbale potrebbe essere favorita dall'utilizzo di programmi di scansione documentale e di riconoscimento vocale.
Il giudice deve poter assumere le sue decisioni esaminando preventivamente gli atti delle parti (e deve, quindi, avere la possibilità di visionarli anche per via telematica).
La previsione, nel citato disegno di legge sull'ufficio per il processo, di figure professionali che dovrebbero garantire "la piena assistenza all'attività giurisdizionale ...... anche attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie, assicurando altresì le attività di ricerca dottrinale e giurisprudenziale, e curando i rapporti con le parti ed il pubblico, l'organizzazione dei flussi dei processi sopravvenuti e la formazione e tenuta dell'archivio informatizzato dei provvedimenti emessi" e della attività di collaborazione con i magistrati di " praticanti avvocati, tirocinanti delle scuole di specializzazione per le professioni legali, dottori di ricerca" sembra rispondere a queste esigenze anche se sarà poi decisivo stabilire nella pratica quale modello organizzativo sarà adottato negli uffici.
Quanto alla fase decisoria (che costituisce il vero collo di bottiglia del sistema) gli ausili che l'informatica ha fornito e può fornire (in passato con l'uso dei programmi di video-scrittura e con gli archivi di giurisprudenza, in futuro con la predisposizione di modelli di sentenza già comprensivi della intestazione e di ampie parti di "svolgimento", redatte sulla base dei dati del SICID, e di "motivazione", redatte utilizzando i precedenti conformi, e con l'utilizzo di dispositivi di riconoscimento vocale) unitamente alla collaborazione del personale al quale si è fatto riferimento possono portare ad un significativo incremento di "produttività" ma non sono in grado di superare un oggettivo squilibrio tra il numero di sentenze che vengono richieste e quelle che i giudici civili sono in grado di pronunciare.
Per chiudere il discorso sull'utilizzo della tecnologia nel processo civile si deve far riferimento ad altri due settori necessari di intervento, quello della archiviazione ragionata delle sentenze di merito (con la necessità di predisporre ed adottare in maniera diffusa programmi che siano in grado di archiviare e ricercare i precedenti) e quello dell'analisi dei "carichi di lavoro e dei flussi delle pendenze, adeguatamente scomposti -quantitativamente e qualitativamente - per ciascun ufficio" (per usare la formula adottata nella delibera programmatica sulla circolare delle tabelle del 25 luglio 2007 del Consiglio Superiore della Magistratura).
L'esecuzione civile: un settore privilegiato di sperimentazione
La materia esecutiva in senso lato (non solo le esecuzioni civili, disciplinate dal codice di procedura, ma anche la materia fallimentare) costituisce quasi naturalmente il settore in cui è possibile realizzare una modifica dell'intero sistema (organizzazione, automazione, modello processuale) che non si limiti ad utilizzare l'informatica ma che su di essa si incentri, che la individui come leva di innovazione del sistema.
I motivi che ne fanno un settore privilegiato sotto questo aspetto sono molteplici.
Il primo è un motivo, per così dire, funzionale.
Da sempre il cattivo andamento della giurisdizione in sede esecutiva è stato indicato dagli operatori economici e dal sistema bancario come uno dei motivi di una pesante arretratezza del sistema creditizio, caricato degli oneri di un rientro dalle situazioni di "sofferenza" e di "insolvenza", che non solo subisce i tempi lunghissimi del processo esecutivo ma spesso ne sconta gli esiti deludenti.
Ancora di recente si è fatto riferimento a queste cause come quelle che giustificano il mantenimento di tassi di interesse passivi a livelli superiori rispetto a tutti gli altri paesi europei.
Questa circostanza, come è evidente, ha un riflesso gravissimo sull'intero sistema economico incidendo sulla produttività, sul debito pubblico, sull'ammontare delle risorse, sulla competitività, sulla domanda di beni e di servizi.
Peraltro la giustificazione data dai responsabili del sistema creditizio non può considerarsi pretestuosa considerando che nonostante gli straordinari risultati ottenuti in molte realtà italiane in questi ultimi anni la durata delle procedure esecutive e fallimentari in Italia è incomparabilmente superiore a quella del resto d'Europa.
Si tratta, quindi, di un settore che coinvolge interessi economici (privati e pubblici) rilevantissimi e la cui funzionalità ha una incidenza immediata sull'intero sistema economico.
La capacità dell'amministrazione della giustizia di dare una risposta efficiente in questo settore costituisce quindi un parametro molto significativo, un segno che la strada della degiurisdizionalizzazione non è né inevitabile né conveniente.
Ma un secondo motivo per il quale quello esecutivo è un settore privilegiato di sperimentazione è quello legato alle peculiarità delle procedure esecutive; esse sono, infatti, caratterizzate da un elevato livello di tipizzazione degli atti e del procedimento e da una limitata esigenza di oralità nello sviluppo del rapporto processuale.
Un terzo motivo riguarda la cultura della giurisdizione ed è legato alla esperienza di questi anni di c.d. "prassi virtuose".
In molti uffici giudiziari, partendo dalle esperienze "pilota" di Bologna e di Monza ed utilizzando una serie di momenti di confronto (in larga parte sorti nell'ambito degli incontri di formazione organizzati dal CSM e culminati nella creazione di un "forum" tra tutti i giudici dell'esecuzione e con l'organizzazione a Venezia, nei giorni 23 e 24 settembre 2007 di un convegno di "autoformazione") si sono andati sviluppando vari progetti in parte differenziati che hanno, tuttavia, portato all'affermazione diffusa di modelli operativi sostanzialmente omogenei.
Si tratta di giudici che, riflettendo sulla caratteristiche del proprio lavoro, sulle peculiarità delle singole situazioni, sugli strumenti informatici che la società più che la struttura amministrativa ha messo a loro disposizione, hanno mostrato di essere attenti alla innovazione tecnologica e capaci di organizzazione ed auto-organizzazione; un esempio che, da un lato, smentisce le ricorrenti ricostruzioni che descrivono i magistrati come "burocrati privilegiati e demotivati" incuranti della funzionalità del servizio e del senso del proprio lavoro e, dall'altro, dimostra che la capacità di rapportarsi all'esterno costituisce una risorsa indispensabile per rendere effettiva la giurisdizione.
I progetti di informatizzazione del settore non possono, quindi, che fare i conti con questa prospettiva e questo modello, con questa tipologia di giudice al quale sovente si sono affiancati operatori amministrativi motivati e professionisti esterni capaci.
L'esperienza pratica di questi anni ha visto una elevata interazione tra le migliori prassi giudiziarie e la rete ( utilizzata come strumento di diffusione di documenti e notizie relative alle procedure) e l'uso della tecnologia per rendere più veloci e sicure le procedure.
Vi è stata l'utilizzazione di Internet come strumento di una informazione e pubblicità realmente efficace; questo strumento più di ogni altro ha demolito un sistema illegale o ai limiti della legalità che si fondava sulla sostanziale segretezza delle vendite giudiziarie.
Ma vi è stata anche l'automazione di intere fasi procedimentali (fase della stima del bene, esperimenti di aste telematiche), l'uso diffuso della telematica per la gestione dei rapporti tra soggetti del processo (custodi, parti, CTU, offerenti e potenziali offerenti, aggiudicatari), oltre al tradizionale utilizzo dell'informatica per la redazione degli atti, la loro archiviazione e per facilitare operazioni più complesse come la predisposizione dei progetti di distribuzione.
Inoltre vi sono stati esperimenti di gestione telematica dei rapporti con organi amministrativi esterni o con gli istituti di credito.
In qualche realtà si è realizzata l'archiviazione di tutti i documenti e la gestione delle procedure con l'ausilio di terminali.
Si tratta di un utilizzo dell'informatica che ha fatto tesoro "in tempo reale" delle innovazioni tecnologiche creando esempi e modelli che si sono diffusi sul territorio e sono stati adottati in ambiti sempre più ampi.
Se queste sono le premesse occorre individuare un percorso, un progetto complessivo che parta da queste esperienze e ne faccia tesoro ma che sia contemporaneamente capace di una sintesi proponendo un modello non rigido ed "autoritario" ma flessibile e capace di conglobare le sperimentazioni in corso.
L'idea di un intervento che si sviluppi unicamente intorno all'archiviazione dei dati, ad un data-base relazionale è certamente inadeguata.
Le procedure esecutive (ed, analogamente, le procedure concorsuali) possono essere interamente automatizzate.
Ad esempio nelle procedure esecutive immobiliari si può pensare alla redazione dell'atto di pignoramento in formato elettronico ed attraverso la trasmissione telematica dell'atto tra creditore, ufficiale giudiziario, Agenzia del territorio, cancelleria del Tribunale, l'invio telematico dell'istanza di vendita e della documentazione di cui all'art. 567 c.p.c., il controllo automatico della tempestività del contenuto e degli atti, l'incarico affidato a mezzo comunicazione telematica, la redazione della relazione su modello predeterminato, la trasmissione della stessa alle parti ed alla cancelleria, l'utilizzo di sistemi di pubblicità informatica, la vendita telematica, la predisposizione automatica del progetto di distribuzione, ad una procedura che con minime modifiche normative sia interamente automatizzata e realizzi un modello efficace ed in linea con la durata delle procedure esecutive nel resto d'Europa.
Per un progetto di questo tipo sono necessari investimenti significativi ma in questo settore più che in ogni altro si tratta di investimenti produttivi.
L'archiviazione in formato elettronico di fascicoli al Tribunale di Roma ha prodotto, insieme ad una serie di misure organizzative, un incremento nel corso di un quinquennio di 15 volte del numero dei beni venduti e delle somme distribuite con un effetto di smobilizzo di alcuni miliardi di euro a favore dei creditori ed un introito diretto dello Stato (per imposte di registro, IVA, recupero tributi ed altro) di alcune decine di milioni di euro all'anno a fronte di una spesa annua incomparabilmente inferiore per sostenere il progetto.
Il "blocco" dei contratti con le società addette al servizio che si è verificato a fine giugno, giustificato da ragioni di regolarità contabile e contrattuale, comporterà un inevitabile rallentamento della funzionalità dell'ufficio con una ricaduta in termini di mancate vendite ed un mancato introito per i creditori di centinaia di milioni di euro e per lo Stato di decine di milioni di euro.
Si è detto e scritto tante volte dell'informatica giudiziaria, del "processo civile telematico" come nuova prospettiva per l'attività giudiziaria ma queste affermazioni sono restate sulla carta ed il settore della giustizia è rimasto tra i più arretrati nel processo di sviluppo tecnologico del paese; la realizzazione di obiettivi avanzati in questo campo non è soltanto un modo di modernizzare l'esistente ma è uno degli strumenti più raffinati ed efficaci per dimostrare che gli investimenti destinati alla giustizia, a differenza di quanto si è detto in passato, sono investimenti produttivi , per dare la prova che anche in Italia "una giurisdizione efficiente è possibile".
Francesco Vigorito
Giudice del Tribunale di Roma