Intervento a tutela dei magistrati di Torino, Milano e Palermo


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Nei giorni precedenti si era profilata l’ipotesi della mancanza di numero
legale, perch i laici della cdl avevano detto o fatto intendere di non
voler trattare la pratica, approfittando anche dell’annunciata assenza di
Rognoni e Schietroma, impediti per ragioni personali. Di fronte a questa
evenienza il vicepresidente Rognoni ha procrastinato il proprio impegno ed è
venuto a presidere il plenum.

In apertura di seduta, alla quale erano presenti tutti i laici della cdl. Di
Federico ha riproposto la tesi dell’illegittimità della deliberazione che si
sarebbe andata ad adottare, tesi avanzata da Cossiga nel 1985 e dallo stesso
riproposta in questi giorni con una lettera al presidente della Repubblica.

Dopo gli interventi di Berlinguer, Salm, Aghina, Lo Voi e De Nunzio la
questione preclusiva di Di Federico è stata messa ai voti e bocciata con 18
voti a favore, cinque contrari (i laici della cdl) e un astenuto (Rognoni).

Nella discussione di merito sono intervenuti tutti i componenti.

Dobbiamo registrare con viva soddisfazione l’esito del dibattito, non solo
perch è stata ribadita la legittimità costituzionale dell’istituto della
pratiche a tutela, confermata da una prassi quasi trentennale e il consenso
di quattro presidenti della repubblica (Leone, Pertini, Scalfaro e Ciampi),
ma anche perch con l’approvazione del documento il Consiglio ha contribuito
a restituire onorabilità a magistrati ingiustamente offesi e, al tempo
stesso, ci auguriamo,anche a ridare fiducia ai cittadini nella
giurisdizione.

M.G.CIVININI, L.MARINI, F. MENDITTO, G.SALME’, G. SALVI

PRATICA A TUTELA PRIMA COMMISSIONE
ORDINE DEL GIORNO ORDINARIO
PLENUM 18 GIUGNO 19 GIUGNO 2003

R 1) - 274/RR/2003 -
A) Delibera del Comitato di Presidenza del 7 maggio
2003 a seguito della quale si trasmette la nota dei componenti dottori
Ernesto AGHINA, Paolo ARBASINO, Maria Giuliana CIVININI, Wladimiro DE
NUNZIO, Giuseppe FICI, Francesco LO VOI, Giovanni MAMMONE, Luigi MARINI,
Giuseppe MELIADO’, Francesco MENDITTO, Leonida PRIMICERIO, Luigi RIELLO,
Giuseppe SALME’, Giovanni SALVI, Carmine STABILE e Lanfranco Maria TENAGLIA
di apertura di una pratica a tutela del collegio giudicante del Tribunale di
Milano che ha definito con sentenza il procedimento relativo al caso
IMI-SIR/Lodo Mondadori;
B) Delibera del Comitato di Presidenza dell’8 maggio 2003 a seguito della
quale si trasmette la nota dei componenti dottori Ernesto AGHINA, Paolo
ARBASINO, Maria Giuliana CIVININI, Wladimiro DE NUNZIO, Giuseppe FICI,
Francesco LO VOI, Giovanni MAMMONE, Luigi MARINI, Giuseppe MELIADO’,
Francesco MENDITTO, Leonida PRIMICERIO, Luigi RIELLO, Giuseppe SALME’,
Giovanni SALVI, Carmine STABILE e Lanfranco Maria TENAGLIA di apertura di
una pratica a tutela dei magistrati della Corte di Appello di Palermo, con
riferimento al processo nei confronti del Sen. Andreotti, ai quali si
addebita lo strumentale utilizzo dei loro poteri
(relatori: Dott. LO VOI, Prof. BERLINGUER, Dott. ARBASINO)
PROPOSTA DI MAGGIORANZA - (relatori: Prof. BERLINGUER, Dott. LO VOI e Dott.
ARBASINO)
(con 5 voti favorevoli e con quello contrario del Prof. Spangher)

1. Come ha pi volte ricordato il Presidente della Repubblica, da ultimo
nella seduta del 1 agosto 2002, "la stabilità delle istituzioni si fonda
sulla divisione dei poteri e sul rispetto pieno e reciproco delle funzioni
di ciascuno". Nell’ambito del sistema di "pesi e contrappesi" che
caratterizza la moderna democrazia pluralista, le istituzioni di garanzia, e
tra queste la magistratura, traggono dalla Costituzione autonoma
legittimazione. La stessa Costituzione assegna anche al Consiglio superiore
il compito primario di tutelare l’indipendenza e l’autonomia della
magistratura e in particolar modo di ciascun magistrato nell’esercizio
concreto delle sue funzioni, contro attacchi e condizionamenti indebiti, da
qualunque parte essi provengano ed in qualunque modo essi vengano attuati.
Quando singoli magistrati o pronunce di organi giudiziari vengano fatte
oggetto non di critiche, sempre legittime, ma di denigrazioni diffamatorie
con generiche e immotivate accuse di parzialità, il Consiglio deve
intervenire a tutela della credibilità della funzione giudiziaria, perch la
fiducia dei cittadini nella giurisdizione è una garanzia assoluta ed
indispensabile della vita democratica.
2. Di recente, da parte di esponenti politici investiti delle pi alte
responsabilità, sono stati ripetutamente rivolti attacchi a magistrati del
pubblico ministero e a collegi giudicanti:
- in relazione a una sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di
Milano nei confronti di un uomo politico si è dichiarato, tra l’altro, che
"il suo obiettivo non è fare giustizia, ma quello di colpire le forze che
hanno avuto il mandato di governare l’Italia" e che detta sentenza sarebbe
"frutto di prevenzione, parzialità ideologico-politica";
- in occasione della pronuncia della sentenza della Corte d’appello di
Palermo nei confronti del senatore Giulio Andreotti, è stato affermato, tra
l’altro, che tale sentenza aveva fatto saltare un "teorema giustizialista",
formulato da magistrati che avevano dimostrato in varie forme la loro accesa
politicizzazione per "condizionare e deformare il volto della nostra
democrazia";
- la stampa ha riportato dichiarazioni, che sarebbero state rese all’estero,
secondo le quali il processo che si sta celebrando a Milano in relazione ad
accuse di corruzione in atti giudiziari per la vicenda processuale relativa
alla dismissione della Sme, sarebbe "un processo finto e nullo", condotto da
"un manipolo di giudici che vuole eliminare una parte politica" istruendo un
dibattimento basato "su prove false e occultate";
- in una trasmissione televisiva e in relazione alla richiesta di
archiviazione di un filone di un procedimento pendente davanti alla Procura
della Repubblica di Torino si è affermato che la richiesta sarebbe stata
formulata da "magistrati combattenti collaterali alla sinistra" vicini a due
esponenti dell’opposizione.
3. La sentenza del Tribunale di Milano, le cui motivazioni non sono ancora
state depositate, è stata emessa da tre giudici. Il procedimento si è
protratto per quasi 36 mesi, nel corso dei quali sono state tenute 116
udienze, sono stati ascoltati 183 testimoni e compiute numerose altre
attività istruttorie, con la continua ed efficace presenza dei difensori
degli imputati; i magistrati che hanno composto l’organo giudicante si sono
sempre astenuti da ogni valutazione o comportamento, al di fuori della sede
processuale, che potesse mettere in dubbio la loro autonomia di giudizio;
essi, in particolare, hanno sempre avuto riconosciute indiscusse capacità
professionali sia dal punto di vista tecnico che da quello dell’equilibrio e
dell’autorevolezza.
L’assunto, poi, di una magistratura requirente e giudicante che persegue
finalità diverse da quelle sue proprie e per di pi volte a sovvertire l’
assetto istituzionale democraticamente voluto dai cittadini, oltre ad essere
privo di fondamento, costituisce la pi grave delle accuse ed integra, anche
per il livello istituzionale da cui tali affermazioni provengono, una
obiettiva e forte delegittimazione della funzione giudiziaria nel suo
complesso e dei singoli magistrati.
L’interpretazione di dichiarazioni di magistrati, volte sobriamente a
chiarire l’aspetto tecnico della decisione, come manifestazione invece di
una persistente volontà persecutoria, costituisce anch’essa elemento di
discredito della funzione e dei singoli magistrati.
In conclusione, l’assunto che i magistrati, a diverso titolo impegnati, come
componenti di collegi o come pubblici ministeri, nei processi di cui sopra
abbiano perseguito finalità diverse da quelle di giustizia è assolutamente
infondato.
4. I singoli magistrati, gravemente offesi in modo così reiterato, hanno
dato un’ennesima prova di senso di responsabilità, non reagendo
individualmente, o intervenendo in modo assolutamente equilibrato. Il
Consiglio, per parte sua, ha il dovere costituzionale di ristabilire
autorevolmente e pubblicamente la loro immagine. Ora, come è stato altra
volta affermato, "è del tutto fisiologico che nella difesa della propria
indipendenza e della propria autonomia la magistratura, quale istituzione di
garanzia, possa venire a trovarsi in momenti di rapporto dialettico o
addirittura conflittuale con altri poteri", ma tale rapporto deve rimanere
nella misura di civiltà e rispetto reciproco, non essendo ammissibile una
delegittimazione di un’istituzione nei confronti dell’altra, pena la caduta
di credibilità dell’intero assetto costituzionale.
Il Consiglio esprime quindi la propria allarmata preoccupazione per un clima
di rapporti istituzionali che travalica quello della fisiologia dialettica e
rivolge un pressante appello a tutte le istituzioni perch sia ristabilito
il rispetto dei singoli magistrati e dell’intera magistratura e, quindi, la
fiducia dei cittadini, che è condizione imprescindibile di un’ordinata vita
democratica.

19 06 2003
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