di Giancarlo Caselli
INTRODUZIONE
Signor Presidente, Colleghi della Corte d'Appello qui riuniti in Assemblea generale, Magistrati di tutti gli uffici del Distretto, Magistrati onorari, Giudici di Pace, Avvocati, Autorità, Signore e Signori: prima di presentarVi la relazione sull'amministrazione della giustizia nel Distretto, voglio manifestare (sicuro di interpretare un sentimento comune) preoccupazione per le incertezze ed i rischi che gravano pesantemente sulla nostra regione e sulla città di Torino. I complessi problemi della Fiat - a tutti noti - producono costi sociali duri per molte famiglie e per l'intera collettività. A chi paga direttamente i prezzi pi alti di questa difficile situazione esprimiamo convinta solidarietà, con l'augurio che le capacità e le risorse di tutti siano impegnate nella ricerca di soluzioni eque, a servizio dell'interesse generale.
Reso il dovuto omaggio al Presidente della Repubblica - desidero salutare i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministro della Giustizia, nonch i rappresentanti dell'Associazione Nazionale Magistrati e dell'Avvocatura, grato per il contributo di riflessione che sapranno fornire.
Un apprezzamento riconoscente ed un saluto particolare vanno poi indirizzati a tutto il personale amministrativo, sempre capace di esprimere un serio impegno di lavoro, pur in condizioni spesso difficili. E ancora, alla Polizia di Stato, All'Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, alla Polizia penitenziaria, alle Polizie municipali, ai Vigili del fuoco, alle Guardie Forestali e a tutti coloro - appartenenti ad enti pubblici o volontariamente operanti - che efficacemente collaborano con l'amministrazione della giustizia.
Nell'anno trascorso v'è stato il collocamento a riposo di pi colleghi. Tra questi il mio predecessore, dr. Antonino Palaja, che saluto con particolare stima.
Con tristezza ricordo i magistrati, i funzionari e gli avvocati che la morte ci ha tolto. A volte in modo drammatico: come nel caso del collega Federico De Rosa, spentosi - letteralmente - per la fatica di un quotidiano, pesantissimo impegno di lavoro.
L'assoluta eccezionalità dell'uomo consente poi di varcare i confini del distretto e di ricordare - anche in questa sede - Antonino Caponnetto: magistrato che segnò la riscossa del nostro stato contro la mafia;- che fu sempre in prima linea nella difesa della legalità;- straordinariamente forte e reattivo nella sua infinita dolcezza.
1. FUNZIONAMENTO IN GENERALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.
Il quadro che complessivamente emerge dalla lettura delle relazioni pervenute dai vari uffici del distretto è di malessere e sofferenza. I magistrati vorrebbero rendere un buon servizio e si impegnano quotidianamente a questo fine. Certo, vi sarà anche tra i magistrati chi potrebbe lavorare di pi. E' doveroso individuare e sanzionare le inadempienze. Ma senza coinvolgere in un indifferenziato ed ingiustificato addebito di responsabilità l'intera magistratura. Che merita anzi apprezzamento e rispetto per quel che riesce a fare, nonostante ostacoli e difficoltà d'ogni genere. "Il problema centrale della nostra giustizia è e rimane quello della durata eccessiva dei processi": con queste parole il Presidente Ciampi ha sintetizzato l'analisi sulla crisi della giustizia in Italia. Un'analisi condivisa da tutti ed in particolare dai magistrati. Che però sono vittime, alla fine, di un singolare paradosso. Vorrebbero che il loro lavoro fosse celere ed efficace. Così non è, per cause che in minima parte sono loro riconducibili. E tuttavia le conseguenze di questa situazione ricadono (oltre che sugli "utenti" volta a volta direttamente interessati) proprio sui magistrati. Perch se io fossi uno dei tanti cittadini che deve attendere per lustri, per non dire decenni, la conclusione definitiva di una vertenza civile o di una causa penale, la reazione pi immediata sarebbe - anche per me - di "prendermela con i giudici". E infatti sono loro che hanno il compito di gestire i tempi del processo. E' a loro che spetta di concluderlo con una sentenza. Ed è a loro pertanto che si indirizzano il risentimento e l'indignazione per la durata irragionevole dei processi, per una giustizia ritardata che è giustizia denegata, con palese violazione di uno dei diritti fondamentali dei cittadini. Di qui la nostra amarezza. L'amarezza di appartenere ad una categoria accusata di non lavorare come dovrebbe. Un'accusa devastante per chi ( ed è la stragrande maggioranza dei magistrati) spesso lavora anche oltre il dovuto e vede che il suo impegno non apporta alcun miglioramento al "servizio-giustizia". Ci si può anche sentire a posto con la propria coscienza, ma è la coscienza professionale dell'intera istituzione che viene messa in discussione agli occhi dell'opinione pubblica...(segue)
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