La mobilità dei magistrati


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di Civinini, Marini, Menditto, Salm, Salvi

Siamo consapevoli che, tra i gravi problemi che la magistratura e l’autogoverno
incontrano in questo momento, quello della mobilità del personale di magistratura
è tra i pi gravi e drammatici. La piena copertura delle piante organiche
è un fatto fino a pochi anni fa semplicemente impensabile. Di per s esso
è un fatto estremamente positivo, ma ha ricadute di notevole rilievo sulla
vita dei magistrati, a meno che non sia completamente ripensata la politica
del personale, passando dalla ricerca della stabilità alla promozione
della mobilità. Come è stato detto, gran parte di un’intera generazione
di giovani magistrati (attualmente sono 393) destinati, a partire dal
concorso del luglio 1994, a sedi meridionali non ambite e comunque diverse
da quelle di provenienza ha visto allontanarsi la prospettiva di una soddisfazione
a breve termine delle proprie legittime aspettative di destinazione a
sedi pi vicine a quelle d’origine.

Questo comporta frustrazioni, sofferenze se non veri e propri drammi personali
e familiari, e, pi in generale, il pericolo di un profondo mutamento
delle stesse motivazioni che portano tanti brillanti neolaureati a compiere
la scelta della magistratura, che rischia di apparire soltanto un mestiere
scomodo e malpagato. Comprendiamo quindi la passione di alcuni interventi
e guardiamo con attenzione alle proposte che alcuni si sono assunti l’onere
di formulare. Per elaborare una nuova politica della mobilità, che possa
fronteggiare il fenomeno della saturazione degli organici, è necessario
uno sforzo collettivo di analisi e di proposta che coinvolga il maggior
numero di magistrati e non sia limitato a quelli direttamente interessati,
per la delicatezza e la centralità – vorremmo dire strategica – di questo
tema per i futuri assetti della magistratura e per il modo stesso di essere
magistrato. Vogliamo, però, subito sottolineare che non bisogna sottovalutare
il contesto politico che stiamo vivendo, divenuto pi attuale con la presentazione
del "maxiemendamento", in cui viene perseguito l’obiettivo di spaccare
la magistratura e di ridimensionare compiti e poteri dell’organo di autogoverno.

E’ necessario, perciò, uno sforzo da parte di tutti coloro che intendono
contrastare questo disegno per riaffermare i principi fondamentali che
abbiamo sempre condiviso: l’importanza ed il ruolo dell’autogoverno, con
il quale occorre cercare in tutti i modi di costruire un rapporto di dialogo
e di fiducia e che deve essere inteso come funzione diffusa, a cui ciascuno
di noi ha il diritto ed il dovere di concorrere come parte della stessa
indipendenza. Il tema della mobilità, dunque, è ben presente alla delegazione
consiliare di MD. Lo è sin dal momento in cui si è presentata nella campagna
elettorale facendone uno dei punti cardine, insieme ad altri che sarebbe
bene non dimenticare. Per questa ragione ci siamo impegnati tutti nel
cercare di dare risposte concrete ai gravissimi problemi obiettivi che
il Consiglio si è trovato ad affrontare. Tale impegno è stato innanzitutto
di Luigi Marini, componente della III Commissione, ma anche di tutti noi
che le sue scelte abbiamo contribuito a formare e condiviso. Nella III
Commissione (dove, è bene ricordarlo, la componente MD-Movimenti ha solo
due consiglieri su sei e che è presieduta da un componente eletto in Unicost)
abbiamo dunque portato immediatamente alcune richieste, che Marini ha
inviato per tempo a tutti gli iscritti alla lista di MD; dei ritardi nell’attuazione
di queste richieste, si è fatto oggetto di un ulteriore intervento, messo
a verbale nella seduta del 20 gennaio. La direzione della Commissione
è stata inadeguata, lenta e spesso disordinata. Ciò ha comportato, tra
l’altro, che le scelte definitive siano state fatte sotto la spinta dell’urgenza
e proprio quando il nostro rappresentante, Marini, non poteva essere in
commissione.

Alcune cose siamo riuscite ad ottenerle, altre non ancora. Ma ciò che conta
è che siamo riusciti a reagire ad una situazione del tutto nuova. Per la
prima volta, infatti, siamo ad organico pieno. Questo è stato un obiettivo
per lungo tempo perseguito. Ora che lo si è raggiunto, se ne pagano però
gli effetti sul piano della mobilità. Eravamo abituati a concorsi e ad assegnazione
delle sedi agli uditori nei quali era possibile selezionare le sedi su di
una base di almeno 1000 posti per il primo grado. Le scelte erano dunque
molto ampie. Ora questa situazione è ribaltata. Pensate che non è stato
possibile assegnare le sedi agli uditori a novembre, come era previsto,
perch non vi erano sedi a sufficienza. Neppure era possibile mettere a
concorso le sedi per un bando ordinario, in quanto non era ancora stato
definito il precedente concorso e in ogni caso sarebbe stato necessario
accantonare le sedi per gli uditori, su di un totale ancora pi ristretto
di quello attuale. Tale situazione era in larga parte imprevedibile, in
quanto ad essa ha contribuito in maniera determinante il fatto che il Ministro
non abbia indicato le sedi di aumento di organico fino al 24 gennaio 2003!
Ciò gli fu contestato da Marini nella seduta del 18 dicembre 2002. Inoltre
il Ministro ha indicato pressoch solo posti di appello o non assegnabili
agli uditori (103 posti di organico distrettuale). Di conseguenza non si
è potuto contare sul previsto aumento di organico. Per 350 uditori erano
disponibili in tutto 516 posti. E’ stato dunque giocoforza assegnare agli
uditori anche sedi molto appetibili. Non si tratta di valutazioni ma di
aritmetica. Per ovviare almeno in parte ai gravi problemi che ciò avrebbe
determinato per chi da anni ambisce a ritornare a casa, si è deciso:

1. di mantenere comunque fede all’impegno di ribaltare l’orientamento
delle consiliature precedenti. Perciò si è deciso di dragare completamente
le sedi del sud. Rispetto agli ultimi concorsi, infatti, e nonostante
i limiti che si sono già detti, agli uditori sono state assegnate ben
il 65% delle sedi del sud, contro il 51% assegnati in precedenza! Ciò
ha implicato che nelle tre regioni meno ambite (Calabria, Sicilia e Lucania)
siano stati destinati agli uditori quasi tutte le sedi: 27 su 27 a Caltanissetta;
27 su 31 a Catania; 30 su 32 a Catanzaro; 8 su 11 a Messina; 42 su 47
a Palermo; 7 su 8 a Potenza; 23 su 24 a Reggio Calabria. Per alcune di
queste sedi, peraltro, la scelta di non darle agli uditori è stata necessitata:
Catanzaro Procura, ad esempio, per consentire la formazione della DDA.
Ciò ha comportato gravi problemi (così come in Puglia) per i colleghi
che aspirano ad una mobilità all’interno del distretto, ad esempio per
mutamento di funzioni o per riavvicinamento. Come vedete, ogni scelta
ha fatto pagare dei prezzi;

2. di distribuire le altre sedi agli uditori favorendo il ritorno da sedi
del sud, piuttosto che i trasferimenti di 2 o 3 grado. Ad esempio, attribuendo
agli uditori anche giudici a Milano (posti che sarebbero stati tutti “presi”
da trasferimenti nella stessa sede o sede limitrofa), al fine di poter
mettere a concorso ordinario sedi che potessero esser raggiunte anche
con minori anzianità. Si tratta, ovviamente, di scelta dolorosa, che ha
fatto molto risentire chi aspettava di poter cambiare funzione o di avvicinarsi
ancor pi alla sua città, ma che ci sentiamo di confermare, nel pi ampio
bilanciamento di interessi, dovuto alla ristrettezza senza precedenti
del bacino disponibile;

3. di premere perch nel concorso ordinario che si bandirà nei prossimi
giorni siano inserite quante pi possibili tra le sedi che si erano accantonate
nello schema predisposto (e cioè, comunque, 23 in tutto! Perch questa
è l’attuale scopertura di organico!). Per alcuni di questi posti la pubblicazione
non è possibile: vi sono richieste di rientro in ruolo nel posto di provenienza
(il CSM deve disporlo per legge); domande ex art. 104/92 per alcuni uffici,
tra cui Roma; trasferimenti di ufficio, che- se accolte – devono essere
disposte dal CSM per legge. Non vi sono dunque dietrologie dietro la decisione
di non pubblicare parte di questi 23 posti, ma la necessità di adempiere
ad obblighi (e su questo non si può fare nulla) oppure di mantenere un
minimo di mobilità per le situazioni eccezionali.

Certo, alcune delle scelte concrete sono criticabili. Alcune sono anche
da noi non condivise. Si tratta però di casi limitatissimi, tali certamente
da non inficiare il senso complessivo dell’intervento. Per questo rinviamo
alla nota di Luigi Marini. Per il futuro, abbiamo già avviato un programma
di lavoro che prevede un nuovo concorso con i posti resi liberi da quello
che si sta chiudendo, con i posti di appello nel frattempo liberatisi
e che si metteranno a concorso, con l’organico distrettuale (103 posti).
Ottenere questi risultati non sarà facile. Ci impegneremo in Commissione
per superare i limiti di gestione che abbiamo dovuto riscontrare fin qui.
Inoltre, per rendere pi rapide le procedure di esame delle domande di
trasferimento (da sempre infatti e non solo nell’ultimo concorso, tali
pratiche hanno richiesto lunghi mesi e addirittura anni) riteniamo necessario
non solo intervenire sulle risorse amministrative, ma anche sulla distribuzione
delle competenze tra commissioni, attribuendo la nomina dei semidirettivi
alla V, il cui lavoro per i prossimi anni sarà notevolmente ridimensionato
per l’aumento dell’età pensionabile. Naturalmente queste sono decisioni
che non può prendere da sola la componente MD-Movimenti; ci impegneremo
per ottenere il consenso anche delle altre componenti. Quanto alla programmazione
dei lavori della III Commissione dovremo chiedere che formi oggetto di
un’apposita deliberazione di plenum che abbia effetti vincolanti e responsabilizzanti
su tutti i componenti. Un punto fondamentale è poi convincere il Ministro
a deliberare subito il nuovo aumento di organico nel primo grado, senza
aspettare che debbano scegliere le sedi gli uditori, così creando di nuovo
una situazione insostenibile! Qui il CSM può fare ben poco: proporremo
una risoluzione che solleciti il Ministro ad agire in fretta. Quando il
18 dicembre contestammo al Ministro che la politica degli organici da
lui seguita avrebbe creato problemi gravissimi, di fatto mettendo in crisi
il ruolo del Consiglio nella gestione del personale, dicevamo qualcosa
che solo gli sciocchi valutarono come esagerazione. Sapevamo benissimo
(e vi invitiamo a rileggere gli interventi della nostra delegazione) che
i ritardi nella indizione dei concorsi e nella distribuzione degli organici
avrebbero sconvolto i ritmi naturali della mobilità, creando situazioni
ingovernabili. Facciamo in maniera che non ci si trovi di nuovo nella
stessa situazione. MD, quindi, operi in ANM perch questa ne faccia un
tema principale di confronto con il Ministro. Può darsi che su questi
temi vi sia stato un difetto di comunicazione da parte nostra e ciò nonostante
il forte impegno di informazione che abbiamo profuso, come mai in passato,
sia nella lista, sia recandoci in numerosissime sedi e da prima che sorgessero
i problemi di cui oggi parliamo. Non abbiamo forse saputo dare il senso
del nostro impegno e della gravità dei problemi e delle scelte che andavamo
prendendo. Di ciò ci rammarichiamo sinceramente. Non possiamo, però, nascondere
il nostro rammarico anche per il fatto che alcune decisioni del CSM, su
temi altrettanto rilevanti come i casi Giostra, Ferreri e Di Pisa, sui
quali ci siamo tenacemente battuti, siano invece passate in silenzio.
Vorremmo dunque rassicurarvi. Cercheremo di fare di tutto per risolvere
questa situazione del tutto nuova. Crediamo che sia possibile farlo. Ne
abbiamo scritto nei giorni passati e a quelle note ci rimettiamo.

Non sarà però facile. Ha ragione Castelli quando scrive che il tema della
mobilità non è solo un aspetto della vita personale dei magistrati: esso
coinvolge il modo stesso di essere magistrati, le ragioni delle scelte
che orientano verso una funzione piuttosto che l’altra, la possibilità
stessa di quelle esperienze diverse che sono a fondamento della nostra
cultura della giurisdizione. Ha ragione anche quando afferma che questa
situazione potrebbe riflettersi negativamente anche sulla qualità dei
giovani magistrati reclutati.

Proprio perch ci rendiamo conto della difficoltà della sfida e delle
sue implicazioni abbiamo bisogno del contributo della corrente e dei colleghi.
Di critica anche aspra, ma che ci consenta di individuare meglio i problemi
e di trovarne le soluzioni. Di sostegno quando affrontiamo battaglie che
non sempre possiamo vincere. Alcune, anzi, le facciamo sapendo che i nostri
8 voti non saranno sufficienti a modificare granitiche maggioranze.

11 03 2003
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