Uguaglianza, Diritti, Giustizia
1. I congressi di Magistratura democratica costituiscono periodici momenti di confronto e di dibattito sui problemi della giurisdizione e dei diritti, momenti pubblici in cui noi dobbiamo avere la capacità di parlare non solo tra noi, ma a tutti i magistrati e a tutti i cittadini, che hanno il diritto di conoscere e valutare le opinioni e le culture dei magistrati chiamati a firnire risposta alle domande di giustizia, che costituiscono altrettante domande di democrazia.
I congressi di Md sono un'occasione preziosa e attesa di bilancio, di riflessione e di rilancio dei valori e delle idee che 40 anni fa portarono poche decine di giudici a costituire, al collegio Irnerio di Bologna, un nuovo piccolo gruppo di magistrati al fine di porre le basi di un modo originale e diverso stare insieme. La novità straordinaria fu costruita non tanto sul modo nuovo di affrontare i problemi dei magistrati, quanto su quello di riflettere su quale giustizia si amministrava nel paese, per quali soggetti e per quali obiettivi. Già dalle origini, dunque, il centro della riflessione era posto sul contenuto della giurisprudenza, ossia sul modo di realizzazione dei diritti dei cittadini.
Dopo 40 anni, quel gruppo, cresciuto in numero di aderenti, in qualità d'idee e approfondimento di collegamenti trasparenti e fecondi con la società civile, non solo è parte essenziale e rilevante della magistratura italiana, ma ha saputo costituire il punto di riferimento generale, nel rispetto del pluralismo e del confronto dialettico con altre componenti, al punto da guidare tutto l'associazionismo giudiziario italiano, in questi tre anni terribili che hanno visto la giustizia e la magistratura bersaglio d'attacchi continui e di tentativi ripetuti di ridimensionamento della loro valenza costituzionale e istituzionale.
Senza supponenza e senza orgogliosa iattanza, possiamo presentare un positivo bilancio, con la tranquilla coscienza di aver saputo rappresentare e interpretare al meglio le idee e la cultura della giurisdizione e della magistratura italiana e di aver saputo finora bloccare i tentativi pi insidiosi e pericolosi, avviati nel 2001, di stravolgere il modello di giurisdizione realizzato, pur tra contraddizioni, in questi 60 anni di vigenza della "Costituzione nata dalla Resistenza".
Principale fattore di tale positivo bilancio è stata l'azione politica, intelligente e consapevole, della Presidenza e della dirigenza dell'ANM, che ha saputo realizzare una guida e un orientamento per tutta la magistratura, con l'apertura al dialogo con la cultura giuridica pi consapevole ed illuminata. E' altrettanto evidente che senza lo stimolo e la sollecitazione, senza la ricerca intelligente d'alleanze, senza il lavoro faticoso d'organizzazione e di mobilitazione promossa dalla dirigenza di Md, l'ANM sarebbe stata priva di un sostegno prezioso e decisivo.
2. Di momenti difficili ne abbiamo vissuti tanti, come paese e come magistratura. Qui a Palermo voglio ricordare un passaggio della mozione conclusiva del congresso di Rimini del 1986, ripresa nella relazione all'8 congresso svoltosi a Palermo (ottobre 1988), in questo stesso luogo: nel denunciare l'esistenza di una questione morale che veniva relegata soltanto a questione penale e nell'evidenziare criticamente la già emergente pulsione verso una 2à repubblica, coglievamo "la progressiva tendenza alla concentrazione del potere, alla preponderanza del ruolo del Governo sul Parlamento, al depotenziamento dei poteri e delle forme di controllo, alla liberalizzazione selvaggia dei poteri privati. Nel quadro di questa strategia neo-autoritaria si rafforza il tentativo di ridurre drasticamente il ruolo d'attuazione della legalità e di imparziale controllo dei poteri pubblici e privati, che all'istituzione giudiziaria compete secondo la Costituzione, e che è condizione per il mantenimento e la crescita della democrazia".
La citazione di quella riflessione del 1988 serve a renderci consapevoli che la situazione di questi anni 2000, tanto pi grave e drammatica per gli abitanti di questo paese e preoccupante per il tentativo di stravolgere l'ordinamento istituzionale e costituzionale, viene da lontano; è l'esito di un processo avviato negli anni â€èœ80, con la delegittimazione della Costituzione repubblicana e dei valori in essa consacrati, come punti di riferimento di costruzione sociale e giuridica.
In quegli anni si inventarono le tecniche pi disparate per neutralizzare l'impegno e il rigore dei quei non numerosi magistrati, spregiativamente definiti d'assalto, che, nell'esercizio del loro compito istituzionale, non si arrestavano alle soglie del potere economico o politico.
Oggi, cresciuta la cultura e la pratica dell'indipendenza, non serve pi neutralizzare questo o quel magistrato, questo o quell'ufficio giudiziario, questa o quella funzione, ma si tenta di ridisegnare complessivamente, di depotenziare e neutralizzare, il ruolo di tutte le istituzioni di garanzia e di controllo e, particolarmente, delle istituzioni di giustizia, dalla giurisdizione ordinaria a quella costituzionale.
La controriforma dell'ordinamento giudiziario, approvata dalla maggioranza e rinviata al parlamento dal Presidente Ciampi, non è soltanto una delle tante pessime leggi degli ultimi tempi, piena d'illegittimità costituzionali e foriera di confusione organizzativa e di disordine giuridico (dalle varie Schifani e Cirami a questa incedibile delega per la riforma del processo civile inserita in una legge di conversione di DL, approvato con il voto di fiducia richiesto dal Governo, e subito smentito dallo stesso Governo che cambia idea e approba un nuovo emendamente!).
Nell'ordinamento si disegnano i profili del magistrato che un paese intende realizzare. E' lì che si verifica concretamente l'assenza o la presenza di condizionamenti istituzionali, che incidono sull'indipendenza e che concorrono a determinare il ruolo concreto che la magistratura può svolgere per garantire davvero i diritti dei cittadini.
3. La controriforma ordinamentale vuole travolgere non soltanto l'assetto ordinamentale vigente, ma il senso stesso di quanto dal 1948 ad oggi, la cultura giuridica e istituzionale italiana è venuta costruendo, uno dei "modelli" di riferimento nel panorama istituzionale mondiale.
Non sono molte le innovazioni della nostra Costituzione imitate da altri paesi: tra queste di sicuro c'è il sistema di garanzia dei magistrati incentrato sul Consiglio Superiore della Magistratura (indipendenza esterna e interna, orizzontalismo delle funzioni e pari dignità di esse, giudice indifferente alle lusinghe e alle pressioni).
Mentre da tanti paesi (dalla Spagna al Portogallo, dall'America Latina all'Europa dell'est) si guarda al modello italiano, in Italia s'intende smantellare un sistema che ha assicurato la possibilità di garantire i diritti dei cittadini anche contro i potenti e di esercitare il controllo sull'esercizio dei poteri, approvando una controriforma tesa a conformare i magistrati secondo un modello di burocratico conformismo carrieristico.
Non si tratta di un attacco soltanto allo statuto del giudice, ma di un tentativo di spallata allo stato costituzionale di diritto, che ha un pilastro essenziale nel ruolo autonomo e indipendente della magistratura dalla volontà e dal potere della maggioranza politica.
Su questo terreno, è bene ribadirlo a quanti c'invitano a fare un passo indietro, non esiste possibilità di mediazione o di negoziato, quasi che si trattasse di una vertenza di categoria. Dovrebbe -non per i magistrati, ma per i cittadini- darsene carico e far sentire con nettezza le proprie valutazioni e i propri impegni per il futuro, soprattutto chi si candida come alternativa politica alla guida del paese e si propone di presentare un progetto per il funzionamento efficiente della giustizia, efficienza che può avere un senso solo se è capace di garantire meglio e rendere effettivi i diritti.
4. Senza nascondere preoccupazione ed allarme per quanto sta accadendo, dobbiamo rifuggire da ogni pessimismo e riaffermare determinazione nel perseguimento degli obiettivi e fermezza nella tenuta sui valori essenziali.
L'associazionismo giudiziario e i magistrati italiani, che hanno affrontato in passato tanti momenti difficili, sapranno, devono sapere ritrovare nel loro patrimonio culturale e nella loro storia di fedeltà ai valori costituzionali della Repubblica gli "attrezzi" per resistere e contrastare il tentativo d'involuzione.
Di resistenza costituzionale, come connotato genetico e come dovere della magistratura, parlammo noi per primi, proprio qui a Palermo 17 anni fa, proponendo una. Una linea direttrice che via via è stata fatta propria da tutta la magistratura e dall'ANM, la cui azione è orientata dall'impegno di resistere, sui principi e i valori costituzionali, un minuto in pi di chi intende riportarci al vecchio regime.
Quello di resistere un minuto in pi di chi vuole la controriforma è un impegno fermo. Deve è però essere chiaro a tutti che, comunque si concluda l'iter parlamentare, noi continueremo, con dignità e fermezza, ad operare per le ragioni dello stato costituzionale di diritto.
Questa determinazione nasce dalla fiducia nella ragione e nel diritto e dalla consapevolezza che la legittimazione della magistratura viene essenzialmente dal modo di amministrare la giustizia e dal contenuto della giuriprudenza, come dimostrano le vicende di altre magistrature, in Europa e nel mondo, capaci -pur in situazioni difficili- di far affermare il primato dei diritti anche contro le le pressioni delle maggioranze.
La consapevolezza del ruolo di garanzia dei diritti che spetta ai giudici in un ordinamento a Costituzione rigida, che prevede i diritti della persona come limiti ad ogni potere, spinge dappertutto i giudici alla pratica dell'indipendenza anche in paesi dove non sono assicurate tutte le garanzie previste dalla Costituzione italiana.
Nel piccolo Salvador la Corte suprema ha recentemente dichiarato l'incostituzionalità della legge cd. "anti-maras", approvata dalla maggioranza parlamentare per realizzare "mano dura e tolleranza zero" contro i "minori delinquenti".
In Ecuador, il Tribunale costituzionale ha annullato, per violazione del diritto di libertà di espressione, un articolo del codice di procedura penale che impediva ai giudici di criticare le leggi. E la ferma volontà dei giudici di attuare la Costituzione ha spinto il Governo di quel pese ad un vero colpo di mano, destituendo i magistrati della Corte Suprema, attorno a cui si è stretta la mobilitazione dei cittadini, che ha costretto alle dimissioni il Presidente della Repubblica.
La Corte suprema israeliana ha pronunciato l'illegittimità della costruzione del muro alla maniera voluta dal governo Sharon. E negli Stati Uniti i giudici hanno affermato i diritti dei prigionieri di Guantanamo contra le leggi della aministrazione Bush, che violano non solamente il diritto interno e internazionale, ma anche la pi elementare dignità umana.
Il panorama internazionale ci indica la possibilità che hanno i giudici, consapevoli del loro ruolo costituzionale, di garantire i diritti dei cittadini e di controllare l'esercizio dei poteri, utilizzando l'ancoraggio costituito non soltanto dalla Costituzione italiana, ma anche della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, delle Convenzioni e dei Trattati internazionali sui diritti umani vincolanti per tutti i paesi aderenti alle Nazioni Unite e di cui nessuna maggioranza politica nazionale ha il potere di disporre, invocando il consenso elettorale come pretesto per cancellare conquiste di civiltà.
Sia chiaro, tutto ciò non diminuisce affatto la gravità e la pericolosità del tentativo dei controriforma ordinamentale, che mira soprattutto a conformare i nuovi magistrati e i giovani che aspirano ad esercitare le funzioni giudiziarie.
5. Noi sappiamo però -e lo sa anche la stampa internazionale (basti pensare all'interesse della stampa spagnola e francese per l'attività legislativa-giudiziaria del governo italiano)- che nel nostro paese il pericolo della regressione è pi grave che altrove.
Ciò che in Italia rende particolarmente pericoloso l'attacco alla giurisdizione è la possibilità che esso riesca ad utilizzare, anche per l'oligopolio informativo esistente, la diffusa insoddisfazione della società e dei cittadini per l'inefficienza del sistema giudiziario.
In occasione dello sciopero dei magistrati, Paolo Flores d'Arcais, dopo avere "ringraziato i magistrati per la battaglia che stanno sostenendo per tutti i cittadini italiani", si è posto e ci ha posto due domande: perch la stragrande maggioranza del popolo italiano è rimasta sostanzialmente indifferente alla lotta dei magistrati? perch il Governo e la maggioranza polÃÂtica riescono a scaricare sui magistrati le responsabiltà della giustizia che non funziona?
E' indispensabile dare risposte serie e non autoconsolatorie a questi interrogativi per attivare un dialogo vero e fecondo con la società e la pubblica opinione. Per difendere la sostanza dei principi costituzionali, è necessario che l'indipendenza dei magistrati sia sentita come valore permanente dai cittadini.
A tal fine occorre che la giurisdizione sia vissuta come "strumento" per realizzare i diritti delle persone, soprattuto di quelle che si rivolgono al giudice perch non hanno alcun altro potere se non la forza del diritto. Ciò che richiede la massima tensione etica e professionale verso i diritti dei cittadini, nell'esercizio quotidiano della giurisdizione: se ogni persona che entra nei tribunali e nelle corti ricevesse dall'incontro con il giudice elementi per trarne considerazione e stima, al di là della situazione di difficoltà dell'organizzazione e del sistema, la martellante campagna mediatica contro i magistrati sarebbe neutralizzata e politicamente controproducente.
Allo stesso tempo, dobbiamo non soltanto sentirci confortati per i contenuti fortemente critici espressi dai costituzionalisti italiani nei confronti della controriforma (convegno di Padova), ma anche raccoglierne le critiche e le sollecitazioni rivolte alla magistratura per la riforma e l'autoriforma di comportamenti e prassi nella gestione degli uffici giudiziari, nell'amministrazione degli strumenti dell'autogoverno, nel rapporto con gli utenti del servizio giustizia e con l'opinione pubblica.
Non si può negare che al disegno controriformatore siano stati offerti troppi pretesti, che se non giustificano minimamente la maggioranza che ha approvato la legge, le consentono di propagandare, grazie anche alla concentrazione di potere politico e informativo, che l'intervento è volto ad eliminare privilegi dei magistrati.
6. Ma l'associazionismo giudiziario - e ci rivolgiamo a tutti i magistrati della repubblica - è atteso ad un altro appuntamento, decisivo per dimostrare che la battaglia contro questo dis-ordinamento giudiziario non ha nulla di corporativo, ma è espressione dei valori costituzionali diventati sangue e carne dell'essere magistrati della Repubblica.
Lo stravolgimento che si vuole operare della Costituzione non può vederci silenti spettatori, giacch quel tentativo è molto pi grave delle varie leggi Cirami e Schifani.
Per queste esiste (ed ha operato) il rimedio dell'intervento delle Corti. L'ordinamento giudiziario approvato non potrà reggere ad una seria verifica di conformità alla Costituzione da parte di un Corte costituzionale autorevole, libera e indipendente. Ma perch ciò accada è necessario che la Corte costituzionale rimanga autorevole, libera e indipendente
Contro la grave rottura costituzionale -costituita dalla d.d.l. già approvato in prima lettura, che non influisce soltanto sullo statuto della magistratura, ma incide sul rapporto tra i vari poteri istituzionali e indirettamente sugli stessi diritti fondamentali- non basta pi la parola d'ordine della resistenza costituzionale.
Il deterioramento della cultura politico-costituzionale, le tante spallate alla Costituzione, anche quando il loro esito è stato inconcludente (come quello della Bicamerale), hanno finito con il produrre guasti profondi nel senso comune e un appannamento della forze d'orientamento che proviene dalla Carta repubblicana.
Per fare un solo esempio, è allarmante che si dimentichi l'esistenza di un art. 11 della Costituzione, secondo cui l'Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, e si legittimi dell'uso della forza per esportare o per espandere la democrazia.
I guasti sono profondi e vanno ben al di là della contingente maggioranza, formata in prevalenza da componenti che non si riconoscono nella Carta costituzionale.
E' indispensabile, urgente, prioritario impegnarsi per una grande battaglia culturale per il rilancio del Costituzionalismo e dello Stato costituzionale di diritto, che, accanto al consenso e alla legittimazione popolare del potere politico e legislativo, richiede come imprescindibili elementi costitutivi:
a) la previsione di diritti fondamentali come limiti e vincoli al potere di maggioranza politica;
b) la separazione e la divisione dei poteri, dei quali nessuno (neppure quallo legislativo) è sopraordinato agli altri;
c) la garanzia dei diritti e la interpretazione delle leggi, affidate alla competenza giudici autonomi e indipendenti dal circuito della maggioranza politica.
Giustamente M. Dogliani sottolinea i rischi di una concezione tutta e solo giuridica della Costituzione e sottolinea l'esigenza della riflessione intorno al fondamento della validità della Costituzione in termini di rapporto tra essa e l'insieme delle strutture fondamentali della società. Ma nei momenti di crisi del senso della Costituzione, sfociato nel d.d.l. di controriforma, esito nefasto di un processo che viene da lontano, alimentato anche dalla Bicamerale e dall'infelice approvazione del Titolo V, nei periodi di crisi della politica, compete ai giuristi e ai giudici un ruolo che non è soltanto resistenza costituzionale, ma di lotta per la Costituzione e per il costituzionalismo.
E' questo oggi uno dei compiti principali dei magistrati democratici per rispondere alla domanda di giustizia, d'equità, di dignità, d'uguaglianza posti dai pi deboli, nel sud del mondo, ma anche in Italia e nell'opulenta Europa.
7. Questo implica anche l'impegno per continuare la battaglia per vera Costituzione europea, che per essere battaglia vincente -in tempi politici- verso un'Europa federale, luogo di pace, di diritti e di giustizia per tutti, indipendentemente dalla cittadinanza giuridica, deve partire dall'entrata in vigore dell'attuale Trattato costituzionale che ha incorporato la Carta dei diritti fondamentali dell'UE. La piena vigenza giuridica di questa Carta, di cui abbiamo pur criticato alcune mancanze e gli arretramenti del testo incorporato, di per s, basta a meritare l'approvazione del Trattato (approvazione certamente critica e con la riserva e la volontà di ricominciare a combattere per la modifica un minuto dopo): la giurisdizione comunitaria è riuscita a compiere miracoli nella costruzione di un'Europa dei diritti, anche senza una carta costituzionale; è facile prevedere che ancora pi efficace sarà il suo ruolo potendo utilizzare un Carta fondata sulla indivisibilità dei diritti fondamentali.
Se i capitali finanziari e le ricchezze di pochi si muovono per i mercati internazionali e guidano la globalizzazione dell'economia mondiale, è illusorio pensare che i diritti possano essere effettivamente tutelati in una dimensione solamente nazionale, correndo il rischio di chiudersi sempre pi in spazi ridotti, protetti da muri reali o metaforici per escludere il resto del mondo.
Contro la mercantilizzazione del mondo, contro la tendenza a ridurre tutto a mercato, nel quale tutto comprare e vendere, noi dobbiamo riaffermare che non è tutto merce e che non tutto è in vendita. L'essenziale (l'aria, l'acqua, l'alimentazione, le libertà, l'eguaglianza, i diritti umani) non hanno prezzo e devono rimanere fuori del mercato.
La Carta dei diritti fondamentali dell'UE (pur con i limiti che sono stati evidenziati) è un ulteriore strumento che ci aiuta in questa battaglia, giacch ha introdotto nella costruzione europea la logica dei diritti, che sarà capace di bilanciare e contrastare la logica dei mercati e dei mercanti.
Dobbiamo inserire nella nostra agenda, in collegamento con Medel e con le altre la Federazione latino-americana dei giudici per la democrazia, l'elaborazione e la realizzazione di azioni capaci di rendere effettivi i diritti che spettano a tutti gli abitanti del pianeta e la formazione di solide giurisprudenze idonee allo sviluppo della promozione e della tutela di libertà e di uguaglianza sostanziale, promesse dalle pi avanzate Carte costituzionali e internazionali.
Ogni giudice può e deve divenire un agente di realizzazione dell'effettività dei diritti, e innanzitutto di quelli dei soggetti deboli (previsti dalla Certe nazionali, comunitarie e internazionali) contro le logiche economiche di sfruttamento, di oppressione, di esclusione.
La globalizzazione selvaggia dell'economia non può essere contrastata soltanto con la logica del diritto interno, ma accettando le sfide e rispondendo alla globalizzazione economica mercantile con la globalizzazione giuridica, non quella predicata in maniera ricattatoria dalla Banca Mondiale, a tutela della proprietà e dei mercati, ma quella fondata sull'effettività dei diritti delle persone indipendentemente dal luogo o dallo stato in cui risiedono.
Quest'obiettivo si persegue con il rilancio del costituzionalismo a tutti i livelli (nazionale, sopranazionale e internazionale), con il rilancio del diritto internazionale (come rete per imbrigliare anche la forza smisurata della potenza imperiale), con il rilancio dei diritti dell'uomo come limiti alla sovranità degli Stati: contrapponendo la logica e la cultura dei diritti e della pace alla teoria e alla pratica della guerra preventiva e dell'esportazione della democrazia con la forza.
Un mondo diverso è possibile! Afferma il World Social Forum di Porto Alegre.
Come e quanto sarebbe diverso un mondo nel quale fossere effettivi i diritti umani proclamati dalla Dichiarazione universale del 1948, dai Patti civili e sociali del 1966, dalla Costituzione della Repubblica italiana e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Esiste un ruolo propro e specifico dei giuristi e, in particolare dei magistrati, nella costruzione di un mondo diverso?
Noi crediamo di sì, e siamo a Palermo anche per sollecitare il coinvolgimento di ciascuno e di tutti in questo impegno difficile ma anche affascinante, che collega l'esercizio quotidiano della nostra professione alle lotte di milioni e milioni di per un mondo pi giusto e pi uguale.
Franco IPPOLITO