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Sentenza del TAR di Trento 8 luglio / 7 ottobre 2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

DEL TRENTINO-ALTO ADIGE

SEDE DI TRENTO

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 95 del 2004 proposto da LG, rappresentata e difesa dall'avv. NC ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. GM in Trento via ...

CONTRO

l'AMMINISTRAZIONE DELL'INTERNO - QUESTURA DI TRENTO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Trento, nei cui uffici in Largo Porta Nuova n. 9 è per legge domiciliata;

per l'annullamento:

a) del provvedimento n. 3347 cat. II/03/Div.Antic./M.P. dd. 3 dicembre 2003, del Questore della Provincia Autonoma di Trento di divieto di soggiornare e circolare nel Comune di Rovereto per la durata di anni 3 con ordine di lasciare immediatamente il predetto Comune e di presentarsi all'Autorità di P.S. del Comune di residenza entro il termine massimo di giorni 1, e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; in particolare

b) del provvedimento n. 3347 cat. II/03/Div.Antic./M.P. dd. 23 gennaio 2004, notificato in data 26.1.2004, con cui il Questore della Provincia Autonoma di Trento ha respinto l'istanza di revoca del provvedimento di foglio di via obbligatorio dd. 3 dicembre 2003, sospendendolo per mesi cinque (5); nonch

c) del provvedimento emesso in data 17 febbraio 2004 e notificato in data 3 marzo 2004 dal Questore della Provincia Autonoma di Trento con cui "avvisa oralmente GL, ai sensi del citato ex art. 4 della legge 1423/56".

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza dell'8 luglio 2004 - relatore il consigliere Stelio Iuni- l'avv. NC per la ricorrente; nessuno essendo comparso per l'Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con provvedimento n. 3347 Cat.II/2003/Div.Antic. datato 3 dicembre 2003, notificato all'interessata il 13 gennaio 2004, il Questore di Trento disponeva nei confronti della sig.a GL il divieto di soggiornare e circolare nel Comune di Rovereto per la durata di tre anni, con l'ordine di lasciare immediatamente il predetto Comune e di presentarsi all'Autorità di P.S. del Comune di residenza (Isera) entro il termine massimo di un giorno.

Con successivo provvedimento, stesso numero dd. 23 gennaio 2004, il Questore respingeva l'istanza di revoca presentata dall'interessata, sospendendo tuttavia il foglio di via obbligatorio per 5 mesi, in considerazione del particolare stato di salute della medesima (gravidanza in fase avanzata).

Con ulteriore provvedimento del 17 febbraio 2004, notificato il 3 marzo 2004, il Questore rivolgeva alla signora GL l'avviso orale a sensi dell'art. 4 della legge 1423/56, invitando la stessa a tenere una condotta conforme alla legge, a scanso dell'applicazione della misura di prevenzione consistente nella sorveglianza speciale della pubblica sicurezza.

Avverso tali provvedimenti, la sig.a GL ha proposto ricorso, deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione di legge - eccesso di potere - difetto di istruttoria - difetto di motivazione- erronea valutazione dei fatti e dei presupposti - violazione del principio di proporzionalità - violazione del principio di efficacia, efficienza ed economicità della P.A. - sviamento di potere.

Il provvedimento di divieto di soggiorno, in particolare, sarebbe stato emesso dal Questore senza un'adeguata istruttoria sulle concrete condizioni di vita della sig.a GL; istruttoria che avrebbe consentito di accertare per tempo le condizioni di salute della stessa nonch il fatto che - pur risiedendo anagraficamente ad Isera (Comune posto a 3-4 chilometri da Rovereto) - essa, nata e cresciuta a Rovereto, ivi ha mantenuto la propria famiglia ed il proprio centro di interessi.

2) Difetto di motivazione - eccesso di potere- violazione di legge (artt. 3 e 7 legge 241/1990) - contraddittorietà del provvedimento.

Il provvedimento impugnato risulterebbe carente di motivazione circa l'indagine concreta che ha portato, nel caso specifico, all'emissione del provvedimento di espulsione sulla base di mere segnalazioni di polizia e senza un'indagine sulle conseguenze che tali segnalazioni abbiano avuto dinanzi alla A.G..

Peraltro sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio di procedimento, in assenza di sostanziali esigenze di celerità.

Infine, il provvedimento sarebbe contraddittorio perch - pur adottato il 3 dicembre 2003, senza la comunicazione di avvio di procedimento - è stato poi notificato in data 13 gennaio 2004, cioè 40 giorni dopo la sua adozione, concedendo un solo giorno per ottemperare all'ordine.

3) Eccesso di potere - difetto e carenza di motivazione - erronea valutazione dei fatti e dei presupposti.

Nel respingere l'istanza di revoca presentata dall'interessata, il Questore, ritenendo irrevocabile il provvedimento, ne sospendeva l'efficacia per 5 mesi in relazione alla presunta data del parto della sig.a GL (20 aprile 2004), con ciò omettendo di valutare adeguatamente gli interessi del nascituro, per il quale i problemi connessi con la necessità di cure e visite mediche iniziano proprio dopo il parto.

4) Violazione di legge (art. 4 legge n. 1423 del 27.12.1956).

In relazione all'avviso orale, ai sensi di tale norma, si afferma non essere avvenuto nessun colloquio, col quale il Questore avrebbe dovuto avvisare la GL dell'esistenza di sospetti a suo carico, invitando oralmente la stessa a mantenere una condotta conforme alla legge; il provvedimento di avviso scritto, emesso in data 3 marzo 2004, sarebbe pertanto illegittimo.

Si è costituita l'Amministrazione dell'Interno - Questura, tramite l'Avvocatura dello Stato di Trento, contestando con memoria la fondatezza dei motivi dedotti in ricorso.

Con ulteriori memorie, depositate in data 15 giugno 2004 e 25 giugno 2004, la difesa della ricorrente:

- ha prodotto certificato di residenza attestante che la sig.a GL, sin dal 22 dicembre 2003, quindi prima che avesse conoscenza del provvedimento di divieto di soggiorno notificatole solo in data 13 gennaio 2004, era già residente nel Comune di Rovereto;

- ha fornito ulteriori deduzioni sugli aspetti riguardanti la carenza - assenza degli elementi di fatto presupposti dell'emissione del provvedimento di divieto di soggiorno nel Comune di Rovereto e sull'omessa comunicazione dell'inizio del procedimento a norma dell'art. 7 legge 241/90.

Con ordinanza n. 28/2004, assunta in Camera di Consiglio del 1 aprile 2004, questo Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione presentata dall'interessata, ritenendo non sussistente allo stato il presupposto del danno grave e irreparabile, in considerazione della sospensione già accordata dal Questore.

Alla pubblica udienza dell'8 luglio 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

Il ricorso è fondato e va accolto.

Quanto al primo motivo del ricorso, non può non riconoscersi che nel caso specifico sia mancata - prima dell'adozione del provvedimento di foglio di via obbligatorio - un'adeguata istruttoria sulle concrete condizioni di vita della sig.a GL.

La ricorrente infatti ha prodotto certificato di residenza da cui risulta che, sin dal 22 dicembre 2003, essa era regolarmente iscritta nell'anagrafe dei residenti del Comune di Rovereto.

Quindi, al momento della notifica (13 gennaio 2004) dell'atto impugnato, l'interessata si è trovata a ricevere un ordine di allontanarsi immediatamente, con divieto di soggiornarvi e circolare per tre anni, dal Comune di sua propria residenza.

Non può non tenersi conto, peraltro, del fatto che la GL, nata e cresciuta a Rovereto, in concreto - pur se formalmente iscritta in precedenza all'anagrafe del vicino piccolo centro di Isera - non ha mai veramente lasciato il Comune natio, ove si trova la sua famiglia di origine e nel quale ha continuato a mantenere i propri interessi economico-sociali ed affettivi.

Appropriatamente è stata citata, dalla difesa della ricorrente, la nota sentenza della Suprema Corte (Cass. penale sez. I del 25 gennaio 1993), che afferma che la residenza anagrafica costituisce solo una presunzione relativa di dove il soggetto vive, dovendosi comunque fare un'apposita indagine sulla reale situazione di fatto ai fini dell'emissione del foglio di via.

Nel caso di specie ciò non è stato fatto ed il provvedimento impugnato risulta pertanto emesso in violazione della norma che lo prevede (art. 2 legge 1423/1956), in base alla quale non v'è dubbio che l'allontanamento con foglio di via obbligatorio non possa essere disposto con riferimento al Comune di residenza del soggetto interessato.

Anche il secondo motivo del ricorso risulta palesemente fondato.

In particolare, in relazione alla denunciata carenza di motivazione, questo Collegio ritiene, d'accordo con pacifica giurisprudenza in materia, che l'obbligo della motivazione non possa esaurirsi in enunciazioni generiche o in clausole di stile, n richiamando semplicemente mere segnalazioni di polizia senza un'indagine sulle effettive conseguenze che le stesse hanno avuto presso l'A.G..

In un provvedimento, invero, caratterizzato da un'ampia discrezionalità - come il foglio di via obbligatorio - di natura così fortemente restrittiva e comportante immediati e sconvolgenti effetti sulla sfera giuridica e personale della ricorrente, era necessario svolgere una attenta stringente indagine su tutti gli elementi che giustificano l'adozione dell'atto, e del quale costituiscono indefettibili presupposti.

Rappresenta una evidente carenza di istruttoria la mancanza, nel caso specifico, di un concreto accertamento sull'attualità della pericolosità della signora GL, fondato in riferimento alla situazione di fatto in cui la stessa veniva a trovarsi al momento dell'adozione del provvedimento medesimo (stato di avanzata gravidanza, residenza effettiva, etc).

Il terzo motivo si riferisce al provvedimento con cui il Questore ha sospeso temporaneamente l'efficacia del foglio di via obbligatorio, una volta conosciute le reali condizioni di fatto della signora GL.

Anche tale motivo appare fondato.

Non si può non notare, in particolare, che in tale atto non si fa neppure un cenno alle ragioni che, in una necessaria comparazione degli interessi colpiti dai provvedimenti in parola, potevano giustificare in concreto la prevalenza dei motivi di ordine e tranquillità pubblica, che sarebbero stati messi in pericolo dalla ricorrente, rispetto alle esigenze di tutela delle condizioni di vita e di salute di una madre e di un bambino nascituro.

Per quanto attiene al 4 e ultimo motivo del ricorso, riguardante l'avviso orale a norma dell'art. 4 legge 1423/1956, questo Collegio ritiene fondata la censura avanzata dalla difesa della ricorrente, che evidenzia una palese violazione della procedura stabilita dalla stessa norma.

Il provvedimento in questione è un atto meramente orale, consistente in un avviso circa l'esistenza di sospetti a carico del soggetto interessato e in un conseguente invito orale rivolto allo stesso di mantenere una condotta conforme alla legge, a scanso dell'eventuale applicazione di una misura di prevenzione ad opera della A.G.; la verbalizzazione è richiesta solo per fornire una data certa dell'avvenuto avviso orale.

L'Amministrazione resistente ha in proposito svolto varie considerazioni, tutte condivisibili ma che risultano ininfluenti nel caso in esame.

Quello che qui viene contestato dalla ricorrente è proprio la mancanza di un avviso orale nel senso suesposto, sul quale (senso) concorda anche l'Amministrazione.

Non sembra vi sia stato nel caso specifico un colloquio (naturalmente orale) nel corso del quale l'interessata fosse stata avvisata dell'esistenza di sospetti a suo carico e fosse stata invitata a mantenere una condotta di vita conforme alla legge.

Di tale colloquio infatti non esiste traccia nel verbale: documento che avrebbe solo valore ricognitivo dell'avviso-invito rivolto dal Questore alla signora GL.

Ciò rende illegittimo l'atto, che risulta essere stato adottato solo in forma scritta.

Per le suesposte considerazioni, con assorbimento del profilo attinente al mancato avviso di procedimento, si ritiene il ricorso meritevole di accoglimento.

Sussistono, peraltro, giustificati motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 95/2004, lo accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio dell'8 luglio 2004, con l'intervento dei Magistrati:

dott. Paolo Numerico Presidente

dott. Silvia La Guardia Consigliere

dott. Stelio Iuni Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria il giorno 7 ottobre 2004.

Il Segretario Generale f.f.

- dott. Giovanni Tanel -


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