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Intervento di Nello Rossi XXIX CONGRESSO ANM

Congresso ANM - ROMA - 6,7,8 Giugno 2008

1. La fase dei convenevoli è stata breve .

Sono passate solo poche settimane dall'insediamento del nuovo governo e
siamo già nel vivo di questioni di giustizia aspre e controverse.

Dunque, la fase dei convenevoli con il Ministro della Giustizia è stata
breve ed è già alle nostre spalle.

Non poteva che essere così perché troppe sono le urgenze ed i problemi
aperti.

Eppure c'è ragione per sperare che lo stile ed il tono dei primi contatti
del Ministro con la magistratura e con l'associazione che la rappresenta non
siano stati né ipocriti né inutili.

C'è spazio per un rapporto serio e chiaro, fondato sulle diverse ma
concorrenti "responsabilità" dei magistrati e del Ministro della Giustizia.

La nostra responsabilità professionale per "quanto" lavoriamo e per "come"
lavoriamo.

La responsabilità politica del Ministro per i compiti che la Costituzione
gli affida e per l'impulso all'attività riformatrice.

Lo sappiamo bene : una "ragionevole intensità di lavoro" del magistrato da
sola non basta ma è un presupposto essenziale per realizzare una
"ragionevole durata" del processo.

Per generosità ed impegno la grande maggioranza dei magistrati lavora già
ben oltre questa soglia.

 

E non credo che dobbiamo riservare indulgenza a coloro che mostrano di non
comprendere l'importanza dell'impegno individuale sia pure in un contesto
caotico e difficile.

Più che di "spronare" chi fa già il massimo oggi si tratta di "
riequilibrare" ed è giusto affrontare la questione di ciò che si può
esigere da un magistrato quotidianamente chiamato ad adottare decisioni che incidono in profondità sulla vita dei cittadini.

L'altro presupposto di una maggiore celerità dei processi è un impegno forte
del potere politico volto a restituire una razionalità - smarrita,
dimenticata, ignorata - al processo ed all'organizzazione giudiziaria nei
suoi diversi aspetti.

2. Occorrerà prendere molte decisioni.

Occorrerà prendere molte decisioni .

Ascoltando, saggiando , starei per dire "provando e riprovando" le soluzioni
da adottare.

Aggiungerei : occorrerà decidere senza scomodare Carl Schmitt, senza
riesumare la sua defunta ideologia del decisionismo, della "eccezione" , del
potere di deroga , del diritto straordinario come vera prerogativa del
sovrano e del suo potere.

Se proprio bisogna rileggere Schmitt - ed io francamente preferirei che si
rileggesse Kelsen - sarà meglio meditare sulla sofferta autocritica
contenuta nelle pagine belle e dolorose di un suo prezioso libricino, Ex
captivitate salus .

La giustizia italiana non ha bisogno di decisioni "di eccezione", non ha
bisogno di un diritto straordinario.

Ha bisogno di un impegno - questo si, "straordinario" - perché sia
rigenerato il suo normale tessuto connettivo.

Ha bisogno che sia ripristinata la sua fisiologia, oggi alterata.

In una parola ha bisogno di decisioni innovative e coraggiose per fare la
cosa più utile e rivoluzionaria di tutte : ridare funzionalità e dignità
alla giustizia nel quotidiano.


Questo è l'impegno più alto ed arduo per cui vale la pena di unire gli
sforzi, di rinunciare ai pregiudizi, di accantonare i conflitti , di mettere
in campo "iniziativa" e "responsabilità" di ciascuno nella sfera sua
propria.

3. I primi atti del nuovo governo in tema di giustizia.

Con questo spirito abbiamo seguito con attenzione i primi atti del nuovo
governo e la riflessione politica che li sta accompagnando.

Personalmente ritengo che il c.d. decreto sicurezza ( il n. 92 del 2008)
meriti più di un apprezzamento e che sarebbe un errore confondere le sue
norme - le uniche oggi in vigore - con quelle annunciate e paventate del
correlato disegno di legge.

- E' stato giusto, ad esempio, rendere più severo il trattamento di chi
sulla strada mette a repentaglio con leggerezza la propria e l'altrui
incolumità e provoca lutti spesso irreparabili o tiene comportamenti
asociali come la fuga o l'omissione di soccorso.

- Sono utili le disposizioni che rendono più agevole il ricorso al giudizio
immediato per gli imputati in custodia cautelare.

- Ed è stato salutare abrogare l'ibrido del c.d. patteggiamento in appello,
del quale si sono tante volte avvalsi i criminali più dotati di mezzi , più
potenti e pericolosi, senza alcun guadagno in termini di rapidità della
giustizia.

Ma proprio questi punti di consenso sulle norme del decreto sicurezza , qui
francamente enunciati, ci rendono più credibili quando diciamo che
sull'aggravante
comune per i reati commessi dai clandestini l'ultima parola non potrà che
spettare alla Corte costituzionale che dovrà decidere se sia conforme ad
eguaglianza che siano diversamente puniti in ragione della cittadinanza gli
autori di uno stesso reato .

E ci consentono inoltre di esprimere preoccupazioni su altri provvedimenti
ancora in itinere o già approvati.

Vi sono valide ragioni di principio e validissime ragioni pratiche - tutte
già ampiamente esposte nel dibattito pubblico - per augurarsi che nel
disegno di legge in tema di sicurezza non figuri il reato di immigrazione
clandestina.

E credo che abbiamo il dovere di dirlo a voce alta nell'ambito della nostra
responsabilità.

Ancora : vi è uno spazio concreto per ripensare all'ipotesi di una
detenzione amministrativa"incredibilmente" prolungata sino a 18 mesi nei
centri di identificazione, peraltro senza previsione di garanzie sui
diritti di soggetti così a lungo detenuti.

Non facciamo sì che le legittime - ripeto legittime - esigenze di tutela
della sicurezza dei cittadini nei confronti della criminalità di strada ed i
comprensibili timori che essa genera facciano arretrare la difesa
giudiziaria di interessi non meno vitali per i cittadini come la salute,
l'ambiente,
il risparmio faticosamente realizzato, la regolarità e la trasparenza del
cuore economico della nostra società : il mercato delle merci e dei
capitali.

Operiamo per difendere i cittadini dalla rapina, dal borseggio, dallo
scippo, dai furti in abitazione ma non a costo di rimanere impotenti e
disarmati di fronte a chi distrugge i risparmi di decine di migliaia di
detentori di obbligazioni o di titoli o crea pericoli talvolta enormi per la
pubblica incolumità.

Non diventiamo autolesionisti - e feroci - per miopia.

Non ci è accaduto neppure nei più drammatici momenti della nostra storia. Né
noi abbiamo chiesto leggi di eccezione neppure quando a morire erano, ogni
giorno, colleghi amati e rispettati.

Facciamo in modo che ora come allora sia la ragione e non solo il timore o
l'ansia
di un'emergenza a guidare la mano del legislatore nel regolare il
giudiziario.

4. Il giudiziario e l'emergenza.

Dimostriamo infine che a fronte di gravi emergenze - e quella dei rifiuti a
Napoli lo è - misure serie, forti, valide, condivise possono essere
adottate nell'ambito del giudiziario facendo leva su ciò che già esiste ,
rafforzandolo, potenziandolo , non stravolgendolo e ripartendo da zero.

E' giusto che l'amministrazione si modelli sulla contingenza e sulla
risposta all'emergenza.

E' quello il campo delle task forces , degli organismi straordinari ...

Ma , sulla base della esperienza, avvertiamo che nell'ambito della
giurisdizione il discorso è sensibilmente diverso.

Il giudice "straordinario" è quasi sempre un giudice improvvisato,
tormentato e ritardato dai conflitti di competenza, reso incerto e
disorientato dalla mancanza di una meditata giurisprudenza.

I regimi di eccezione - anche se concepiti con le migliori intenzioni-
mostrano ad una più riflessiva osservazione più svantaggi che benefici.

- Innanzitutto essi rischiano di rendere più incerto e confuso il riparto
delle competenze e di alimentare conflitti che inevitabilmente finiscono
con il ritardare l'iter giudiziario.

- Inoltre la scelta di accentrare il potere di investigazione e di accusa
può allontanare dannosamente le indagini dai luoghi della prova, del
giudizio cautelare e creare incertezze sull'organo dell'accusa nel
dibattimento.

- Infine la creazione di un giudice di nuovo conio , temporaneo, operante
extra ordinem può costringere ad improvvisare competenze , saperi
professionali , sensibilità con ricadute negative proprio sull'efficienza e
sulla rapidità che si vogliono privilegiare.

Forse sono state considerazioni di questa natura a suggerire ai costituenti
di vietare non solo i giudici speciali ma anche quelli "straordinari" e
credo che faremmo male a liberarci con fastidio della loro saggezza e
lungimiranza.

Scegliamo un'altra via: una concentrazione rapida e straordinaria di uomini
e di mezzi per rafforzare la giurisdizione ordinaria in Campania e
permetterle di affrontare efficacemente l'emergenza giudiziaria che discende
dall'emergenza amministrativa.

Per un impegno di questo tipo la magistratura è disponibile ad affrontare
i costi personali necessari, mostrando tutta la sensibilità sociale e
politica necessaria.

5. In conclusione.

Concludo.

Da questo congresso, dalla discussione corale che qui si sta svolgendo su
tanti temi stanno emergendo due immagini nitide.

Quella di una magistratura che ricerca il confronto razionale sui temi
concreti.

Quella di un'associazione giovane nella sua dirigenza, che intende misurarsi
con i bisogni e le difficoltà dei magistrati e soprattutto delle nuove
generazioni di giudici ma vuole, al tempo stesso, mantenere lo sguardo
alto, rivolto alle esigenze dei cittadini.

Non una corporazione che a tutto antepone i suoi interessi.

Non solo un sindacato che si preoccupi esclusivamente del salariato dello
Stato che incarna il giudice ed il pubblico ministero.

 

Ma una libera associazione, una voce seria di questo paese, guidata da una
consapevolezza di fondo: solo se sarà capace di salvaguardare nella loro
integrità , nella loro funzione, nella loro indipendenza , nella loro
indispensabilità le grandi figure del giudice e del pubblico ministero -
quelle figure che nonostante la nostra personale modestia noi
quotidianamente incarniamo - sarà possibile difendere efficacemente nei loro
bisogni e nelle loro legittime aspirazioni anche le persone, le donne e gli
uomini che hanno scelto il mestiere del giudice.

 

 

Nello Rossi

 


Indirizzo:
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