Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

Intervento di Carlo De Chiara

Volendo collocarci nel solco dell'idea di un "ufficio per il processo", e dunque di una collaborazione funzionale tra i soggetti che erogano il servizio, bisogna pensare che i dirigenti delle cancellerie hanno il compito di organizzare le cancellerie, e questo comporta l'imprescindibile esigenza di dare ad essi le responsabilità ed i poteri necessari.

Nei rapporti tra il dirigente amministrativo e il magistrato dirigente dell'ufficio giudiziario, si tratta di trovare le sedi e i modi per le necessarie mediazioni, e qui ben venga l'idea di una conferenza organizzativa, con la partecipazione dei presidenti di sezione, come stanza di informazione e compensazione.

Anche l'idea dell'assistente del giudice non è certo estranea alla logica dell' "ufficio per il processo": il Prof. Zan ci ha ricordato stamane che nell'organizzazione di un ufficio è fondamentale la delega, anche "di fatto", di funzioni da parte di chi è il responsabile del prodotto finale. Non è concepibile che il giudice faccia tutto da solo.

Sull'assistente del giudice registriamo da tempo l'adesione delle organizzazioni sindacali del personale alla introduzione di una figura professionale che assuma, nella sostanza, tale delega "di fatto", predisponendo bozze di provvedimenti secondo le direttive e sotto il controllo del giudice, eseguendo ricerche di giurisprudenza, ecc.; giustamente, invece, le organizzazioni sindacali rifiutano un modello di semplice "attaché". La figura dell'assistente professionalmente qualificato è già prevista nell'ordinamento del personale grazie all'accordo integrativo del 2000 e potrebbe essere attivata subito, se si volesse farlo; invece la proposta ministeriale in versione emendamento Caruso è inaccettabile, sia perché è importante che il patrimonio di professionalità costituito dagli assistenti del giudice rimanga all'interno dell'Amministrazione e non venga disperso dopo qualche anno, sia perché viola precisi impegni sottoscritti con i sindacati. Tutto questo rimanda ad un confronto più articolato con le organizzazioni del personale e dei dirigenti amministrativi, insieme alle quali deve essere condotta la vertenza.

Nell'ambito di questo confronto, dunque, alcune cose dovranno essere chiarite. Io, per esempio, su un punto non mi trovo in sintonia con Daniela INTRAVAIA, cioè sulla sua idea che l'utilizzazione degli assistenti debba essere esclusivamente collettiva e che non possa esservi la disponibilità di un singolo assistente per un singolo giudice. Non escludo la gestione accentrata di talune prestazioni per le quali ciò risulti più economico (questo potrebbe - forse - valere per le ricerche di giurisprudenza), ma per l'attività di predisposizione delle bozze di provvedimenti mi sembra assai difficile escludere un rapporto diretto e individuale tra singolo giudice e singolo assistente, perché la delega di fatto, per essere efficace, presuppone un rapporto fiduciario e di formazione permanente.

Ecco, su temi concreti come questo sarà necessario un confronto per uscire da (eventuali) ambiguità e verificare la effettività di convergenze o la necessità di mediazioni.

Seminario di Bologna "Ufficio per il processo" - giugno 2004


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