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La rappresentanza "politica" nei contesti associativi ed istituzionali

Vorrei soffermarmi in particolare sul problema della rappresentanza "politica" nei contesti associativi ed istituzionali.

C' è differenza tra il potere che esercita il dirigente - direttivo o semidirettivo ed il potere del dirigente politico - nel nostro ambito ANM o MD- potere che non si esercita solo in base ad uno Statuto, ma che trova legittimazione nella delega politica, nel voto congressuale: nel primo caso il potere trova fonte e legittimazione in un atto di nomina amministrativa, nell'ambito dell'ordinamento organizzativo, nel secondo caso la veste rappresentativa è più complessa perché implica anche una responsabilità nei confronti del rappresentato.

Per le donne questo potere di rappresentanza politica come si atteggia?

Sono ancora valide oggi le analisi fatte qualche anno fa, che hanno cercato di analizzare le ragioni che ostacolano la presenza delle donne negli organismi rappresentativi?

 

Se stiamo ai dati che Giuliana Civinini ci fornisce, se ne deve dedurre che ancora oggi vi sono:

  1. Propensione, anche se indotta, delle donne ad autoescludersi dalla vita associativa.

Nel nostro ambiente l'autoesclusione è un fatto dato assolutamente certo, perché non possiamo parlare di meccanismi che tendano ad escludere le donne , come può avvenire in altri ambiti, pensiamo ai partiti politici.

Esiste certamente ancora una difficoltà delle donne di rappresentarsi mentalmente in uno spazio pubblico, di vedersi proiettate nell'agorà, in un ambito che tradizionalmente appartiene agli uomini (agorafobia, fenomeno che sopravvive per lungo tempo, anche dopo l'abolizione di divieti che impediscono di prendere la parola in pubblico;".. quel sentirsi inadeguate, che tutte abbiamo provato).

Quali sono state fino ad ora le alternative:

  1. la rinuncia, l'autoesclusione e, quindi, la delega agli uomini;
  2. l'accontentarsi di forme di rappresentanza parziale - autorappresentanza o sottorappresentanza, che sono forme false di rappresentanza.
  3. Problema: per tanto tempo c'è stata una forma di rappresentanza di "gruppo", non a caso nel partito c'erano i coordinamenti delle donne, con donne che avevano la c.d. "doppia militanza".

  4. rappresentarsi come gli uomini, con una perfetta opera di omologazione al modello maschile.

Oggi ancora assistiamo a fenomeni del genere, direi che purtroppo è ancora la quasi normalità.

Il problema è che forse esiste ancora e si perpetua, o comunque stenta a morire", una divisione culturale ed educativa tra i sessi. Quindi è ancora vincente il modello maschile, che ancora oggi fa scivolare in una, spesso, inconsapevole omologazione.

Mi chiedo anche se lo scarto generazionale interagisce con il genere. Oggi le donne più giovani avvertono di meno l'estraneità alle modalità con cui è agita la politica?

Certo bisogna superare il presupposto femminista che il personale è politico e bisogna avere un atteggiamento critico e creativo nei confronti della politica e del fare politica.

La politica va rifondata. Con connotazioni di genere , solo così sarà appetibile per le donne.

Come?

Non credo che siano necessari trattati che illustrino contenuti e strategie complesse e particolari.

Credo che bastino alcuni aspetti salienti, anche se metterli in pratica mi appare un'impresa titanica"

In primo luogo, credo che si avverta maggiormente da parte delle donne quello che , per dirla con Hannah Arendt, è il problema della rappresentanza politica moderna: la eccessiva mediazione che allontana chi governa da chi è governato, l'assenza di una democrazia più partecipativa e più diretta, senza la necessità di eccessivi richiami al simbolismo e dove l'agire del rappresentante non sia scollegato dalla base ed autonomo (questo vale anche all'interno di un CDC dell'ANM o di un consiglio nazionale di MD, piuttosto che di una seduta dell'esecutivo di MD).

Ebbene tenendo in conto queste premesse vediamo cosa potrebbe essere di ostacolo alla presenza delle donne negli organismi di rappresentanza.

1) Un primo problema, il ruolo è pubblico ed implica visibilità, scontro diretto con i concorrenti, l'assunzione di un'immagine simbolica;

  1. secondo problema: i tempi lunghi della politica.

Gli uomini devono intervenire per forza, devono segnalare la loro presenza, riaffermare la posizione della parte o della corrente che rappresentano, le donne (quelle meno omologate") intervengono in genere solo se c'è qualcosa di nuovo da dire.

Gli uomini sembrano preferire il discorso enunciativo tipico del potere simbolico, le donne sembrano preferire il potere operativo, più collegato alla efficienza,non a caso le donne dedicano più tempo alla macchina amministrativa.

E' vero che alcune decisioni sono incompatibili con percorsi decisionali lunghi e con consultazioni allargate e quindi è vero che il dirigente politico è costretto a una doppiezza di linguaggio e a riferimenti simbolici alternando, come dire, il linguaggio formale a quello informale e sostanziale all'interno dell'organizzazione, ma il problema, che è complesso, forse potrebbe essere migliorato se si desse un peso meno preponderante al livello puramente rappresentativo e si squalificasse di meno il livello operativo.

Mi spiego: dovremmo forse riuscire a ridefinire in qualche modo la " funzione dirigente" riuscendo a costruire un collegamento organizzativo stabile e continuativo tra la decisione formale e tutto ciò che succede nell'organizzazione prima - percorso di maturazione- e dopo - percorso di implementazione .

Bisognerebbe osservare come questa funzione direttiva di rappresentanza viene svolta, come è distribuita e con quali mezzi e sostegni. Ciò significa anche sottoporre ad una verifica democratica le azioni che si svolgono nella organizzazione: non valorizzare solo il momento finale, ma anche i passaggi intermedi ed operativi, cioè tutto il percorso decisionale, facendo sì che non si concentrino nelle mani di pochi il potere di rappresentanza simbolica, quello di decisione e di gestione sostanziale.

Insomma si dovrebbe riuscire a distribuire la leadership sostanziale in modo diffuso tra tutti coloro che contribuiscono anche operativamente all'agire politico.

I tempi della politica devono essere rivisti anche in funzione di ciò : ad esempio tempi rapidi e modalità puramente enunciative quando si tratta di ratificare una decisione formale, senza ripetizioni e tempi morti " in cui si fa solo sfoggio di eloquenza" in riunioni estenuanti .

Bisogna invece privilegiare modalità riflessive e di ascolto se si devono approfondire contenuti problematici.

Quelle donne che hanno praticato momenti di riflessione politica collettiva , certo all'interno di gruppi femministi, forse hanno maggiore dimestichezza con l'agire collettivo, con relazioni di scambio , in cui si cerca di valorizzare anche modalità più collegiali di azione politica che implicano momenti di reale collaborazione operativa.

 

Io non so se il solo aumento numerico delle donne potrà migliorare, non diciamo, rifondare, la politica degli organismi rappresentativi secondo modelli di democrazia più partecipativa come ho cercato malamente di dire.

Forse però può essere un inizio, sempre che si dismettano atteggiamenti di omologazione e si comprendano fino in fondo il senso ed il valore della differenza di genere che va per me agita più che spiegata. Come? dialogando tra donne , affidandosi un po' di più a chi ha avuto percorsi di pratica politica delle donne, pratica che deve essere ormai visibile, che deve entrare nel contesto politico generale e non rimanere legata ad un mondo separato.

 

Milano, 17.4.2004

 

 


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