Sommario
Leggi e istituzioniI diritti, la nostra forza, di Perfecto Andrès IbaÒez Lavoro e costituzione nelle politiche del governo Berlusconi, di Massimo Roccella Líarticolo 25 Costituzione tra (pre)giudizi della Consulta e legittimi sospetti del legislatore, di Roberto Oliveri del Castillo Proposte di razionalizzazione del processo civile in primo grado, di Antonio Lamorgese Il progetto di modifica della legge 180: una controriforma fondata sulla segregazione, di Emilio Lupo Patrimonio, infrastrutture e mercanti díarte, di Fausto Nistic
Obiettivo 1: La guerra, la pace, il diritto Il diritto internazionale e le nuove guerre, Tribunale permanente dei Popoli (14-16 dicembre 2002) Costituzione e guerre di globalizzazione. Interpretazione evolutiva o violazione dellíart.11 Costituzione?, di Claudio de Fiores Giuristi contro la guerra (mozione approvata dal Congresso nazionale di Magistratura democratica il 26 gennaio 2003)
Obiettivo 2: Moduli organizzativi e giustizia civile tra inefficienza e prassi virtuose Introduzione, di Gianfranco Gilardi Un questionario per misurare líorganizzazione dei tribunali nel settore civile, di Giuseppina Luciana Barreca Le modalità di applicazione dellíart. 47 quater ordinamento giudiziario nel Tribunale di Milano, di Angelo Ricciardi Potenzialità e limiti del nuovo ruolo del presidente di sezione (Líesperienza del Tribunale di Roma), di Francesco Vigorito
Obiettivo 3: Il diritto penale degli stranieri Prime applicazioni delle norme penali della legge Bossi-Fini, di Angelo Caputo Documenti: Tribunale di Torino - 3 sez. pen., sent. 9 novembre 2002, est. Gallo Tribunale di Roma, ord. 12 novembre 2002, est. Ianniello Tribunale di Milano, ord. 5 dicembre 2002, est. Zucchetti Prassi e orientamenti La legge Pinto e líEuropa tradita (Riflessioni di un avvocato dalla parte del cittadino), di Giovanni Berti Arnoaldi Veli
Magistratura e società Il Ministro della giustizia e le nomine di magistrati in organismi paragiudiziari europei (Note a margine del caso OLAF), di Giuseppe Santalucia Osservatorio internazionale Il pubblico ministero europeo, di Vito Monetti Quale legge per Eurojust?, di Francesco De Leo Giurisprudenza e documenti 1. Tutela inibitoria e prodotti difettosi (Giovanni Armone) Tribunale di Torino, 4^ sez. civ., 17 maggio 2002est. Salvetti Altroconsumo c. Fiat Auto spa 2. XIV Congresso nazionale di Magistratura democratica: mozione finale
Editoriale
´Ci sono dei giudici a Milano', dei giudici imparziali, terzi e capaci di decisioni giuste. Questo hanno detto, il 28 gennaio scorso all'esito di un percorso lungo e accidentato, le Sezioni unite della Cassazione, respingendo le istanze di trasferimento ad altra sede, ai sensi dell'art. 45 del codice di rito, di uno dei processi milanesi a carico, tra gli altri, del presidente del Consiglio (imputato di corruzione). Il seguito è noto: l'onorevole Berlusconi, con cassetta registrata trasmessa a reti unificate, ha rivendicato per sé un ´giudizio dei pari', evocando contestualmente pericoli di golpe giudiziari e parlando di ´giustizia amministrata in nome e per conto di una parte politica'; più rozzi, due vicepresidenti del Senato non hanno esitato a invocare ´lavori forzati' per i magistrati irrispettosi e ad affermare che ´certi magistrati è difficile distinguerli dai maiali' (con conseguente auspicio del loro invio in Congo ´dove mangiano i pigmei' e, verosimilmente, anche i maiali). L'Associazione nazionale magistrati ha avvertito, con preoccupata fermezza, che ciò apre ´un problema non per i magistrati ma per le istituzioni'. Noi vogliamo essere più espliciti: cosi lo insegna la storia, anche quella più recente nasce un regime.
Tutto ciò non comincia oggi. Da tempo la maggioranza politica ha individuato i responsabili di tutti i mali della giustizia (e finanche del Paese...) e li addita ossessivamente all'opinione pubblica. Sono - viene ripetuto in modo martellante all'evidente fine di trasformare, sfruttando le leggi della comunicazione, il falso in verità - i magistrati politicizzati. Non, come potrebbero pensare gli ingenui, quelli che affiancano alle funzioni giudiziarie la carica di sindaco o di assessore in giunte di centro-destra (da Vibo Valentia a Reggio Calabria) o i magistrati prestati al Parlamento per scrivere discusse leggi o disegni di leggi ad personam (i cui nomi, da Cirami a Nitto Palma, hanno occupato in questi mesi le pagine dei media). Non loro, ma le ´toghe rosse', cioè i magistrati che non si sottraggono al dibattito culturale sui diritti e sulla giustizia. Di qui, attraverso una sorta di proprietà transitiva, il giudizio (il marchio) si estende a tutti i magistrati, anche i più appartati e silenziosi, che, in settori o in processi delicati, si ostinano a non confondere il dovere di imparzialità con la compiacenza verso la parte forte del rapporto processuale. A questi magistrati è riservato un giudizio tranchat, tale, addirittura, da non richiedere dimostrazione (e, infatti, nessuno si è mai curato di fornirla): quello di perseguire ´fini esterni alla giurisdizione' incompatibili con l'imparzialità e con la stessa lealtà istituzionale.
C'è, di questa impostazione, anche una versione più raffinata (che prepara la strada a quella più hard). La partecipazione del magistrato al dibattito politico-culturale si dice - lo rende sospetto a chi non ne condivide le idee. Affermazione suggestiva ma deformante, ché l'estraneità del magistrato dalla società è, anzitutto, impossibile. Lo abbiamo ormai ripetuto mille volte: ci sono giudici credenti e altri che non lo sono e tale condizione non è occultabile; dovrà, dunque, l'ateo rifiutare il giudizio del credente e quest"ultimo diffidare del giudizio dell'ateo? o non dovranno entrambi verificare l'imparzialità del proprio giudice in base alle sue opzioni interpretative e al rigore delle sue motivazioni? e se ciò accade per le convinzioni più profonde, perché mai lo stesso approccio non dovrebbe valere per le opzioni ideali, culturali, politiche?
Il fatto è che non sono le idee né la loro espressione, ma casomai le ´appartenenze', in particolare se occulte, a ridurre l'imparzialità del magistrato e che sono l'apoliticità e l'indifferenza a offrire copertura a fenomeni di subordinazione o di strumentalizzazione del ruolo. Non è, questa, una acquisizione recente. Scriveva Marco Ramat, in una nota del 1964, ricordando un dibattito nella prima campagna elettorale di Magistratura democratica: ´Ci furono molti interventi appassionati da parte nostra, tutti tesi a sostenere la fondamentale distinzione tra la grande politica della Costituzione, dove la magistratura deve impegnarsi, e la politica di partito, contingente, da cui la magistratura deve estraniarsi. Una distinzione essenziale, permanente, perÚ mai acquisita; anche quando ti sembra che sia stata ormai digerita dai magistrati, rispunta' (La nascita di Md, in Aa. vv., Crisi della giurisdizione e crisi della politica, Angeli, Milano, 1988, p. 318). Ma, nello scontro attuale, non è certo la verità ciò che interessa.
febbraio 2003
(l.p.)