La questione stupefacenti e l’impegno di Md


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di Carlo Sorgi - congresso nazionale

1. Il quadro di riferimento

A fine ottobre 1988 durante l’ottavo congresso nazionale di Md a Palermo venne presentato un documento sulla questione stupefacenti che venne ripreso nella mozione conclusiva. Con la solita precisione ce lo ricorda il nostro storiografo Giovanni Palombarini (pag. 255 Giudici a Sinistra). In quella occasione venivano aspramente criticate le posizioni punizioniste che l’allora Presidente del Consiglio Craxi, di ritorno da un illuminante viaggio negli Stati Uniti, andava conclamando per risolvere definitivamente il problema droga. Ricordo che sul Manifesto una entusiasta Tiziana Maiolo aveva, per la prima ed unica volta nella sua vita, parlato bene dei giudici.
Da allora molte cose sono cambiate (in particolare Tiziana Maiolo), ma l’atteggiamento di una certa parte politica nei confronti del tema droga è rimasto sempre uguale: becero ed ottuso. Questo dato non si ricava automaticamente dalla qualità di chi affronta l’argomento, anche se la stessa indubbiamente contribuisce, ma viene fuori da una considerazione pi approfondita.
La destra, abile sicuramente nel settore comunicazione, ha compreso pienamente che per un problema così complesso come quello delle tossicodipendenze l’unica possibilità di utilizzo del fenomeno in termini di consenso politico è per slogan, semplici e digeribili come omogeneizzati, e superficiali e vuoti come Excalibur di Socci.
Basta dire, una volta ogni tanto, la frase: abbiamo risolto il problema, oppure: siamo contro tutte le droghe, che l’effetto comunicazione, come per miracolo, ottiene il risultato voluto. Subito l’opinione pubblica si ricorda del problema droga e concorda su una soluzione che preveda la punizione per tutti, tranne che per quelli che sono disposti ad andare in alcune strutture ben affidabili da un punto di vista dei contenuti per il recupero. Ecco che Muccioli junior diventa un guru salvifico in grado di affrontare il problema con una profondità e professionalità che nessun esperto gli riconosce. Il settore pubblico, il Sert per intenderci, che nel bene o nel male ha retto sino ad ora con molti esempi di impegno e professionalità, deve essere screditato, troppi dubbi di comunismo vi si annidano, ed il privato, senza controlli e ritegno, deve essere messo in condizioni di affrontare con le adeguate risorse la questione, con l’aiuto del sistema penale che deve fare la sua parte. Nessun problema se il modello punizionista si sia rivelato sempre ed ovunque un fallimento, che in Europa tutti ormai guardino all’esempio svizzero ed alla riduzione del danno con interesse, basta ignorare queste quisquilie e ripetere che il problema sarà risolto per dare l’illusione mediatica che questo sia effettivamente possibile ( per una spiegazione del meccanismo iperbole+ipersemplificazione +bombardamento mediatico (vedi Giuliano da Empoli, Overdose, Marsilio 2002, pag. 27 ).
Del resto si tratta della stessa classe politica che propone come miglior rimedio per affrontare la questione sieropositività ed aids la castità , cioè uno stile di vita che il nostro Presidente del Consiglio con le sue reti televisive, private o pubbliche non c’è differenza, incentiva a chiare letterine.
Parlare di politica della riduzione del danno appare un affronto, c’è da ritenere che per altro quasi nessuno degli interlocutori ne sappia un accidente. Il riferimento ai quattro pilastri nel migliore dei casi sarà considerato un richiamo a Ken Follett (autore dei Pilastri della Terra) piuttosto che alle linee di politica svizzera in tema di tossicodipendenze.
Si può reagire a questo messaggio solo producendo cultura, diffondendo possibilità di approfondimento sul tema che consentano il superamento di un approccio semplicistico e superficiale, oltre che indubbiamente suggestivo per il contenuto miracolistico declamato.

2. Il XIV congresso di Md

Veniamo ad oggi e al contesto nel quale si inserisce questo intervento.
Nella sua relazione benissimo ha scritto Claudio Castelli: «alla contrazione dello stato sociale corrisponde l’esaltazione della tolleranza zero come dimostrano le politiche nel settore degli stupefacenti e della tossicodipendenza, in cui l’accantonamento delle politiche di accoglienza e riduzione del danno apre la strada ad un revival del modello esclusivamente repressivo».
Importante l’attenzione del nostro segretario al fenomeno e non solo per una questione di indubbia sensibilità ma anche per un sano pragmatismo che da sempre lo contraddistingue : quasi il 30% dei nostri detenuti è tossicodipendente e i nostri processi penali dove il carcere è una effettiva presenza oramai sono quasi esclusivamente quelli con tossici o con extracomunitari, un altro 30 % della popolazione carceraria.
Allora non possiamo parlare di problema carcerario, di inutilità della sanzione penale e di diritti negati se non partiamo proprio dalle tossicodipendenze. E in questo tema insieme con alcune presenze importanti ma isolate (penso in particolare a Livio Pepino e Franco Misto) non possiamo non riconoscere come l’attenzione della corrente non sia sufficiente e l’elaborazione culturale non all’altezza con la problematicità della questione.
Ricordo che a Venezia solo con un intervento all’ultimo istante si riuscì a inserire un richiamo alla validità di una politica antipunizionista e da allora, nonostante una grande iniziativa della maggioranza politica sul tema delle droghe con accenni esclusivamente privatistici e punizionistici non c’è stata una iniziativa, non dico dell’ANM ma neppure di Md.
Abbiamo un Governo che si dichiara contro tutte le droghe, con qualche tentennamento del Ministero dell’Economia (ma evidentemente in quei palazzi la cocaina è considerata un anestetico e l’importante è che qualcosa tiri, se non proprio il mercato) e non possiamo non impegnarci a denunciare la mistificazione di un messaggio tanto insulso quanto dannoso.
Possiamo in questo settore trovare dei compagni di strada preziosi e fondamentali per la nostra crescita culturale, e il riferimento a Luigi Ciotti è assolutamente doveroso, ma dobbiamo rinnovare un impegno che ci ha visto protagonisti per alcuni anni ma poi in gran parte disattenti.
Se è vero che il tema tossicodipendenze risente di ondate di interesse manovrate dai mass media con sapiente dosaggio noi dobbiamo riprendere l’iniziativa e non abbandonarla.
Quando parliamo dei diritti negati non dimentichiamo che l’ultimo della nostra società è il tossicodipendente straniero in carcere: il massimo delle sfortune, o il minimo dei diritti.
Se non prestiamo attenzione all’ultimo non potremo permetterci di sentirci legittimati di pensare agli altri perch la sensibilità ai diritti non conosce soglie minime di attenzione.

3. Che fare
Personalmente preparerò un documento, o una mozione, o chiamatela come vi pare da presentare in sede di conclusioni del nostro congresso su questo tema.
Alcuni punti fermi devono essere : 1) la mancata differenziazione tra droghe leggere e pesanti è frutto di ignoranza e populismo e comporta conseguenze enormi in tema disinformazione (le parole dell’ex Ministro Veronesi sono state un salutare pugno nello stomaco senza, per altro, esito alcuno); 2) rifiutare la politica della riduzione del danno come troppo debole per un abbandono della droga vuol dire non avere il concetto di salute nel proprio dna culturale e questo ritardo è colpevole e dannoso; 3) la sperimentazione di nuovi metodi di lotta alle dipendenze, come nel resto dell’Europa, vuol dire ammettere il fallimento della punizione come unico sistema e la capacità di aprirsi ad altre esperienze; 4) la comunità terapeutica, lungi dall’essere l’unica risposta alle tante condizioni di dipendenza ed alle svariate sostanze, può essere utile solo se inserita in un contesto di impegno complessivo che veda il servizio pubblico al centro di tale attività anche in funzione di verifica del privato con il quale collabora.
Spero che anche altri siano interessati con me a realizzarla o anche soltanto a firmarla e vorrei che questo fosse un modo per sottoscrivere un impegno futuro di tutti noi.

24 01 2003
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