L’assemblea nazionale dell’Anm: appuntamento il 10 novembre


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di Md

Cari colleghi,

l’Associazione nazionale magistrati ha indetto un’Assemblea nazionale a Roma per il prossimo 10 novembre, come prima iniziativa di protesta e di mobilitazione per riaffermare la dignità della funzione giudiziaria e per denunciare il disinteresse del Governo verso le condizioni di grande difficoltà in cui operano gli uffici giudiziari e verso lo status professionale e retributivo dei magistrati. E' un appuntamento importante che cade in una situazione di straordinaria difficoltà, su cui occorre raccogliere consenso e mobilitazione.
Sono sotto gli occhi di tutti l’appannamento del controllo di legalità nel nostro paese e la progressiva emarginazione della giurisdizione, con mortificazione del ruolo della magistratura.
I segnali intervenuti in questo inizio di legislatura sono univoci e preoccupanti: dalla legge delega sul diritto societario ed il falso in bilancio alla ratifica degli accordi con la Svizzera in tema di rogatorie (che restringe di fatto – e con portata generale – la cooperazione giudiziaria internazionale), dal taglio delle scorte a magistrati impegnati in processi di criminalità organizzata, all’epurazione dal Ministero di magistrati scomodi o “non allineati”. I toni del dibattito che ha accompagnato e seguito questi provvedimenti, poi, si sono rivelati, se possibile, ancora pi allarmanti, denotando un intento offensivo e punitivo nei confronti della magistratura e di singoli magistrati che non dovrebbe avere cittadinanza in un sistema democratico.
Tutto ciò viene dopo la presentazione, da parte del Ministro guardasigilli, di un programma sulla giustizia le cui indicazioni sono fuorvianti o deludenti: dalla privatizzazione della giustizia civile all’impropria identificazione della questione efficienza con la produttività dei singoli magistrati, dall’assenza di qualsiasi intervento sul piano del potenziamento degli uffici e dell’organizzazione alla riproposizione della separazione dei ruoli tra requirenti e giudicanti (che sembra proporsi come una separazione delle carriere appena addolcita), sino ad un nuovo sistema elettorale del C.S.M. che mortifica il pluralismo e l’associazionismo.
Una politica preoccupante che innanzitutto prosegue e inasprisce alcune tendenze negative della produzione normativa degli ultimi due anni, in particolare la marginalizzazione della giurisdizione ordinaria rispetto a quella amministrativa e gli interventi a pioggia sul processo penale (del tutto inidonei a garantirne un funzionamento adeguato); mentre, contemporaneamente, scompare ogni progetto riformatore, teso a un reale recupero di efficienza. Difficile non vedere in ciò l’intento di lasciare andare la giustizia alla deriva.
La vicenda della proposta di legge finanziaria è emblematica. Nonostante le assicurazioni fornite, sono state disattese le richieste che l’Associazione nazionale magistrati aveva formulato: ufficio del magistrato; verifiche di professionalità pi serie ed aderenti alla realtà; ricostruzione della “carriera” come primo passo verso la perequazione con la magistratura amministrativa e contabile; scuola della magistratura come struttura per la formazione iniziale e permanente dei magistrati. La finanziaria non solo non prevede stanziamenti al riguardo (n per misure organizzative, n per le retribuzioni, n per la formazione), ma diminuisce il bilancio del Ministero della giustizia, prevede il blocco delle assunzioni anche per il personale giudiziario, riduce le spese per gli straordinari degli ausiliari. La prospettiva è di una condanna della giustizia ad una lenta decadenza, la cui responsabilità, come sappiamo, verrà addebitata all’ultimo anello della catena, ovvero ai magistrati.
E’ a rischio l’utilità sociale e la stessa dignità della funzione del magistrato. Anche la forbice che si è creata tra lo status economico dei magistrati ordinari e di quelli amministrativi e contabili da un lato e la dirigenza amministrativa dall’altro non è semplicemente questione di retribuzioni. Un trattamento economico inadeguato disincentiva i migliori laureati a scegliere la magistratura ordinaria e finisce così per ripercuotersi negativamente sulla qualità futura della giurisdizione; e l’esperienza insegna che i livelli retribuitivi sono in diretto rapporto con la forza e l’effettività delle funzione giurisdizionale.
Ad essere in pericolo sono, dunque, la dignità dei magistrati e la loro concreta possibilità di svolgere un ruolo autonomo ed indipendente. Nasce di qui l’iniziativa dell’assemblea nazionale del 10 novembre (prima iniziativa di un confronto con Governo e Ministro che si preannuncia difficile), che richiede una mobilitazione compatta e consapevole: l’alternativa è il cammino, di cedimento in cedimento, verso una progressiva marginalizzazione e deriva della giustizia.
Per questo occorre essere tutti a Roma il 10 novembre.

01 11 2002
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