Sulla modifica delle circolari in tema di incompatibilità


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di Ernesto Aghina, Paolo Arbasino, Giuliana Civinini, Giuseppe Fici, LuigiMarini, Francesco Menditto, Giuseppe SalmŽ, Giovanni Salvi

La questione della incompatibilità ha costituito oggetto di aspre polemiche, spesso strumentali, in Consiglio e fuori. Inoltre l’attuale disciplina dei casi concreti di incompatibilità e le stesse procedure per accertarne la sussistenza erano causa di notevoli incertezze e di rigidità applicative.

Era dunque necessario affrontare con determinazione il tema, anche al fine
di rendere sempre pi trasparente la gestione degli uffici e di offrire
criteri, per quanto possibile, chiari e predeterminati, cui i colleghi
potessero improntare le proprie scelte.

Non vi è dubbio, infatti, che la sedimentazione nel tempo di modifiche
normative nell’ordinamento e di decisioni del Consiglio avesse reso quella
della incompatibilità una zona grigia, nella quale convivevano situazioni
inaccettabili e incompatibilità solo formali.

La modifica si è resa necessaria anche per una serie di altre ragioni.

Innanzitutto l’introduzione del Giudice unico ha ovvi riflessi sulla
individuazione del concetto di "ufficio giudiziario", rispetto al quale
valutare la sussistenza dell’incompatibilità. Basti pensare alla
soppressione delle Preture e al loro accorpamento ai Tribunali. Era dunque
necessario fornire indicazioni di carattere generale, onde evitare da un
lato un’eccessiva estensione delle incompatibilità e dall’altra incertezze
applicative.

Si è dunque ritenuto di dare rilievo alle articolazioni del concetto di
ufficio, tenendo conto delle Sezioni distaccate e degli uffici di
sorveglianza e minorili.

Si è poi inteso individuare criteri predeterminati (per quanto possibile)
che consentano di valutare preventivamente le diverse situazioni. In tale
direzione un rilievo fondamentale ha assunto - nei fatti e nelle decisioni
del CSM - la specializzazione crescente e l’ampiezza delle previsioni
tabellari (si pensi alla questione dei sub-settori, su cui la Consiliatura
precedente discusse a lungo).

Si sciolgono così punti di incertezza interpretativa del Consiglio e si
evitano inutili appesantimenti delle situazioni di incompatibilità. Il
riconoscimento del rilievo dell’organizzazione tabellare e dell’esistenza
delle specializzazione anche nei settori ha infatti un notevole riflesso
deflativo sulle incompatibilità, senza però intaccare l’immagine di
imparzialità del magistrato e l’efficienza dell’ufficio.

Anche le modalità di esercizio della professione forense sono radicalmente
mutate. Innanzitutto è mutata la disciplina normativa, per esempio rendendo
di fatto assai poco rilevante il dato - in passato preponderante - della
iscrizione all’Albo professionale per individuare il circondario di
esercizio abituale della professione. Si sono poi sempre pi affermate forme
di esercizio della professione non individuali. Infine, i settori di
specializzazione si vanno estendendo anche nella professione.

Era poi necessario definire con chiarezza le situazioni rilevanti ex art. 2
L.G. e in particolare il coniugio e la convivenza (nonch le fasi di
scioglimento di entrambi).

Anche per ciò che concerne l’incompatibilità ex art. 19 (tra colleghi) la
mutata sensibilità in tema di modalità dell’esercizio della funzione
imponeva che si esaminasse in particolare l’aspetto dell’incompatibilità
derivante dall’esercizio di funzioni "interferenti" (non previste dalla
circolare precedente), ancor pi che quello connesso con l’esercizio di
funzioni omologhe. Si pensi ai casi in cui il magistrato svolge le sue
funzioni in ufficio con funzioni valutative dell’operato del congiunto
(appello rispetto al primo grado, nella medesima materia; giudice penale
rispetto al pubblico ministero; tribunale riesame rispetto a gip). Tale
criterio è, naturalmente, temperato da quello dell’effettiva interferenza
tra le funzioni (ad esempio, in considerazione della dimensione della sede,
dell’effettiva suddivisione in sub-settori ecc.).

Relatore della proposta di nuova circolare è il Cons. Arbasino. La proposta
ha raccolto i contributi delle diverse componenti e della struttura tecnica.

La circolare, nella sua originaria stesura in forma "discorsiva", era già
stata portata al Plenum a settembre. Qui, tuttavia, la presentazione di un
articolato, proposto da Salvi e dallo stesso Arbasino allo scopo di rendere
piu’ efficace il dettato normativo, ha determinato il ritorno della pratica
in commissione i cui lavori hanno portato ad un approfondimento di alcuni
aspetti.

Occorre premettere che i margini di modifica della circolare sono fortemente
condizionati dalla giustizia amministrativa, giacch è necessario
conformarsi ai principi di interpretazione della legge che si sono ormai
consolidati.

Entro questi limiti, si è voluto recepire la sempre maggiore sensibilità -
sia all’interno della magistratura che all’esterno - per il tema della
incompatibilità, evitando però di adottare regole troppo rigide, così da
rendere difficile oltre il necessario la gestione degli ormai diffusi
rapporti familiari "trasversali" o tra colleghi.

Su questo aspetto ci si è fortemente impegnati, cercando di evitare troppo
rigide preclusioni, incompatibili con l’orientamento della giustizia
amministrativa e inutilmente penalizzanti.

Un punto qualificante a tal proposito era quello relativo agli uffici di
minore dimensione, individuati attraverso il dato tabellare (esistenza di
una sezione unica promiscua). Nella prima stesura della circolare non era
stata raggiunta una soluzione che consentisse da un lato di indicare criteri
prevedibili di incompatibilità, ma che al tempo stesso consentissero di
evitare un’assoluta rigidità. Non vi è dubbio, infatti, che nelle sedi pi
piccole, ove vi è una sezione promiscua, è pressoch impossibile distinguere
i settori di attività del magistrato ed è anche presumibile che il congiunto
professionista eserciti non possa operare in ambiti specializzati ed
eserciti nei diversi settori. I problemi derivanti dalle incompatibilità,
anche sul piano organizzativo, crescono esponenzialmente con la riduzione
della dimensione della sede.

Nella nuova stesura si è giunti a una formulazione che sembra risolvere (per
quanto possibile) il problema, prevedendo che la situazione 1di
incompatibilità sia superabile da previsioni tabellari che comportino una
netta separazione delle attribuzioni dei singoli magistrati nei diversi
settori (e sempre che il professionista non eserciti anche nel settore cui è
addetto il magistrato).

Alla circolare seguirà un monitoraggio generalizzato, che utilizzerà un
modulo informatizzato e che dovrebbe consentire, per il futuro, di segnalare
solo le modificazioni rispetto alla situazione precedente.

I punti essenziali della circolare sono i seguenti:

1. La bozza disciplina congiuntamente le ipotesi di cui agli artt. 18 e
19, che invece erano prima trattate separatamente (cioè con due circolari
diverse). Si tratta di una scelta motivata soprattutto da ragioni di
semplificazione, visto che molti concetti sono comuni alle due situazioni. E
tuttavia vi sono implicazioni pi generali: infatti la distinzione tra i due
articoli rispondeva - nel disegno originario del legislatore - anche a una
differenziazione sostanziale degli interessi tutelati. Nell’art. 18 viene in
primo piano la tutela dell’immagine della giurisdizione, rispetto all’
esercizio della professione da parte di congiunti (imparzialità - parità di
condizione degli avvocati ecc.); nell’art.19 viene in questione soprattutto
l’aspetto della funzionalità dell’ufficio. Si è discusso a lungo se
mantenere la separazione anche delle circolari. Alla fine si è ritenuto pi
opportuno semplificare la materia, pur mantenendo negli aspetti sostanziali
le differenze anzidette.

2. Sono stati introdotti due criteri fondamentali per la valutazione
dell’incompatibilità in concreto (e cioè al di là del dato meramente formale
dell’iscrizione del professionista all’Albo): la suddivisione dell’ufficio
in settori e la dimensione dell’ufficio. Sul primo criterio ci si è molto
impegnati, in quanto esso costituisce il vero discrimine delle situazioni
rilevanti. Quello della dimensione dell’ufficio costituisce un paramento
ulteriore di valutazione della incompatibilità in concreto, facendosi
riferimento pi puntualmente "all’organizzazione tabellare dell’ufficio che
è anche riflesso delle dimensioni e della relativa sede giudiziaria". Ciò
implica anche il rilievo alle articolazioni interne tabellari degli uffici e
la previsione di ipotesi pi articolate rispetto al passato. Si tratta di
una radicale modificazione, che da un lato rende molto pi chiari i confini
dell’incompatibilità e dall’altra offre un ragionevole bilanciamento dei
diversi interessi

3. Per le sezioni distaccate (di particolare rilievo dopo l’abolizione
delle Preture) si opta per la tendenziale insussistenza della
incompatibilità, quando il congiunto non vi svolga attività professionale,
se non in via marginale considerata anche la dimensione della sezione..

4. La questione delle Corti d’appello merita attenzione: si prevede una
tendenziale incompatibilità quando i settori sono analoghi. L’
incompatibilità è pi estesa rispetto alla previsione dell’esercizio
abituale della professione "davanti all’ufficio al quale il magistrato
appartiene" (circolare precedente). Il criterio è però temperato dalla
necessità di accertare in concreto che vi sia comunque un esercizio di
attività professionale presso la Corte (naturalmente anche da parte di altri
professionisti, in qualche maniera collegati al congiunto) con valutazione
del relativo grado di intensità. L’impegno a non trattare procedimenti nel
secondo grado non è di per s ritenuto sufficiente ad evitare l’accertamento
in concreto. Detto in altri termini, se ad esempio il congiunto esercita la
professione nel penale, davanti al Tribunale, si affermerà l’incompatibilità
con il congiunto magistrato in Corte d’Appelo - anch’egli nel settore
penale - a meno che non risulti che n il congiunto avvocato, n altri
professionisti a lui legati (soci, associati ecc.) esercitino con una certa
continuità in appello.

5. Si dà rilievo all’autonomia di Tribunale per i minorenni e di
Tribunale di sorveglianza.

6. I PM ripetono le previsioni di incompatibilità da quelle previste
per gli uffici di riferimento.

7. La dirigenza dell’ufficio rende pi stringenti le ipotesi di
incompatibilità.

8. Per i magistrati distrettuali non si configurano incompatibilità
(questa potrebbe essere una forte incentivazione).

9. Particolare rilievo viene dato all’esercizio della professione nelle
diverse forme di associazione, anche di fatto, o di società.

10. L’incompatibilità con riferimento ai praticanti iscritti nell’albo che
abilita all’esercizio della professione per i procedimenti ex Pretura rileva
solo quando, per l’inserimento in studi professionali o per altre ragioni
(ad esempio, esercizio abituale della professione nello stesso sub-settore
del congiunto), tale situazione può rilevare ex art.2. Tale possibilità
rende comunque necessaria la comunicazione della esistenza della situazione
di fatto agli organi di autogoverno.

11. La parte relativa al rapporto di coniugio ed assimilati non pone
problemi particolari, essendo stati risolti quelli che si erano prospettati
in origine circa la rilevanza delle situazioni di fatto. Si segnala però la
definizione degli obblighi di dichiarazione e la previsione che la presenza
di "gruppi familiari" determini comunque l’esame dei rapporti bilaterali
(salva una clausola di chiusura).

12. Per ciò che riguarda l’art. 19, il punto pi rilevante è l’affermazione
del valore della imparzialità, piuttosto che del buon andamento, come
fondante la previsione normativa. Notevoli le conseguenze (peraltro nella
scia delle decisioni consolidate): "è quindi la sola comune attività presso
l’ufficio che può determinare un’immagine di reciproco condizionamento".

13. Anche in questo caso è di notevole rilievo la dimensione dell’ufficio e
la sua articolazione tabellare.

14. La dimensione dell’ufficio assume rilievo fondamentale per le situazioni
di incompatibilità riconducibili a interferenza tra le funzioni (art. 2, ad
esempio pm/giudice; primo grado/appello). Vi è in questo una previsione pi
rigida rispetto alla circolare precedente (che disciplinava dettagliatamente
i casi da evitare con "gli opportuni provvedimenti" dei dirigenti, mentre
faceva solo un riferimento di chiusura all’art.2, in relazione alla
"frequenza e qualità" delle situazione anzidette) che recepisce una diversa
e ormai diffusa sensibilità.

15. La fase procedimentale prevede alcune semplificazioni. Innanzitutto essa
è collegata alla rilevazione informatica delle situazioni di
incompatibilità, con la conseguenza che queste verranno mano a mano
aggiornate, dopo il primo censimento generalizzato. L’obbligo di
dichiarazione della esistenza di un parente avvocato è assoluto (quindi
anche quando il parente eserciti la professione in un luogo lontano e senza
alcuna interferenza con l’ufficio nel quale opera il magistrato: ciò è reso
necessario sia dalle modificazioni della disciplina dell’iscrizione all’
Albo, sia con la diffusione di strutture societarie o di associazione che
operano sull’interno territorio nazionale). E’ il dirigente dell’ufficio che
fa una prima valutazione dell’effettiva sussistenza di ipotesi rilevanti ex
art. 18. In tale ultimo caso si procede con la raccolta delle informazioni e
il parere del CG.

16. E’ poi prevista la possibilità di audizione del magistrato interessato,
prima dell’apertura della procedura. Si tratta di un’innovazione importante
(che recepisce una prassi che si andava diffondendo), che può evitare
situazioni traumatiche e che è coerente con le finalità della normativa,
tendente alla risoluzione di situazioni potenzialmente dannose per il buon
andamento dell’amministrazione della giustizia, attraverso il bilanciamento
di interessi diversi.

13 11 2003
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