Una metafora per dire che la giustizia è giunta ormai ad una svolta drammatica, ma anche un modo per segnalare che sta per spezzarsi il cavo che collega l'intero sistema informatico. Presso la Procura di Torino, ufficio pilota e simbolo dell'informatica giudiziaria italiana, il sistema è prossimo al collasso: occorrono 45 minuti per iscrivere una notizia di reato e sei giorni perchè gli avvocati possano avere informazioni dal registro generale. Difficoltà tecniche e carenze di personale stanno mettendo in ginocchio anche questo ufficio, tradizionalmente efficiente.
Niente male per un Ministro che ha fatto della lotta al "debito di giustizia" un obiettivo dichiarato. Dichiarato ma non perseguito, perchè tutte le energie sono state spese per un obiettivo diverso e più importante: il conflitto quotidiano col Consiglio superiore e con la magistratura intera.
Un anno fa Magistratura democratica propose alle associazioni sindacali ed a quelle dei consumatori un progetto comune sulla giustizia. L'impossibilità di proseguire nei tentativi di dialogo con la politica e la debolezza del confronto con l'avvocatura rendevano evidente la necessità di un mutamento di rotta per recuperare il punto di vista dei cittadini "attivi". Il programma di lavoro presentato nell'ottobre 2004 si è articolato attorno a quattro incontri tematici, che hanno esaminato lo stato delle cose, messo a fuoco i bisogni e le aspettative, sviluppato idee e possibili interventi per rendere la giustizia pi vicina ai cittadini, più efficiente, più trasparante.
Tutto questo formerà un documento comune che presenteremo dopo l'estate e che si occuperà di alcuni snodi essenziali del servizio giustizia e delle iniziative che le istituzioni e i cittadini debbono affrontare per renderlo migliore. Ciò che sta accadendo, tuttavia, conduce ogni giorno di pi quel servizio oltre il punto di rottura e sembra toglierci ogni possibilità d'azione. La mancanza di idee positive è totale e ci pare, forse, pi grave addirittura della drammatica mancanza di risorse. Le vicende della DGSIA (la direzione generale dell'informatica) sono oggi il simbolo di questa crisi politica. E' certo che l'innovazione tecnologia e la sua efficace applicazione sono gli strumenti attorno a cui costruire un servizio moderno e migliore, sono una necessità, come hanno dimostrato le iniziative e gli investimenti sul processo civile telematico. Ebbene, dal febbraio scorso la DGSIA è priva di direttore generale e lo per è per una scelta consapevole del Ministro. La dr.ssa Rolleri è stata allontanata perch il Ministro ha preteso ad ogni costo che il direttore generale sia un non magistrato, scelta che contrasta con quanto prevede la legge istitutiva del sistema informatico della pubblica amministrazione (il riferimento è all'art.1 DPR 28 ottobre 1994, n.748 e successive modificazioni). La rigida posizione del Ministro è stata smentita da una decisione del TAR Lazio (n.8225/2004, depositata il primo settembre 2004) e, più di recente, da due pronunce della Corte dei Conti, che non ha registrato il decreto di nomina del nuovo direttore generale proprio per contrasto con la legge (ampia la motivazione della deliberazione n.10/2005/P depositata il 23 giugno 2005). Il risultato dell'operato del Ministro è una situazione di stallo istituzionale e di delegittimazione della figura nominata. La mancanza di un direttore generale sembra essere in una fase come questa altrettanto grave della mancanza di risorse economiche. Lo sbilancio nei fondi della DGSIA a giugno 2005 sfiora i 30 milioni di Euro, e rappresenta il frutto di una crisi che si trascina ormai dal 2002, quando furono improvvisamente tagliati i fondi di cassa e ridotti gli stanziamenti. Ma ormai siamo al punto di rottura e non è pi possibile per gli uffici operare in condizioni di emergenza perenne. Non soltanto mancano le risorse per qualsiasi forma di investimento, ma mancano i fondi per l'assistenza e per i ricambi e per di pi manca personale tecnico adeguato. In altre parole, non solo il Ministero non è più in grado di gestire lo sviluppo di iniziative che aveva definito centrali, come il processo telematico o il progetto per la valutazione dell'efficienza condotto con il Csm, ma non è pi in grado di assicurare agli uffici giudiziari la funzionalità quotidiana: al di là dei disservizi gravissimi come quelli che si verificano anche a Torino, dobbiamo segnalare che il blocco di un solo server o di una rete locale in tempi brevissimi comporterebbero per gli uffici giudiziari di quella sede il blocco totale delle attività.
Alle difficoltà dell'informatica si somma la drammatica inadeguatezza del sistema statistico, non più in grado di fornire dati attendibili e di governare le informazioni necessarie per qualsiasi scelta strategica o gestionale. Non solo la Direzione generale non è stata in grado di fornire al Ministro e al Parlamento dati utili circa gli effetti delle modifiche al regime di prescrizione, ma registriamo con preoccupazione la perdita di qualità del dato statistico e il formarsi di veri e propri "vuoti" di informazione, come quelli che riguardano l'intero distretto di Torino.
Purtroppo i pericoli non si esauriscono qui. Presto mancheranno anche i magistrati. Essendosi intestardito a non assumere nuovi magistrati fino a che non fosse entrata in vigore la riforma dell'ordinamento giudiziario, il Ministro ha ritardato di oltre due anni i bandi di due concorsi che secondo la legge n.48/2001 avrebbero dovuto essere celebrati entro il 2003. Questo ritardo ed alcune valutazioni tecniche errate faranno si che il primo dei due concorsi non potrà concludersi prima del 2008, col risultato che per almeno 4-5 anni non sarà possibile avere ricambio negli organici di magistratura e fare fronte al prevedibile aumento dei pensionamenti, con grave danno per gli uffici giudiziari e per l'efficienza del sistema.
Già da oggi manca il personale amministrativo ed è mal distribuito. I livelli di scopertura in molti uffici sono elevatissimi, con punte che nelle aree del Nord sfiorano il 50%. Basti dire che il Tribunale di Torino ha dovuto ridurre il numero delle udienze penali a causa della carenza di assistenti, con evidenti ricadute sulla durata dei processi. Un parte consistente del personale tecnico ha lasciato un'amministrazione priva di qualsiasi politica dell'innovazione. Il blocco dei programmi di riqualificazione ha aggravato la crisi del settore.
Manca una politica per la magistratura onoraria. Di proroga in proroga, con continue norme emergenziali (v. il d.l. n.115 del 30 giugno scorso) il Ministro dimostra di non avere alcun progetto organico e la sua inerzia dà spazio a proposte parlamentari diverse e contraddittorie che non trovano spazi politici e non hanno le necessarie risorse. A questo si aggiunga che il Ministro non è in grado di procedere alla revisione degli organici dei giudici di pace, che pure una delle leggi di proroga ha indicato come una priorità, e questo sta bloccando tutti i bandi di reclutamento in atto e impedendo al C.S.M. di sostituire i giudici di pace che lasciano l'incarico. E' con grande preoccupazione che in questo anno di lavoro comune abbiamo visto la situazione deteriorarsi. A fronte della crisi drammatica appena sintetizzata non sembra certo possibile pensare che si dia finalmente attuazione alla normativa istitutiva degli URP presso gli uffici giudiziari, n che si investa nell'accesso per i disabili negli uffici giudiziari o si istituiscano strutture per il controllo della qualità del servizio. I processi tornano ad allungare la propria durata e con le politiche attuali non si vedono possibilità concrete di inversione di rotta. Anzi, i nuovi interventi normativi, come quello sulla prescrizione, sembrano destinati ad aggravare le difficoltà dell'organizzazione del lavoro. Non per questo il nostro lavoro ed il nostro progetto si fermeranno. Non possiamo rinunciare all'idea di ricucire i rapporti fra gli operatori, ristabilire un dialogo con i cittadini, intervenire perch i fondi non vengano sprecati, costruire insieme idee che possano trovare realizzazione. Di fronte a politiche ideologiche e inefficienti i "cittadini attivi" nelle loro diverse realtà non possono rassegnarsi e vogliono farsi carico di un bisogno di giustizia che anche bisogno di uguaglianza, di rispetto dei diritti pi deboli e, in fondo, bisogno di quella democrazia che la nostra Costituzione ha incarnato.