Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

Il terrorismo, il diritto, i giudici

Sommario

Leggi e istituzioni

Ordinamento giudiziario e sistema costituzionale: alla ricerca del fondamento, di Enzo Balboni
Líart. 16 della Dichiarazione dei diritti dellíuomo e del cittadino (Parigi, 26 agosto 1789) recita: ìUna società nella quale non sia assicurata la garanzia dei diritti né determinata la separazione dei poteri non ha una costituzioneî. Sta qui la connessione inviolabile tra garanzia dei diritti e separazione dei poteri e il cuore pulsante di una giurisdizione autonoma e indipendente posta a tutela dei diritti individuali e sociali.

Profili di incostituzionalità della legge sullíordinamento giudiziario,
di Stefano Erbani
1. Il primo testo e il rinvio alle Camere
2. Violazione dellíart. 107 Costituzione
3. Nomina del Procuratore generale presso la Corte di cassazione
4. Colloqui psi-co-attitudinali e violazione dellíart. 76 Costituzione
5. I Consigli giudiziari
6. La separazione di fatto delle carriere
7. Líincostituzionalità sistemica.

Diritti umani non tradizionali: il caso dellíacqua,
di Marco Manunta
1. Introduzione
2. Diritti umani e servizi pubblici: tra mercato e solidarietà
3. La mercificazione dei servizi essenziali
4. I requisiti di un servizio pubblico essenziale: incompatibilità della gestione privatistica
5. Prezzo e tariffa
6. Servizi pubblici e Unione Europea
7. I beni comuni e le alternative.

´Libertà vo cercando, ch'è sì cara...ª (come l'uguaglianza) ,
di Pier Luigi Zanchetta
1. Problemi di libertà
2. Pro-memoria su libertà e uguaglianza nel vivere civile
3. L'égaliberté
4. Per una libera uguaglianza, per uníuguale libertà.

Obiettivo. Diritto, diritti e società multiculturale

La giurisdizione e i conflitti culturali, di Angelo Caputo
1. Immigrazione e conflitti culturali
2. Politiche del diritto e società multicultu-rale: il ruolo della giurisdizione
3. Libertà religiosa e simboli identitari
4. I giudici e i ìcasi difficiliî
5. La società multiculturale e la cultura dei giudici.

Il diritto e i diritti nell'epoca dello scontro delle civiltà,
di Stefano Rodotà
1. Tirannia della maggioranza e crisi dellíuniversalismo: il passaggio díepoca delle democrazie contemporanee
2. La diversità culturale, religiosa e linguistica nella Carta dei diritti fondamen-tali dellíUnione europea
3. Dal diritto flessibile al diritto dialogante
4. Il limite del diritto
5. Il diritto detto dai giudici.

Riconoscimento politico e riconoscimento giurisprudenziale dei gruppi religiosi , di Andrea Guazzarotti
1. Premessa: i limiti del modello
2 Le intese tra Stato e confessioni religiose: di-storsioni opportune del modello costituzionale?
3. Riconoscimento politico e deresponsabiliz-zazione del giudice
4. Gli spazi e le ragioni dellíintervento giudiziario
5. Ricono-scimento politico e riconoscimento giurisprudenziale delle identità collettive
6. Líintegrazione per gradi e la società tollerante: due strategie argomentative per líintegrazione.

Le mutilazioni genitali femminili e la legge, di Elisabetta Cesqui
1. Le mutilazioni genitali femminili e il diritto
2. Il disegno di legge sulle pratiche di mutilazione genitale femminile: le norme penali
3. le alte disposizioni
4. Le esperienze straniere
5. Una riflessione conclusiva.

Immigrazione, regole familiari e criteri di giudizio, di Lorenzo Miazzi
1.La famiglia nella società multiculturale
2. Gli interventi giudiziari
3. Líimputabilità del minore straniero
4. La valutazione dei comportamenti genitoriali nei procedimenti a tutela del minore: abbandono, inidoneità, comportamenti pregiudizievoli
5. Gli aspetti penali dei comportamenti genitoriali: i maltrattamenti nei confronti dei minori; líabuso dei messi di correzione, le mutilazioni sessuali
6. Gli istituti familiari diversi da quelli nazionali: la poliga-mia, il ripudio, la kafala 7. Controllare il futuro.

Dibattito: quale progetto per la giustizia?

La ristrutturazione del processo penale in cerca di
autore, di Paolo Ferrua
1. Un progetto di nuovo codice di procedura penale
2. Líesigenza di semplifica-zione
3. Funzione cognitiva, garanzie dellíimputato e durata ragionevole
4. Qualche luce e molte ombre nel progetto di codice
5. La riforma delle impugnazioni.

La crisi dell'avvocatura dello Stato e i suoi effetti, di Gian Carlo Ferrero
Le illegalità pubbliche e private dilagano: a causa di una diminuzione del collettivo e individuale senso etico, ma anche per il depauperamento degli organi di controllo e di ausilio legali e, tra questi, dellíAvvocatura dello Stato.
Il diritto del lavoro. Ma cosíè questa crisi? , di Carlo Sorgi
Ho fatto un sogno. Venivo chiamato, dopo le elezioni, dal Ministro del lavoro, Luciano Gallino, il qua-le mi comunicava che, avendo avuto delega assoluta dal Ministro della giustizia Castelli (ovviamente Clau-dio: ho parlato di un sogno non di un incubo), doveva rivedere complessivamente il settore del diritto del lavoro e mi chiedeva qualche riflessione sintetica sui punti ritenuti da un giudice di maggiore rileva prati-ca. Ligio alla sollecitazione ministeriale iniziavo una serie di riflessioni sul tema del diritto e della giustizia del lavoro non senza aver preliminarmente osservato che la crisi di questo settore poteva in qualche modo essere intesa sotto molteplici aspetti: crisi del diritto del lavoro in quanto tale (essendo stati messi in crisi i modelli stessi di lavoro tipici della nostra società, in particolare il classico e ben collaudato rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato), crisi della giustizia del lavoro per tempi e risultati che il pro-cesso con il rito speciale riusciva a raggiungere e crisi delle tutele che il diritto del lavoro riusciva a ga-rantire. Questo scritto è la traccia di quello che avrei detto se non mi fossi svegliato.

Il problematico inserimento delle class actions nell'ordinamento italia-no, di Giulio Castaldi
1. Il rinnovato interesse per le class actions
2. Analisi di alcune proposte di legge
3. Valutazione delle proposte: profili di opportunità politica e di tecnica normativa
4. Qualche spunto propositivo.

Magistratura e società

Le valutazioni dei magistrati: i miti da sfatare, di Luigi Marini
e Giovanni Salvi
Contrariamente a quanto si pensa, il livello di valutazione dei magistrati italiani non è inferiore a quel-lo di molti paesi europei, e il Consiglio superiore della magistratura sta operando per un progressivo affi-namento degli strumenti di conoscenza. Il miglioramento delle valutazioni individuali, anche grazie alla scelta, unica nel panorama europeo, di procedere ad un esame a campione dei provvedimenti del magistra-to, e il progetto per la creazione di un sistema di indicatori di efficienza rappresentano la dimostrazione che la magistratura italiana ha superato le tradizionali diffidenze e sta adottando soluzioni che coniugano una valutazione efficace, le necessarie garanzie per líindipendenza e líautonomia dei singoli magistrati e della magistratura e la doverosa attenzione alle aspettative dei cittadini.
Giustizia ordinaria e giustizia amministrativa. Per un ritorno alla giurisdizione
unica, di Elisa Pazè
La legge delega di riforma dellíordinamento giudiziario tocca appena (con uníunica secondaria dispo-sizione) la giurisdizione amministrativa. Eppure, incidendo sulle modalità di accesso e di carriera interna degli appartenenti alla magistratura ordinaria, essa sollecita una riflessione generale che coinvolge líintero corpo delle magistratura, anche in considerazione del fatto che, da alcuni decenni, è in atto un processo di uniformazione delle giurisdizioni ordinaria e amministrativa. Di qui líinteresse a ricostruire un quadro generale per chiederci che cosa puÚ avvenire alla fine di questo percorso.

Giurisprudenza e documenti

Il crocifisso teo-con (Nicola Colaianni)
(Tar Veneto, sezione 3^, sentenza 17 - 22 marzo 2005, n. 1110/2005)
Il confine tra difficile e indecidibile (dopo dodici anni di coma irreversibile (Amedeo Santosuosso)
(Cass., sez. 1^ civile, ordinanza 3 marzo - 20 aprile, Englaro, pres. est. De Musis)
Contro la detenzione amministrativa
(I. Chiudere la stagione del diritto speciale dei migranti II. Superare i centri di permanenza temporanea, costruire una nuova politica dellíimmigrazione)

Editoriale

Dopo New York e Madrid, Londra e, poi, Sharm El Sheik (estrema appendice dell'Occidente in Egitto) ancora una volta la violenza, cieca e assurda, ha seminato morte e distruzione; e, di nuovo, con l'orrore e lo strazio, si ripetono i gesti, i rituali, le parole di sempre: solo con qualche aggettivo in più e qualche emozione in meno. Ciò che continua a mancare, salvo isolate eccezioni, è una riflessione laica su quanto sta ac-cadendo e, con essa, la capacità di cogliere la lezione della storia e il realismo di ammet-tere il fallimento della strategia di risposta al terrorismo elaborata,
dopo l'11 settembre 2001, negli Stati Uniti e fondata sulla guerra, sulla creazione di un diritto penale del nemico, sull'abbandono di alcuni principi fondamentali dello Stato di diritto, sulla chiusura delle frontiere e sulla criminalizzazione dei migranti (con-siderati alla stregua di nuovi barbari). Cosi, all'indomani delle bombe di Londra e mentre l'Europa è più insicura che mai, il Governo di sua maestà ricorre all'espulsione indiscriminata degli stranieri indesiderati (fingendo di credere alla promessa di ´non torturare' di paesi considerati fino a ieri ´stati canaglia'), propone una rilettura delle convenzioni sui diritti umani e prepara un diritto penale fondato sulla detenzione amministrativa a oltranza (e senza contestazione dell'accusa) dei so-spetti di terrorismo, sull'istituzione di giudici speciali, sulla previsione di una fase pro-cessuale segreta, sull'esclusione della difesa tecnica fiduciaria.
In questa situazione chi pratica il diritto ha il dovere della razionalità, del-l'intelligenza, della denuncia. Misure come quelle indicate sono di assai scarsa utilità ai fini della prevenzione di attentati e gesti terroristici e di altrettanto dubbio aiuto nelle successive indagini: sarebbero state irrilevanti, a detta della stessa polizia bri-tannica, a fronte degli attentati di Londra (compiuti, a quanto risulta, da cittadini inglesi del tutto incensurati, privi di legami con organizzazioni internazionali, non raggiunti in precedenza da sospetti di sorta, identificati ed arrestati quelli sopravvissuti con i più tradizionali mezzi di indagine). Altri sono, sul piano del diritto, i settori di (doveroso) intervento a difesa della società e dei cittadini: il potenziamento della collaborazione in-vestigativa a livello internazionale, la razionalizzazione e il coordinamento dei servizi di intelligence, l'incremento di efficienza (tecnica e qualitativa) degli apparati giu-diziari e di polizia, la previsione di strumenti (anche legislativi) per favorire la dissocia-zione dal terrorismo. Superfluo aggiungerlo: nessuno possiede bacchette magi-che e neppure questi interventi, ancorché più razionali, sono risolutivi. Non per ca-so, ché è doveroso, pur se impopolare, dirlo non saranno la polizia e la magistratura, ma solo la politica, a sradicare il terrorismo ed è curioso che ciò sfugga a chi non perde occasione per denunciare le ´indebite supplenze' e le ´invasioni di campo' del giudiziario. Di più, l'efficacia dei (necessari) interventi degli apparati è legata alla loro razionalità, a una diffusa accettazione sociale, all'esistenza di una strategia capace di recidere le radici del terrorismo e del consenso di cui (nonostante le diffuse esorciz-zazioni) gode: altrimenti la repressione colpisce nel mucchio, alimenta odio e conflitto, incentiva anziché sconfiggere la violenza. Lo dimostra l'escalation del terro-rismo internazionale negli ultimi anni; lo conferma una rilettura critica della stagione degli anni piombo nel nostro Paese (in cui la sconfitta giudiziaria del terrorismo è stata propiziata e alimentata dalla suacrisi politica). Inutile e irresponsabile coltivare e diffondere illusioni: la necessità di predisporre appropriati interventi repressi-vi è fuori discussione, ma la follia sanguinaria del terrorismo internazionale non sarà ef-ficacemente contrastata se l'Occidente non si libererà, contestualmente, ´della pretesa di dominare il mondo con il suo strapotere economico e con la guerra' (cosi D. Zolo, Zona d'ombra, Il Manifesto, 11 agosto 2005).

* * * * *

La questione aperta dalle derive illiberali indotte o accentuate dal terrorismo non è, peraltro, solo quella dell'idoneit allo scopo o, al contrario, del carattere controproducen-te dei nuovi istituti e delle nuove previsioni normative. C'è di più, e di più grave.
La riduzione generalizzata delle libertà fondamentali, la trasformazione delle perso-ne in risorse da cui attingere informazioni ed elementi per la ´guerra contro il terrorismo' (cosi M. Bouchard, Guantanamo. Morte del processo e inizio dell'apo-calisse, in questa Rivista, n. 5/2003), la legittimazione della tortura, la sostituzione del garantismo con il principio di utilità, l'ingresso nel processo della categoria ´amico-nemico' (con graduazione, in base ad essa, delle tutele e dei diritti) hanno sempre più caratterizzato, dopo l'11 settembre 2001, il sistema penale degli Stati Uniti e le pratiche dei suoi apparati (da Guantanamo ad Abu Graib, e non solo). L'esten-sione del modello ad altri ordinamenti dell'Occidente non è, peraltro, solo un fat-to quantitativo. Lo strappo allo Stato di diritto in un solo Paese (il più potente, ma anche quello maggiormente percorso da ricorrenti tendenze "isolazioniste"), infatti, feriva pro-fondamente ma non cancellava i principi del costituzionalismo contemporaneo: la sa-cralità dei diritti fondamentali (sottratti a interventi limitativi del legislatore ordinario) e l'universalismo degli stessi, cioè la loro (imprescindibile) applicazione a tutti e a ciascu-no. La generalizzazione dello strappo svuota, invece, il concetto stesso di diritti fonda-mentali (dei quali si propone addirittura una revisione anche formale: per riconoscerli agli ´amici' e per negarli ai ´nemici') e di universalismo. Il rischio è la chiusura della stagione aperta con le grandi convenzioni sui diritti umani e con le costituzioni naziona-li del secolo scorso (non a caso intervenute dopo la tragedia della seconda guerra mon-diale) con ritorno del diritto, dopo la breve parentesi che lo ha proposto come fattore di garanzia della libertà e dell'uguaglianza di tutti, a docile strumento di governo della so-cietà da parte del più forte. » questa la posta in gioco (come in altri periodi cruciali del ´secolo breve': su cui cfr. M. Flores, Tutta la violenza di un secolo, Milano, 2005), che sembra sfuggire ai più, anche a sinistra, dove c'è chi parla dei provvedimenti proposti dai laburisti inglesi come di ´misure estreme ma da condividere', senza co-glierne l'idoneità a realizzare una mutazione genetica degli ordinamenti costituzionali contemporanei.
Corollario di questa erosione dello Stato di diritto e del sistema dei diritti è alme-no in questa fase l'acuirsi del conflitto tra politica e giudici (ai quali ultimi si chiedono sempre più servizi anziché sentenze, come dimostra, per restare nel nostro Pae-se, il tono delle polemiche seguite alla recente decisione di un giudice milanese, reo di aver tenuto distinti, in verità con solidi argomenti giuridici, i concetti di ´terrorismo' e di ´guerriglia': cfr. P. Morosini, Jihad e giustizia penale, in questa Rivista, n. 2/2005). Lo ha scritto con grande efficacia, commentando il pacchetto sicurezza del Governo inglese, D. Zolo: ´Tramonterebbe la gloriosa tradizione britannica della rule of law, che è all'origine della dottrina dei diritti dell'uomo e dell'intera e-sperienza dello Stato di diritto europeo e occidentale. Questa tradizione, com'è noto, è nata in Inghilterra grazie alla funzione garantista svolta dai giudici di common law che si sono sempre opposti ad ogni forma di tribunale speciale e di procedura giudiziaria non prevista dalla "costituzione" inglese . Sono i giudici delle corti ordi-narie che hanno strenuamente difeso le "libertà degli inglesi" contro ogni possibile at-tentato sia del potere esecutivo, sia del Parlamento. Sono i giudici che si sono battuti in particolare per lo scrupoloso rispetto dei diritti dell'imputato e della presunzione di in-nocenza. Ora tutto questo potrebbe finire nel cono d'ombra di una lotta contro il terrori-smo internazionale che presenta sempre più gli aspetti di una politica autolesionista' (loc. cit. ).

* * * * *

L'onda lunga di questa cultura è arrivata anche nel nostro Paese, seppur in maniera affievolita. Nel cuore dell'estate il decreto legge 27 luglio 2005 n. 144 e la con-seguente legge di conversione n. 155/2005 (intervenuta nel giro di soli quattro giorni, senza un reale dibattito parlamentare e a grande maggioranza) hanno introdotto nel si-stema una vasta gamma di misure emergenziali: nuove e invasive modalità per l'identi-ficazione personale e dilatazione a tal fine (sino a ventiquattro ore) della facoltà di trat-tenimento da parte della polizia, ampliamento delle possibilità di espulsione senza ga-ranzie di cittadini stranieri sospetti, estensione delle intercettazioni ambientali e telefo-niche preventive e del controllo sul traffico telefonico e informatico, ampliamento dei casi di arresto e di fermo, impiego delle forze armate in attività sostanzialmente di poli-zia giudiziaria, definizione generica e onnicomprensiva delle ´condotte con finalità di terrorismo' (identificate in quelle ´che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un paese o ad una organizzazione internazionale') e via elencando. A cosa servano, ai fini del contrasto del terrorismo internazionale, l'inasprimento delle pe-ne per l'´uso, senza giustificato motivo, di mezzi atti a rendere difficoltoso il riconosci-mento' (nella vulgata leghista, bourka o chador), il ´prelievo coattivo di capel-li o saliva' di persone sottoposte a indagini o le identificazioni e perquisizioni in lo-co da parte di militari dell'esercito è difficile immaginare; ma è chiaro l'effetto di tali istituti sul delicato equilibrio tra autorità e diritti di libertà. Né può sfuggire la stret-ta connessione tra la torsione in senso illiberale del sistema e la controriforma dell'ordi-namento giudiziario, approvata quasi contestualmente (il 20 luglio 2005) e diretta ad as-sicurare alla maggioranza contingente magistrati dipendenti e disponibili ad ubbidire (o ad anticipare i desiderata di chi governa)
Dalla consapevolezza di questo intreccio e dei suoi obiettivi devono muovere l'ana-lisi e l'impegno della cultura giuridica e della magistratura progressista.


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/2007/07/24/il-terrorismo-il-diritto-i-giudici