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L'autunno della giustizia

Sommario

Leggi e istituzioni Garanzia del contraddittorio e ragionevole durata del processo penale, di Paolo Ferrua Quale giudice per la famiglia e per i minori?, di Antonella Di Florio La parabola dei diritti nella crisi del principio di uguaglianza e del ruolo delle differenze, di Sergio Mattone

Obiettivo 1
: La riforma del diritto societario Le linee guida del nuovo sistema societario, di Renato Rordorf Prime considerazioni in tema di controlli endosocietari nella nuova società per azioni, di Umberto Tombari Il controllo giudiziario dopo la riforma della disciplina delle società, di Gianfranco Gilardi Il nuovo processo societario, di Maria Giuliana Civinini

Obiettivo 2: Il processo che non si doveva fare (ovvero, le vicende Imi-Sir e Lodo Mondatori davanti ai giudici di Milano) Introduzione (l.p.) I. Il legittimo sospetto e i "legittimi sospetti" (G. Romeo) Cass. - sezioni unite, ordinanza 27 gennaio 2003, Berlusconi + altri II. La questione della competenza (S. Erbani) 1. Tribunale Milanosez. IV pen.ñ ordinanza 24 marzo 2003 - pres. Carfì - imp. Previti ed altri 2. Tribunale Milanosez. IV pen.ordinanza 26 marzo 2003 pres. Carfì - imp. Previti ed altri 3. Corte appello Milanosez. V pen.ordinanza 14 aprile 2003pres. Franciosi - imp. Previti III. Dopo la sentenza 29 aprile 2003 del Tribunale di Milano 1. 29 aprile, giorno nero (lettera dellíon. Berlusconi a Il Foglio) 2. Una decisione emessa da giudici imparziali (comunicato della giunta dellíAssociazione nazionale magistrati) 3. Rispettare le sentenze (comunicato stampa del segretario di Magistratura democratica) 4. "Una inaudita minaccia alle garanzie costituzionali" (documento 3 maggio 2003 di professori universitari di diritto)

Prassi e orientamenti
Líarticolo 111 della Costituzione e il processo fallimentare, di Magda Cristiano

Magistratura e società
Associazionismo dei magistrati, ragionevole durata e progetti di riforma del processo civile, di Gabriele Positano

Osservatorio internazionale
Separazione delle carriere dei magistrati e diritti dei cittadini (Uno sguardo critico allíesperienza portoghese), di Antonio Cluny La Palestina e il diritto negato, di Giulio Toscano

Giurisprudenza e documenti
1. Terrorismo e coordinamento delle indagini (l.p.) Procura generale Corte di cassazione, decreto 10 aprile 2003, PG Passacantando, imp. Lioce 2. I bambini degli zingari e il reato di maltrattamenti in famiglia (Francesco Mazza Galanti) I. Tribunale Torino, sez. 5^ pen., 7 gennaio 2002, giud. Bertinetti, M.B. + 1 II. Tribunale Torino, sez. 5^ pen., 21 ottobre 2002, giud. Barbero, R.L. + 1

Editoriale

L'autunno della giustizia

 

Secondo il presidente del Consiglio proseguire un dibattimento a suo carico integra un "uso strumentale dell'azione penale"; ma stralciarne la posizione è un "atto di ostilità politica". Entrambe le soluzioni, poi, vengono garrulamente stigmatizzate come atti di "criminalità giudiziaria", "pratiche golpiste" poste in essere da "magistrati politicizzati" e via seguitando. Si tratta, a ben vedere, di paradossi solo apparenti. Non sono le sentenze e i provvedimenti giudiziari ad essere già scritti (come tuona la propaganda della maggioranza politica), bensi le affermazioni (e gli insulti) che li accompagnano. Queste affermazioni (e questi insulti) non sono commenti, ma tasselli di una strategia di delegittimazione della giurisdizione e della magistratura, studiata a tavolino e praticata con metodo e lucidità. L'obiettivo è evidente e nient"affatto nuovo: trasformare, con l'ossessiva ripetizione, il falso in verità e innescare, di qui, nuove "cacce alle streghe". Il seguito è anch"esso - già scritto e, parzialmente, in itinere, grazie alle solerti iniziative di autorevoli (e meno autorevoli) rappresentanti del Governo e della sua maggioranza: minacce ai giudici sgraditi (definiti "cancro da estirpare"), interferenze pesanti e ripetute [basti pensare alle ispezioni negli uffici giudiziari milanesi, casualmente (sic!) disposte a margine delle battute conclusive del dibattimento e mirate, tra l'altro, alla acquisizione di documenti negati dall'autorità giudiziaria competente], proposte di modifica ed estensione del sistema della immunità parlamentare non solo con provvedimenti ad personam ma finanche con legge ordinaria (e addirittura con decreto legge). Né potrebbe essere altrimenti ché le dichiarazioni del predente del Consiglio non sono non possono essere - semplici manifestazioni di libertà di pensiero, ma atti di indirizzo politico.

 

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Tra i punti centrali dell'offensiva riformista avviata, in materia di giustizia, dal presidente del Consiglio e dalla sua maggioranza v'è la questione dell'assetto del pubblico ministero, della sua organizzazione e della sua autonomia. Al risalente disegno di separare le carriere di giudici e pubblici ministeri si è, da ultimo, affiancato quello di irrigidire l'assetto gerarchico delle Procure e di ridefinire i poteri di indagine (spostandoli in maniera massiccia sul versante della polizia giudiziaria). Il progetto non potrebbe essere più chiaro. E merita, da parte di tutti i giuristi, un aggiornamento di riflessione. Anche da parte della avvocatura associata nell'Unione delle Camere penali che ha fatto, da qualche tempo, della separazione delle carriere un dogma. Questa rivista preferisce da sempre, ai dogmi, l'analisi dei fatti (che prosegue, in questo fascicolo, con un articolo di Antonio Cluny sulle vicende della separazione delle carriere nella esperienza portoghese). Di qui la proposta di una ripresa di confronto non rituale, magari a partire dalle posizioni originarie dell'Unione, espresse al congresso di Abano del 22-25 settembre 1994 dall'(allora) neopresidente Gaetano Pecorella nella relazione "Crisi del processo penale e separazione delle funzioni", in cui si legge, tra l'altro, quanto segue: "Il titolo vuole chiarire qual'è il nostro convincimento: non di separazione delle carriere deve parlarsi, bensi, più correttamente di separazione delle funzioni (...). Un tale concetto è assai più articolato di quello tradizionale secondo cui dovrebbe parlarsi di separazione di carriere. Poco interessa che vi siano distinzioni burocratiche, quasi che si volesse differenziare tra impiegati dello Stato che appartengono a ruoli diversi. Con la separazione delle funzioni si vuole rimarcare che giudici e pubblici ministeri conservano eguale dignità ed appartengono ad eguale titolo all'ordine giudiziario: sennonché, a chi eserciti le funzioni dell'accusa a cui sono connesse quelle dell'indagine non deve essere attribuita alcuna funzione propria di chi deve giudicare, e viceversa. (...) Resta perÚ l'esigenza che giudice e pubblico ministero abbiano una cultura comune, appartenendo tutti allo stesso ordine giudiziario . Unitario sarà il concorso di ammissione e unitario sarà il tirocinio: esaurito questo si avrà la scelta di una carriera piuttosto che di un'altra, senza che, successivamente, sia consentito de plano il passaggio dall'una all'altra. Si è detto de plano, perché uno sbarramento assoluto si porrebbe in contrasto tanto con le legittime aspirazioni di chi intenda mutare il proprio ruolo, che con la più razionale utilizzazione delle risorse umane".

 

3 giugno 2003 (l.p.)


Indirizzo:
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